I vescovi commentano il messaggio del fondatore dell’Opus Dei.

Riportiamo altri brani significativi di omelie delle Sante Messe celebrate per il centenario della nascita del Beato Josemaría Escrivá.

Card. Michele Giordano, arcivescovo di Napoli.

“L‘eroicità della carità pastorale del Beato Josemaría Escrivá ha aperto nella Chiesa un solco profondo, e per questo oggi tutti noi, voi e io, rendiamo grazie a Dio con tutto il cuore. Nella Prelatura della Santa Croce e Opus Dei si contano oggi sacerdoti e laici dei cinque continenti, di tutte le razze, di tutte le professioni. Sono tutti uniti nell’impegno di santificare il lavoro professionale e i compiti familiari e sociali della vita quotidiana. Così facendo santificano sè stessi e gli altri, contribuendo a edificare la società umana secondo il volere di Dio. Ben si possono applicare al beato Josemaría Escrivá le parole del Vangelo che abbiamo appena letto: ha raccolto una quantità enorme di pesci ossia il suo apostolato ha portato molti frutti.”

“Per il beato Josemaría Escrivá l’unità con la Chiesa non era un aspetto esteriore, bensì costitutivo di qualsiasi autentico apostolato. Vengono alla mente nuovi motivi di gratitudine a Dio per questa unità di apostolato che, seguendo la via tracciata dal beato Josemaría Escrivá, l’Opus Dei ha vissuto con tanta intensità fin dal principio. Unità che ha trovato adeguata espressione istituzionale con l’erezione dell’Opus Dei in Prelatura personale, e che l’ordinazione episcopale del Prelato ha contribuito a mostrare radicata nella stessa fonte dell’unità apostolica: il Collegio episcopale, che - cum Petro et sub Petro - succede al Collegio apostolico. Unità che personalmente ho visto realizzarsi in questa nostra Diocesi grazie al lavoro abnegato e silenzioso di tanti, laici e sacerdoti, della Prelatura che, in unione di intenti e finalità, collaborano alla pastorale diocesana.”

Giovanni Giudici, vicario generale della diocesi di Milano.

“Alla luce di questa pagina evangelica ci domandiamo come la vita del Beato ha saputo incarnare nella cultura e nella società del secolo trascorso il perenne invito che il Vangelo ci ha oggi riproposto e ci domandiamo anche quale testimonianza per il presente ci deriva dalla vita e dall’insegnamento del Beato.

Un primo messaggio che possiamo raccogliere da questa pagina evangelica ci ricorda la centralità della chiamata nella proposta cristiana: il Signore chiama tutti. È certezza che va affermata, soprattutto oggi, perché la nostra comunità cristiana si trova tentata di ridurre la proposta cristiana del Vangelo. Penso ai molti battezzati. incuranti della scelta battesimale, della sua serietà, che chiedono alle nostre comunità parrocchiali i gesti sacramentali ma poi non danno una fedeltà alla scelta fatta. Il Beato Escrivá ci ricorda che il Cristianesimo è proposta di vita per tutti.”

“Ecco oggi, a cento anni di distanza dalla nascita del Beato, noi ci troviamo insieme per riconoscere meglio la forza del vangelo nella vita di Josemaría Escrivá; per ringraziare il Signore della fedele coerenza che egli ha saputo esprimere nella sua vita; per chiedere di amare la testimonianza di questo cristiano, che la Chiesa ci affida come testimone, come maestro.”

Giulio Sanguinetti, vescovo di Brescia

“Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte: “Chi ha incontrato veramente Cristo non può tenerselo per sé, deve annunciarlo. Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano” (n. 40).

Questa è “la grande catechesi” che propone il Fondatore dell’Opus Dei ai suoi aderenti e a tutti, mediante il rapporto personale di amicizia e di aiuto e le attività di formazione.

Questo carisma del Beato Escrivá e il suo stile di vita hanno raggiunto anche la nostra Diocesi, sviluppando quel recupero delle relazioni personali verso i vicini e verso i lontani che nel vortice di un progresso privo di regole sono facilmente divorate. Diventa così un elemento complementare agli altri per portare avanti “il programma di sempre, che raccogliamo dal vangelo e dalla viva Tradizione e che si incentra in Cristo da conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria e trasformare con Lui la storia fino al suo pieno compimento nella Gerusalemme celeste” (Novo millennio ineunte, 29).”

Giuseppe Costanzo, arcivescovo di Siracusa.

“Il Beato Escrivá era un uomo che ha preso tutto sul serio, che ha fatto tutto in profondità. Era innamorato di Cristo e della Chiesa. Quanto ha sofferto e come ha parlato chiaro davanti a certi pericoli attuali della Chiesa! Lavorava duro, ma senza fare rumore, non amava il chiasso, il protagonismo. Era un maestro di vita interiore, ma si sentiva – sono parole sue – “come un bambino che balbetta”. Era così umile da volere in qualche modo scomparire, per mettere in luce soltanto il carisma che aveva ricevuto. Diceva: “quando si riceve una lettera non si bada tanto alla busta, quanto al messaggio”. Ci si concentra sul messaggio. Ecco, egli si considerava soltanto una busta, un involucro dentro il quale Dio aveva deposto questo grande carisma: la santificazione del lavoro, della vita quotidiana, l’eroismo nella ferialità della vita. Volle ricordare ai cristiani posti nel mondo che Dio le chiama nelle occupazioni della vita e attraverso le occupazioni della vita quotidiana.”

