La 3ª giornata dedicata alla santità laicale, sul tema: "Santità e professioni sanitarie", che ha avuto luogo lo scorso 3 aprile, presso la Pontificia Università della Santa Croce è iniziata con l’intervento di S.E.R. mons. Fabio Fabene, segretario del Dicastero delle cause dei santi, il quale ha messo in luce come la storia della Chiesa possa essere letta come una storia di carità, soprattutto verso i malati e i più fragili.
Fin dalle origini, la cura è stata parte integrante della missione cristiana, incarnata da santi e beati che hanno saputo unire competenza medica e amore evangelico. Ne sono un esempio Vittorio Trancanelli, Ernesto Cofiño, Enzo Piccinini, Stanisława Leszczyńska, Jérôme Lejeune, José Gálvez Ginachero, i quali “oltre alle cure mediche, hanno saputo con la loro vicinanza infondere speranza e luce nel momento buio della malattia, aiutando le persone a scoprire il senso profondo e cristiano della sofferenza”.
“Anche noi oggi, in questo Giubileo della Speranza, dobbiamo muovere i nostri cuori e i nostri passi per organizzare la speranza a favore dei malati e dei fragili”, ha concluso mons. Fabene, richiamando ciascuno alla responsabilità di continuare questa tradizione di prossimità e misericordia.

Servizio, senso e speranza
Il Rev. professore della Pontificia Università della Santa Croce Martın Luque ha offerto una cornice teologica per riflettere sul legame tra santità e professioni sanitarie, a partire da tre parole chiave: servizio, senso e speranza. Ha invitato a guardare alla malattia non solo come evento clinico, ma come esperienza esistenziale che mette in crisi l’amore e la fede, facendo emergere il senso di solitudine e di fragilità dell’essere umano. Da qui il valore unico dei sei venerabili e Servi di Dio Vittorio Trancanelli, Ernesto Cofiño, Enzo Piccinini, Stanisława Leszczyńska, Jérôme Lejeune, José Gálvez Ginachero, il cui “contatto con i malati non è stato percepito semplicemente come una prestazione professionale, ma come un servizio amorevole capace di offrire un orizzonte di senso alla propria condizione di sofferenza e di riaprire così la possibilità della speranza”.
Le cure palliative e l’arte dell'esistere
Il terzo intervento, dedicato alle cure palliative, è stato affidato a Chiara Mastroianni, professoressa di Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche presso la Link Campus University.
Le cure palliative sono state presentate come un approccio alla cura che va oltre il trattamento dei sintomi: un accompagnamento che mette al centro la persona nella sua totalità, soprattutto quando la guarigione non è più possibile. Non si tratta solo di alleviare il dolore, ma di riconoscere e custodire la dignità, ascoltare in profondità, stare accanto nella fragilità. Come affermava Cicely Saunders, fondatrice del movimento moderno delle cure palliative: “Tu sei importante perché sei tu, e sei importante fino all’ultimo istante della tua vita”.
Le cure palliative sono, ha aggiunto la professoressa Mastroianni, “arte dell’esistere”, perché permettono di donare senso e significato alla vita, anche nel tempo della prova. Hanno la forza di “far rifiorire l’essere”, quando tutto sembra destinato a spegnersi.
Dopo l’intervento della professoressa Chiara Mastroianni ha avuto inizio la tavola rotonda, in cui sono intervenuti i testimoni di sei venerabili e Servi di Dio.

È possibile ritrovare la speranza quando un evento drammatico e doloroso come la malattia stravolge la vita di una persona?
A questa e ad altre domande sulla santità e le professioni sanitarie si è cercato di dare risposta grazie alle testimonianze su Vittorio Trancanelli, Ernesto Cofino, Enzo Piccinini, Stanisława Leszczyńska, Jérôme Lejeune, José Gálvez Ginachero, uomini donne dichiarati venerabili e Servi di Dio.
Il venerabile Vittorio Trancanelli, denominato “il santo della camera operatoria”, era originario di Spello, in provincia di Perugia e fu un “medico amorevolmente sollecito verso i malati, padre dal cuore aperto all'accoglienza di bambini in difficoltà, uomo animato da profonda fede”. La sua storia è stata raccontata dal postulatore della causa, Enrico Solinas.
Il venerabile Ernesto Cofiño, considerato il padre della pediatria nel Guatemala, come ha sottolineato il postulatore Rev. Santiago Callejo, “cercava sempre soluzioni ai problemi e credeva nel rispetto umano già dagli inizi della vita”.
La storia del Servo di Dio Enzo Piccinini, medico specializzato in chirurgia generale è stata raccontata dalla figlia. Ricordando il papà, Chiara Piccinini ha riferito: “Era contagioso perché portava la speranza”.

La testimonianza sulla serva di Dio Stanisława Leszczyńska è stata fatta dal suo biografo Wlodzimierz Redzioch. Stanisława fu un’ostetrica polacca che visse parte della sua vita nel terribile periodo della Seconda guerra mondiale e che, durante i due anni trascorsi nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, riuscì a salvare la vita a oltre 3000 bambini.
Il venerabile Jérôme Lejeune fu un medico e ricercatore francese e dedicò la vita alla cura dei bambini con sindrome di Down. Scoprì la causa genetica della trisomia 21 e testimoniò con coraggio la dignità inviolabile di ogni vita umana. Egli, riporta il postulatore Rémi Bazin, “medico per passione, divenne ricercatore per necessità”.
La storia del servo di Dio José Gálvez Ginachero è stata raccontata dal postulatore Salvador Aguilera López. Egli, medico e sindaco di Malaga, fu pioniere in Spagna per aver eseguito un parto post-mortem e fondò un ospedale per i più poveri. Cattolico fervente, “visse la professione come servizio”.