Tratto da: Vázquez de Prada, Il Fondatore dell'Opus Dei. La Biografia di San Josemaría Escrivá, Leonardo International, vol. I.
Sabato 21 gennaio Juan Jiménez Vargas si presentò con due amici affinché don Josemaría desse loro una lezione di formazione religiosa (chiamata anche circolo di San Raffaele). La riunione ebbe luogo nell'asilo di Porta Coeli, in una sala ceduta loro dalle suore.
Sotto la protezione di S. Raffaele sarebbe stato messo il lavoro di formazione cristiana della gioventù; le vocazioni per l'Opera che ne fossero venute, sarebbero state poste sotto la protezione di S. Michele, allo scopo di formarle spiritualmente ed umanamente. I padri e le madri di famiglia che avessero partecipato alle attività apostoliche o entrassero a far parte dell'Opera, avrebbero avuto per Patrono S. Gabriele.
Ultimamente era giunto alla conclusione che l'apostolato con i giovani non doveva essere organizzato in un’associazione, bensì svolgersi in un’istituzione di docenza privata; per esempio, un’accademia (1). Ma prima si verificò un cambiamento nella vita di don Josemaría che, pur avendo a prima vista poco a che vedere con il lavoro di S. Raffaele, è decisamente collegato all'inizio della formazione dei giovani studenti.
«Dopo aver fatto insistente orazione al Signore» ‑‑ si legge in un'annotazione del 9 dicembre 1932 ‑‑ «trova in modo provvidenziale un appartamentino decente per viverci con la mia famiglia. Deo gratias. Ho chiesto un credito alla Corporazione per pagarlo, come l'altro, in un anno. Così posso cambiare casa» (2).
L'appartamento era un piano nobile a sinistra, al numero 4 di via Martínez Campos. Il costo era di 1380 pesetas l’anno, in mensilità anticipate (3). Aveva sicuramente dei vantaggi se don Josemaría intonò il Deo gratias. Di nuovo la signora Dolores fece un trasloco. Questa volta in un appartamento ampio, dove avrebbero fatto miglior figura le sue capacità, perché in via Viriato non c'era posto neppure per le sedie. Fu così che, senza aspettare di avere un'accademia, don Josemaría incominciò a riunirsi con sacerdoti e studenti; si incontravano ed egli dava loro delle conversazioni di formazione.
Le 1380 pesetas che s'impegnò a pagare annualmente non ci autorizzano a presumere un miglioramento nella situazione economica degli Escrivá. E' sufficiente il seguente episodio, accaduto pochi giorni dopo la firma del contratto di affitto:
«Ieri si è fermato il mio orologio da tasca» ‑‑ scrisse don Josemaría ‑‑. «La faccenda era piuttosto complessa, per me: perché non ho un altro orologio e perché il miocapitale ammonta, oggi, a settantacinque centesimi (...). Parlando con il mio Signore gli suggerii che fosse il mio Angelo Custode, al quale Egli ha dato più arte che a tutti gli orologiai, a sistemare il mio orologio. Sembrò che non mi avesse ascoltato, dato che mi misi a muovere, a toccare e ritoccare, invano, l'orologio guasto. Allora (...) mi sono inginocchiato e ho iniziato un padrenostro e un'avemaria, che forse non arrivai neppure a finire, perché ho preso di nuovo l'orologio, ho toccato le lancette... e si è messo in moto! Ho ringraziato il mio buon Padre» (4).
La povertà ‑‑ «mia gran signora», la chiamava ‑‑ presiedeva tutta la sua vita e così pure gli inizi del lavoro di S. Raffaele, l'apostolato con i giovani. Il contratto d'affitto era del 10 dicembre. Vediamo ora come stava a denaro alla fine di novembre.
