«Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore»1. Il Signore ritorna per la prima volta a Nazaret durante la sua vita pubblica e si alza per leggere nella sinagoga. Gli consegnano il libro di Isaia e proclama questo passo, che si riferisce proprio a Lui. Poi si siede e, tra lo stupore di tutti, commenta: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi»2.
Hanno lì, davanti a loro, Colui che viene da Dio, ed è Dio stesso, che viene a togliere il peccato del mondo3. Ma i concittadini del Signore non sono ancora preparati ad accoglierlo e adottano un atteggiamento ostile: lo cacciano fuori della città e tentano di gettarlo giù dal precipizio, quasi si trattasse di un falso profeta. Allora Gesù, racconta il Vangelo con una frase misteriosa, «passando in mezzo a loro, se ne andò»4. Gesù prosegue per la sua strada, perché nulla può fermare il cuore di Dio.
La libertà che soltanto Dio può dare
Nell’indire un giubileo, la Chiesa sa di essere portatrice della stessa spinta irrefrenabile del Signore: la salvezza è oggi. «Utinam hodie vocem eius audiatis: nolite obdurare corda vestra, Ascoltate oggi la sua voce: non indurite il cuore»5. Nell’Antico Testamento una prefigurazione della salvezza di Dio è proprio l’anno giubilare, che aveva luogo ogni 50 anni. Al compimento di «sette settimane di anni»6 - sette volte sette anni – aveva inizio un anno nel quale gli schiavi erano liberati e ognuno tornava nella sua proprietà e nella sua famiglia7, perché gli uomini non appartengono a nessuno, se non a Dio8. Se una parola dovesse riassumere ciò che per il popolo di Israele comportava un giubileo, questa potrebbe essere “libertà”9.
Libertà: oggi questa parola non è, forse, sulla bocca di tutti come mai era accaduto prima? Eppure assai spesso dimentichiamo che la libertà, nel suo significato più profondo, proviene da Dio. Con la sua passione salvifica e la sua risurrezione, Egli ci libera dalla schiavitù peggiore: il peccato. «Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace»10.
La sorgente della vera libertà sta nella misericordia di Dio. Secondo una logica semplicemente mondana, questa affermazione potrebbe sembrare una ingenuità: si può ammettere che un po’ di misericordia potrebbe venir bene per addolcire le relazioni, ma soltanto dopo aver risolto molte altre cose più urgenti. Invece, mettere la misericordia, al primo posto «umanamente parlando è da folli, ma “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1, 25)»11. Il mondo ne ha bisogno per uscire da tante spirali di risentimento, di invidia, di frustrazione; ne hanno bisogno le famiglie, la società.
«La debolezza di Dio»: con il sì del Signore a farsi uomo, a essere inchiodato sulla Croce e a essere ricevuto nelle profondità della terra, nasce nel mondo un nuovo germe di libertà che ormai non morirà più. La risurrezione gloriosa di Cristo prolunga attraverso i secoli l’«anno di grazia del Signore»12. Però insieme al frumento cresce anche la zizzania, sino alla fine del mondo13: insieme ai segni dell’autentica liberazione, si percepiscono continuamente nella storia quelli della schiavitù. Satana cerca di vagliarci come il grano, ma il Signore ha pregato per Pietro, affinché la sua fede non venga meno. Ed egli ci conferma nella nostra fede14. A un mondo che desidera ardentemente la libertà senza riuscire a ottenerla, la Chiesa offre instancabilmente la misericordia del Signore, che porta con sé «la libertà dei figli di Dio»15.
Tutto un lungo itinerario spirituale della Chiesa
«In mezzo alle luci e alle ombre che appaiono nel cammino dei cristiani, non sono mai mancati gli interventi della clemenza divina: mediante lo Spirito Santo che abita nella Chiesa e con la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, oltre all’intercessione sempre attuale della Santissima Vergine, ci vengono rivelati i torrenti di misericordia che si riversano ininterrottamente sul mondo»16. Nel 2002 san Giovanni Paolo II – che aveva dedicato la sua seconda enciclica, Dives in misericordia, all’amore di Dio Padre per gli uomini – proclamò la seconda domenica di Pasqua solennità della divina misericordia, seguendo un suggerimento di santa Maria Faustina Kowalska, da lui stesso canonizzata. «Bisogna trasmettere al mondo questo fuoco della misericordia. Nella misericordia di Dio il mondo troverà la pace»17.
Benedetto XVI si è fatto eco molte volte di questa urgenza del suo predecessore. «Come Suor Faustina, Giovanni Paolo II si è fatto a sua volta apostolo della Divina Misericordia. La sera dell'indimenticabile sabato 2 aprile 2005, quando chiuse gli occhi a questo mondo, era proprio la vigilia della seconda Domenica di Pasqua, e molti notarono la singolare coincidenza, che univa in sé la dimensione mariana - il primo sabato del mese - e quella della Divina Misericordia. In effetti, il suo lungo e multiforme pontificato ha qui il suo nucleo centrale; tutta la sua missione a servizio della verità su Dio e sull'uomo e della pace nel mondo si riassume in quest'annuncio»18. Anche nella Prelatura si è verificata questa provvidenziale coincidenza: dalla mano della Madonna, Mater misericordiae, si sovrappongono la fine dell’Anno mariano della famiglia e l’inizio del Giubileo della misericordia.
