Perfetti nell’unità | Meditazione di san Josemaría (27 marzo 1975)

Pubblichiamo il testo di questa meditazione di san Josemaría pronunciata il 27 marzo 1975, Giovedì Santo, vigilia del suo cinquantesimo di sacerdozio. Davanti al Tabernacolo, il fondatore dell’Opus Dei parlò con Gesù lentamente, facendo delle pause, e a momenti con evidente commozione. Il testo è disponibile in italiano nel volume “In dialogo con il Signore” grazie alle Edizioni Ares.

Adauge nobis fidem! (cfr Lc 17,6). Accresci in noi la fede! Lo stavo dicendo al Signore. Vuole che gli chieda questo: di aumentarci la fede. Domani non vi dirò nulla e adesso non so che cosa sto per dirvi... Aiutatemi a ringraziare nostro Signore per il cumulo immenso, enorme, di favori, di provvidenze, di affetto... di bastonate, che pure sono affetto e provvidenza. Signore, accresci in noi la fede! Come sempre, prima di metterci a parlare in intimità con Te, abbiamo fatto ricorso alla Nostra Madre del Cielo, a san Giuseppe, agli Angeli Custodi.

Passati cinquant’anni, mi ritrovo come un bambino che balbetta. Sto cominciando, ricominciando, come ogni giorno. E così fino alla fine dei giorni che mi restano: sempre a ricominciare. Lo vuole il Signore, perché in nessuno di noi ci siano motivi di superbia, di stolta vanità. Dobbiamo guardarlo fisso, pendere dalle sue labbra: con le orecchie attente, con la volontà pronta, disposta a seguire le divine ispirazioni.

Uno sguardo indietro... Un panorama immenso: tanti dolori, tante gioie. Ma adesso, sono tutte gioie, tutte gioie... Perché abbiamo esperienza che il dolore è il martellare dell’artista, che vuol fare di ciascuno, della materia informe che siamo, un crocifisso, un Cristo, l’alter Christus che dobbiamo essere.

Signore, grazie di tutto. Tante grazie! Ti ho ringraziato, ti ho sempre ringraziato. Anche ora, prima di ripetere il grido liturgico – gratias tibi, Deus, gratias tibi! – te lo stavo dicendo con il cuore. E adesso molte bocche, molti cuori, te lo ripetono all’unisono: gratias tibi, Deus, gratias tibi! Abbiamo soltanto motivi per ringraziare. Non dobbiamo aver paura di nulla; non dobbiamo preoccuparci di niente; non dobbiamo perdere la serenità per nessuna cosa al mondo. Lo sto dicendo in questi giorni a tutti quelli che vengono dal Portogallo: sereni, sereni! Lo sono. Da’ serenità ai miei figli. Fa’ che non la perdano neppure quando avessero commesso uno sbaglio grave. Se si rendono conto di averlo commesso, è già una grazia, una luce del Cielo.

Gratias tibi, Deus, gratias tibi! La vita di ciascuno deve essere un cantico di ringraziamento. Infatti, come è stato fatto l’Opus Dei? L’hai fatto Tu, Signore, con quattro ragazzacci... stulta mundi, infirma mundi, et ea quae non sunt (cfr 1 Cor 1,27-28). Si è avverata tutta la dottrina di san Paolo: hai cercato mezzi completamente illogici, del tutto inadeguati, e hai esteso il lavoro in tutto il mondo. Ti rendono grazie in tutta Europa, in diversi punti dell’Asia e dell’Africa, in tutta l’America, in Oceania. Dappertutto ti rendono grazie.

Nel Tabernacolo, così bello, che i miei figli hanno preparato con tanto amore e che abbiamo messo qui quando non avevamo soldi neppure per mangiare, in questa specie di ostentazione di lusso che, per custodire Te, a me sembra una miseria e certamente lo è, ho voluto inserire due o tre particolari. Il più interessante è la frase scritta sopra la porta: Consummati in unum! (cfr Gv 17,23). Perché è come se fossimo tutti qui, stretti a Te, senza abbandonarti né di giorno né di notte, in un cantico di ringraziamento e – perché no? – di richiesta di perdono. Credo che non ti piaccia che io dica così: perché Tu ci hai perdonato sempre; sei sempre disposto a perdonare gli errori, gli sbagli, gli effetti della sensualità o della superbia.

Consummati in unum! Per riparare..., per rallegrarsi..., per ringraziare, che è un obbligo importante. Non è un obbligo di questo momento, di oggi, che duri fino a domani, no. È un dovere continuo, una manifestazione di vita soprannaturale, un modo umano e nel contempo divino di corrispondere al tuo Amore, che è divino e umano.

Sancta Maria, Spes nostra, Sedes sapientiae! Concedici la sapienza del Cielo, affinché possiamo comportarci in modo gradito agli occhi di tuo Figlio e del Padre e dello Spirito Santo, Dio unico che vive e regna per i secoli senza fine.

San Giuseppe, non ti posso separare da Gesù e da Maria. San Giuseppe, ho sempre avuto devozione per te ma capisco che devo amarti ogni giorno di più e proclamarlo ai quattro venti, perché il modo di dimostrare l’amore fra gli uomini è proprio dire: ti voglio bene! San Giuseppe, Padre e Signore nostro: in quanti luoghi, già a quest’ora, ti avranno ripetuto, invocandoti, questa medesima frase, queste stesse parole! San Giuseppe, Padre e Signore nostro, intercedi per noi.