“Quale il segreto della fecondità della vita del Beato? Alcune cose mi sembrano importanti, basilari. Anzi tutto la sua dedizione totale al compito ecclesiale che Dio gli aveva assegnato. Era uno di quelli che quando faceva le cose le faceva seriamente. La totalità della dedizione. Egli ebbe chiarissima un’idea: il lavoro è servizio, il lavoro è servizio al Re divino, servizio ai fratelli che sono stati riscattati con il Sangue preziosissimo di Cristo. Servire significa donare sé stessi, significa spendersi. Forse è un’immagine che mi fa compagnia da tanto tempo, e più vado avanti e più mi ritorna alla mente, ovviamente. Noi servendo assomigliamo ad un cero acceso: il cero acceso rende il servizio di illuminare, di riscaldare, ma mentre illumina, mentre diffonde calore si consuma. E il Beato si consumò nel servizio, un servizio che diventò dono totale di sé, e il dono totale di sé è una garanzia di amore operoso.”

Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste.

“Oggi siamo qui a rendere grazie a Dio, nel centenario della nascita del beato Josemaría Escrivá, di cui la Chiesa tra non molto, in modo pieno e solenne, riconoscerà la santità. La gloria di Dio in un uomo si rivela nella santità vissuta in quotidiana fedeltà alla vita di ogni giorno, nel sentirsi figlio che può abbandonarsi come bambino tra le braccia del Padre perché egli non cessa e non cesserà di amarlo, nel camminare senza sosta nel desiderio sapendo che egli sostiene il suo passo incerto e rinvigorisce la sua speranza di vedere finalmente Dio faccia a faccia così come egli è.

Non è forse così che vi ha insegnato a vivere colui che oggi voi volete ricordare come padre della grande famiglia spirituale dell’Opera?”

Carmelo Ferraro, arcivescovo di Agrigento.

“Lo stupore della vita quotidiana, ordinaria, feriale, della vita delle piccole cose, per la strada, nell'ufficio, al bar, nella vita sociale, che si vive nella professione, tutto ciò che a prima vista può sembrare profano per chi non ha scoperto dal Vangelo che non esiste il profano. Tutto è diventato sacro dove è il Signore e dove l'uomo è riconosciuto perché figlio del Padre. Possiamo dire che l'intuizione che si coglie nel carisma del vostro fondatore sia quella di comprendere come l'elemento umano sia divino come il suono dei passi sia eterno e come nel divino c'è l'umano. Contemplate sotto la grazia dello Spirito Santo questo mistero che fa parta della vostra spiritualità e sarete condotti così nel regno dello stupore della bellezza di Dio.”

Giuseppe Agostino, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano.

“Cari fratelli e sorelle, quest’incontro annuale, acquista quest’anno una valenza di più intensa riflessione perché ricorrono i cento anni della nascita del beato Josemaría, il 9 gennaio 1902; e poi perché è prossima la canonizzazione. Questa è una gioia per tutta la chiesa.

I Santi sono umanità compiuta e la santità è il sogno - inconscio qualche volta - di ogni battezzato. Tante volte quello a cui aneliamo è la santità. Questa vocazione universale, di tutti, che si realizza in tutto, nel toccare tutto, nel vivere tutto, l’ha espressa con particolare carisma il beato Josemaría.”

“Sento di poter affermare che precone - nella luce dello Spirito - del Concilio fu il beato Josemaría Escrivá che rivelò, secondo un dono dello Spirito - e ne fu apostolo, e voi ne siete i figli - il vero rapporto del cristiano con il mondo, che non è né il rifugio intimistico, né il comportamento integristico. Il vero rapporto del cristiano nel mondo, come dice d’altronde Gesù, è quello di essere come il sale nel cibo, come il lievito che fermenta, come la luce che illumina. La luce non si confonde con le cose, ma dà un volto alle cose, definisce la realtà delle cose. Così il beato Josemaría Escrivá intuì, dapprima per gli uomini, e successivamente anche per le donne, poi anche per i sacerdoti, questa spiritualità: santificarsi nell’esperienza umana, quotidiana, soprattutto nel volto laicale. Quindi, santificarsi nel lavoro, santificarsi nella politica, santificarsi nella vita della cultura, nella vita economica: nelle realtà terrene in altre parole. Però, oltre che il santificarsi, essere dentro la realtà della terra come lievito, come fermento, generatori di quella liberazione della storia che non è tanto presente nelle pretese delle varie ideologie.”

Giovanni Marra, arcivescovo di Messina.

“Vi confesso che quando questa sera ho benedetto questa immagine ho sentito dentro di me una profonda commozione, perché quando si conosce un santo nella vita, e poi lo si vede così, presentato come modello per tutta la cristianità, non solo ognuno lo deve considerare una grazia del Signore, ma il fatto non può non suscitare profonda emozione.”

“Ha colto l’ispirazione del Signore per realizzare questa Opera, l’Opus Dei, nel 1928, all’età di 26 anni, giovanissimo sacerdote. Non v’è dubbio che l’ispirazione del Signore ha dovuto dare alla sua anima, alla sua vita un orientamento, una forza, un coraggio perché a quell’età è difficile poter immaginare un’opera, se quell’opera non fosse davvero un’opera di Dio. Ispirato da Dio come sono ispirati da Dio i grandi santi che nella storia della Chiesa hanno dato inizio a grandi opere, a grandi ordini religiosi, a grandi congregazioni maschili e femminili. Certe opere non si possono realizzare a tavolino, non si può studiarne l’organizzazione per poterla poi realizzare: se non c’è la mano di Dio, se non c’è l’ispirazione dello Spirito Santo, certe opere non si possono realizzare. E se noi pensiamo che in pochissimo tempo questa Opera si è diffusa in tutto il mondo, noi non possiamo non immaginare che dietro c’è un disegno di Dio per l’umanità, per la evangelizzazione, per la realizzazione del regno di Dio.”