Il documentario sulla devozione al beato Josemaría Escrivá "É questione di fede" è stato trasmesso dalla RAI il 27 giugno 1999. Il documentario è stato tradotto in francese, inglese, spagnolo e portoghese. E’ in corso di preparazione la versione in tedesco, e quella in polacco, russo ceco e slovacco.
Il documentario di Alberto Michelini presenta, in 30 minuti, alcuni tratti caratteristici dello spirito del fondatore dell’Opus Dei e riflette con abbondanti immagini la devozione che oggi hanno migliaia di uomini e donne di tutto il mondo al Beato Josemaría.
17 maggio 1992. Roma. In una giornata di splendido sole, S.S. Giovanni Paolo II beatifica Mons. Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei e Giuseppina Bakhita, religiosa canossiana.
Le cerimonie di beatificazione e canonizzazione, da qualche tempo, non sono più un avvenimento straordinario per Piazza San Pietro. La beatificazione di Josemaría Escrivá viene ad aggiungersi ad altre cerimonie simili, in cui il Papa, seguendo le disposizioni del Concilio Vaticano II, ha portato e porterà all’onore degli altari fedeli che sono stati eroicamente coerenti alla loro vocazione cristiana, seguendo il cammino al quale ognuno di loro è stato chiamato da Dio.
"In una società nella quale la brama sfrenata del possesso di cose materiali le trasforma in idoli e in motivi di allontanamento da Dio — spiegò il Papa durante l’omelia — il nuovo beato ci ricorda che queste stesse realtà, creature di Dio e dell’ingegno umano, se se usano rettamente per la gloria del Creatore e per il servizio dei fratelli, possono essere via per l’incontro degli uomini con Cristo".
Lungo i secoli, dirà il Romano Pontefice l’anno successivo, la Chiesa ha fatto assegnamento sulla presenza "di uomini e donne, fedeli a Cristo, che illuminano con la loro vita e con il loro messaggio le diverse epoche della storia. Tra queste figure insigni occupa un posto eminente il beato Josemaría Escrivá, il quale — come ho avuto occasione di sottolineare nel giorno solenne della sua beatificazione — ha ricordato al mondo contemporaneo la chiamata universale alla santità e il valore cristiano che può assumere il lavoro professionale, nelle circostanze ordinarie di ciascuno". ((discorso al Convegno Teologico sugli insegnamenti del beato Josemaría))
Dal giorno della sua morte, il 26 giugno 1975, cominciarono ad arrivare alla sede della Prelatura dell’Opus Dei, a Roma, da tutte le parti del mondo, relazioni di favori attribuiti alla intercessione di Mons. Josemaría Escrivá: conversioni, decisioni di mettere in pratica la fede cristiana fino alle sue ultime conseguenze, guarigioni, favori materiali... È l’eco di una devozione che la Santa Sede ha definito "un autentico fenomeno di pietà popolare". Dal 1992, data della sua beatificazione, queste testimonianze si sono moltiplicate e sono già decine di migliaia. Vengono dalle nazioni e dai luoghi più diversi: Ucraina, Kazakhistan, Cuba, dal deserto di Atacama, da una prigione, da un ospedale...
Chi è Josemaría Escrivá? Perché la Chiesa lo ha proposto, insieme ad altri santi e beati, come esempio?
Come nasce e come si diffonde la sua devozione?
Coloro che ricorrono al beato Josemaría come intercessore davanti a Dio possono rispondere in modo appropriato a queste domande. Per questo motivo, abbiamo raccolto qui di seguito alcune relazioni inviate all’Ufficio per le Cause dei Santi, in questi ultimi anni. Vengono anche qui riproposti alcuni testi del documentario «È questione di fede», di Alberto Michelini, trasmesso dalla televisione italiana nel giugno 1999.
È logico che, nella maggioranza dei casi, le testimonianze vengano da persone che non hanno conosciuto il fondatore dell’Opus Dei. Le loro parole, però, riflettono una certa conoscenza: o perché ne hanno letto gli scritti, o perché hanno visto documentari, filmati durante i suoi viaggi di catechesi in alcuni paesi d’Europa e dell’America Latina o, semplicemente, perché hanno cominciato a recitare la preghiera per la sua devozione.
