Opus Dei, rivincita in Catholic style

La canonizzazione di Escrivá ha riportato sui media il bon ton evangelico. Fatto di misura e compostezza senza slogan e striscioni. Ma con alcune certezze. Forti.

La scorsa domenica la cerimonia di canonizzazione dei beato Escrivá è stata una grande festa, una ricorrenza che ha sottolineato, al di là degli aspetti propriamente religiosi, anche l’identità forte e lo stile dell’immenso popolo laico che ruota intorno all’Opus Dei. Intere famiglie, moltissimi bambini, e tanti giovani provenienti da ogni parte del mondo, «un mare senza sponde», universale, cattolico, proprio come lo aveva immaginato, disegnato e voluto don Josemaría.

Alla proclamazione della formula di canonizzazione da parte del Papa, tra le 300 mila persone presenti e sistemate in diversi settori dal sagrato a piazza Pio XII fino a tutta via della Conciliazione, il silenzio era pressoché assoluto. Devozione, commozione da parte di molti, Poi un applauso contenuto colmo di dignità. Non un urlo, niente striscioni o cartelli, nessun entusiasmo sopra le righe. Si avvertiva una spontaneità misurata, uno stile. Era palpabile quell’autocontrollo, quell’autodisciplina non esibita ma composta in un bon ton cattolico, forse d’altri tempi eppure così efficace, che ha fatto prima ammutolire, poi meravigliare i politici presenti nelle prime file alla destra dell’altare, «Quanta gente; silenziosa, tranquilla, felice»: la moglie di un parlamentare non è riuscita a trattenere io stupore. «Che organizzazione, questi fedeli arrivano da ogni parte del mondo, ci sono i ricchi, i benestanti, e si vedono, ma ci sono anche gli umili, i contadini dell’America Latina e gli africani».

La lettura del Vangelo è stata fatta la lingua latina e, come da sempre nelle Cappelle papali, anche in lingua greca. Momenti di grande solennità, poi smorzati in modo dolce dal canto unanime del Salve Regina dopo la benedizione finale e il caloroso grazie (« Ringrazio per tutto quello che fate per la Chiesa») pronunciato dai Papa.

Che cosa ha rappresentato questa data, il 6 ottobre 2002, nell’immaginario detta gente comune che ha seguito l’avvenimento in prima persona o attraverso i media? I romani sono stati colpiti dal comportamento. Un esercito cattolico che si è mosso con serietà e disciplina sussurrando le sue parole d’ordine e la sua filosofia: che si può diventare santi nel lavoro di tutti giorni, che non è necessario far carriera a tutti costi per conquistare il Paradiso poiché ciò che conta è «l’amore col quale ognuno fa il proprio mestiere», Mai si erano visti tanti preti in abito talare. Preti che recitano il rosario in latino e conoscono San Tommaso d’Aquino, che apprezzano il Concilio Vaticano II e difendono la tradizione della Chiesa. Un anziano senatore, sorridendo, ricordava un fatto d’altri tempi: tanti preti in abito talare li aveva visti il 4 giugno 1944, giorno della Liberazione di Roma, proprio nello stesso luogo della canonizzazione di Escrivá, con Pio XII.

    Alessandra Borghese // Panorama