La Famiglia - 28. Spirito famigliare

Durante il Sinodo sulla famiglia, Papa Francesco ha deciso di improntare le riflessioni di questa e delle prossime catechesi sul rapporto tra Chiesa e famiglia. In particolare in questa si è soffermato sul concetto di "spirito famigliare", chiamandolo «carta costituzionale della Chiesa».

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Da pochi giorni è iniziato il Sinodo dei Vescovi sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. La famiglia che cammina nella via del Signore è fondamentale nella testimonianza dell’amore di Dio e merita perciò tutta la dedizione di cui la Chiesa è capace. Il Sinodo è chiamato ad interpretare, per l’oggi, questa sollecitudine e questa cura della Chiesa. Accompagniamo tutto il percorso sinodale anzitutto con la nostra preghiera e la nostra attenzione. E in questo periodo le catechesi saranno riflessioni ispirate da alcuni aspetti del rapporto – che possiamo ben dire indissolubile! – tra la Chiesa e la famiglia, con l’orizzonte aperto al bene dell’intera comunità umana.

Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. Infatti, lo stile dei rapporti – civili, economici, giuridici, professionali, di cittadinanza – appare molto razionale, formale, organizzato, ma anche molto “disidratato”, arido, anonimo. Diventa a volte insopportabile. Pur volendo essere inclusivo nelle sue forme, nella realtà abbandona alla solitudine e allo scarto un numero sempre maggiore di persone.

Ecco perché la famiglia apre per l’intera società una prospettiva ben più umana: apre gli occhi dei figli sulla vita – e non solo lo sguardo, ma anche tutti gli altri sensi – rappresentando una visione del rapporto umano edificato sulla libera alleanza d’amore. La famiglia introduce al bisogno dei legami di fedeltà, sincerità, fiducia, cooperazione, rispetto; incoraggia a progettare un mondo abitabile e a credere nei rapporti di fiducia, anche in condizioni difficili; insegna ad onorare la parola data, il rispetto delle singole persone, la condivisione dei limiti personali e altrui. E tutti siamo consapevoli della insostituibilità dell’attenzione famigliare per i membri più piccoli, più vulnerabili, più feriti, e persino più disastrati nelle condotte della loro vita. Nella società, chi pratica questi atteggiamenti, li ha assimilati dallo spirito famigliare, non certo dalla competizione e dal desiderio di autorealizzazione.

Ebbene, pur sapendo tutto questo, non si dà alla famiglia il dovuto peso – e riconoscimento, e sostegno – nell’organizzazione politica ed economica della società contemporanea. Vorrei dire di più: la famiglia non solo non ha riconoscimento adeguato, ma non genera più apprendimento! A volte verrebbe da dire che, con tutta la sua scienza, la sua tecnica, la società moderna non è ancora in grado di tradurre queste conoscenze in forme migliori di convivenza civile. Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado – aggressività, volgarità, disprezzo… –, che stanno ben al di sotto della soglia di un’educazione famigliare anche minima. In tale congiuntura, gli estremi opposti di questo abbrutimento dei rapporti – cioè l’ottusità tecnocratica e il familismo amorale – si congiungono e si alimentano a vicenda. Questo è un paradosso.

La Chiesa individua oggi, in questo punto esatto, il senso storico della sua missione a riguardo della famiglia e dell’autentico spirito famigliare: incominciando da un’attenta revisione di vita, che riguarda sé stessa. Si potrebbe dire che lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. E’ scritto a chiare lettere: «Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio.

Gesù, quando chiamò Pietro a seguirlo, gli disse che lo avrebbe fatto diventare “pescatore di uomini”; e per questo ci vuole un nuovo tipo di reti. Potremmo dire che oggi le famiglie sono una delle reti più importanti per la missione di Pietro e della Chiesa. Non è una rete che fa prigionieri, questa! Al contrario, libera dalle acque cattive dell’abbandono e dell’indifferenza, che affogano molti esseri umani nel mare della solitudine e dell’indifferenza. Le famiglie sanno bene che cos’è la dignità del sentirsi figli e non schiavi, o estranei, o solo un numero di carta d’identità.

Da qui, dalla famiglia, Gesù ricomincia il suo passaggio fra gli esseri umani per persuaderli che Dio non li ha dimenticati. Da qui Pietro prende vigore per il suo ministero. Da qui la Chiesa, obbedendo alla parola del Maestro, esce a pescare al largo, certa che, se questo avviene, la pesca sarà miracolosa. Possa l’entusiasmo dei Padri sinodali, animati dallo Spirito Santo, fomentare lo slancio di una Chiesa che abbandona le vecchie reti e si rimette a pescare confidando nella parola del suo Signore. Preghiamo intensamente per questo! Cristo, del resto, ha promesso e ci rincuora: se persino i cattivi padri non rifiutano il pane ai figli affamati, figuriamoci se Dio non darà lo Spirito a coloro che – pur imperfetti come sono – lo chiedono con appassionata insistenza (cfr Lc 11,9-13)!

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