Lanciarsi in grandi imprese

Mi disse sorridendo: "Vedo che alcuni scrivono che sono un santo, ed io so bene che non è vero perché sono un peccatore. Altri scrivono che sono un diavolo, e neppure questo è vero, perché sono figlio di Dio ". Non si sentiva mai offeso e, suo zelo apostolico lo portava a lanciarsi in grandi imprese a servizio della Chiesa, fidandosi pienamente di suo Padre Dio.

"Ho trovato un sacerdote il cui migliore amico era, senza dubbio, Gesù CristoIntervista a D. César Ortiz-Echagüe

Nato a Madrid nel 1927. A partire dal 1952 ha esercitato la carriera di architetto. Nel gennaio del ’45 conosce san Josemaría e nell’ottobre di quello stesso anno chiede l'ammissione all'Opus Dei. Nel 1959 comincia a lavorare con incarichi di formazione e governo degli apostolati dell'Opus Dei in Spagna. Da allora, ha avuto contatti con san Josemaría, tanto in Spagna, come a Roma, dove ha viaggiato spesso in quegli anni, lavorando al fianco di san Josemaría. A partire dal 1975, ha lavorato nel governo centrale dell'Opus Dei a Roma. Nel 1983 viene ordinato sacerdote dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nella Basilica di San Pietro. Nel 1984 si trasferisce in Germania, dove occupa l’incarico di Vicario Regionale fino al 1996. Attualmente vive ad Essen.

Lei ha conosciuto da vicino il Fondatore dell'Opus Dei, potrebbe avvicinarci alla sua personalità?

Aveva una personalità molto ricca, per cui mi risulta difficile riassumerla in poche parole. Era molto umano, ma quell'umanità era arricchita dalle virtù soprannaturali, tra le quali sottolineerei l’amore, la fiducia in Dio e la sua profonda umiltà. Un episodio di cui fui testimone può aiutare a comprenderlo.

Agli inizi degli anni 70, nella stampa spagnola uscivano molti articoli sull'Opus Dei. In tutti c’erano riferimenti al Fondatore, o a favore o contro. Prima di uno dei suoi viaggi in Spagna, dopo aver letto vari articoli di diverse correnti, ci disse sorridendo:

"Vedo che alcuni scrivono che sono un santo, ed io so bene che non è vero perché sono un peccatore. Altri scrivono che sono un diavolo, e neppure questo è vero, perché sono figlio di Dio ".

Santuario di Torreciudad, Spagna

Penso che quelle parole spieghino, da un lato, l'allegria che irradiava perché non si sentiva mai offeso e, dall’altro, lo zelo apostolico che lo portava a lanciarsi in grandi imprese a servizio della Chiesa, fidandosi pienamente di suo Padre Dio.

Che cosa le è servito di più negli anni in cui ha vissuto con San Josemaría?

Senza dubbio, quanto mi ha aiutato a conoscere ed amare di più Gesù Cristo. Già quando l’ho conosciuto nel 1945, mi ha impressionato l'intimità con cui San Josemaría trattava il Signore. Per me, come per tanti cristiani, Cristo è Dio, ma allora, lo sentivo come qualcuno lontano, vissuto duemila anni fa, che sta in Cielo, ma che non apparteneva al circolo dei miei "amici intimi ". In San Josemaría ho trovato un sacerdote il cui migliore amico era, senza dubbio, Gesù Cristo.

San Josemaría mi ha insegnato a trattare Gesù come un amico, attraverso le circostanze della vita quotidiana. Quando ero ancora studente in architettura, un giorno mi domandò:

"Cesare, dimmi una cosa che devi ripetere molte volte al giorno ".

Allora dovevo disegnare molto e non disponevamo di matite automatiche. Gli risposi:

"Padre, dedico molte ore al giorno a fare la punta alla matita ". E mi suggerì:

"Allora approfittane. Ogni volta che dai un giro col temperino, prega una giaculatoria al Signore, offrendogli il tuo lavoro. Si rallegrerà molto ".

Ma imparai anche da lui che, per offrire il mio lavoro, la prima condizione è cercare di farlo molto bene e con spirito di servizio agli altri. È qualcosa che ho cercato di fare in tutta la mia vita.

Il fatto che San Josemaría fosse spagnolo, influisce sullo spirito dell'Opus Dei? Lo capisce sia un tedesco di Colonia che un madrileno?

San Josemaría amava molto la Spagna e la conosceva molto bene, perché l'aveva percorsa incessantemente. Conosceva i suoi paesaggi e la sua gente, e dominava meravigliosamente il castigliano. Nonostante tutto aveva un spirito cattolico, universale. Il suo messaggio alla chiamata universale alla santità, che fu poi conclamato solennemente dal Concilio Vaticano II, è comprensibile per un tedesco di Colonia, come per un madrileno.

Per trasmettere il suo messaggio, San Josemaría ha predicato e scritto molto e, salvo qualche volta in cui lo fece in italiano, ha usato sempre il castigliano. Faceva esempi molto vivi che un tedesco capisce bene quanto un spagnolo. Quello che non è tanto facile è che un tedesco, perfino avendo certe conoscenze del castigliano, possa captare tutta la ricchezza del linguaggio parlato e scritto di San Josemaría. Un professore tedesco, il Professore Flasche, già morto, scrisse una storia della letteratura castigliana dove paragona lo stile di San Josemaría, specialmente quello di Cammino, a quello dei migliori classici castigliani, inclusi alcuni relativamente recenti come Juan Ramón Giménez o Antonio Machado.

