La formazione dei sacerdoti per dare una adeguata attenzione spirituale

«È necessario studiare costantemente la scienza di Dio, orientare spiritualmente molte anime, ascoltare molte confessioni, predicare instancabilmente e pregare molto, con il cuore messo sempre nel tabernacolo». Così si esprimeva san Josemaría nell’omelia “Sacerdote per l’eternità”.

San Josemaría promuoveva la ricerca della santità, anche con i nostri limiti, nel lavoro e nelle circostanze ordinarie di ciascuno. Per questo incoraggiava tutti i fedeli dell’Opus Dei e coloro che si avvicinano ai suoi apostolati a confidare nelle proprie abilità e in una buona formazione professionale. Sottolineava inoltre che il desiderio di incontrare Dio non può mai darsi per scontato nè dipende soltanto dalle buone intenzioni, ma deve essere accompagnato dallo sforzo di usare i mezzi umani che sono a nostra portata per assecondare la grazia di Dio. E, tra questi mezzi, uno al quale dava molta importanza era la formazione permanente.

«Il panorama è così vasto che mai potremmo dire: sono già formato. Noi non diciamo mai basta. La nostra formazione non finisce mai: tutto quello che avete ricevuto fino ad ora è la base per quello che verrà dopo»[1]spiegava. E ancora: “La sola ambizione, l’unico desiderio dell’Opus Dei e di ognuno dei suoi figli è servire la Chiesa, come essa vuole essere servita, all’interno della specifica vocazione che il signore ci ha dato”.

La necessità di formarsi e curare nel tempo la propria formazione permanente nella dottrina e nei modi di avere a che fare con le persone è necessaria anche per i presbiteri.

«Prestare al Signore la vostra voce richiede di avere confidenza con Lui; richiede ascoltare la voce di Dio e farla entrare nella propria vita. Per acquistare tale familiarità, san Josemaría indica due imprescindibili vie: la vita di preghiera e lo studio. Il sacerdote deve dedicare tempo allo studio e alla meditazione della Sacra Scrittura per approfondire la propria formazione teologica, affinchè faccia risuonare fedelmente la voce di Cristo, che parla nella sua Chiesa»[2].

San Josemaría lo sottolineava esplicitamente in questo modo ai sacerdoti dell’Opus Dei: «La predicazione della parola di Dio esige vita interiore: dobbiamo parlare agli altri di cose sante, ex abundantia enim cordis, os loquitur (Mt 12, 34); la bocca parla dalla ricchezza del cuore. E, assieme alla vita interiore, studio: (...) studio, dottrina che interiorizziamo nella nostra vita e che soltanto per questo sapremo dare agli altri nel modo più giusto, adattandoci ai bisogni e alle circostanze con dono di lingue»[3].

Il sacerdozio nell’Opus Dei viene amministrato a membri dell’Opera in possesso di studi superiori e che vengono ordinati, con le parole di san Josemaría: «per servire. Non per comandare, non per emergere, ma per impegnarsi,in un silenzio incessante e divino, al servizio di tutte le anime (...) per essere, niente di più e niente di meno, sacerdoti-sacerdoti, sacerdoti al cento per cento»[4].

Gli studi civili che posseggono i candidati al sacerdozio nell’Opus Dei servono loro di base per iniziare quelli ecclesiastici con senso di professionalità e presentarsi con una buona preparazione per l’ordinazione. La licenza in Teologia e il dottorato in Filosofia o Teologia vengono fatti nell’Università della Santa Croce, a Roma, o nell’Università di Navarra, in Spagna. Nel corso di questi anni, vivono in centri internazionali di formazione, sedi del seminario della Prelatura, che completano gli studi accademici con la formazione umana, pastorale e spirituale richiesta dal sacerdozio.

La formazione permanente dei sacerdoti dell’Opus Dei

I sacerdoti sono stati ordinati «per parlare solo di Dio, per predicare il Vangelo e amministrare i Sacramenti. Questo è, se si vuol dire così, il loro nuovo lavoro professionale, al quale dedicano tutte le ore del giorno, che risultano sempre poche: perchè si deve costantemente studiare la scienza divina, orientare spiritualmente tante anime, ascoltare molte confessioni, predicare instancabilmente e pregare molto, molto, con il cuore messo sempre nel tabernacolo, dov’è realmente presente Chi ci ha scelti per essere suoi, in una meravigliosa avventura piena di gioia, per quante possano esserci contraddizioni, che non mancano a nessuna creatura»[5].

