E’ solo un’Opera di bene

“Dipinta nel best seller Il Codice da Vinci come una Spectre cattolica, considerata da molti un centro di potere tra i più efficienti, la Prelatura dell'Opus Dei reagisce. E replica attraverso il direttore del suo Ufficio Informazioni”. Intervista pubblicata il 26 febbraio 2005 su “Milano Finanza”.

Tre settimane fa Milano Finanza ha pubblicato un articolo sull'Opus Dei. L'Opera ha chiesto di chiarire e precisare alcune questioni. Lo fa in questa intervista il direttore dell'Ufficio Informazioni, Giuseppe Corigliano.

Da più di un anno in cima alle classifiche di vendita, non solo in Italia, c'è il romanzo di Dan Brown, Il Codice da Vinci, in cui l'Opus Dei è dipinta come un organizzazione segreta, una sorta di Spectre che opera nell'ombra. Perché così tanti lettori sono pronti a credere che l'Opera, o qualcuno all'interno di essa, possa comportarsi in quel modo?

Quel libro ha avvicinato alle nostre attività spirituali tante persone, specialmente in America, che hanno desiderato conoscere realmente l'Opus Dei. Questo è il punto: conoscere realmente. Il messaggio dell'Opera è semplicissimo. Il fondatore indicava nelle situazioni di ognuno il punto di incontro con Dio. Sei studente? Dio ti aspetta nello studio. Sei un marito? La strada per il Paradiso porta il nome di tua moglie. Sembra un insegnamento scontato e invece è stata, ed è, una rivoluzione. Come i primi cristiani, che continuavano a vivere nelle stesse condizioni precedenti la conversione, ma con una luce nuova nell'anima. L'unico fine dell'Opus Dei è questo: accendere quella luce. Perché questo messaggio passa difficilmente attraverso i media? Perché buona parte della stampa è interessata solo a ciò che è politico, economico, quantificabile e tratta anche i temi spirituali in questa prospettiva. Chi cerca di convertire il cuore dei contadini delle Ande o dei banchieri di Wall Street compie, per questi giornali, un'opera indecifrabile, di cui hanno difficoltà a parlare. Naturalmente ci sono delle eccezioni: un vero giornalista come Messori si è preso la briga di viaggiare, vedere, capire e raccontare. E ha scritto un gioiello, “L'Opus Dei, un 'indagine” ,pubblicato da Mondadori.

Quasi 80 anni di storia e 84 mila aderenti, una diffusione che tocca tutti e cinque i continenti. Come mai, secondo lei, dell'Opus si parla più per il suo peso, per così dire, politico che per la sua realtà spirituale?

L'Opera viene a ricordare che i cristiani sono come una famiglia unita dove si ama molto. C'è il figlio di sinistra e la ragazza di destra o viceversa, ma la famiglia resta salda lo stesso. Perciò il fondatore attraversò climi politici arroventati circondato da persone di tutte le tendenze politiche: con le braccia aperte accoglieva tutti. Con questo spirito capirà che è impossibile dare una collocazione politica all'Opus Dei, e i giornali che lo fanno sbagliano: siamo su un altro piano.

Tra i personaggi della politica e dell'economia, di molti si dice siano vicini all'Opus o addirittura ne siano membri effettivi. Ma si tratta sempre d'indiscrezioni, è quasi impossibile saperlo con certezza, perché tanta riservatezza sulle adesioni?

L'Opera è come una diocesi a cui si aderisce personalmente. Organizza lezioni di teologia, corsi di cristianesimo nella vita quotidiana, i classici esercizi spirituali. In più mette a disposizione di chi vuole, i suoi sacerdoti accoglienti e preparati. Frequentare queste attività è come frequentare le attività della parrocchia o della propria diocesi. Che senso avrebbe se una diocesi pubblicasse i nomi dei cattolici praticanti? Non è un segreto, né discrezione. È naturalezza.

Che rapporto ha l'Opera con la politica e con l'economia?

Nessuno. Se qualcuno le propone un affare o un partito dell'Opus Dei, stia tranquillo che è una truffa. Però la presenza dello spirito dell'Opera fa bene all'economia e alla politica perché rende le persone più responsabili, laboriose, aperte al dialogo e all'amicizia. Se lei apre un manuale di economia politica trova come elemento primo che caratterizza la vita economico-politica di una società quello religioso, che determina l'atteggiamento vitale e configura la vita sociale. Inoltre, in tutto il mondo sono fiorite iniziative educative e assistenziali, guidate spiritualmente dall'Opus Dei, che incidono positivamente sul contesto sociale: l'università Campus Bio-medico di Roma con il relativo policlinico, in cui il malato viene curato e trattato come un parente; centri di formazione professionali dalle Filippine al Perù, alle periferie delle metropoli occidentali come il Bronx; residenze universitarie e scuole secondarie, ospedali per bambini in Congo, iniziative di riscatto per la donna africana... L'elenco sarebbe troppo lungo.

L'Opus è stato il primo movimento ecclesiale a essere elevato al rango di prelatura personale, il che significa che il prelato dipende esclusivamente dal papa. Che cosa ha l'Opus più degli altri?

È bene che ci siano altre prelature personali. Il fondatore era laureato in legge e in diritto canonico e, grazie alla mentalità giuridica, vedeva che per inquadrare uno spirito di santità nella vita quotidiana occorreva una struttura giuridica che riflettesse la normalità della vita. La figura della diocesi è quella che meglio la interpreta. È stato un cammino lungo e faticoso perché gli innovatori sono apprezzati e amati ma anche incompresi e calunniati. Così è sempre accaduto non solo nella storia della Chiesa ma anche in quella delle scoperte scientifiche o in altri campi. L'Opera non è mai stata un movimento e dipende dalla Congregazione dei vescovi, come una diocesi.

Ogni volta che si parla di rapporti tra l'Opus Dei e il franchismo voi protestate. Il fatto è che sono soprattutto fonti spagnole a mettere in relazione le due realtà.

Proprio in Spagna i falangisti si ingelosirono della stima che Franco aveva di un gruppo di professori e tecnici di cui solo pochi erano dell'Opus Dei. Alcuni di questo gruppo divennero ministri. Il segretario della Falange ordì una campagna stampa negativa qualificando tutto il gruppo come Opus Dei. La realtà era, allora come oggi, che l'Opus Dei non si occupava di politica. Tra i membri c'era chi appoggiava Franco mentre altri erano all'opposizione, come il proprietario e il direttore del quotidiano “Madrid”: un giornale che fu fisicamente chiuso e fatto saltare in aria dal ministro franchista dell'informazione. San Josemaría si tenne sempre a rispettosa distanza dal dittatore e si trasferì a Roma nel '46. È passato più di mezzo secolo e il mito di un'Opus Dei franchista è da riporre in soffitta.

Oggi nel Sacro collegio ci sono due cardinali che aderiscono all'Opus Dei, e tra gli aderenti ci sono diversi membri della curia oltre che il portavoce del papa. Chi, anche in Vaticano, non ha visto di buon occhio un ascesa del genere cita ragioni nobili e altre meno, ci sono voci che parlano addirittura di aiuti ai movimenti di opposizione in Polonia negli anni 80. Qual è per lei il motivo di tanta fiducia da parte del papa?

Gli aiuti alla Polonia sono una «bufala», mentre San Josemaría amò tutti i pontefici e ne fu riamato e stimato. Certo il carattere di Giovanni Paolo II è di un'impressionante affinità elettiva con lo spirito dell'Opera. Ma il Papa ama tutti, non solo noi, e questo è il bello.

    Antonio Satta // Milano Finanza