In quei giorni, sulla porta di una scuola del “Patronato de Enfermos”, trovò un'immagine della Madonna Immacolata, buttata via e sporca di fango. Don Josemaría era solito raccogliere le immagini sacre trovate per strada, per bruciarle poi a casa; ma questa la raccolse con il presentimento che si trattasse di un'offesa, di una pagina di catechismo strappata per odio. «Perciò» ‑‑ scrisse in una caterina ‑‑ «non brucerò la povera immagine ‑‑ una pessima stampa, su carta brutta e lacerata ‑‑; la conserverò, la metterò in un bella cornice, quando avrò denaro... e chi mi dice che non si darà culto di amore e riparazione, con il tempo, alla "Madonna del Catechismo"!» (5).
Il 2 dicembre, una settimana prima di prendere in affitto il nuovo appartamento, senza denaro per una piccola cornice, passava in rassegna la propria povertà evangelica, senza lamenti né vanità: «Mi trovo ‑‑ più che mai ‑‑ senza un centesimo. La nostra povertà (mia gran signora, la povertà) è identica, da alcuni anni, a quella di quanti chiedono l’elemosina per strada. Ci nutre e ci veste (senza nulla di superfluo e anche senza alcune cose necessarie) nostro Padre che sta nei cieli, lo stesso che nutre e veste gli uccelli, secondo quanto dice il Santo Vangelo. Non mi preoccupa per niente, per niente, per niente questa situazione economica. Siamo abituati a vivere di miracoli» (6).
Ottenne un credito per l'appartamento e una cornice per la stampa. In cambio di questo favore e omaggio, chiese alla Madonna che gli procurasse una catechesi. La Madonna non si fece pregare molto.
Don Josemaría conosceva bene i quartieri fra Tetuán de las Victorias e l'Ospedale del Re. Gruppi di baracche, disseminate fra miserabili casupole, formavano "La Ventilla" o "Barriada de los Pinos" (7). Nel 1927 le Missionarie della Dottrina Cristiana avevano costruito a Los Pinos la Scuola del Divino Redentore per i bambini di quella povera gente. La scuola era in un avvallamento del terreno; quando pioveva vi affluivano a torrenti tutte le acque dei dintorni.
«Una mattina, che ricordo molto bene ‑‑ racconta suor San Paolo ‑‑ perché c’era stata un'abbondante nevicata e tutto era coperto di bianco, dalla sala di ricreazione della Comunità, che si trovava al piano superiore, vedemmo avvicinarsi alla scuola due sacerdoti vestiti con tonaca e mantello. Era mattina presto, perché si vedeva ancora tutto bianco e pulito; poi si trasformava tutto in un pantano. Era don Josemaría ‑‑ accompagnato da un altro sacerdote che si chiamava don Lino ‑‑ che veniva a chiederci che gli lasciassimo organizzare una catechesi nella scuola» (8). Questa visita fu martedì 17 gennaio, come si legge negli Appunti:
«19 gennaio 1933 (...) Domenica scorsa sono andato a Pinos Altos o Los Pinos, dove si trova una scuola di religiose, nella quale terremo dal prossimo 22 la nostra catechesi. Martedì, nonostante la grande nevicata, andammo Lino e io a vedere il locale e a salutare le suorine, che hanno molto buono spirito e il cappellano. Si meravigliarono di vederci arrivare in mezzo alla neve: con così poco ci siamo guadagnati il Signore» (9).
Il gruppo dei seguaci di don Josemaría si era allora molto assottigliato. Alcuni avevano lasciato Madrid; altri avevano patito «malattie e tribolazioni»; altri ancora si erano stancati di seguirlo perché avevano «una volontà che non vuole» (10). In tali circostanze fu provvidenziale l’arrivo di uno studente di Medicina che si chiamava Juan Jiménez Vargas. Don Josemaría parlò con lui un paio di volte. Nel secondo colloquio, il 4 gennaio 1933, aprì allo studente il panorama soprannaturale dell'Opera. Dietro a questa vocazione vennero alcuni amici. Gli amici di Juan erano gente con ardore patriottico, assidui alle riunioni di propaganda politica che solitamente si svolgevano alla domenica, proprio il giorno della catechesi. Qualcosa calmò i bollori di quegli intrepidi attivisti, tanto da far loro pensare di essere più utili nella catechesi che negli incontri politici. La prima visita al rione Los Pinos fu fissata per domenica 22 gennaio.
