Soprannumerari e soprannumerarie: nel sistema circolatorio della società

Le soprannumerarie e i soprannumerari sono il volto più comune dell’Opus Dei. In questo articolo viene approfondito chi sono e cosa fanno i soprannumerari dell’Opus Dei e qual è la loro missione nella Chiesa.

Siamo nell’anno 61. Sono appena trascorsi tre decenni da quando Gesù è salito al Cielo, dopo aver affidato ai suoi discepoli la vertiginosa missione di portare la gioia del Vangelo fin nell’ultimo angolo della terra. A seguito di tante peripezie, Paolo è finalmente giunto a Roma, dove viene accolto dalla neonata comunità cristiana. «Trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento» (At 28, 30-31). Con queste parole si conclude il libro degli Atti degli apostoli. Ci avrebbe fatto piacere se san Luca avesse continuato il suo racconto, per narrarci le avventure di quei primi anni dell’espansione della giovane Chiesa. Sappiamo però che l’evangelista aveva già realizzato due grandi imprese: raccogliere e organizzare il materiale disponibile sulla vita di Gesù, compresa la sua infanzia; e fare la stessa cosa con le gesta di alcuni dei primi apostoli. Quindi, se anche san Luca avesse voluto continuare a scrivere, come avrebbe potuto raccontare la storia della Chiesa da quel punto?

Come i primi cristiani

Proseguire nel raccontare la vita di un numero limitato di persone è un'impresa possibile. Ma la diffusione della fede sperimentata nei decenni successivi, sino a riempire «città, isole, castelli, paesi, villaggi, l’esercito, il Palazzo, il Senato, il foro...»1. Chi avrebbe potuto raccontare una tale storia? A metà del II secolo, Giustino può scrivere che «non c’è razza alcuna dell’uomo, si chiami barbaro e greco, o con altri qualsiasi tra i quali e per i quali non vengano offerte preghiere e azioni di grazia al Padre nel nome di Gesù crocifisso»2. Come poter raccontare questo itinerario? Sarebbe stato necessario raccontare la vita di ciascuno di quell’infinità di persone normali che incarnarono la fede in Gesù Cristo e la diffusero intorno a loro, uno a uno, sino a trasmetterla alle generazioni successive, creando una lunga catena che arriva sino a noi.

Nondimeno, possiamo farci una qualche idea di quella silenziosa rivoluzione grazie alle lettere raccolte nel Nuovo Testamento, agli scritti dei Padri della Chiesa, agli atti dei martiri e alle notizie che ci vengono da autori non cristiani dell’epoca. Tutto questo materiale ci permette di intravedere l’avventura quotidiana di quelle prime comunità, tanto simili alle nostre. In esse, la fede, la speranza e la carità si mescolavano con codardie, tradimenti e scoraggiamenti; l’eroismo con la meschinità, la santità con il peccato. I fili di questa storia sono quelli che Dio utilizza per tessere la vita della Chiesa. «Egli prende i nostri trionfi e fallimenti e tesse bellissimi arazzi»3.

Soltanto Dio può fare il racconto di questa storia, perché solo Lui «conosce quello che c'è nell'uomo» (Gv 2, 25). Possiamo rivolgergli le parole del salmista: «Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. (…) quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro» (Sal 139, 13-16). Quando saremo alla sua presenza e potremo finalmente leggere questo grande libro della storia che Dio sta scrivendo, ci riempiremo di meraviglia di fronte alla vita di tante persone sante che hanno consentito allo Spirito Santo di agire nella loro vita. San Josemaría, riferendosi al desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo, si esprimeva così: «io non ho altra ricetta per essere efficaci, che quella che avevano i primi cristiani (...). Nella vita spirituale abbiamo gli stessi mezzi. Non è possibile fare progressi. La stessa ricetta: santità personale!»4.

