Benedetto XVI parla ai giovani

Come conoscere Cristo ed essere suoi amici? Come fare per essere allegri ogni giorno? Come prendere decisioni importanti nella vita cristiana? In questi testi scelti, il Papa risponde alle precedenti domande.

'Gli apostoli hanno imparato la fede in Gesù Cristo, non senza difficoltà perché erano uomini come noi'.

Amici di Gesù

Gli Apostoli erano compagni di via di Gesù, amici di Gesù e questo loro cammino con Gesù non era solo un cammino esteriore, dalla Galilea a Gerusalemme, ma un cammino interiore nel quale hanno imparato la fede in Gesù Cristo, non senza difficoltà perché erano uomini come noi. 

Ma proprio per ciò perché erano compagni di via di Gesù, amici di Gesù che in un cammino non facile hanno imparato la fede, sono anche guide per noi, che ci aiutano a conoscere Gesù Cristo, ad amarLo e ad avere fede in Lui.  (Udienza Generale, 9 agosto 2006). Filippo segue Gesù

Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. Anche a noi dice quanto disse a Natanaele: “Vieni e vedi”. 

L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l’amicizia, il vero conoscere l’altro, ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. 

Del resto, non bisogna dimenticare che, secondo quanto scrive Marco, Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che “stessero con lui” (Mc 3,14), cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero Lui fosse. Solo così infatti, partecipando alla sua vita, essi potevano conoscerlo e poi annunciarlo. 

Più tardi, nella Lettera di Paolo agli Efesini, si leggerà che l’importante è “imparare il Cristo” (4,20), quindi non solo e non tanto ascoltare i suoi insegnamenti, le sue parole, quanto ancor più conoscere Lui in persona, cioè la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza. 

[L'importante è] 'conoscere Lui in persona, cioè la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza'. (foto: carf)

Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo. Ecco: è proprio questo che ci ricorda l’apostolo Filippo. 

E così ci invita a “venire”, a “vedere”, cioè ad entrare in un contatto di ascolto, di risposta e di comunione di vita con Gesù giorno per giorno. (Udienza Generale, 6 settembre 2006).

Giovani e impegno Domanda RV: Santo Padre, proprio un anno fa Lei era a Colonia con i giovani, e credo che Lei abbia anche sperimentato che la gioventù è straordinariamente pronta ad accogliere, e che Lei personalmente è stato accolto molto bene. In questo prossimo viaggio Lei porta forse anche un messaggio speciale per i giovani? 

Papa Benedetto XVI: Io direi anzitutto: sono molto felice che vi siano giovani che vogliono stare insieme, che vogliono stare insieme nella fede, e che vogliono fare qualcosa di buono. La disponibilità al bene è molto forte nella gioventù, basti pensare alle molte forme di volontariato. 

L'impegno per offrire in prima persona un proprio contributo di fronte ai bisogni di questo mondo, è una cosa grande. Un primo impulso può essere quindi di incoraggiare in questo: Andate avanti! Cercate le occasioni per fare il bene! Il mondo ha bisogno di questa volontà, ha bisogno di questo impegno! 

E poi forse una parola particolare sarebbe questa: il coraggio di decisioni definitive! Nella gioventù c'è molta generosità, ma di fronte al rischio di impegnarsi per una vita intera, sia nel matrimonio, sia nel sacerdozio, si prova paura. 

Il mondo è in movimento in modo drammatico. Continuamente. Posso già fin d'ora disporre della mia vita intera con tutti i suoi imprevedibili eventi futuri? 

Con una decisione definitiva non è forse che lego io stesso la mia libertà e che tolgo qualcosa alla mia flessibilità? 

'Le decisioni definitive sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita'.

Risvegliare il coraggio di osare decisioni definitive, che in realtà sono le sole che rendono possibile la crescita, il cammino in avanti e il raggiungimento di qualcosa di grande nella vita, le sole che non distruggono la libertà, ma le offrono la giusta direzione nello spazio; rischiare questo, questo salto - per così dire - nel definitivo, e con ciò accogliere pienamente la vita, questo è qualcosa che sarei lieto di poter comunicare.

(Intervista, Castelgandolfo, 5-VIII-2006).

Educazione: il valore delle decisioni definitive

Un'educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l'amore in tutta la sua bellezza:  quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà. 

Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri "no" a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. 

