Carissimi: Gesù mi protegga le mie figlie e i miei figli!
È già trascorso quasi un anno da quando il Santo Padre ha aperto la Porta Santa, prima nel cuore dell’Africa poi nella basilica di San Pietro. Mentre si avvicina la fine di questo Anno giubilare, che terminerà nella solennità di Cristo Re dell’Universo, il prossimo 20 novembre, ricordiamo gli eventi accaduti in tutto il mondo; i più importanti, senza dubbio, sono quelli accaduti nell’intimità di ciascuno con il Signore. Solo Dio sa quante persone sono tornate a riconciliarsi con Lui, magari dopo molti anni di lontananza o di tiepidezza.
In questi mesi abbiamo cercato di riscoprire il mistero dell’Amore di Dio che si cela nel cuore della Chiesa. Davvero la misericordia divina riempie tutta la terra, come le acque coprono l’immensa estensione degli oceani; lo abbiamo riscoperto nella Sacra Scrittura, nei profeti e nei Salmi ma soprattutto nel Vangelo, nella liturgia, nella pietà popolare… Lo abbiamo sperimentato anche nella nostra vita: basta dare un’occhiata alla nostra esistenza per riscoprire, pieni di stupore, quanto ci è stato e ci è vicino il Signore, da quando ci ha incorporati alla Chiesa con il battesimo e prima ancora.
Gesù ci ha dato un insegnamento chiaro nel capitolo 15 del vangelo di San Luca. Vi sono presentate tre parabole sulla misericordia divina: quella della pecora smarrita, quella della moneta perduta e quella del figliol prodigo. Commenta sant’Ambrogio: «Chi sono il padre, il pastore e la donna? Non si tratta forse di Dio Padre, di Cristo e della Chiesa? Il Cristo ti porta col suo corpo, in quanto ha preso su di sé i tuoi peccati, la Chiesa ti cerca, e il Padre ti accoglie. Come pastore egli ti porta, come madre ti cerca, come Padre ti veste. Dapprima la misericordia, poi l'assistenza e infine la riconciliazione» [1].
Questi mesi ci hanno aiutato a rivitalizzare il nostro amore di Dio e del prossimo, proprio lì dove magari si era un po’ affievolito. Forse scopriremo che ci sono ancora tante pieghe dell'anima dove è assente questo aspetto: non ci deve meravigliare perché la chiamata a essere “misericordiosi come il Padre” è un invito valido per tutta la vita.
La chiusura dell’Anno santo non è quindi un punto di arrivo per poi passare ad altro, ma un punto di partenza per progredire con rinnovato slancio nel nostro cammino di cristiani. Dal giorno del battesimo tutti possediamo il sacerdozio comune, che ci fa esercitare la misericordia con un profondo senso della filiazione divina. San Josemaría ha sempre insistito sul fatto che bisogna vedere, in tutti, dei fratelli ai quali dobbiamo un amore sincero e un servizio disinteressato [2]. È questo il messaggio del Papa, a poche settimane dalla chiusura di questo anno di grazie speciali. Non basta fare esperienza della misericordia di Dio nella propria vita; bisogna che chiunque la riceve ne diventi anche segno e strumento per gli altri. La misericordia, inoltre, non è riservata solo a dei momenti particolari, ma abbraccia tutta la nostra esistenza quotidiana [3].
Per questo mi domando e vi invito a domandarvi: che cosa ci rimane di questo Anno santo? Siamo più convinti che Dio ci guarda come un Padre pieno di tenerezza, di infinito amore [4]? Nella convivenza quotidiana, nella vita familiare, nel lavoro professionale, nell’apostolato, nelle visite ai poveri e nell’aiuto ai sofferenti, è ancora più presente quell'Amore di Dio, manifestato in Cristo? Manteniamo viva la speranza che, malgrado i nostri errori, il Signore desidera che sappiamo trasmettere meglio la sua misericordia? È molto opportuno che, come nostra Madre, la Vergine Maria, custodiamo e meditiamo queste cose nel nostro cuore.
Per avanzare con sempre maggior decisione nella direzione in cui lo Spirito Santo spinge la Chiesa, vorrei suggerirvi due linee che, in un certo senso, riassumono il cammino percorso in questi mesi e possono aiutarci a mantenere accesa nell'anima la luce di questo Anno santo: ricorrere noi alla misericordia di Dio, per poi accogliere gli altri: vivere chini su di loro.
Innanzitutto ricorrere alla misericordia di Dio: da questo dipende tutto. Quando ci rendiamo conto che è Dio a dirigere le circostanze e gli avvenimenti, per avvicinarci a Lui, allora crescono la vita di pietà e l’anelito apostolico. Ci mettiamo più facilmente nelle mani del Signore, con sportività nella lotta interiore, con il desiderio rinnovato di avvicinargli molte anime, con una gioia che nulla e nessuno possono turbare.
L’Amore di Dio si presenta al contempo esigente e sereno. Esigente, perché Gesù caricò sulle sue spalle la Croce e vuole che lo seguiamo per questa via, per collaborare con Lui a far giungere in tutto il mondo i frutti della redenzione; sereno, perché Gesù conosce i nostri limiti e ci guida meglio della più comprensiva delle madri. Non saremo noi a cambiare il mondo con il nostro sforzo: lo farà Dio, che può trasformare i cuori di pietra in cuori di carne.