La «vera storia» dell’ Opus Dei

L’Opus Dei, che è una «piccola parte della Chiesa»5, è inserita, per volontà divina, in questa storia di fedeltà a Dio in mezzo alle debolezze personali. Per questo, chiunque voglia raccontare la storia dell’Opera, si trova di fronte alla stessa difficoltà. «Con l’Opus Dei accade come per un iceberg. Spesso se ne vede solo la cima, cioè, l’aspetto istituzionale, corporativo o l’attività di un individuo di pubblica esposizione; di contro, non si percepisce quello che è sotto: la grande maggioranza di persone che vivono un’esistenza comune (...).Uomini e donne normali che, in gran maggioranza, non fanno e non faranno notizia: familiari, colleghi di lavoro, e vicini che vivono una esistenza ordinaria e realizzano l’azione evangelizzatrice della Chiesa in modo tanto capillare quanto inavvertito (...). L’attività apostolica di queste persone supera qualunque relazione sulle iniziative e rimane inenarrabile, un vero “mare senza sponde” che riporta alla trasmissione della fede tra i primi cristiani. Si muove nell’ambito dell’amicizia, gomito a gomito, a tu per tu tra amici che si apprezzano e che condividono sogni, progetti e difficoltà nel lavoro, nel bar del paese dopo la fatica dei campi, a cena per vedere insieme un programma televisivo, al ritorno da una partita di padel, aspettando assieme ad altri genitori che i figli escano dalla scuola, in attesa di un taxi, nella stanza delle infermiere di un ospedale in alcuni momenti di riposo... Nell’ampio panorama del mutuo rapporto, un amico scopre nell’altro la grandezza e la gioia di sapersi figlio di Dio e fratello di tutti gli altri uomini»6.È in questi incontri amicali, uno dopo l’altro, in posti e momenti imprevisti, che viene scritta la vera storia dell’Opus Dei.

La lotta per la santità nelle circostanze più diverse si deve avvertire in qualunque persona chiamata all’Opus Dei, indipendentemente dalla specificità della sua vocazione, ma forse in maniera particolare nella vita dei soprannumerari. Essi sono «la maggior parte dei fedeli dell’ Opus Dei»7,di cui costituiscono il suo volto più noto: realizzano una sorta di «mobilitazione generale»8 di santità nel mondo, sostenuta e fortificata dagli altri fedeli di questa famiglia.

Nei primi anni dell’Opus Dei cominciarono a essere più numerosi i numerari, e ciò era dovuto al fatto che, tra altre ragioni, san Josemaría aveva la necessità di appoggiarsi a persone che avessero la specifica missione di mettersi a disposizione, assieme a lui, per accendere e mantenere viva la fiamma dell’Opera nell’attività di formazione e di governo. In tal modo, l’Opus Dei ha potuto fare i suoi primi passi in tutto il mondo, aprendo un cammino voluto da Dio per una moltitudine di persone di ogni condizione. Allo stesso tempo, san Josemaría, sin dall’inizio, in molti che lo avvicinavano, riconobbe la vocazione al matrimonio, e per loro aveva lo stesso messaggio di santità. Per questo, quale grande gioia ebbe quando poté aprire la porta dell’Opus Dei ai primi soprannumerari! C’erano sin dalla sua fondazione, ma ancora non si vedeva un canale giuridico per accoglierli, con la stessa importanza degli altri membri, in un’istituzione della Chiesa.

San Josemaría non smise mai di trasmettere il messaggio dell’Opus Dei a persone che non erano chiamate al celibato. Fino a quando non trovò la soluzione nel corso di un viaggio a Milano, nel gennaio del 1948. Ritornando a Roma scrisse pieno di entusiasmo: «Ci saranno grosse e belle sorprese. Quanto è buono il Signore! (...). Per l’Opera si apre un panorama apostolico immenso (...) Quanto è ampio e profondo l’alveo che si presenta!»9. Così, diventava realtà quel sogno che il Signore manifestò il 2 ottobre del 1928: che molti, di ogni condizione, accoglieranno l’invito di Dio a santificarsi in mezzo al mondo a riempirlo di luce, incarnando lo spirito dell’Opus Dei.