"Gli parlavo e mi ascoltava"
"Manuel Adrián Avello Méndez ha tredici anni". Inizia così il video «È questione di fede». "È nato a Oviedo, capoluogo delle Asturie, storica regione della Spagna. Nel 1992, quando aveva sei anni, guarì inesplicabilmente da una grave insufficienza renale, grazie all’intercessione del beato Josemaría Escrivá".
La mattina del 17 maggio 1992, domenica, Manuel Adrián si trovava con suo padre su questa spiaggia, sulle rive dell’Atlantico; nel frattempo, sua madre seguiva alla televisione la cerimonia di beatificazione di Josemaría Escrivá, che Giovanni Paolo II stava elevando proprio quel giorno alla gloria degli altari insieme ad una religiosa canossiana sudanese, Giuseppina Bakhita.
Una cerimonia memorabile, alla quale presero parte più di trecentomila persone provenienti dai cinque continenti. La presenza di quarantasei cardinali e di duecento vescovi di tutto il mondo sottolineava in modo visibile l’importanza dell’avvenimento.
María José Méndez, madre di Manuel Adrián, guardando l televisione, affida una volta ancora la guarigione del figlio al beato Josemaría Escrivá. Due anni prima, una sua parente le aveva dato un’immaginetta del fondatore dell’Opus Dei. Le sue preghiere avevano già ottenuto un graduale miglioramento del ragazzo, ma quella mattina María José ebbe la sicurezza dell’imminente guarigione.
«Mentre guardavo la sua immagine — racconta la madre— recitai la preghiera e gli dissi: adesso me lo guarisci del tutto, ormai gli togliamo anche l’ultima dose. Recitai di nuovo l’orazione, gli parlavo, lui mi ascoltava e io ascoltavo lui; ed ecco che notai – l’ho detto prima —, che mi stava esaudendo. Ero convinta che mio figlio fosse guarito».
Quando, nel pomeriggio, il padre ritornò col bambino, le raccontò che in spiaggia «è successa una cosa stranissima; pensa che faceva molto caldo, e il bambino mi ha detto che aveva molto freddo. L’ho fatto sdraiare sulla sabbia, l’ho coperto con degli asciugamani e si è addormentato; quando si è svegliato ha detto: “sto benissimo”. E infatti sta benissimo, fresco come una rosa». E io gli raccontai che l’ora coincideva: era proprio l’ora in cui io avevo recitato la preghiera. Ero già allora completamente e assolutamente convinta; adesso non rimane alcun dubbio, mio figlio era guarito.
Sospesi la somministrazione della medicina, e il giorno seguente, pur non essendo il giorno fissato per la visita di controllo, lo portai al Servizio di Nefrologia Infantile; lo visitò il Capo Servizio, il Dottor Málaga, e mi disse che il bambino non presentava ipertensione. Mi prescrisse alcuni esami e di tornare da lui, per vedere se era un effetto passeggero. Poi mi disse, con queste testuali parole, che non dimenticherò mai: “Signora, non c’è spiegazione scientifica, ma suo figlio è guarito”. Naturalmente lui non sapeva che io avevo recitato la preghiera, perché io non lo dico al primo che passa, altrimenti la gente penserà che sono matta».
Da quel giorno Manuel Adrián è completamente guarito dalla ipertensione arteriale di cui soffriva come conseguenza della stenosi dell’arteria renale destra, lesione che la letteratura medica ha sempre considerato irreversibile.
«Il bambino mantiene questa diagnosi dal giorno 17 maggio 1992 — testimonia il Prof. José Bustamante —, nel corso del quale, secondo il racconto della madre, in modo improvviso smise di soffrire di ipertensione, senza alcun intervento, né terapeutico, né medico, né chirurgico, tanto che gli esami fatti da lì in avanti al bambino, come l’analisi del sangue, l’analisi delle urine, esplorazione, ecc. hanno dato risultati di assoluta normalità. Il bambino conduce una vita completamente normale, e perciò, tenendo presente che le stenosi delle arterie renali non diminuiscono ma, al contrario, sono progressive, vanno in crescendo, e possono distruggere i reni, tutto questo è — da un punto di vista medico — un fatto incomprensibile».
