Quant’è capiente il nostro cuore? Facciamoci caso: in una giornata media chiedono di starci dentro le cose più disparate, in cerca di custodia, ascolto, accoglienza. Premono alla sua porta le persone che ci sono più vicine con il loro bagaglio di necessità, così spesso imponente, ma anche le esigenze degli altri che incontriamo sulla nostra strada. E poi le incombenze della famiglia, le questioni professionali, il carico di preoccupazioni per cosa annuncia la vita, le sue incertezze, le domande che si levano da ogni dove.
Posti in piedi nel cuore
E poi non è finita, perché tutta questa fila di attese “esterne” trova spesso solo posti in piedi quando il cuore è già saturo di considerazioni che girano attorno a sé stessi. Invece potrebbe starci tutto, se considerassimo che il nostro spazio interiore non è a misura dei pensieri di ciascuno: se fosse così, ognuno andrebbe per conto suo, senza guardarsi attorno. Ma è a tutt’altro che siamo chiamati. Il cuore che “non si basta”, e cerca nel Signore quel che gli manca – l’infinito che si somma a quel poco di spazio che siamo in grado di ritagliare nel più profondo di noi – avverte che c’è molto, molto di più che ha bisogno di trovare il posto che gli spetta. A cominciare dal prossimo che fa parte della nostra vita, dall’amica di lunga data alla persona conosciuta “per caso” giusto ieri. Sentirsi responsabili della loro possibilità di conoscere anche solo qualcosa di Dio attraverso di noi è il segno che nel cuore si sta facendo lo spazio necessario a vivere secondo uno stile “in uscita” – come ci dice il Papa –, non chini sulle reti da rammendare ma con il desiderio di prendere il largo, senza troppi calcoli o compromessi: perché basta guardarsi attorno con gli occhi aperti e la coscienza desta per accorgersi che ci stanno aspettando, per quanti limiti pensiamo di avere.
Far strada insieme
C’è la cultura con tutte le sue formidabili sfide (non ultima, l’Intelligenza artificiale) che ci vogliono consapevoli e capaci di argomentare in un senso più umano; le professioni con la loro sete di etica e di relazioni autentiche; la mentalità diffusa che ha bisogno di essere affrontata in campo aperto con alternative vere a quel che tutti sembrano pensare. E le altre persone, ognuna con il suo nome, la sua storia, che in un mondo di solitudini chiedono di essere strappate al non senso: oggi spesso per far breccia nella vita degli altri basta saper ascoltare, per trovarsi dentro una vita che attendeva un abbraccio finalmente fraterno. Nessuno si senta migliore degli altri, però, ci conosciamo troppo bene: qui si tratta di far strada insieme. Oggi l’apostolato è così: una vita condivisa, un ascolto attento e sensibile, la premura per le necessità profonde che affiorano. E di lì in avanti c’è una strada che lo Spirito ci indica per creare insieme un ponte verso un nuovo sguardo sull’esistenza.
E io, che posso farci?
Ma all’ingresso del cuore preme anche altro, un pianeta mai tanto inquieto, per le guerre che frequentiamo ogni giorno attraverso i media e per quelle nascoste di cui sappiamo appena l’esistenza. Ci sono i grandi allarmi del nostro tempo: dalle migrazioni al clima, dalla povertà endemica allo sviluppo ancora così squilibrato. E io, che posso farci? Non saranno dimensioni troppo grandi per la mia capacità di poter cambiare il corso delle cose?
Chiamarsi fuori credendosi inadatti a fare alcunché di utile sarebbe come pensare che, in fondo, nella vita degli altri non c’è spazio per una nostra parola, un gesto, una proposta efficace. La resa non fa parte del vocabolario di chi cerca di rimettersi ogni mattina in cammino seguendo il Signore. Tutto ci chiama a una unità interiore che solo nella preghiera trova il punto di equilibrio. Cogliere il profilo soprannaturale di tutto ciò che accade, di incontri e interrogativi, è forse la chiamata che ci attende oggi, ancora e sempre nel bel mezzo della strada, là dove abbiamo incontrato il carisma dell’Opus Dei, mai tanto attuale dentro questo groviglio meraviglioso che è la nostra vita e che ci chiede di stare sempre più vicini al Signore.
Di questo ci parla il 26 giugno, ogni anno: quanto il grande rompicapo della nostra vita, con tutte le sue domande, riesce a trovare senso e pace dentro la vocazione alla santificazione attraverso la realtà complicata di oggi, che è casa nostra. Laici nel mondo, tanto più vero e bello quanto più tutto sembra diventare difficile da capire e da comporre. Non siamo soli, mai, non lasciamo mai soli gli altri che ci sono affidati. Perché il nostro cuore è abbastanza grande da farci stare dentro tutta la vita di oggi.