Frattanto don Josemaría aveva già iniziato a lavorare le anime di quel gruppo di studenti. Sabato 21 gennaio Juan si presentò con due amici affinché don Josemaría desse loro una lezione di formazione religiosa. La riunione ebbe luogo nell'asilo di Porta Coeli, in una sala ceduta loro dalle suore:
«Sabato scorso, con tre ragazzi e a Porta Coeli, ho dato inizio, grazie a Dio, al lavoro patrocinato da S. Raffaele e S. Giovanni. Dopo la conversazione, ho fatto l'esposizione minore e ho dato loro la benedizione con il Signore. Ci riuniremo il mercoledì» (11).
Juan fu impressionato dalla fede e dalla devozione che trasparivano dai gesti e dalle preghiere liturgiche, «soprattutto dal suo modo di tenere in mano l’ostensorio e di impartire la Benedizione» (12). Alcuni anni più tardi, il sacerdote avrebbe spiegato dove stava andando il suo pensiero mentre dava la benedizione con il Santissimo:
«Finita la lezione, andai in cappella con quei ragazzi, presi il Signore sacramentato nell’ostensorio, lo alzai, benedissi quei tre..., e ne vedevo trecento, trecentomila, trenta milioni, tremila milioni..., bianchi, neri, gialli, di tutti i colori, di tutte le combinazioni che l'amore umano può fare. E mi sono sbagliato per difetto, perché tutto è diventato realtà nel giro di quasi mezzo secolo. Mi sono sbagliato, perché il Signore è stato molto più generoso» (13).
Note
1.- Durante il ritiro spirituale a Segovia, nel 1932, in merito all’apostolato con giovani universitari scrisse che sarebbe stato posto «sotto la protezione di Santa Maria della Speranza e il patrocinio di S. Raffaele Arcangelo. E ciò sempre senza costituire associazione di alcun genere: a base di accademie» (Appunti, n. 1697). Idea ripresa in un'altra caterina: «Il lavoro di S. Raffaele e di S. Giovanni si farà sempre nelle nostre accademie, senza formare con gli studenti associazioni di alcun genere» (ibidem, n. 921).
2.- Ibidem, n. 890.
3.- Copia del contratto di affitto in AGP, RHF, D-15113. Nel contratto si dice: «casa di via Franco Giner (già Martínez Campos) n. 4, piano nobile a sinistra». Le mensilità erano di 115 pts. La terza delle condizioni contrattuali stabiliva che «il ritardo di quattro giorni nel pagamento dell'affitto è ritenuto causa sufficiente per dare inizio allo sfratto».
4.- Appunti, n. 892.
5.- Ibidem, n. 883.
6.- Ibidem, n. 884.
7.- Negli Appunti intimi del 18 luglio 1932, riferendosi alla visita che fece a don José María Somoano, ormai quasi agonizzante, scrisse: «Il medico di guardia disse che lo mettevamo nei guai; dovetti andarmene dall’Ospedale del Re; dopo aver confessato alcuni bambini a "La Ventilla", andai a casa di don Norberto» (ibidem, n. 787).
8.- Cfr Sor San Pablo Lemus y González de la Rivera, AGP, RHF, T- 05833; e Pilar Angela Hernando Carretero, AGP, RHF, T-05250, 1.
9.- Appunti, n. 907.
10.- Ibidem, n. 863.
11.- Ibidem, n. 913.
12.- Juan Jiménez Vargas, AGP, RHF, T-04152/1, p. 19. Un altro studente presente era José María Valentín-Gamazo; cfr AGP, RHF, T-02710.
13.- Cfr AGP, P04 1975, p. 278. «Molte volte il Padre ci ha detto ‑‑ commenta Mons. del Portillo ‑‑ che, mentre dava la benedizione con il Santissimo, non vide solo tre ragazzi, ma tremila, trecentomila, tre milioni...; bianchi, neri, gialli, di tutte le lingue e di tutte le latitudini» (Istruzione 9-I-1935, nota 25).