Incomprensibile per la scienza, ma possibile a chi crede. «È questione di fede», era solito dire il beato Josemaría, perché per chi ha fede tutto è possibile.
Tutto cominciò con una preghiera
Molte altre persone, come la madre di Manuel Adrián, hanno cominciato a rivolgersi al beato Josemaría grazie ad un incontro, spesso casuale, con l’immaginetta per la sua devozione.
Dal carcere Questa lettera è stata scritta molti anni fa, prima della beatificazione di Mons. Escrivá. Viene da una prigione: "Ho ricevuto le immaginette per la devozione privata, perché alcuni miei compagni di prigionia sono devoti e recitano quotidianamente il Santo Rosario, e le ho regalate domenica, dopo la Santa Messa officiata dal Cappellano del carcere (...). Le suggerisco, se le pare opportuno, di inviare alcune immaginette al padre cappellano, perché per la verità nessuno qui conosceva questa bella preghiera e soprattutto è un aiuto per ognuno nelle necessità quotidiane. Lui visita altri sei raggi, dove ci sono altri vecchietti come me che sanno apprezzare ciò che è di grande valore cristiano".
Al mercato "Mi raccomando tutti i giorni a Monsignore — scrive una signora guatemalteca che lavora in un mercato —, vi chiedo la cortesia di inviarmi delle immaginette per alcune persone che desiderano ottenere grazie da Monsignore, perché io dico loro che Monsignore fa meraviglie per guarire malati e togliergli il vizio dell’alcool, e alcuni hanno già visto meraviglie. Per questo motivo vi chiedo di mandarmi un po’ di immaginette con l’orazione".
Nella malattia Una mamma che ha da poco perso il figlio, di 16 anni, spiega perché nell’annuncio del funerale compare la preghiera a Josemaría Escrivá: "Il giorno in cui mio figlio fu ricoverato al reparto cure intensive con un tumore al mediastino, non operabile, gli lessi la preghiera dell’immaginetta — che un’amica mi aveva appena dato — e disse subito che gli piaceva molto. La ripeté con tutti coloro che venivano a fargli visita, compresi i suoi amici della squadra di rugby e pallacanestro. Passò giorni molto difficili e dolorosi, ricevendo cattive notizie dai referti medici, ma diceva sempre: «mamma, non preoccuparti, starò bene, prendi l’immaginetta». Sono certa che adesso sta «bene» con Dio".
Nel deserto Molte volte l’immaginetta è passata di mano in mano, fino ad arrivare in posti lontani. Ecco cosa è accaduto ad un avvocato cileno: "Un paio di settimane fa il mio socio e io siamo andati al nord del paese. Dovevamo andare in molti villaggi e città per verificare lo stato di avanzamento di alcune cause. La strada percorreva immense estensioni di uno dei deserti più aridi del mondo: il deserto di Atacama. Avevamo tempo, e perciò decidemmo di visitare la Valle del Encanto, monumento archeologico di quella zona. La strada era difficile e in certi momenti era difficile distinguere la strada dal deserto. Arrivammo presso la casetta del custode del monumento. Entrammo. Cominciai a guardare i vasi di arte rupestre in una delle vetrine. Con mia grande sorpresa vidi un’immaginetta del beato Josemaría — un po’ sbiadita dal sole — attaccata a una parete. Chiesi al custode se si raccomandava a lui e mi rispose di sì, da anni aveva per lui una grande devozione".
Giocando a calcio "Ho conosciuto un giocatore di calcio — si legge in un’altra lettera — che prima delle partite di campionato recitava la preghiera dell’immaginetta".
Dal barbiere "Ho una grande devozione per il beato Josemaría — racconta un barbiere italiano —. Ho messo una sua immagine in negozio. Molti clienti mi chiedono notizie della persona che vedono nella foto e questo mi dà la possibilità di diffondere la sua devozione".
