Opus Dei, operazione trasparenza contro Dan Brown

Artículo publicado en La Stampa, el 13 de febrero de 2006.

Con il «Codice Da Vinci» in arrivo nelle sale cinematografiche d'America a marzo l'Opus Dei gioca d'anticipo e lancia da Manhattan una campagna di informazione che scommette sulla trasparenza per contrastare i messaggi contenuti nel film.

L'inquietudine dell'Opus Dei è legata ai contenuti tratti dall'omonimo libro di Dan Brown - uno dei più popolari volumi della storia con 40 milioni di copie vendute in 44 lingue diverse - perché da un lato avvalora la tesi che Gesù era sposato a Maria Maddalena, dalla quale avrebbe avuto anche dei figli, e dall'altro rappresenta proprio l'Opus Dei attraverso un personaggio molto negativo: il monaco albino Silas - interpretato da Paul Bettany - che oltre ad essere omicida indossa per penitenza un cilicio che lo fa sanguinare, dando una sensazione di costante disagio agli spettatori. Il timore è che la sovrapposizione di questi messaggi indebolisca ulteriormente nel grande pubblico la fiducia della Chiesa cattolica già oggetto di dure critiche negli ultimi anni negli Usa a causa della gestione dello scandalo della pedofilia.

Con l'obiettivo di prevenire i danni anziché reagirvi in un secondo momento, il primo tentativo è stato di convincere la casa produttrice Sony a tenere l'Opus Dei fuori dalla trama del film di Ron Howard interpretato da Tom Hanks e Audrey Tautou. Ma la risposta è stata negativa: nessuna modifica significativa alla trama del volume di Brown è stata possibile. Da qui la decisione dell'Opus Dei di cambiare strada, andare al contrattacco con una tattica quasi commerciale, anticipando l'uscita del film per distribuire messaggi positivi o come dice Brian Finnerty, portavoce della sede di New York, «sfruttare l'occasione per diffondere insegnamento» a difesa del proprio marchio e della Chiesa.

Il primo passo è stato di aprire alla stampa la sede dell'Opus Dei a Midtown: un edificio di 17 piani del valore di 69 milioni di dollari dove lavorato 65 impiegati. A dispetto del film che descrive un'organizzazione misteriosa e potente, dedita ad una serie infinita di complotti, inganni e violenze, l'apertura delle sale vuole essere un gesto di estrema trasparenza. I giornalisti americani hanno potuto visitare le sale riunioni, i salotti, le zone di lavoro, gli uffici e qualsiasi altro angolo della sede. «Come vedete qui non c'è nulla di misterioso, non è una sede diversa da quella di tante altre organizzazioni», ha spiegato Finnerty. Di fronte all'entrata del palazzo alcuni volontari distribuiscono ai passanti - anche nei giorni di neve come ieri - opuscoli e pubblicazioni che descrivono nei dettagli le attività religiose dell'organizzazione fondata nel 1928 da José Maria Escriva, che è stato dichiarato santo nel 2002 da Giovanni Paolo II.

Chiunque si trova a passare nei paraggi della sede viene invitato a entrare, saperne di più, informarsi ed è solamente l'inizio di una campagna destinata a diventare nazionale con l'avvicinarsi della data di uscita del film in centinaia di sale. In tale cornice una delle voci a cui l'Opus Dei si affida per parlare agli americani è quella del giornalista John Allen, residente a Roma ed autore di un libro su Escriva, secondo il quale l'idea di un'organizzazione onnipotente, esoterica e misteriosa è smentita dai fatti che sono a disposizione di tutti: conta solo 2 dei 115 cardinali che hanno eletto Benedetto XVI, appena una quarantina dei 4500 vescovi esistenti del mondo, ed ha proprietà stimate in 2,8 miliardi di dollari con beni negli Stati Uniti per 350 milioni di dollari ovvero l'equivalente di una diocesi di media grandezza. Insomma, nulla a che vedere con un impero sotterraneo in grado di condizionare la Chiesa.

Il messaggio destinato agli americani è che l'Opus Dei è un'ente religioso come molti altri, si occupa in prevalenza di scuole, ospedali e beneficienza in più regioni del Pianeta, dagli Stati Uniti all'Africa. Al fine di rafforzare la task force informazione dall'Italia è arrivato il portavoce Marc Carroggio mentre è stato rafforzato il sito web «Awarness Network» per coordinare le attività di controinformazione da parte dei fedeli, intimoriti dal rischio di essere identificati con pratiche come quella del cilicio. «La realtà è che anche Madre Teresa di Calcutta ne indossava un tipo particolare», taglia corto Finnerty.

Maurizio Molinari // La Stampa