Subito dopo l’ordinazione i sacerdoti dell’Opus Dei si dedicano a una prima attività pastorale di sei mesi, nella quale partecipano - con la guida di un sacerdote con esperienza - a diverse attività per imparare ad esercitarsi nelle nuove funzioni pastorali. Per questo servizio, nascosto e allo stesso tempo efficace, è richiesta una profonda vita interiore e una costante formazione dottrinale e pastorale, dopo aver ricevuto il sacramento dell’Ordine. Perciò tutti i sacerdoti continuano a formarsi per svolgere bene il proprio ministero al servizio delle anime. Nel caso dell’Opus Dei, questa formazione permanente realizza le richieste della Santa Sede con quelle proprie della Prelatura, secondo il programma generale che segue:

  • Questa attività è seguita da un corso personale di formazione pastorale della durata di un anno e mezzo, che permette di introdursi poco a poco nelle diverse attività del nuovo ministero, di risolvere dubbi e difficoltà.
  • Al fine di rinnovare i poteri ministeriali per celebrare i sacramenti e predicare, per diversi anni fanno esami di teologia e approfondiscono l’applicazione di criteri morali alle concrete situazioni. All’inizio, il rinnovo dei poteri è per un anno, poi per tre, dopo per cinque e, infine, per sette anni. Dopo di che possono ottenere tali poteri in perpetuo.
  • Nell’ambito della formazione permanente, secondo il suggerimento contenuto nel Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, pubblicato nella pagina web del Vaticano, ogni mese partecipano a una riunione di attività pastorale, secondo il canone 279 del Codice di Diritto Canonico, che consente, tra l’altro, di ripassare aspetti liturgici e morali relativi al ministero sacerdotale, i nuovi documenti del papa, di commentare esperienze pastorali.
  • Una volta all’anno partecipano a una settimana di studio nella quale ripassano diverse materie dottrinali e pratiche.

Tale formazione viene arricchita con alcune iniziative che consentono di migliorare ancora di più la preparazione professionale di ogni sacerdote.

La Pontificia Università della Santa Croce in Roma, istituita nel 1984, oltre ad aver realizzato il desiderio di san Josemaría di poter contare su un istituto superiore di studi ecclesiastici al servizio della Chiesa, permette di offrire corsi di formazione teologica e pastorale a sacerdoti che hanno già esercitato il loro ministero e vogliono migliorare la loro formazione pastorale. Questi programmi sono organizzati dalle facoltà di Teologia, Diritto canonico, Filosofia e Comunicazione Sociale Istituzionale.

Per rendere agevole che tutti possano accedere a strumenti che permettono di approfondire la fede cattolica e di essere di aiuto nella cura pastorale, con note pratiche finalizzate ad affinare il giudizio e consigliare, da alcuni anni è stato creato il portaleCollationes.org - che conta sulla collaborazione di professori di varie università e centri di formazione pastorale, dell’ISSRA (Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Apollinare) e di sacerdoti del Centro Romano di Incontri Sacerdotali (CRIS) - , che ha iniziato la propria attività di formazione permanente del clero nel 1968, grazie all’impulso di san Josemaría.

Gioia e serenità nella vita di ogni giorno

I sacerdoti dell’Opus Dei, abitualmente, vivono con altri adulti – sacerdoti e laici -, e in questi ambienti di famiglia e fraternità sono aiutati a condividere e sviluppare amicizie, essere di servizio agli altri e a collaborare nelle materiali faccende della casa. In tal modo, oltre a condividere con altre persone della Prelatura e rendere più agevole l’attenzione ai lavori pastorali, possono partecipare ai mezzi di formazione che ricevono tutti i fedeli dell’Opus Dei: tanto i laici come i sacerdoti partecipano settimanalmente a un’attività di formazione cristiana, e una volta al mese a un ritiro spirituale di diverse ore; e, una volta all’anno partecipano a un’attività di formazione in materia teologica e fanno un corso di ritiro di tre o più giornate.

San Josemaría desiderava che le attività dell'Opus Dei si realizzassero in un «ambiente sereno e gioioso», nel quale si respira «un clima di libertà, nel quale tutti si sentono fratelli, ben lontano dall’amarezza che viene dalla solitudine o dall’indifferenza»[6]. I mezzi di formazione cristiana, ricevuti ugualmente da sacerdoti e laici, ottengono che tale ambiente si rifletta in tutte le attività e che, tra l’altro, ci si aiuti a a vicenda nel curarlo: «Un clima nel quale si impara ad apprezzare e a vivere la comprensione reciproca, la gioia di una convivenza leale tra gli uomini. Amiamo e rispettiamo la libertà, e crediamo nel suo valore educativo e pedagogico. Siamo convinti che in un tale clima si formano anime con libertà interiore, e si forgiano uomini capaci di vivere responsabilmente la dottrina di Cristo (...) capaci di amare con tutto il cuore e con tutte le forze la Chiesa di Dio e il Romano Pontefice»[7].

“Sacerdoti fedeli, pii, dotti, impegnati, pieni di gioia!”

San Josemaría chiedeva preghiere per i sacerdoti, affinchè fossero sempre «sacerdoti fedeli, pii, dotti, impegnati, pieni di gioia!»[8]. Per favorire questo, i sacerdoti dell’Opus Dei, allo stesso modo degli altri laici della Prelatura, nell’ambito della loro formazione umana e spirituale, ricevono una assistenza spirituale e abitualmente si confessano settimanalmente, per crescere nella vita spirituale personale. Qualche fedele della Prelatura, sacerdote o laico, può aiutare fraternamente un sacerdote con alcuni consigli che gli servano per migliorare un aspetto del suo carattere o correggere un difetto.