In questo mondo paganizzato, in questo mondo impazzito, in questa Chiesa che non sembra la tua Chiesa, perché dappertutto sembrano fuori di senno – non ascoltano, danno l’impressione di non interessarsi di Te, non già di non amarti ma di non conoscerti, di dimenticarsi di Te –, la vita cristiana, questa vita che, se è umana, lo ripeto, per noi deve anche essere divina, sarà divina se ti saremo molto uniti. Staremmo con Te anche se dovessimo fare molte anticamere, anche se dovessimo chiedere udienza molte volte. Ma non c’è da chiedere nessun appuntamento! Sei così onnipotente, anche nella tua misericordia, che, pur essendo il Signore dei signori e il Re di coloro che dominano, ti abbassi fino ad aspettare come un mendicante che sta alla nostra porta. Non siamo noi ad attendere; sei Tu che ci aspetti continuamente.

Ci aspetti in Cielo, in Paradiso. Ci aspetti nell’Ostia Santa. Ci aspetti nell’orazione. Sei così buono che, quando sei lì nascosto per Amore, occulto sotto le specie sacramentali – io lo credo fermamente –, poiché sei presente realmente, veramente e sostanzialmente, con il tuo Corpo, il tuo Sangue, la tua Anima e la tua Divinità, è presente anche la Santissima Trinità: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Inoltre, per l’inabitazione del Paraclito, Dio sta al centro delle nostre anime, in cerca di noi. Si ripete, in qualche modo, ogni giorno, la scena di Betlemme. Magari non con la bocca, ma con i fatti, abbiamo detto: non est locus in diversorio (cfr Lc 2,7), non c’è alloggio per Te nel mio cuore. Ah, Signore, perdonami!

Adoro il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, Dio unico. Io non arrivo a capire il mistero della Trinità, ma Tu hai messo nella mia anima aneliti, fame di credere. Credo! Voglio credere come chi più crede. Spero! Voglio sperare come chi più spera. Amo! Voglio amare come chi più ama.

Tu sei chi sei: la Somma bontà. Io sono chi sono: l’ultimo straccio sporco di questo mondo marcio. E, tuttavia, mi guardi... e mi cerchi... e mi ami. Signore, fa’ che i miei figli ti guardino e ti cerchino e ti amino. Signore: che io ti cerchi, ti guardi, ti ami.

Guardare è rivolgere a Te gli occhi dell’anima, con il desiderio di comprenderti, almeno per quanto la ragione umana, con la tua grazia, può riuscire a conoscerti. Accetto questa mia piccolezza. Quando vedo che capisco così poco delle tue grandezze, della tua bontà, della tua sapienza, della tua potenza, della tua bellezza... quando vedo che capisco così poco, non mi rattristo. Mi rallegro che tu sia così grande da non poter essere contenuto nel mio povero cuore, nella mia misera testa. Dio mio! Dio mio... Anche se non so dirti altro, è sufficiente. Dio mio! Tutta quella grandezza, tutta quella potenza, tutta quella bellezza... mia! E io... suo!

Cerco di giungere alla Trinità del Cielo attraverso l’altra trinità, quella della terra: Gesù, Maria e Giuseppe. Sono un po’ più accessibili. Gesù, che è perfectus Deus e perfectus Homo. Maria, che è una donna, la creatura più pura, la più grande: più di Lei, soltanto Dio. E Giuseppe, che viene immediatamente dopo Maria: puro, virile, prudente, integro. Oh, Dio mio! Che modelli! Soltanto a guardare, viene voglia di morire di dispiacere: perché, Signore, mi sono comportato tanto male... Non ho saputo essere all’altezza delle circostanze, non ho saputo divinizzarmi. E Tu mi davi i mezzi e me li dai e continuerai a darmeli... perché dobbiamo vivere da uomini, sulla terra, la vita divina.

Dobbiamo stare – so di avervelo ricordato molte volte – in Cielo e sulla terra, sempre. Non fra il Cielo e la terra, perché siamo del mondo. Nel mondo e in Paradiso allo stesso tempo! Questa è la formula che esprime come dobbiamo impostare la nostra vita mentre siamo in hoc saeculo. In Cielo e sulla terra, immersi in Dio ma sapendo che siamo del mondo e che siamo terra, con la fragilità della terra: un recipiente d’argilla che il Signore si è degnato di utilizzare al suo servizio. E quando si è rotto abbiamo fatto ricorso ai famosi punti, come il figlio prodigo: Ho peccato verso il cielo e davanti a Te... (cfr Lc 15,18). Sia quando si è trattato di una cosa importante, sia quando era qualcosa di molto piccolo. Talvolta ci ha fatto soffrire molto, molto, un piccolo sbaglio, una mancanza di amore, non aver saputo guardare all’Amore degli amori, non aver saputo sorridere. Perché, quando si ama, non ci sono cose piccole: tutto è molto importante, tutto è grande, anche in una creatura miserabile e piccola come me, come te, figlio mio.

Il Signore ha voluto depositare in noi un tesoro ricchissimo. Sto esagerando? Ho detto poco. Adesso ho detto poco, perché prima ho detto di più. Ho ricordato che in noi dimora Dio, nostro Signore, con tutta la sua grandezza. Nei nostri cuori c’è abitualmente un Cielo. Non voglio continuare.

Gratias tibi, Deus, gratias tibi: vera et una Trinitas, una et summa Deitas, sancta et una Unitas!

La Madre di Dio sia per noi Turris Civitatis, la torre che vigila la città: la città che è ciascuno di noi, con tante cose che vanno e vengono dentro di noi, con tanto movimento e nel contempo con tanta quiete; con tanto disordine e con tanto ordine; con tanto rumore e con tanto silenzio; con tanta guerra e con tanta pace.

Sancta Maria, Turris Civitatis: ora pro nobis!
Sancte Joseph, Pater et Domine: ora pro nobis!
Sancti Angeli Custodes: orate pro nobis!

Questa meditazione è disponibile, insieme ad altre, nel volume In Dialogo con il Signore, Edizioni Ares.