La storia della salvezza ci mostra un continuo alternarsi dell’amore misericordioso di Dio e della debolezza degli uomini. Come una madre segue per casa il figlio più piccolo, evitandogli pericoli e incidenti, allo stesso modo Dio ha guidato l’umanità nel corso dei secoli. Ognuno di noi, durante la vita, ha avuto la prova di questa guida, di questa mano sempre pronta della Provvidenza divina. Proprio per questo, quante cadute o quanti errori nel nostro cammino si sono rivelate occasioni di incontro con il Signore!
Ammonire i peccatori ci annuncia un’opera di misericordia che il Signore ha esercitato continuamente, come leggiamo nei racconti biblici, ogni volta che gli uomini si ostinavano – e potremmo dire, ci ostiniamo – a imboccare la via del male. La storia del Popolo eletto è una chiara manifestazione di questa sollecitudine divina. In molte situazioni Yavhè avrebbe potuto allontanarli dalla propria mano, ma sempre – spesso anche con castighi o con ammonimenti da parte dei profeti –, li attraeva nuovamente a Sé, reinserendoli nelle vie della salvezza.
Con l’incarnazione del Verbo, la misericordia di Dio ha assunto un volto umano: quello di Gesù. Dio è diventato un nostro fratello che ci cerca uno per uno: nelle situazioni in cui ci troviamo, con le caratteristiche di ciascuno, con i pochi o i molti talenti che possediamo. Nel Vangelo vediamo che Gesù non si astiene dal riprendere, dal correggere, coloro che vuole portare per il retto sentiero; non solo i farisei che non accettavano il suo messaggio, ma anche gli amici: Pietro, anche con durezza, quando l’Apostolo lo istiga a evitare la Passione; o Marta a Betania, con dolcezza, perché si preoccupa eccessivamente dei lavori domestici. Il Signore sapeva servirsi del tono e del linguaggio che meglio conveniva a ogni persona.
Seguendo l’esempio del Signore, ricordiamo che la correzione fraterna praticata con rettitudine, senza umiliare, è stata di aiuto per la Chiesa fin dagli inizi. “Fratelli – ha scritto san Paolo ai Galati –, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso per non cadere anche tu in tentazione”. L’Apostolo non fa altro che ripetere il mandato di Gesù: “Se tuo fratello pecca contro di te, va’ e correggilo tu e lui da soli. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello”.
La correzione fraterna, dunque, si riferisce a un dovere di tutti i cristiani. Quando qualcuno ci fa notare qualcosa per il nostro bene, dobbiamo considerarlo una manifestazione della misericordia divina, che si serve di strumenti umani per guidarci sulla via del bene. In un primo momento, forse, l’avvertimento susciterà in noi una certa amarezza, non ci sembrerà gradevole. L’orgoglio può farci ribellare, può farci avanzare scuse, che sono sempre facili da trovare. Tuttavia, se si considera tale avvertimento alla presenza di Dio, si farà avanti una sincera gratitudine perché qualcuno si è preso il disturbo di farci notare un errore che non avevamo percepito.
Non sottovalutiamo il potere della misericordia, perché una correzione fraterna accettata con umiltà può consolidare una relazione, rafforzare un’amicizia, evitare future complicazioni o essere il punto d’inizio di una nuova tappa nella vita.
Alcuni anni fa il Papa Benedetto XVI – al quale dobbiamo essere molto grati – si è riferito ampiamente a questa manifestazione della carità. «Oggi, in genere, siamo molto sensibili – diceva – all’aspetto della cura e della carità in relazione al bene fisico e materiale degli altri, ma tacciamo quasi completamente per ciò che riguarda la responsabilità spirituale che abbiamo nei confronti dei fratelli». E aggiungeva: «Di fronte al male non si deve tacere. Penso all’atteggiamento di quei cristiani – confermava il Papa – che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune invece di mettere in guardia i fratelli intorno ai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene».
Per questo, dico a tutti voi e dico a me stesso, nell’aiutare con la correzione fraterna, bisogna farsi guidare dalla carità e dalla prudenza, cercando il momento opportuno e il modo più adatto di parlare, per non ferire senza necessità quella nostra sorella o quel nostro fratello. Lo stesso san Paolo invitava i Galati a correggere «con dolcezza». Allora, per fare bene una correzione fraterna, sarà meglio pensare in qual modo aiutare alla presenza di Dio, pregando lo Spirito Santo di mettere nella nostra bocca le parole opportune, con assoluta rettitudine d’intenzione.
Può nascere la tentazione di pensare che il nostro avvertimento cada in un sacco bucato, che quella persona non lotterà per cambiare o che i suoi problemi non ci riguardano… Non è così. Noi che stiamo nella Chiesa formiamo un corpo unito, e gli errori degli altri, senza scandalizzarci e senza giudizi critici, devono risvegliare in noi sentimenti di misericordia e necessità di aiutare con carità.
Quando si corregge, è anche necessario tener conto del tempo: la grazia interviene effettivamente, ma le persone hanno bisogno – abbiamo bisogno – di tempo per cambiare opportunamente. Ricordiamo che l’apostolo Pietro non accettò che Cristo andasse a morire, neppure dopo l’annuncio del Maestro, e lo disse espressamente e con energia. Fu necessario che lo vedesse in catene per ammettere nella sua anima che quel sacrificio era la Volontà di Dio.
Comunque, anche a noi potrebbe accadere che, dopo aver corretto qualcuno, il suo atteggiamento non muti e persista nell’errore. In questi casi, preghiamo per quella persona, in quanto la preghiera è il primo modo di aiutare. Una volta piantato il seme della misericordia, occorre irrigarlo con la preghiera, ma anche con la pazienza e l’affetto umano; così quel seme germoglierà e darà frutto.
Rendiamoci conto, inoltre, che con la pratica della correzione fraterna si combattono efficacemente le dicerie e i commenti ironici, che tanto danno causano alle relazioni familiari e sociali. Questo può essere un buon proposito per il Giubileo della misericordia: evitare sin la più piccola critica ai nostri parenti e ai nostri amici, ai superiori e a quelli che dipendono da noi, ai conoscenti e agli sconosciuti. Ci può sembrare un compito non facile, perché durante la giornata, forse, si presenteranno numerosi contrasti e malintesi; ma, se c’impegniamo, con l’aiuto e la forza di Dio, saremo seminatori di una serenità che apporta colui che rifugge da ogni paragone e propone soluzioni positive.
Aiutiamoci, dunque, l’un l’altro con il balsamo della misericordia. Nessuno otterrà la felicità se la cerca da solo. Non dobbiamo estraniarci dalle lotte degli altri e chiediamo al Signore la semplicità di cuore per accettare le correzioni con umiltà e gratitudine, quando ce le faranno; e per aiutare correggendo con affetto e comprensione coloro ai quali dobbiamo prestare aiuto.