All’ospedale "A Galway — scrive un medico irlandese —, quando offro un’immaginetta molti riconoscono subito Monsignor Escrivá. Qualcuno mi dice: «Conosco questa preghiera da molto tempo e la recito spesso». Altri, aggiungono con convinzione: «è una preghiera molto bella». Nell’ospedale in cui lavoro si possono vedere sui comodini dei malati, sopra i letti, alla finestra. C’è stato qualche malato che ha copiato di proprio pugno l’orazione per darla ai parenti. (...). Molti si rivolgono all’intercessione di Monsignor Escrivá per chiedere la guarigione, e altri danno l’immaginetta ai propri parenti chiedendo di pregare per la loro guarigione. La trattano con rispetto e sono molto contenti quando ne ricevono una nuova".
In famiglia Ho la prima immaginetta in cinese per la devozione al beato Josemaría, che sia giunta a Sidney — racconta una signora di Shangai che vive in Australia —. Da allora gli ho chiesto moltissimi favori per i miei figli: che li facesse crescere sani, che si comportassero bene, che riuscissero a superare gli esami, che trovassero buoni amici, che ottenessero un lavoro..., e tutto è avvenuto!"
Tramite i suoi libri
Altre volte l’incontro con il fondatore dell’Opus Dei è avvenuto tramite i suoi libri. È quanto è successo a un parroco giapponese...
Giappone "Dopo trent’anni di sacerdozio, nel 1980, fui destinato ad una parrocchia di Nagasaki. Un mio amico parroco mi presentò presto un sacerdote dell’Opus Dei. Ci incontrammo spesso. Quando cominciai a leggere le opere del beato Josemaría mi entusiasmai. Per me significarono una boccata di aria fresca. Ricordo quando lessi che ciascuno doveva essere "santo d’altare": provai un sobbalzo nel cuore. Infatti, pur avendo abbastanza chiaro da sempre che dovevo essere santo, per diventare un "santo d’altare" avrei dovuto essere molto più esigente con me stesso. Quando raccontai al Cardinale il mio incontro con l’Opus Dei e il bene che mi stava facendo la meditazione di Cammino, mi disse che anche lui conosceva il libro e l’Opus Dei, fin dai tempi in cui era stato a Roma".
India "I libri del beato Josemaría mi hanno aiutato a comprendere la ricchezza ed il significato di tanti aspetti della nostra fede cattolica, in una prospettiva più profonda — assicura un funzionario che lavora a Nuova Delhi, India—. Penso che molta gente possa ricavarne un beneficio, in quanto la avvicina ancor di più a Dio".
Ucraina Uno studente di Lviv, in Ucraina, cattolico di rito bizantino ucraino, conobbe una persona che gli regalò una copia di Cammino, una di È Gesù che passa e alcune immaginette del beato Josemaría. Dopo qualche tempo gli scrisse: "Mi scuso per non averle scritto prima, per vari motivi, ma il principale è che avevo bisogno di tempo per leggere i libri che lei mi ha regalato. Mi sono piaciuti immensamente. È Gesù che passa è adatto a persone molto diverse, dai caratteri più vari. I libri del beato Josemaría sono molto utili per la nostra nazione".
Kazakhistan Da un altro paese della ex-Unione Sovietica, un sacerdote racconta: "Al termine di una concelebrazione nella Cattedrale di Alma Ata ho incontrato una religiosa carmelitana già in età avanzata che vive a Karaganda. Si rallegrò quando seppe che fra i sacerdoti presenti ce n’era uno dell’Opus Dei. Era molto contenta che fosse giunto nel Kazakhistan, e chiedeva insistentemente qualche libro del beato Josemaría, del quale è devota. Le diedi È Gesù che passa e me ne fu molto riconoscente".
Cuba "Ho 27 anni — si legge in una lettera inviata da Cuba —. Cinque anni fa incontrai Dio e provo una viva e crescente sete di Lui. Venimmo a conoscenza dell’Opus Dei tramite un amico di mia sorella, grazie al quale ci rendemmo contro del lavoro che svolge e soprattutto del suo fondatore, il beato Josemaría Escrivá. Abbiamo letto le sue opere Amici di Dio e Cammino, scritti che hanno dato una svolta alla vita di tante persone e hanno fatto riflettere molte altre".