Il Signore non pretende che non ci sbagliamo mai, ma vuole che ci rialziamo sempre, senza rimanere ancorati ai nostri errori; vuole che camminiamo su questa terra con serenità e fiducia di figli. Meditiamo spesso queste commoventi parole di san Giovanni: Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa [5]. La pace interiore non appartiene a chi pensa di fare tutto bene, né a chi non si preoccupa di amare: nasce nella creatura che sempre, anche quando cade, torna nelle mani di Dio. Gesù non è venuto a cercare i sani ma i malati [6], e si accontenta di un amore che si rinnova ogni giorno, malgrado gli scivoloni degli uomini, quando tornano ai sacramenti, la fonte inesauribile del perdono.
La misericordia ci porta anche ad accogliere gli altri, a chinarci su di loro; siamo capaci di trasmetterla se l’abbiamo ricevuta da Dio. Così, «dopo aver ottenuto misericordia e abbondanza di giustizia, il cristiano comincia ormai ad aver compassione degli infelici e comincia ormai a pregare per gli altri peccatori. Diventa misericordioso persino verso i suoi nemici» [7]. Solo la magnanima compassione di Dio «è capace di recuperare il bene perduto, di ripagare col bene il male compiuto e di generare nuove forze di giustizia e di santità» [8].
Non mancano occasioni in cui il peso del lavoro o delle difficoltà potrebbero anestetizzare un po’ il cuore, come le spine che soffocano il buon seme. Dio ci lascia il cuore in carne viva perché ci chiniamo sugli altri, non solo in occasione di problemi o tragedie, ma anche di quella miriade di piccole cose quotidiane che richiedono un cuore attento, capace di non dare importanza a ciò che di fatto non ne ha ma si sforza di preoccuparsi di ciò che veramente importa e che magari viene trascurato. Dio non ci invita solo a convivere con gli altri, ma a vivere per gli altri. Vuole da noi una carità affettuosa, che sappia accogliere tutti con un sincero sorriso [9].
Per questo, ricorriamo sempre alla preghiera, specialmente quando pensiamo di non avere soluzioni da offrire per una situazione o una persona, per affidare al Signore gli ostacoli che troviamo sul nostro cammino. Chiediamogli che ci aiuti a superarli e a non darvi troppa importanza. Chiediamogli, per intercessione di Santa Maria, Mater misericordiae, che ci conceda un amore commisurato al suo.
Nel suo viaggio apostolico in Polonia, il Papa parlava del Vangelo come del libro vivente della misericordia di Dio. Questo libro, diceva, ha ancora delle pagine bianche in fondo: rimane un libro aperto, che siamo chiamati a scrivere con lo stesso stile, compiendo cioè opere di misericordia [10]. E concludeva: Ciascuno di noi custodisce nel cuore una pagina personalissima del libro della misericordia di Dio [11]. Riempiamo con fiducia le pagine che Dio ha affidato a ciascuno di noi, senza scoraggiarci per le imperfezioni e le macchie dovute alla nostra goffaggine nello scrivere. Per la clemenza di Dio, lo Spirito si rende presente nelle nostre miserie, perché quando sono debole, è allora che sono forte [12]; ci fortifichiamo con la grazia di Cristo e così possiamo trasmettere quel che abbiamo ricevuto.
In questo servizio attento agli altri non dimentichiamo, in particolare il 2 novembre e poi per tutto il mese, quell’opera di misericordia discreta e tanto gradita agli occhi di Dio: la preghiera per i defunti. Invoco dal Signore, per ognuno, la grazia di vivere la Comunione dei santi con tutti: con coloro che hanno bisogno dei nostri suffragi, con quelli che godono già della beatitudine celeste, e con noi che siamo ancora pellegrini quaggiù, cominciando dal Papa e dai suoi collaboratori, fino a comprendere nella nostra preghiera tutti gli uomini e tutte le donne, specialmente i più bisognosi di questa unione.
Non posso terminare senza ringraziare Dio per la recente ordinazione di diaconi della Prelatura: preghiamo per loro e per i ministri sacri di tutto il mondo. Inoltre, rinnovo la mia gratitudine per i frutti del viaggio pastorale che ho compiuto due settimane fa nella nuova circoscrizione di Finlandia ed Estonia. Preghiamo per la Chiesa in questi Paesi e negli altri del nord Europa. Mi piacerebbe raccontarvi nei dettagli con quale speranza san Josemaría e l’amatissimo don Álvaro guardavano all’inizio del lavoro dell’Opera in quei luoghi. Vi invito a considerarlo nei momenti di orazione di fronte al Tabernacolo. Desidero poi che eleviamo la nostra gratitudine più sincera al Cielo per l’anniversario dell’erezione dell’Opera in Prelatura personale.
Con tutto il suo affetto, vi benedice
Vostro Padre
Javier
Roma, 1° novembre 2016.
[1] SANT’AMBROGIO, Commento al Vangelo di san Luca VII, 208 (PL 15, 1755), Roma 1968.
[2] SAN JOSEMARÍA, Colloqui, n. 29.
[3] PAPA FRANCESCO, Discorso durante l’udienza generale, 12-X-2016.
[4] SAN JOSEMARÍA, Forgia, n. 331.
[5] 1 Gv 3, 19-20.
[6] Cfr. Mt 9, 13.
[7] SAN CROMAZIO DI AQUILEIA, Discorso 41, 5, sulle beatitudini (CCL IX A, 177).
[8] BEATO PAOLO VI, Manoscritto inedito, in Istituto Paolo VI, Notiziario 71 [2016], 7-8 (pubblicato anche su L’Osservatore Romano, settembre 2016).
[9] SAN JOSEMARÍA, Forgia, n. 282.
[10] PAPA FRANCESCO, Omelia, 30-VII-2016.
[11] Ibid.
[12] 2 Cor 12, 10.