"Laura, ma tu sei matta…!"

Laura De Gara, numeraria, di Verona, ha conosciuto l’Opus Dei nella sua città natale, ma da 20 anni risiede a Bari. È professore ordinario di Fisiologia Vegetale nell’Università di Bari.

30 anni di vocazione all’Opus Dei! Sono trascorsi così rapidamente che mi sembra non sia passato molto da quando, ancora all’inizio della mia vocazione, mentre studiavo Biologia all’Università di Milano, sono andata a Verona, la mia città, per comunicare ai miei genitori una proposta ricevuta dalle direttrici dell’Opera, che pensavo proprio di accettare. Mi sarei trasferita a Bari per collaborare al lavoro dell’Opera in quella città e vi avrei continuato i miei studi universitari. Ricordo molto bene la reazione di mia sorella Paola, allora tredicenne, che, guardandomi con una sorta di rabbia “adolescenziale”, mi disse, più o meno: “Tu sei matta, io da Verona non mi sposterò mai!”.

Sul "sei matta!", aveva ragione, perché sicuramente è stata la pazzia più bella ed entusiasmante della mia vita! Ma per il resto aveva torto e infatti mi ha imitato: raggiunta l’età in cui io mi trasferii a Bari, Paola volò oltre oceano per stabilirsi in Brasile, inizialmente con l’idea di fare solo una breve esperienza, ma ormai ci sta da 20 anni. Anche lei ha preferito seguire ciò che il suo cuore le dettava. Aveva conosciuto Alberto, anche lui veronese, e quando, terminati gli studi universitari, lui scelse di trasferirsi in Brasile, Paola decise di sposarsi e di allontanarsi con lui da Verona. Anche lei ha fatto una scelta coraggiosa, senza troppi calcoli, generosa…

Sia io che Paola dobbiamo la serenità con cui abbiamo fatto le nostre scelte di vita al grande rispetto per la libertà personale che i nostri genitori hanno avuto nei nostri confronti. Non ci hanno fatto sentire come “tirate” da due amori contrastanti. Gli altri fratelli, Daniela e Giorgio, rimasti a Verona con le loro famiglie, ci hanno aiutato a "restare" accanto ai nostri genitori, parte integrante e molto unite a tutta la famiglia, pur essendo fisicamente lontane.

Ho imparato tante cose dagli insegnamenti del Fondatore dell’Opera, alcune delle quali mi sono state di grande aiuto per affrontare le difficoltà in ambito professionale. Prima fra tutte l’idea della santificazione del lavoro ordinario. Questo cardine della spiritualità dell’Opus Dei è stato uno degli aspetti che mi ha più affascinato quando, a diciotto anni, ho conosciuto l’Opera. Ancora oggi, dopo tanti anni, continua a essere un punto di riflessione e di lotta interiore, non esente da insuccessi.

Altre cose, apparentemente di minor rilievo, dette dal Fondatore dell’Opera ai suoi figli, sono state per me la bussola per orientarmi nel mio processo di maturazione professionale e umana. Per esempio l’idea che, a parità di talenti, o anche con minori qualità umane, ottiene migliori risultati chi è costante nel proprio lavoro e chi sa mantenere l’entusiasmo nonostante le difficoltà. Un altro suggerimento che mi è stato prezioso è stato quello di valorizzare anche gli insuccessi. In molti casi non è aver ricevuto una sconfitta che determina il proprio futuro ma l’atteggiamento con cui la si affronta e la si supera.

La mia vita professionale è ora consolidata. Sono da alcuni anni professore ordinario, Presidente di un Corso di Laurea; svolgo collaborazioni scientifiche con alcuni dei migliori ricercatori italiani e europei nel mio settore; ho costituire un gruppo di ricerca fatto da persone molto valide e, grazie all’apporto di ognuno, stiamo lavorando in un clima umanamente positivo e scientificamente stimolante. Anche se non sempre è facile collaborare, devo dire che sono state poche le situazioni in cui la divergenza di opinioni, il diverso modo di impostare il lavoro o la diversa scala di valori, ha prevalso sul desiderio di costruire relazioni interpersonali positive.

Tutte le collaborazioni professionali, siano state regolari o transitorie, mi hanno permesso di costruire un’intesa interpersonale, un rapporto di simpatia e di stima che andava al di là delle problematiche scientifiche o didattiche, anche quando su temi importanti (fede, politica, ecc.) si partiva e si restava su posizioni molto distanti.

Mi ha sempre colpito molto la fiducia che il Fondatore dell’Opus Dei aveva nelle persone, la sua capacità di aiutare a sviluppare i talenti di ognuno, pur nel rispetto del modo di essere e delle specificità personali; la sua capacità di salvare le intenzioni dei singoli anche davanti a risultati negativi. È questo un aspetto che, nel mio lavoro universitario di formazione con i giovani, mi è sempre stato molto a cuore. Oggi, per i ruoli istituzionali che svolgo, ho meno tempo da passare tra i banconi del laboratorio a diretto contatto con gli studenti, e me ne rammarico molto.

Un altro aspetto dello spirito dell’Opera per me molto importante, è l’aver sperimentato che l’Opera è davvero una famiglia. Sia quando ho ricoperto incarichi di direzione di attività apostoliche, sia quando li ho lasciati (nell’Opera non esiste la cosiddetta “carriera”, si sta laddove è necessario), mi sono sentita sempre amata, capita e stimata per quello che ero, con i miei difetti e i miei talenti. Ovviamente è necessaria la collaborazione di tutti perché un centro dell’Opera sia “famiglia”. Le proprie necessità, anche professionali, i propri gusti, i propri interessi e hobby, devono essere armonizzati con quelli delle altre persone, come succede in qualsiasi famiglia.

La mia scelta vocazionale indubbiamente mi ha richiesto molte rinunce. Non molto diverse, per la verità, da quelle che molte mie colleghe hanno fatto per costruire e mantenere saldo il progetto di vita familiare iniziato con il matrimonio. Fin dall’inizio della mia carriera ho dovuto sforzarmi per mettere insieme le esigenze del lavoro di ricerca con le attività che svolgevo nel centro dell’Opera e alle quali non avrei rinunciato neppure per una carriera molto più brillante di quella che ho fatto!

Il mio modello di vita è stato sempre, secondo un insegnamento di S. Josemaría, quello di una madre di famiglia numerosa e con poche risorse economiche! Per esempio, ho imparato ad accettare di rinviare il conseguimento di un risultato sperimentale per lasciar spazio, nella mia settimana, a cose diversa dalla ricerca; oppure a rinunciare a prolungate esperienze in laboratori esteri, limitandomi a qualche breve stage. Talvolta, ho anche dovuto diminuire la mia partecipazione ai convegni, per le esigenze della mia famiglia, dell’Opus Dei.

Facendo un bilancio globale della mia vita, queste rinunce sono ben poca cosa rispetto a tanta ricchezza di esperienze, alla soddisfazione di vedere l’azione di Dio in tante persone, alla consapevolezza che ciò che conta di più, quando nel lavoro si impiegano tutte le risorse di cui si è capaci, non è il risultato, ma l’amore e lo spirito di servizio con cui si è lavorato.