Cile "Grazie alla lettura di alcuni libri di Monsignor Escrivá — dice una professoressa cilena— conobbi meglio la sua spiritualità. Mi colpirono le sue parole quando afferma che possiamo e dobbiamo aspirare alla santità, e che il mezzo per ottenerlo è un lavoro fatto bene, offerto al Signore. Diventare consapevole di questo mi ha fatto provare molta speranza nella misericordia di Dio: È Lui che ci mette a portata di mano i mezzi per raggiungere la santità!".
Gli scritti del beato Josemaría Escrivá sono libri di spiritualità che si rivolgono a comuni cristiani, per incoraggiarli ad iniziare e a perseverare in un rapporto personale di amicizia con Dio, prendendo spunto dalle situazioni quotidiane più comuni. Il più noto di questi scritti è Cammino (1939), pubblicato in 42 lingue e in più di 4 milioni di copie.
«Miracoli» che non si vedono "Con soprannaturale intuizione — disse S.S. Giovanni Paolo II, il 17 maggio 1992 —, il beato Josemaría predicò instancabilmente la vocazione universale alla santità e all’apostolato". Poiché questo fu il suo costante impegno mentre era in vita, è logico che molti di coloro che ricorrono alla sua intercessione ricevano grazie che li spingono ad "amare e servire Dio e tutte le anime attraverso il loro lavoro ordinario", come amava ripetere il fondatore dell’Opus Dei. Nelle testimonianze che riportiamo, si parla proprio di questi favori di tipo spirituale. Crescita spirituale "Sono una contadina — leggiamo da una lettera scritta in prossimità della data della beatificazione —, e desidero ardentemente conoscere le strade di santificazione di cui parlava il servo di Dio, Monsignor Josemaría. Ho bisogno di crescere spiritualmente e forse è proprio questa la via che Dio mi vuole indicare".
Conversione "Colui che oggi è il beato Josemaría Escrivá —dice un avvocato dell’Ecuador — ottenne da Dio il miracolo della mia conversione e mantiene viva la mia adesione alla Chiesa e al cammino di perfezione della mia vita cristiana".
Grazie a una Messa "Nel 1992 — raccontano dalla Costa d’Avorio —, mi invitarono ad una Messa celebrata ad Abidjan a motivo della beatificazione di Josemaría Escrivá. Poi cominciai a partecipare ai mezzi di formazione della Prelatura. E così è cambiata la mia vita. Posso affermare che da quel momento mi sono reso conto di cosa voglia dire vocazione cristiana".
Attraverso il Notiziario del beato Josemaría "Uno dei miei colleghi di lavoro aveva perso la fede, molto tempo fa — si legge in un’altra lettera —. Quando iniziammo a parlare di cose spirituali cercai di convincerlo a intraprendere nuovamente la via dell’orazione e dei sacramenti, ma lui continuava a restare lontano da Dio. Gli suggerii, fra le altre cose, di leggere il Notiziario del beato Josemaría. Passavano le settimane senza che ottenessi una risposta. Il giorno dell’anniversario della prima Comunione del fondatore dell’Opus Dei, il mio amico, al termine della giornata di lavoro, mi disse con una certa urgenza: «Ti devo parlare». Ne fui sorpreso, e gli chiesi di accompagnarmi a casa. E lì, con calma, mi raccontò tanti particolari che denotavano un grande cambiamento: «Ho sfogliato il Notiziario del fondatore, che mi ha colpito molto. Poi ho comprato il libro de Giovanni Paolo II sulla speranza e ho letto altri suoi documenti. Dopo queste letture adesso sono di nuovo convinto nella fede»".
Praticare la fede "In passato — racconta il dipendente di un’azienda telefonica — non andavo affatto in chiesa. Adesso, tutta la mia famiglia partecipa alla Santa Messa ogni domenica".
