Capodifaro , uno dei collegi universitari della Fondazione RUI, dal dicembre 2002 si occupa di catechismo in una delle parrocchie del centro storico più in difficoltà. E’ San Giovanni di Pré, vicino a Principe, frequentata soprattutto da ragazzi stranieri, emigrati e non sempre ben inseriti a scuola, con problemi legati all’integrazione.
Ecco il racconto di una catechista, Francesca : “Sono quasi tre anni ormai che ogni venerdì pomeriggio ci rechiamo nella parrocchia dove ci aspettano più di trenta bambini che, tutti sorridenti, ci salutano in spagnolo e che hanno tanta voglia di vivere. Don Michele , il sacerdote incaricato della catechesi, è francese e aveva chiesto il nostro aiuto tramite una sua parrocchiana che frequenta Capodifaro. Per prepararci ci incontriamo a Capodifaro il secondo sabato del mese dove Wanda ci spiega come e cosa insegnare nelle lezioni in modo che la nostra crescita sia parallela a quella dei ragazzini. Ora ci stiamo soffermando sui comandamenti, sulle beatitudini, sui sacramenti, sulla vita di Gesù.

Le ragazze di 15 anni si stanno preparando alla Cresima e quindi noi insistiamo molto sul significato del sacramento. Sembrano distratte, mentre invece si nota il loro sforzo per imparare, anche se hanno difficoltà legate alla lingua.
Gli altri due gruppi comprendono ragazzini dai 5 ai 12 anni: sono seguiti da studentesse, tra cui Katia , iscritta a Medicina; Roberta , IV anno di liceo ed Elisabetta, matricola di Ingegneria Navale.
Vorrei ora raccontarvi la mia esperienza personale: ho 19 anni, frequento il primo anno di Scienze della Comunicazione e partecipo a questo progetto sociale sin dai tempi del liceo, dal 2002.
Ho cominciato a fare catechismo quasi per caso. Era uno degli obiettivi proposti al termine del corso di volontariato che avevo seguito a Capodifaro. Ho desiderato sin dall’inizio dare la mia disponibilità all’iniziativa, anche se non saprei spiegare il perché. E’ un’esperienza che mi ha aiutato a crescere nella vita interiore e che mi ha messo in contatto con una realtà che non conoscevo assolutamente.

Me ne parlò Anna Chiara nell’ottobre del 2002. Aveva qualcosa per me, mi disse. Aveva capito che potevo essere interessata. Mi ha fatto piacere che me lo chiedesse, per me è stata una testimonianza di stima e fiducia. L’ho ritenuto sin dall’inizio un compito importante, perché ho un ruolo attivo nella formazione di questi bambini, che mi fa sentire una figura di riferimento per loro.
L’appuntamento fisso nella settimana è il venerdì alle 17. I ragazzini hanno un posto dove andare. Noi cerchiamo di costruire in base a chi ci rivolgiamo: coinvolgiamo attivamente le più grandi, e studiamo modi più semplici per insegnare ai più piccoli. Ci serviamo di alcuni libri, ma ci proponiamo ogni volta nuovi modi per interagire con loro. Così si stabiliscono legami di amicizia e di fiducia. Un’esperienza unica, che mi fa sentire quanto bisogno ci sia di questo tipo di formazione. Non la cambierei con nulla al mondo”.