- La confessione è uno sguardo verso il futuro
Ai farisei sembra aver finalmente trovato l’occasione giusta per rifarsi con Gesù. Gli presentano una donna colta in flagranza di adulterio che, secondo le prescrizioni ebraiche, doveva essere lapidata a morte. Cosa ne dirà il Maestro di Nazaret, che si era sempre mostrato tanto disponibile a perdonare i peccatori? Sembra, però, che Gesù non sia interessato alle loro accuse. Con una certa indifferenza, si mette a scrivere per terra. E quando i farisei insistono perché si esprima, si solleva ed esclama: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8, 7).
Possiamo immaginare la paura della donna mentre attendeva con gli occhi chiusi una pioggia di pietre. Sarà stata sicura che la sua vita era giunta al termine. E forse pentita dei propri peccati, avrà pensato a tale fine come a un atto finale di giustizia. Non si aspettava, comunque, la misericordia di Dio, che supera ogni calcolo umano. Uno a uno i suoi accusatori se ne andarono e lei rimase sola davanti a Gesù. Come ogni volta che ricorriamo al sacramento della confessione, lo sguardo amorevole di Cristo si posò sul suo volto e la perdonò. «Ricevere tramite il sacerdote il perdono dei peccati è un’esperienza sempre nuova, originale e inimitabile. Ci fa passare dall’essere soli con le nostre miserie e i nostri accusatori, come la donna del Vangelo, all’essere risollevati e incoraggiati dal Signore, che ci fa ripartire»[1].
«Donna, dove sono? – chiede Gesù – Nessuno ti ha condannata?» (Gv 8, 10). La donna sapeva di aver peccato, e certo si aspettava parole di rimprovero da quel misterioso rabbino. Ma il Signore, invece di riprenderla, le regala un tesoro: il perdono di Dio e la speranza di una nuova vita. «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11).
«So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3, 13-14). Il nostro cammino di fede è sempre intriso di futuro. Vogliamo che ogni gesto della nostra vita sia un’anticipazione del cielo. Siamo chiamati a che la meta della nostra vita sia già presente ora, nei dettagli quotidiani della nostra giornata.
Ogni volta che otteniamo il perdono di Dio corriamo verso Gesù e, quindi, anticipiamo il cielo nella nostra vita. Con la confessione ci introduciamo e siamo partecipi dei frutti della morte e resurrezione di Cristo. Per questo, con il sacramento della misericordia possiamo sperimentare che «le sue braccia inchiodate si aprono per ciascun essere umano e ci invitano ad accostarci a Lui certi che ci accoglie e ci stringe in un abbraccio di infinita tenerezza»[2].
Saperci perdonati dal Signore ci porta a lasciare le cattive esperienze del passato, e a guardare al futuro. «Avanti, qualunque cosa succeda! - incoraggiava san Josemaría -. Ben protetto dal braccio del Signore, considera che Dio non perde battaglie. Se ti allontani da Lui, quale ne sia il motivo, reagisci con l'umiltà di chi vuole cominciare e ricominciare; di chi vuol fare da figlio prodigo tutti i giorni e anche molte volte nel corso delle ventiquattro ore; di chi vuole risanare il suo cuore contrito nella confessione, vero miracolo dell'Amor di Dio. In questo sacramento meraviglioso, il Signore pulisce la tua anima e ti inonda di gioia»[3].
Secondo un’antica tradizione della Chiesa, in questa quinta domenica di Quaresima le immagini sacre delle chiese e i crocefissi possono essere coperti con un velo. Il colore violaceo di questi teli ci ricorda che siamo in un periodo di penitenza. La temporanea scomparsa delle immagini di Dio, degli angeli e dei santi predispone a un raccoglimento più profondo.
La Chiesa ci ha sempre insegnato che «tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto»[4]. Non si tratta solamente di uno sforzo umano di fare bene le cose. Quell’atto «è il dinamismo del "cuore contrito" (Sal 51, 19), attirato e mosso dalla grazia (cfr. Gv 6, 44; 12, 32) a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo»[5]. Quindi, la contrizione non è la percezione oppressiva della colpa, che magari ci fa mancare di coraggio ogni volta che tocchiamo i nostri limiti. Piuttosto, si tratta della sensibilità di un cuore innamorato che, come sa di peccare, usa anche i propri scivoloni per mostrare a Dio che continua ad amarlo.
Dio desidera che l’amore che abbiamo ricevuto si trasformi in desideri di fare il bene, di trasmettere questa stessa misericordia alle persone che ci sono vicine. La contrizione è accompagnata dal desiderio di non offendere più Dio – per non far di nuovo danno a noi stessi – e di allontanarci da tutto ciò che possa allontanarci da Lui. Maria vide suo Figlio caricarsi la croce con tutti i peccati dell’umanità. Possiamo chiedere a Lei, rifugio dei peccatori, che ci rinnovi ogni volta che, contriti, ci avviciniamo alla confessione.
[1] Francesco, Omelia, 29-III-2019.
[2] Benedetto XVI, Discorso, 21-III-2008.
[3] San Josemaría, Amici di Dio, n. 214.
[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1451.
[5] Ibidem., 1428.