Tornare alla Chiesa "Mio padre e mio fratello frequentavano un Centro dell’Opus Dei — racconta un italiano —, ma io non avevo alcun interesse. Le cose cambiarono quando, non so come, mi capitò tra le mani un profilo biografico del fondatore, che riporta molte sue parole testuali e citazioni dai suoi scritti. Ho scoperto un nuovo mondo: la santità nella vita ordinaria. La vita di quel sacerdote mi appassionò e cominciai a essergli affezionato. Siccome avevo saltato il prologo (cosa che faccio sempre quando leggo un libro), fui addolorato quando arrivai al capitolo in cui si racconta la sua morte: credevo fosse ancora in vita. Fu come se avessi perso un amico. E invece, l’avevo trovato, perché se prima ero lontano dalla Chiesa, da quel momento tornai a frequentarla e ad avere devozione per il beato Josemaría".
Aude Mircovic. Una ragazza parigina: "Mons. Escrivá ci insegnava ciò che lui stesso faceva per primo: pregare tutti i giorni per il Papa". Dal video «È questione di fede».
"La santità raggiunta dal beato Josemaría non rappresenta un ideale impossibile; è un esempio che non si rivolge solo a poche anime elette, bensì ad innumerevoli cristiani, chiamati da Dio a santificarsi nel mondo: nell’ambito del lavoro professionale, della vita familiare e sociale". ((omelia del 18-V-1992)) Così si esprimeva Mons. Álvaro del Portillo, primo successore del fondatore dell’Opus Dei, riassumendo con queste parole il nucleo del messaggio che Dio trasmise a Josemaría Escrivá. Un programma di vita che porta cercare a Dio nel bel mezzo delle occupazioni della giornata. Yuri Antonovich Simonov. È professore di Fisica teorica a Mosca. Ricevette il battesimo nel 1989, dopo aver conosciuto il messaggio del beato Josemaría. Dal video «È questione di fede».
Per questo motivo non fa meraviglia che fra le grazie ottenute attraverso la sua intercessione siano moltissimi i racconti legati al lavoro professionale e all’unità familiare, con guarigioni e con una tipologia molto vasta che potrebbe avere per titolo "cose della vita quotidiana". Alle prese con la disoccupazione A Chicago (Stati Uniti) alcune persone ricorrono alla sua intercessione per affidargli il problema della disoccupazione. "L’anno scorso ero disoccupato —narra una di queste persone — . Per fortuna riuscii ad inserirmi in un servizio che aiuta a trovare lavoro. Mentre mi trovavo lì, mi presentarono a un altro signore, da due anni senza lavoro. Facemmo amicizia, e gli diedi un’immaginetta del beato Josemaría. Dopo due settimane, nelle quali continuò a ripetere l’orazione, fece sette colloqui. Adesso c’è un gruppo di persone che recita l’orazione ogni giorno, ognuno per sé stesso e per gli altri. Ricorriamo al beato Josemaría perché dia una mano ai disoccupati. Il motivo è semplice: siccome aveva tanto interesse perché si lavori bene per amore di Dio, deve per forza avere interesse che le persone abbiano un’occupazione e possano lavorare...".
Una difficoltà economica "Sono un nonno, alle soglie degli ottant’anni, vedovo — leggiamo in un’altra testimonianza —, e a motivo di situazioni familiari avverse devo prendermi cura, con l’equilibrio e la prudenza che mi dà Dio, di una numerosissima discendenza. Alcuni mesi fa mi sono imbattuto in una grande difficoltà economica. Pensavo che sarebbe stato impossibile far fronte ad obblighi familiari tanto difficili. Consapevole della modestia dei miei meriti, mi sono deciso a chiedere l’aiuto del beato Josemaría, recitando la sua orazione con costanza e con fede. Non voglio scrivere la parola miracolosamente, ma certamente in modo impensabile e con semplicità la cosa si è risolta. Avevo promesso di rendere nota la grazia ricevuta e così faccio".
In famiglia Anche i favori che hanno per oggetto la famiglia sono innumerevoli. Ecco un esempio preso tra mille altri: "Recentemente, mio figlio e sua moglie, sposati da un anno, stavano per separarsi e si erano già rivolti ai propri avvocati. Io pregavo tutti i giorni il beato Josemaría per questa intenzione, allorché, come per miracolo, tornarono a vivere insieme, il loro matrimonio si è rafforzato e, inoltre, mia nuora attende un bimbo".
