Il pontificato di papa Francesco in tre “parole”: Misericordia di Dio, dignità di ciascuno, Chiesa in uscita

In occasione del trigesimo della morte di papa Francesco (21 aprile 2025), condividiamo una sintesi del suo pontificato a partire proprio dalle prime parole di Leone XIV, che due giorni dopo la propria elezione ha fatto riferimento ad alcuni punti della Evangelii Gaudium.

Abbiamo avuto da pochissimi giorni un nuovo Papa, Leone XIV, ma siamo ben consapevoli che la Chiesa, che cammina nella storia, ha acquisito per sempre e custodirà come un tesoro molti punti salienti del pontificato di papa Francesco, come ha fatto con Benedetto XVI, san Giovanni Paolo II e tutti i Papi che li hanno preceduti.

È forse ancora presto per avere quel minimo di distanza prospettica e capire meglio la portata storica e dottrinale di un pontificato, anche se siamo aiutati da Leone XIV stesso, che in uno dei suoi primi discorsi, quello ai cardinali del 10 maggio, due giorni dopo l’elezione, ha fatto riferimento ad alcuni punti importanti della Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, che – sulla scia degli insegnamenti del Concilio Vaticano II – è stato il programma pastorale di papa Francesco: “il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio (cfr. n. 11), la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana (cfr. n. 9), la crescita nella collegialità e nella sinodalità (cfr. n. 33), l’attenzione al sensus fidei (cfr. nn. 119-120) specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare (cfr. n. 123), la cura amorevole degli ultimi, degli scartati (cfr. n. 153), il dialogo fiducioso e coraggioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà (cfr. n. 84, Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et Spes, nn.1-2)”.

Se dovessi qui azzardare tre punti salienti (come piaceva a papa Francesco, che assai spesso usava una scansione ternaria nei suoi testi, specialmente nelle omelie) dell’eredità del suo Pontificato, direi che il primo è sicuramente l’insistenza sulla misericordia di Dio, testimoniata sin dai primissimi discorsi nei giorni dell’elezione. Ancora nel suo ultimo – e davvero bellissimo – libro autobiografico Spera, che è allo stesso tempo un racconto personalissimo e pieno di aneddoti vivi e commoventi, ma anche una sorta di testamento spirituale che ripercorre le linee principali delle sue preoccupazioni e delle sue azioni pastorali, papa Francesco ricorda un aneddoto che menzionò in quei primi giorni e che lo colpì moltissimo: «Ero appena stato nominato vescovo vicario di Flores, nel 1992, quando a Buenos Aires si tenne una grande celebrazione per gli ammalati. Ero lì per confessare, e verso la fine della funzione venne da me una donna, molto anziana e molto umile. Gli occhi le brillavano. “Abuela, lei vuole confessarsi?” le ho chiesto. “Sì”. “Ma se non ha peccato…”. “Tutti abbiamo peccati” ha detto lei. “E se il Signore non li perdona?”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha risposto quella donna. Sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Non avrebbe potuto avere più sapienza, neppure se avesse studiato all’Università Gregoriana. Perché la sua era la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore che apre alla misericordia di Dio» (Spera, p. 222; cfr. anche il testo del primo Angelus di Papa Francesco, 17 marzo 2013).

Se papa san Paolo VI diceva che uno dei più grandi mali dell’uomo contemporaneo è la mancanza di senso del peccato, Francesco ha proposto di fare un passo più in profondità: ci ha detto che l’apparente mancanza di senso del peccato è solo una maschera per nascondere la paura di non essere perdonati, la paura di essere davvero indegni, la paura di un Dio che castiga le nostre colpe e che non riusciamo a vedere come un Padre amoroso. Da qui la continua insistenza che Dio perdona sempre, che non si stanca mai di perdonare e che siamo noi invece a stancarci di chiedere perdono. Da qui anche l’apertura esplicita a ricorrere alla misericordia di Dio per quelle persone che si possono sentire “rifiutate” dalla Chiesa e quindi da Dio: carcerati, persone in situazione matrimoniale irregolare, omosessuali, transessuali, genitori single che non osano chiedere il Battesimo per i loro bambini… Dio perdona sempre, come ha ripetuto nel libro forse più importante (dopo i documenti magisteriali) fra quelli usciti nel suo Pontificato: Il nome di Dio è misericordia, scritto con Andrea Tornielli.

Il secondo punto che proporrei è la dignità di ogni singolo essere umano. Se san Giovanni Paolo II ha dovuto proclamarla soprattutto in contrasto con sistemi atei che facevano dell’uomo un ingranaggio del sistema politico-economico, togliendogli la libertà, Francesco ha visto con lucidità e in modo profetico (a tutti i Papi in epoca contemporanea è successo che una parte importante delle cose che dicevano sia stata capita decenni dopo) tutte le varie forme contemporanee che – attraverso lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo – dividono senza apparente totalitarismo, ma con una violenza tanto mascherata quanto efficace, gli uomini in due grandi categorie: quelli che sfruttano gli altri e gli sfruttati. Da qui i suoi appelli contro la “cultura dello scarto” e la difesa dei migranti, dei poveri, di tutti gli emarginati, dei bambini non nati, degli anziani abbandonati, e i suoi appelli contro la proliferazione delle armi (con un commercio che arricchisce smodatamente alcuni pochi e procura morte a moltissimi altri) e in generale contro le ingiustizie del sistema economico basato su un capitalismo crudele e non solidale, sullo sfruttamento ingordo e cieco delle risorse naturali. E da qui la sua proposta di una diversa impostazione della vita economica dei nostri Paesi. Su questo il Papa, come amava ripetere, ha avviato processi (come quelli raccolti nella rete di The Economy of Francesco), che speriamo possano dare frutti abbondanti negli anni futuri.

Il terzo punto che metterei in rilievo, anche questo molto in sintonia con lo spirito dell’Opus Dei, è quello sintetizzato dall’espressione di “Chiesa in uscita”: il rifiuto del clericalismo e del chiacchiericcio, e invece l’esortazione ad andare incontro alle persone lì dove sono, nei loro ambienti di vita e di lavoro, con le loro ferite e le loro domande. Una conversione missionaria nel senso più vero e più profondo della parola, che anche il nuovo Papa sembra abbia posto come uno dei punti chiave del suo ministero appena iniziato.

Armando Fumagalli