Ad un breve excursus sulla storia dei primi riusciti esperimenti di clonazione animale, che risalgono non alla pecora Dolly, ma agli anni 60, il prof. Baralle ha fatto seguire un’esposizione sulla natura delle cellule staminali e la loro differenziazione, a seconda della loro origine, in embrionali o c.d. adulte.
Anche in risposta ad alcune domande da parte del folto pubblico, il prof. Baralle ha spiegato che allo stato non esistono dimostrazioni sperimentali sull’utilità di queste cellule “toti o pluripotenti” per la cura di malattie dell’uomo: in particolare quelle embrionali non hanno dato alcun apprezzabile risultato. Sono, pertanto, argomenti suggestivi ma non fondati quelli portati da chi prospetta l'imminenza della soluzione, grazie alle staminali, di gravi infermità come il parkinson, il diabete, ecc.
Il relatore ha evidenziato come le acquisizioni della scienza e della loro eventuale applicazione tecnica hanno bisogno di tempo per essere verificate. Così ha citato alcuni esempi di ricerche che avevano suscitato grandi aspettative, poi tradite. E’ stato anche evidenziato come i gruppi di ricerca devono ottenere finanziamenti per il loro lavoro e che soprattutto le applicazioni mediche risultano utili a chi investe. Pertanto, è naturale che, talvolta, vengano prospettati programmi di sviluppo di certe tecniche che sono più mere speranze che obiettivi realistici.
Il prof. Baralle ha pertanto concluso che, allo stato della ricerca, risulta pericoloso l’utilizzo di cellule staminali sull’uomo, perché non se ne conoscono gli effetti; sarebbe invece opportuna un’adeguata sperimentazione sugli animali.
Il dott. Fabio Ermili, chirurgo esperto di bioetica, ha poi trattato il tema sotto il profilo delle implicazioni etiche ed ha evidenziato che, mentre per le cellule staminali c.d. adulte non c’è problema, per quelle embrionali non si può che constatare l’assenza di soluzione di continuità tra l’embrione e lo sviluppo e la nascita di un uomo. E’, dunque, inaccettabile usare l’embrione come mezzo di ricerca, anziché tutelarlo.