Con monotona insistenza si sente ripetere il ritornello piuttosto logoro che "la speranza è l'ultima a morire", come se la speranza fosse un appiglio per andare avanti senza complicazioni, senza inquietudini di coscienza; o come se fosse un espediente per rimandare sine die la necessaria rettifica di condotta, la lotta per raggiungere mete nobili e, soprattutto, il fine supremo di unirci a Dio.
Direi che è questa la via per confondere la speranza con la comodità. E segno che manca l'ansia di raggiungere il vero bene, sia quello spirituale, sia quello materiale legittimo; l'ambizione più alta si riduce a evitare ciò che potrebbe modificare la tranquillità — apparente — di una mediocre esistenza. Quando l'anima è timida, rattrappita, pigra, la creatura si riempie di sottili egoismi e si accontenta che i giorni e gli anni trascorrano sine spe nec meta, senza le aspirazioni che esigono sforzo, senza i sussulti della lotta: ciò che importa è evitare il rischio dei dispiaceri e delle lacrime. Quanto si è lontani dall'ottenere qualcosa se si è perso il desiderio di possederlo, per timore del prezzo da pagare per la sua conquista!
(Amici di Dio, nn. 207)