Il giorno dopo il Conclave, 17 ottobre 1978

Don Àlvaro aveva conosciuto il vescovo Karol Wojtyla, dal 16 ottobre 1978 Papa Giovanni Paolo II, negli anni del Concilio Vaticano II. Glielo aveva presentato un altro ecclesiastico polacco, monsignor Andrzej Deskur.

«Nelle pause fra le sessioni di lavoro nella basilica di S. Pietro», raccontava nel 1983, «per riposarci passeggiavamo lungo le navate laterali. Fu in uno di quei momenti che monsignor

Deskur - che come me era segretario di una commissione conciliare - mi domandò: posso presentarti il vescovo ausiliare di Cracovia, mio ottimo amico? Monsignor Wojtyla stava anche lui passeggiando per la navata, insieme a un'altra persona. Poiché risposi che mi avrebbe fatto molto piacere, monsignor Deskur gli fece cenno di avvicinarsi. Ricordo bene anche il luogo preciso in cui ci siamo conosciuti, nella navata laterale alla destra dell'ingresso, accanto alle reliquie di san Giosafat, un santo orientale. È stato li che ho conosciuto il futuro Papa, che allora era un giovane vescovo, robusto e aitante».

Al termine del conclave che elesse Giovanni Paolo II, don Àlvaro dichiarò alla stampa la sua gioia «perché l'umanità ha ricevuto un grande dono di Dio». E aggiunse che si era commosso «nel vedere Sua Santità Giovanni Paolo II, nella loggia di S. Pietro, con il peso di Pietro sulle spalle, invocare il Signore ricorrendo per due volte all'aiuto della santissima Vergine».

Nel primo giorno del pontificato don Àlvaro andò a far visita a monsignor Deskur, il quale poco prima aveva subìto una gravissima trombosi cerebrale. Nessuno poteva neanche lontanamente immaginare che Giovanni Paolo II, nella sua prima giornata da Papa, avrebbe lasciato il Vaticano per andare a trovare il suo grande amico Andrzej Maria Deskur. Questa felice coincidenza consentì a don Àlvaro di passare qualche momento con il Papa, che gli diede un forte abbraccio e un paio di baci - una consuetudine polacca non dissimile da quella italiana -, rivolgendogli parole affettuose.

Nel corso degli anni le manifestazioni di affetto e di cordialità di Giovanni Paolo II verso don Àlvaro sono state continue. Come diceva don Javier Echevanía a Pilar Urbano in un’intervista, «l'affetto naturale, fiducioso e spontaneo» che Giovanni Paolo II gli ha riservato è stato palese: «il Papa vedeva in don Àlvaro un figlio leale e sincero che gli diceva le cose come stavano».

Il Romano Pontefice sapeva pure che il solo potere e la sola forza dell' Opus Dei è la preghiera. Ed era rimasto impressionato (è ancora don Javier a raccontarlo nell'intervista) «da una lettera che monsianor Del Portillo gli scrisse, dal santuario della Mentorella, nel 1978, all'inizio del pontificato. In quella lettera gli offriva l'unico tesoro dell'Opera: la preghiera e la Messa quotidiana dei suoi membri, a quei tempi circa sessantamila».

Nell'imminenza della Settimana santa 1979, periodo in cui avrebbe avuto luogo a Roma l'incontro internazionale studentesco connesso con il congresso universitario Univ, Giovanni Paolo II fece sapere che avrebbe ricevuto in udienza gli studenti, come già era stata consuetudine di Paolo VI. Nel corso dell'udienza, le insistite ovazioni degli universitari diedero spunto al Pontefice per improvvisare al di là del discorso scritto. Dopo un primo istante di sorpresa quando era stato interrotto da un applauso mentre parlava del sacramento della Penitenza, Giovanni Paolo II cominciò a commentare e riassumere i temi che gli studenti andavano applaudendo. Quasi alla fine, dopo un riferimento a un articolo del cardinale Luciani sulla santificazione del lavoro di ogni giorno che deve trasformarsi in «sorriso quotidiano», riassunse i termini dell' «accordo»:

«Rifacciamo il conto. Primo applauso, alla confessione; secondo, al servizio; terzo, alla gioia; quarto, a Papa Luciani; quinto, al sorriso».

Riprese a leggere il discorso:

«Infine, raccomando alla santissima Vergine, Sedes Sapientiae...». I presenti si alzarono in piedi, spellandosi le mani in un applauso scrosciante. Non fu facile al Papa riprendere la parola e concludere la lettura del discorso. Ma prima ebbe la felice intuizione di un'ulteriore ricapitolazione:

«Sesto punto applaudito, superiore a tutti gli altri: Sedes Sapientiae».

(da Salvador Bernal Àlvaro del Portillo, Prelato dell'Opus Dei, Edizioni Ares, Milano 1997)