L’Opus Dei è ogni persona dell’ Opus Dei

«Tra i soprannumerari – scriveva san Josemaría, pochi anni dopo aver ricevuto i primi tre – c’è tutta la gamma delle condizioni sociali, di professioni e mestieri. Tutte le situazioni e le circostanze della vita vengono santificate da questi figli miei, uomini e donne, che nel loro stato e nella loro posizione nel mondo, si dedicano a cercare la perfezione cristiana con pienezza di vocazione»10. Pienezza di vocazione: è questo che il fondatore ebbe chiaro sin dall’inizio. Ogni soprannumerario è chiamato a porsi in modo che ogni momento della propria vita – la famiglia, il lavoro, il riposo, la vita sociale – sia opera di Dio: è chiamato a contemplare Dio in tutte le cose e a rispondere con audacia alla sua chiamata, «più pazzo di Maria Maddalena, più di Teresa e di Teresina..., più folle di Agostino, di Domenico e di Francesco, più di Ignazio e di Saverio»11. La santità alla quale sono chiamati i fedeli dell’Opera, celibi e sposati, è la stessa di quei grandi santi; tutti, non solo una parte, sono invitati a incarnare la totalità della vocazione all’Opus Dei. Per questo, ogni soprannumeraria e ciascun soprannumerario può fare sue quelle parole della beata Guadalupe: «Io stessa sono l’Opera e non potrei essere altro. Che gioia mi dà sentire questo così chiaramente e sempre, sin dal primo giorno e ogni volta di più!»12.

Questa gioiosa realtà illumina da ogni lato l’avventura e la responsabilità dei soprannumerari: allo stesso modo di come quel servitore della parabola di Gesù ricevette i beni del suo signore per farli fruttare (cfr. Mt25, 14), chi riceve questa chiamata ha nelle sue mani un dono di Dio per il mondo. Non sono collaboratori di un compito che svolgono altri. «Questo dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per lui o per lei da tutta l’eternità»13. Il prelato dell’Opus Dei, in una lettera sulla vocazione, sottolinea che la chiamata all’Opus Dei «delle soprannumerarie e dei soprannumerari non si limita a compiere alcune pratiche di pietà, assistere ad alcuni mezzi di formazione e partecipare a qualche attività apostolica, ma abbraccia tutta la vostra vita, perché tutto nella vostra vita può essere incontro con Dio e apostolato. Fare l’Opus Dei è farlo nella propria vita e, in virtù della comunione dei santi, collaborare a realizzarlo in tutto il mondo. O, come ci ricordava icasticamente il nostro fondatore, fare l’Opus Dei essendo ciascuno Opus Dei»14.

Questo si può vedere, per esempio, nella vita di Aurora Nieto, la prima donna che si incorporò come soprannumeraria. Era «una giovane vedova con tre figli piccoli, che viveva a Salamanca. Aveva studiato al Magistero ed era impiegata per portare avanti la famiglia (...). Aveva il desiderio intimo (...) di fare apostolato con i giovani, con universitari in mezzo al mondo (...). Temeva che i suoi obblighi familiari ed economici lo rendessero impossibile, ma [san Josemaría] le assicurò che [nell’ Opus Dei] c’era posto per lei»15. Aurora, conversando con una numeraria sua amica, raccontava così il suo incontro con il fondatore: «Mi ha detto come, in casa e senza trascurare i miei figli, potevo essere ammessa e appartenere all’Opera. Mi sembra impossibile e, per quanto l’idea di stare lontana da voi e all’esterno delle case (i centri dell’Opus Dei) mi dispiaccia e abbia timore di non adattarmi bene allo spirito peculiare che vuole il Padre, ho fiducia nel fatto che lui sa di più e che non ha visto in questo alcun impedimento»16.