Per questo è difficile avere buone traduzioni dei suoi scritti, o delle sue parole quando si tenta di sincronizzare una ripresa. Oltre al fatto che tedesco e castigliano sono lingue molto diverse, nella letteratura religiosa castigliana si usano molte allegorie che risultano difficili da capire per il tedesco attuale che usa un linguaggio molto obiettivo. In Germania, da molti anni si lavora per migliorare le traduzioni delle opere di San Josemaría e, stando ai commenti dei tedeschi, ci sono sensibili miglioramenti. È un problema simile a quello che hanno avuto le traduzioni in tedesco delle opere di Santa Teresa di Gesù o di San Giovanni della Croce.

San Josemaría, da giovane, voleva farel’architetto. Ci sembra che Lei stesse vicino a lui quando promosse quello che egli chiamava "una pazzia di amore ": il santuario di Torreciudad: perché ha voluto realizzare un progetto come quello? Come lo seguiva?

In effetti, ho avuto occasione di seguire molto da vicino quel progetto e la sua realizzazione, a stretto contatto con San Josemaría. Già negli anni 50 l'avevo sentito dire che non avrebbe voluto morire senza aver costruito una chiesa, grande e bella, affezionata alla Vergine Sacra, come ringraziamento per i continui favori che egli personalmente, e l'Opus Dei, avevano ricevuto delle sue mani, e per aiutare molte persone affinchè, con l'aiuto della Vergine, accorressero a ricevere il sacramento della Confessione. Ma la prima notizia concreta che quel desiderio si sarebbe compiuto a Torreciudad, l'ho avuto nel settembre del1962, quando accompagnai a Barbastro l’allora Vicario regionale dell'Opus Dei in Spagna, D. Florencio Sánchez Bella.

Del progetto fu incaricato un architetto molto più giovane di me, Heliodoro Dols, che, come può vedere, ha svolto stupendamente l'incarico. A me venne affidato il compito di coordinare tutto l'insieme, per il quale non lavorarono solo architetti, ma anche scultori, pittori, etc. Inoltre, approfittavo dei miei soggiorni a Roma per informare il nostro Fondatore prima, dell’andamento del progetto e poi, delle opere. Anche Helidoro andò qualche volta a Roma, per discutere la sua parte con San Josemaría. Entrambi conoscevamo bene la sua notevole inclinazione all'architettura. Una passione giovanile di cui aveva poi fatto notevole esperienza costruendo gli edifici centrali della Prelatura dell'Opus Dei a Roma.

Per questo ci impressionava molto la libertà che ci lasciava sullo stile e le soluzioni architettoniche, prescindendo dalle sue idee personali in quell’ambito. Invece, ci diede idee e suggerimenti per fomentare la pietà dei pellegrini che sarebbero accorsi a Torreciudad, perchè fosse possibile assisterli molto bene dal punto di vista spirituale.

Si potrebbero raccontare molti aneddoti sulle numerose conversazioni e riunioni di lavoro con San Josemaría durante gli anni del progetto e della realizzazione di Torreciudad, ma mi limiterò a raccontarne uno solo.

In numerose occasioni gli avevamo suggerito che, approfittando di alcuno dei suoi viaggi alla Spagna, andassimo con lui a Torreciudad affinché conoscesse il posto in cui era stato solo in braccio ai suoi genitori. Ci aveva risposto che sarebbe andato quando fossero iniziate le opere, per benedirle e chiedere alla Santa Vergine che non ci fossero incidenti durante la realizzazione dei lavori. Alla fine del 1969 poterono cominciare finalmente le opere in quel luogo scosceso e fuori mano, e nell’aprile del 1970 ci recammo lì con San Josemaría

Avevamo dormito a Saragozza e, l’indomani, dopo avere pregato davanti all'immagine della Vergine del Pilar, abbiamo proseguito il viaggio per Torreciudad. Io guidavo. In qualche conversazione precedente aveva espresso il nostro Fondatore che, vista la posizione di Torreciudad, in una zona povera e spopolata, mi risultava difficile capire il suo desiderio di costruire sotto la chiesa una grande cripta con quaranta confessionali. Oltre alla crisi che si cominciava a notare nella pratica di quel Sacramento, mi domandavo, come sarebbe stato possibile occuparsene e da dove sarebbe arrivata la gente per usarli?

San Josemaría non mi rispose in quell'occasione, ma durante il tragitto da Saragozza, man mano che ci avvicinavamo a Torreciudad, vedeva con i suoi occhi quello che io gli avevo detto sulla mancanza di popolazione. A metà della conversazione che facevamo in auto, mi domandò:

Quanti confessionali ho detto che disponiate a Torreciudad?

Gli risposi: Padre, quaranta. Ed egli mi disse:

"Penserete che sono pazzo, quaranta confessionali qui, ai confini del mondo! Bene, siamo ragionevoli. Iniziate a collocarne venti. Ma lasciate lo spazio per gli altri venti. Sono sicuro che, col tempo, verranno molte persone a Torreciudad e che la Vergine muoverà una buona parte di loro ad avvicinarsi al Sacramento della Confessione ".

Così abbiamo fatto. Quando nel maggio del 1975 il nostro Fondatore venne Torreciudad, fu la prima persona a confessarsi in uno di quei confessionali. Un mese dopo andò in cielo. Nel mese di ottobre mi trasferii a Roma per lavorare nel Consiglio Generale dell'Opus Dei. Mi convinsi che sarebbero dovuti passare molti anni prima di aggiungere gli altri venti confessionali. Ma passò poco tempo e seppi che si vide necessario l'ampliamento, poichè, nei fine settimana del periodo dei pellegrinaggi, c'erano a volte parecchie persone.

Ed eranomolti quelli che, dopo avere pregato davanti all'immagine della Vergine, si sentivano mossi a ricevere il Sacramento della Penitenza.