Esame di guida Non mancano neppure coloro che, davanti alle piccole difficoltà della vita quotidiana, si rivolgono fiduciosamente a Josemaría Escrivá: un oggetto smarrito, l’autobus che non passa, un ritardo... Il fatto che raccontiamo ne è una piccola dimostrazione. "Dopo la seconda bocciatura all’esame di guida ero molto scoraggiata. Al terzo tentativo una mia amica mi dette un’immaginetta con l’orazione al fondatore dell’Opus Dei. Dopo venti anni di esperienza di guida in due nazioni differenti, dopo la seconda bocciatura non sapevo più come fare. Ho pregato il beato Josemaría, chiedendogli aiuto e guida, e al terzo tentativo ho superato l’esame".
Cardinal James Hickey. Arcivescovo emerito di Washington: "Ogni volta che qualcosa si complica, mi rivolgo a lui per dirgli: Ehi, ho un altro incarico per te". Dal video «È questione di fede». João Carlos Martins. Pianista brasiliano. Dopo aver recitato con raccoglimento la preghiera per la devozione al beato Josemaría riprese a suonare il pianoforte con una velocità di 20 battute al secondo. Dal video «È questione di fede». Che cosa apportano gli insegnamenti di Josemaría Escrivá agli uomini e alle donne del nostro tempo? Lo riassumeva egli stesso, in poche parole, quando diceva: "Cristo è presente in qualsiasi onesto impegno umano: la vita di un comune cristiano — che ad alcuni forse sembra una vita scialba e meschina — può e deve essere una vita santa e santificante". ((Colloqui, 60, 3)) Santità nel bel mezzo della strada Un messaggio dalla portata universale, come ricorda il video «È questione di fede», mentre mostra alcune immagini di una festa popolare celebrata a Cañete, in Perù, in onore del beato Josemaría: sono passati più di settanta anni dalla fondazione dell’Opus Dei, e Josemaría Escrivá continua a diffondere attraverso i suoi figli il messaggio della santità nella vita ordinaria, il messaggio della pienezza della contemplazione "nel bel mezzo della strada", come amava dire; e continua ad invitare i fedeli cristiani ad inserirsi nel dinamismo apostolico della Chiesa, stando ognuno nel posto che occupa nel mondo.
Tutti! Una comune vicenda si ripete in un’infinità di cristiani di varie latitudini, bianchi, neri, gialli, che hanno trovato nel messaggio del beato Josemaría Escrivá un modo di vivere il Vangelo pienamente, con naturalezza e semplicità, nella vita quotidiana: nelle relazioni sociali, nell’attività lavorativa, qualunque essa sia, perché sanno che il lavoro più gradito a Dio è quello che è fatto per amore, per renderGli gloria, il lavoro col quale la persona che lo svolge santifica sé stesso e gli altri, Agli occhi di Dio, la vita ordinaria ha una grandezza infinita: può e deve essere, per tutti, mezzo di santificazione, perché Dio chiede a tutti di essere santi.
Unità di vita Questa vocazione universale alla santità, proclamata già dal beato Josemaría fin dagli anni venti, è stata raccolta dal Concilio Vaticano II, che ha proclamato che tutti sono chiamati alla santità, a vivere la perfezione cristiana nella fitta trama delle realtà umane, in stretta unità di vita, di contemplazione e azione, di fede e ragione, di vita soprannaturale e ordinaria, che è condizione indispensabile per una vita cristiana coerente, autentica, efficace.
Nonostante le inevitabili difficoltà in cui si imbatte sempre chi apre nuove vie, il messaggio di Josemaría Escrivá ha fatto breccia, durante la seconda metà del secolo XX, in molti cuori che vi hanno scoperto un modo efficace per "materializzare" la vita spirituale, per evitare che sia qualcosa di astratto, estraneo alla vita di tutti i giorni. Il messaggio della vocazione di tutti i battezzati alla santità, della santificazione delle realtà terrene e nelle realtà terrene, è stato riconosciuto a suo tempo da Paolo VI come "caratteristica peculiare e, per così dire, il fine ultimo di tutto il magistero conciliare". La sua portata è universale. Interpella persone dalle più diverse mentalità e si estende in tutti gli ambienti e in tutte le situazioni della vita.