San Josemaría non vedeva impedimenti perché lo spirito dell’Opus Dei consiste propriamente nel vivificare il mondo fuori di casa, per servire la Chiesa nelle strade, nelle case di ciascuna e di ciascuno, nelle occasioni di socialità, nel lavoro: «Ancora una volta affermo che la vocazione all’Opus Dei è una vocazione contemplativa, di anime che stanno in mezzo alla strada per amore di Cristo, trasformando la strada in una cella, ma in un colloquio continuo»17. Da quei primi momenti della sua vocazione, Aurora comprese che «l’Opus Dei a Salamanca dipendeva da lei»18.

La famiglia e le strutture sociali

San Josemaría si aspettava tanto dalla prima convivenza di soprannumerari, cosicché la seguì da molto vicino. Vi partecipò dedicando molto tempo alla predicazione e parlò con ognuno dei partecipanti, nei quali quelle giornate rimasero impresse a fuoco. Parlò loro più volte dello spirito dell’Opus Dei, facendo vedere con chiarezza che il Signore chiamava ciascuno di loro a farlo diventare vita con la stessa pienezza con la quale lo faceva il fondatore. Uno dei partecipanti, Ángel Santos, ricordava che il messaggio era «santificare il mondo dal di dentro con i mezzi della nostra vita interiore e con il compimento dei nostri doveri ordinari di cristiani; essere contemplativi, con naturalezza, nel bel mezzo dei nostri impegni quotidiani; fare un apostolato di confidenza, (...) trasformare le nostre case in focolari luminosi e allegri. E tutto ciò con la più precisa responsabilità individuale caratteristica di un laicato maturo, senza alcuna aspirazione di rappresentanza, né tentazioni clericali»19.

Nei soprannumerari è evidente in modo particolare la missione di essere sale e lievito nella massa che, diventando la stessa cosa e senza distinguersi in alcun modo da essa, si dissolvono nel mondo per darvi sapore e consistenza. San Josemaría vedeva l’Opus Dei come una «iniezione endovenosa, posta nel sistema circolatoria della società»20. In questo modo, essendo lo stesso sangue del mondo, la loro missione consisterà nel riempire le strutture sociali dello spirito del Vangelo; fare di questo mondo un posto migliore, ciascuno all’interno del suo piccolo o grande campo. Dato che il lavoro è l’occupazione alla quale la soprannumeraria e il soprannumerario dedicano buona parte del loro tempo, è logico che gran parte dei loro sogni sia portare tutto il bene possibile nella loro attività professionale, riempirla con l’attualità di Gesù Cristo, incontrare Dio in quel servizio fatto nel miglior modo possibile. Per queste ragioni è pensabile che alcuni tra loro giungano ai primi posti nel loro ambito professionale, protesi verso il futuro, spinti dalla creatività dello Spirito Santo.

Allo stesso tempo, per le soprannumerarie e per i soprannumerari, che hanno la vocazione al matrimonio, la loro famiglia, con o senza figli, sarà il cuore che pompa sangue nuovo, il primo campo dove dispiegare il sogno di essere santi. «La vocazione all’Opera dei soprannumerari si sviluppa in primo luogo nell’ambito familiare (…) – ricorda il prelato dell’Opus Dei -. Questa è l’eredità che lasciate alla società»21. All’interno delle numerose strade che prendiamo nella vita, san Giovanni paolo II sottolinea che «la famiglia è la prima e la più importante»22. Gran parte del futuro della società si forgia nella formazione ricevuta negli anni di convivenza in famiglia, sia in quello che si riferisce all’educazione nella fede, che alla crescita delle virtù necessarie per essere una persona che sa contribuire al bene di tutti. Si tratta del nucleo nel quale germinano i cambiamenti del futuro in ogni campo: in quello lavorativo, nella corresponsabilità dentro la famiglia, nella cura dei più deboli, nell’ambito educativo, ecc. Questo servizio, per quanto discreto, è probabilmente quello di maggior impatto sociale. «La famiglia è il luogo dell’incontro, con la condivisione, dell’uscire da se stessi per accogliere gli altri e stare con loro, è il primo luogo dove si impara ad amare»23.