In verità, questi "no" sono piuttosto dei "sì" all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio. (Discorso, Verona, 19-X-2006). La bellezza della santità e il giovane ricco

Quattro nuovi Santi vengono oggi proposti alla venerazione della Chiesa universale: Rafael Guízar y Valencia, Filippo Smaldone, Rosa Venerini e Théodore Guérin. I loro nomi saranno ricordati per sempre. 

'L'itinerario evangelico è esigente, ma riempe il cuore' (foto: carf).

Per contrasto, viene subito da pensare al "giovane ricco", di cui parla il Vangelo appena proclamato. Questo giovane è rimasto anonimo; se avesse risposto positivamente all'invito di Gesù, sarebbe diventato suo discepolo e probabilmente gli Evangelisti avrebbero registrato il suo nome. 

Da questo fatto si intravede subito il tema della Liturgia della Parola di questa domenica: se l'uomo ripone la sua sicurezza nelle ricchezze di questo mondo non raggiunge il senso pieno della vita e la vera gioia; se invece, fidandosi della parola di Dio, rinuncia a se stesso e ai suoi beni per il Regno dei cieli, apparentemente perde molto, in realtà guadagna tutto. 

Il Santo è proprio quell'uomo, quella donna che, rispondendo con gioia e generosità alla chiamata di Cristo, lascia ogni cosa per seguirlo. 

Come Pietro e gli altri Apostoli, come Santa Teresa di Gesù che oggi ricordiamo, e innumerevoli altri amici di Dio, anche i nuovi Santi hanno percorso questo esigente, ma appagante itinerario evangelico ed hanno ricevuto "il centuplo" già nella vita terrena insieme con prove e persecuzioni, e poi la vita eterna.  (Omelia, 15 ottobre 2006). L'allegria di chi si fida di Dio

Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? 

All'interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire - Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12, 26). 

Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12, 24-25). 

'E noi forse potremmo anche volare un po' di più, se non ci dessimo così tanta importanza' (foto: alexkon).

L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. 

Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. 

Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. 

L'esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui.

La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell'uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6, 3). Nella seconda Lettura, l'apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3, 1). 

È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore. 

'In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui'.

Come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all'amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. 

Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. 

Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici.

(Omelia, 1 novembre 2006). I giovani

I giovani vogliono vedere se Dio c'è e che cosa Dio ci dice. Esiste, quindi, una certa disponibilità, con tutte le difficoltà di oggi. Esiste anche un entusiasmo. 

Dobbiamo quindi fare il possibile per tener viva questa fiamma che si mostra in occasioni come le Giornate Mondiali della Gioventù. Come fare? È una nostra domanda comune. (...) 

Mi sembra che, sotto il coordinamento del Vescovo, si debba trovare il modo, da una parte, di integrare i giovani nella parrocchia, affinché siano fermento della vita parrocchiale; e, dall'altra, di trovare a questi giovani anche l'aiuto di operatori extra-parrocchiali. Le due cose devono andare insieme. 

'La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti'.

Occorre suggerire ai giovani che, non solo nella parrocchia ma in diversi contesti, devono integrarsi nella vita della Diocesi, per poi ritrovarsi anche nella parrocchia. Bisogna perciò favorire tutte le iniziative che vanno in questo senso. 

Penso che sia molto importante, adesso l'esperienza del volontariato. È importante che i giovani non siano lasciati alle discoteche, ma abbiano impegni nei quali vedono di essere necessari, si accorgono di poter fare qualcosa di buono. 

Sentendo questo impulso di fare qualcosa di buono per l'umanità, per qualcuno, per un gruppo, i giovani avvertono questo stimolo ad impegnarsi e trovano anche la «pista» positiva di un impegno, di un' etica cristiana. 

Mi sembra di grande importanza che i giovani abbiano realmente impegni che ne mostrino la necessità, che li guidano sulla strada di un servizio positivo nell'aiuto ispirato dall'amore di Cristo per gli uomini, cosicché loro stessi cerchino le fonti alle quali attingere per trovare la forza e l'impegno. (Incontro con i sacerdoti, Castelgandolfo, 31-VIII-06). Buon umore

Quale ruolo hanno nella vita di un Papa lo humour e la leggerezza dell'essere? 

Papa Benedetto XVI: (ride) Io non sono un uomo a cui vengano in mente continuamente delle barzellette. Ma saper vedere anche l'aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. 

Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po' di più, se non ci dessimo così tanta importanza. (Intervista, Castelgandolfo, 5-VIII-2006).