“Ho bisogno di esprimere quello che sento”

Maria Faraone, pittrice, ha fatto un ritratto di san Josemaría. Espone le sue pitture a New York, Mosca, Parigi, Barcellona e Buenos Aires.

“Sono piuttosto audace, soprattutto quando si tratta di fare ritratti. Quando mi invitarono a farne uno a san Josemaría Escrivá dissi: Perché no? Per me era un onore ritrarre una figura tanto importante”.

Maria Faraone è una pittrice la cui tematica è l’essere umano e la bellezza. Assume un’espressione particolare quando asserisce che “l’arte è qualcosa che ci deve elevare come persona”. Ammette che non tutti la pensano come lei, ma ribadisce la sua posizione mostrando una forte personalità: “Sono una ribelle. Ho bisogno di esprimere quello che sento. Io dipingo in modo diverso da tutti gli altri”. Forse oggi l’arte astratta gode, in certe scuole, di maggior prestigio; eppure Faraone fa arte figurativa, con il rischio di essere catalogata come naïf. Lei cerca l’armonia e si sforza di rifletterla attraverso il colore, la gioia, e anche il dolore. Infatti afferma che non si può essere solidali se non si ha coscienza del dolore, e non ammette la spersonalizzazione.

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Come ha scoperto san Josemaría Escrivá?

Ho conosciuto l’Opera attraverso mio marito. Poi ho letto Cammino, Solco… Ho visto alcuni filmati di san Josemaría Escrivá. Ho partecipato ad alcuni ritiri spirituali. Mi è piaciuto molto lo spirito dell’Opera: la ricerca della santità nelle attività della vita quotidiana, senza muoversi dal proprio posto. Mi è sembrata una cosa meravigliosa. Ci ha aiutati a essere migliori. Ho notato un cambiamento: potevamo avere più pace, potevamo capire tante altre cose, potevamo intravedere un senso da dare alle contrarietà. Ho imparato a offrire le difficoltà…

Come le sembra l’aria che si respira nelle attività organizzate dall’Opus Dei?

Nell’esercizio delle virtù che l’Opus Dei propone ho visto riflesso lo spirito di mia madre. Ho sempre provato una profonda ammirazione per lei ed era proprio lo stesso spirito di laboriosità, di eccellenza, di fare le cose il meglio possibile, di mettersi all’ultimo posto… A me è servito per rafforzare alcuni valori che avevo vissuto accanto a mia madre. Allora mi sono sentita confermata, mi sembrava logico tutto quello che ascoltavo. Ho anche notato che erano tutte proposte che aiutavano a fissare gli occhi sul Signore, ma stando con i piedi ben saldi sulla terra.

Come è riuscita a cogliere nei suoi quadri la pace e la gioia di san Josemaría?

Credo che abbiano contribuito le fotografie e i filmati. Inoltre, noi che facciamo questo lavoro abbiamo una speciale intuizione. A me piace la figura umana e credo che la personalità si riveli nello sguardo e nel gesto. Il ritratto deve riflettere lo spirito della persona.

La pittura l’aiuta a pregare?

Io penso di sì; in qualche maniera, sì. Del resto, a me piacerebbe, attraverso il mio lavoro, dar gloria a Dio. Spero di aver trovato il modo di dar gloria con il mio lavoro. Penso che sia una delle missioni che ho. Inoltre sento di avere l’obbligo di farlo perché Dio mi ha dato questa possibilità. Penso che il talento non sia mio; me lo ha prestato, e quindi ho il dovere di restituirlo.

Che rapporti ha con l’Opus Dei?

Sono Cooperatrice da oltre 20 anni. Amo l’Opera come se fosse mia e collaboro per quel che posso. Osservo e apprezzo lo spirito e i mezzi di formazione che mettono a disposizione delle persone, e dei giovani in particolare.