«Inoltre, siete chiamati a influire positivamente su altre famiglie. In particolare aiutandole a dare un senso cristiano alla loro vita familiare e preparando i giovani al matrimonio, perché molti si entusiasmino e siano in grado di formare altri focolari cristiani, dai quali possano sorgere anche le numerose vocazioni al celibato apostolico volute da Dio. Anche le persone non sposate, e i vedovi e, naturalmente, le coppie senza figli, possono vedere nella famiglia un primo apostolato, poiché in qualche modo avrete sempre un ambiente familiare di cui prendervi cura»24.

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La vocazione di soprannumerario è una manifestazione della maturità del laicato, il cui momento nella Chiesa è suonato con particolare forza nell’ultimo secolo. Quando san Josemaría e il beato Alvaro arrivarono a Roma per ottenere la soluzione giuridica per l’Opera, dissero loro che arrivavano con un secolo di anticipo, ancora di più quando parlarono di vocazione riguardo ai soprannumerari. Da allora, è stata fatta molta strada nella comprensione della vocazione del laico, ma incarnare questa meraviglia costituisce ancora una sfida, un’entusiasmante missione. La vocazione all’Opus Dei è una grazia di Dio molto grande per contribuire a questa missione della Chiesa, come testimonia la vita di tanti fedeli soprannumerari e soprannumerarie. Per alcuni di loro è iniziato il processo per riconoscere la santità della loro vita; per la gran maggioranza è molto probabile che non si farà, ma neppure un solo gesto della loro fedeltà quotidiana all’amore di Dio sfugge a nostro Padre del cielo. Sono imprese che non riempiranno alcuna pagina di carta o digitale, ma certamente riempiranno l’unico libro che conta veramente, quello che scrive Dio e che nessuno potrà mai cancellare. E quelli che ne saranno testimoni ogni giorno ringrazieranno Dio, come facciamo noi, «per la fedeltà di tante donne e di tanti uomini che ci hanno preceduto nel cammino e ci hanno lasciato una testimonianza»25.

Santiago Vigo e David Bastidas

1 Tertuliano, Apologetico, 37.

2 San Giustino, Dialogo con Trifone, 117.

3 Francesco, Christus vivit, n. 198.

4 San Josemaría, Note raccolte dalla sua predicazione orale, 29-II-1964.

5 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 14-II-2017, n. 31.

6 José Luis González Gullón – John F. Coverdale, Historia del Opus Dei, Madrid, Rialp 2021, pp. 594-595.

7 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 28-X-2020, n. 23.

8 Cfr. san Josemaría, Solco, n. 962.

9 San Josemaría, Lettere 18-I-1948, 29-I-1948 e 4-II-1948. Citate in Luis Cano, “I primi soprannumerari dell’ Opus Dei”, Studia et Documenta, vol. 12, 2018, pp. 256-257.

10 San Josemaría, Lettere 29, n. 10.

11 San Josemaría, Cammino, n. 402.

12 Beata Guadalupe Ortiz de Landázuri, Lettera 28-V-1959, in Lettere a un santo, 2018, p. 112.

13 Francesco, Gaudete et exsultate, n. 13.

14 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 28 ottobre 2020, n. 25.

15 Inmaculada Alva – Mercedes Montero, El hecho inesperado, Rialp, Madrid 2021, pp. 194-195.

16 Ibidem., p. 195.

17 San Josemaría, Omelia, 26 ottobre 1960.

18 Inmaculada Alva – Mercedes Montero, El hecho inesperado, p. 195.

19 Luis Cano,I primi soprannumerari dell’ Opus Dei”, p. 274.

20 San Josemaría, Istruzione sullo spirito soprannaturale dell’Opera, n. 42.

21 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 28 ottobre 2020, n. 24.

22 San Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, 2 gennaio 1994.

23 Francesco, Omelia, 25 giugno 2022.

24 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 28 ottobre 2020, n. 24.

25 Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 19 marzo 2022 n. 5.

Santiago Vigo e David Bastidas