Una continua e profonda conversione del cuore

«Mi sembra che a noi sacerdoti venga chiesta l’umiltà di imparare e non di essere alla moda, di essere realmente dei servi di Dio – ricordiamoci di quel grido del Battista: illum oportet crescere, me autem minui (Giovanni 3, 30); conviene che Cristo cresca e che io diminuisca – affinchè i normali cristiani, i laici, rendano presente Cristo in tutti gli ambienti della società. La missione di dare dottrina, di aiutare a penetrare nelle esigenze personali e sociali del vangelo, di portare a discernere i segni dei tempi, è e sarà sempre uno degli impegni fondamentali del sacerdote. Ma, tutto il lavoro sacerdotale deve realizzarsi all’interno del massimo rispetto della legittima libertà delle coscienze: ogni uomo deve rispondere liberamente a Dio. Per il resto, ogni cattolico, oltre a questo aiuto del sacerdote, ha le proprie luci che riceve da Dio, la grazia di stato per portare avanti la missione specifica che, come uomo e come cristiano, ha ricevuto»[9].

Papa Francesco ha parlato con chiarezza della libertà dei fedeli, specialmente di fronte agli abusi conosciuti nella società e nella Chiesa. Nella sua Lettera Apostolica Vos estis lux mundi del 2019, diceva: « Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa, così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa»[10].

È di Cristo che dobbiamo parlare

Il prelato dell’Opus Dei, mons. Fernando Ocáriz, nelle sue ultime lettere ha fatto sue queste linee. Nell’ottobre del 2020, riferendosi precisamente ai sacerdoti, sottolineava: «Essendo sempre molto vicini a tutti, fate in modo di mantenere un tono umano adeguato, la gravità sacerdotale nel modo di presentarvi, nelle conversazioni, ecc. Figli miei, se san Josemaría diceva a tutti che “è di Cristo che dobbiamo parlare e non di noi stessi”, specialmente voi sacerdoti farete lo sforzo di non apparire, di non essere protagonisti, facendo in modo che al posto del protagonismo e del brillio della vostra vita ci siano quelli di Gesù”»[11].

Di fronte a queste difficili situazioni, papa Francesco ci ha chiesto di esprimere la sua riconoscenza a tanti e tanti sacerdoti che vivono con grande dedizione la loro fedele donazione a Dio e agli altri. In occasione del 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, patrono dei sacerdoti, papa Francesco li ringraziò in maniera particolare: “Grazie per la gioia con cui avete saputo donare la vostra vita, mostrando un cuore che nel corso degli anni ha combattuto e lottato per non diventare angusto ed amaro ed essere, al contrario, quotidianamente allargato dall’amore di Dio e del suo popolo; un cuore che, come il buon vino, il tempo non ha inacidito, ma gli ha dato una qualità sempre più squisita; perché «eterna è la sua misericordia»”[12].

Seguendo questi suggerimenti, nella prelatura dell’Opus Dei si è voluto rafforzare i mezzi di prevenzione degli abusi e la formazione permanente dei sacerdoti che offrono assistenza pastorale individuale per mezzo dell’accompagnamento spirituale nel sacramento della penitenza. Questa formazione consente di aiutare i sacerdoti a mantenere viva la loro identificazione sacramentale con Cristo e offrire un servizio efficace agli altri nel loro cammino spirituale.

[1] San Josemaría, Nota da una riunione familiare, 18-VI-1972, citata da J. Echevarría, Lettera per una nuova evangelizzazione, 11-XII-2012.

[2] Mons. Javier Echevarría, Gli insegnamenti di San Josemaría per i sacerdoti,, 28 marzo 2009. Conferenza sul sacerdozio in occasione dell’anniversario dell’ordinazione di San Josemaría.

[3] San Josemaría Escrivá de Balaguer, Lettera 8-VIII-1956, n. 25.

[4] San Josemaría, Amare la Chiesa, cap. 3, n. 35.

[5] Ibid. n.36.

[6] San Josemaría, Discorsi sull’università, n. 5. Parole pronunciate durante la inaugurazione del Centro Elis, opera corporativa dell’Opus Dei, benedetta da san Pablo VI.

[7] Ibid.

[8] San Josemaría, Amare laChiesa, cap.3, n. 50,

[9] Ibíd. n. 59.

[10] Papa Francesco, Lettera apostolica in forma di “Motu Proprio”, “Vos estis lux Mundi”, 2019.

[11] Fernando Ocáriz, Lettera ottobre 2020, n. 22.

[12] Papa Francisco, Lettera del Santo Padre Francesco ai sacerdoti nel 160° anniversario della morte del Curato d’Ars.