Gesù Cristo nostra speranza. II. La vita di Gesù. Le guarigioni. 11. La donna emorroissa e la figlia di Giairo. «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36)

Papa Leone XIV prosegue il ciclo di catechesi per il Giubileo invitandoci a meditiare sulle guarigioni di Gesù come segno di speranza.

Cari fratelli e sorelle,

anche oggi meditiamo sulle guarigioni di Gesù come segno di speranza. In Lui c’è una forza che anche noi possiamo sperimentare quando entriamo in relazione con la sua Persona.

Una malattia molto diffusa nel nostro tempo è la fatica di vivere: la realtà ci sembra troppo complessa, pesante, difficile da affrontare. E allora ci spegniamo, ci addormentiamo, nell’illusione che al risveglio le cose saranno diverse. Ma la realtà va affrontata, e insieme con Gesù possiamo farlo bene. A volte poi ci sentiamo bloccati dal giudizio di coloro che pretendono di mettere etichette sugli altri.

Mi sembra che queste situazioni possano trovare riscontro in un passo del Vangelo di Marco, dove si intrecciano due storie: quella di una ragazza di dodici anni, che è a letto malata e sta per morire; e quella di una donna, che, proprio da dodici anni, ha perdite di sangue e cerca Gesù per poter guarire (cfr Mc 5,21-43).

Tra queste due figure femminili, l’Evangelista colloca il personaggio del padre della ragazza: egli non rimane in casa a lamentarsi per la malattia della figlia, ma esce e chiede aiuto. Benché sia il capo della sinagoga, non avanza pretese in ragione della sua posizione sociale. Quando c’è da attendere non perde la pazienza e aspetta. E quando vengono a dirgli che sua figlia è morta ed è inutile disturbare il Maestro, lui continua ad avere fede e a sperare.

Il colloquio di questo padre con Gesù è interrotto dalla donna emorroissa, che riesce ad avvicinarsi a Gesù e a toccare il suo mantello (v. 27). Questa donna con grande coraggio ha preso la decisione che cambia la sua vita: tutti continuavano a dirle di rimanere a distanza, di non farsi vedere. L’avevano condannata a rimanere nascosta e isolata. A volte anche noi possiamo essere vittime del giudizio degli altri, che pretendono di metterci addosso un abito che non è il nostro. E allora stiamo male e non riusciamo a venirne fuori.

Quella donna imbocca la via della salvezza quando germoglia in lei la fede che Gesù può guarirla: allora trova la forza di uscire e di andare a cercarlo. Vuole arrivare a toccare almeno la sua veste.

Intorno a Gesù c’era tanta folla, e dunque tante persone lo toccavano, eppure a loro non succede niente. Quando invece questa donna tocca Gesù, viene guarita. Dove sta la differenza? Commentando questo punto del testo, Sant’Agostino dice – a nome di Gesù –: «La folla mi si accalca intorno, ma la fede mi tocca» (Discorso 243, 2, 2). È così: ogni volta che facciamo un atto di fede indirizzato a Gesù, si stabilisce un contatto con Lui e immediatamente esce da Lui la sua grazia. A volte noi non ce ne accorgiamo, ma in modo segreto e reale la grazia ci raggiunge e da dentro pian piano trasforma la vita.

Forse anche oggi tante persone si accostano a Gesù in modo superficiale, senza credere veramente nella sua potenza. Calpestiamo la superficie delle nostre chiese, ma forse il cuore è altrove! Questa donna, silenziosa e anonima, vince le sue paure, toccando il cuore di Gesù con le sue mani considerate impure a causa della malattia. Ed ecco che subito si sente guarita. Gesù le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace» (Mc 5,34).

Nel frattempo, portano a quel padre la notizia che sua figlia è morta. Gesù gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36). Poi va a casa sua e, vedendo che tutti piangono e gridano, dice: «La bambina non è morta, ma dorme» (v. 39). Quindi entra nella camera dove giaceva la bambina, la prende per mano e le dice : «Talità kum», “Fanciulla, alzati!”. La ragazza si alza in piedi e si mette a camminare (cfr vv. 41-42). Quel gesto di Gesù ci mostra che Lui non solo guarisce da ogni malattia, ma risveglia anche dalla morte. Per Dio, che è Vita eterna, la morte del corpo è come un sonno. La morte vera è quella dell’anima: di questa dobbiamo avere paura!

Un ultimo particolare: Gesù, dopo aver risuscitato la bambina, dice ai genitori di darle da mangiare (cfr v. 43). Ecco un altro segno molto concreto della vicinanza di Gesù alla nostra umanità. Ma possiamo intenderlo anche in senso più profondo e domandarci: quando i nostri ragazzi sono in crisi e hanno bisogno di un nutrimento spirituale, sappiamo darglielo? E come possiamo se noi stessi non ci nutriamo del Vangelo?

Cari fratelli e sorelle, nella vita ci sono momenti di delusione e di scoraggiamento, e c’è anche l’esperienza della morte. Impariamo da quella donna, da quel padre: andiamo da Gesù: Lui può guarirci, può farci rinascere. Gesù è la nostra speranza!


Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/audiences/2025/documents/20250625-udienza-generale.html