«Il volto di Dio – ha detto Papa Francesco nel suo primo Angelus – è quello di un padre misericordioso, che ha sempre pazienza»19. La decisione con la quale il Santo Padre parla della misericordia rimanda anche alla sua vocazione personale. È ora più eloquente il suo motto episcopale, «miserando atque eligendo», che ha mantenuto quando è stato eletto alla sede di Pietro; sono parole che alludono alla vocazione di Matteo: Gesù lo guardò con molta misericordia e lo scelse per Sé.
«Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia»20. La decisione del Papa di indire un Giubileo della Misericordia riprende, in sostanza, tutto un itinerario spirituale della Chiesa, un impulso dello Spirito Santo per il tempo presente. Il giorno dopo aver aperto la Porta Santa in San Pietro, il Papa dava la seguente spiegazione: «La Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario [...]. Nella nostra epoca di profondi cambiamenti, la Chiesa è chiamata ad offrire il suo contributo peculiare, rendendo visibili i segni della presenza e della vicinanza di Dio. E il Giubileo è un tempo favorevole per tutti noi, perché contemplando la Divina Misericordia, che supera ogni limite umano e risplende sull’oscurità del peccato, possiamo diventare testimoni più convinti ed efficaci»21.
La porta della misericordia
«Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia»22. Nel rito di apertura della Porta Santa nella basilica di San Pietro è stato cantato il salmo 117 (118), che si apre e si chiude con questo stesso versetto. E al motivo della misericordia si unisce quello della porta: «apritemi le porte della giustizia: entrerò a rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti»23.
Da un punto di vista pragmatico, una porta è in fin dei conti un semplice punto di passaggio, che unisce e distingue due ambienti. La porta non sembra assumere, in se stessa, particolare importanza. Importanti sono, in ogni caso, gli ambienti; ma non la porta. Eppure l’Anno santo ci invita a soffermarci su questo motivo, a considerarlo un simbolo della nostra vita, del nostro pellegrinaggio sulla terra; a riflettere su ciò che significa attraversare questa soglia di speranza, secondo un’espressione che piaceva a san Giovanni Paolo II.
Nella Scrittura la porta ha un grande valore simbolico: dall’ingresso della tenda di Abraham, dove sta seduto il Patriarca quando riceve la visita di Yahveh24, poi la porta della tenda del Convegno, dove Mosè parlava faccia a faccia con Dio25, fino alle porte della città nella grande visione di Ezechiele26. Tutti questi riferimenti convergono nel momento del Vangelo di Giovanni in cui il Signore si presenta, Egli stesso, come «la porta delle pecore»27.
La Porta Santa ci ricorda, in un modo molto vivo, da dove viene la salvezza: dall’ovile di Dio, dallo spazio di Dio, nel quale Egli ci invita a entrare. «Come il soldato che sta di sentinella, così dobbiamo stare noi alla porta di Dio nostro Signore: e questo è orazione. O come si accuccia un cagnolino ai piedi del suo padrone»28. La salvezza non viene da ciò che noi possiamo fare, ma da ciò che Dio fa per noi. «Non esiste per l’uomo altra fonte di speranza, al di fuori della misericordia di Dio»29.
Succede che a volte noi uomini pensiamo che in realtà non ci siano porte da aprire per i nostri problemi, soprattutto quelli meno importanti. Aspiriamo semplicemente a sopravvivere bene o male alle nostre paure e alle nostre difficoltà. Magari preferiamo non dar loro un nome, preferiamo non pensarci troppo... Perché, anche se stiamo male, non crediamo che Dio possa risolvere il problema. Con le opere più che con le parole, spesso gli diciamo: «Non vivrò più a lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni»30. E tuttavia Dio «va incontro a coloro che non lo cercano»31 e ci invita ad aprire una porta di speranza. Il Giubileo è «un Anno Santo per sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cercarci perché ci eravamo smarriti»32.
Quello che a Dio piace di più
Ci troviamo, dunque, in un momento speciale per sperimentare la forza liberatrice della misericordia divina, che perdona i nostri peccati e ci apre agli altri uomini: «Questo Giubileo, insomma, è un momento privilegiato perché la Chiesa impari a scegliere unicamente “ciò che a Dio piace di più”. E, che cosa è che “a Dio piace di più”? Perdonare i suoi figli, aver misericordia di loro, affinché anch’essi possano a loro volta perdonare i fratelli, risplendendo come fiaccole della misericordia di Dio nel mondo. Questo è quello che a Dio piace di più»33.
La riconciliazione con Dio – che riceviamo nella Confessione, sacramento che sta al centro dell’Anno giubilare34 – apre una porta per lasciare entrare nella nostra vita coloro che stanno attorno a noi. La misericordia di Dio, infatti, non è un semplice mantello che nasconde le nostre miserie, senza che in realtà nulla cambi nella nostra vita. Al contrario, la sua misericordia ci trasforma radicalmente, ci fa diventare uomini e donne misericordiosi come il Padre35: lo siamo quando perdoniamo coloro che ci avevano offeso, compiamo forse con un certo sforzo qualche opera di carità, facciamo conoscere il messaggio salvifico del Vangelo a colui che vive lontano dal Signore. Per avvicinarsi alla misericordia di Dio bisogna necessariamente diventare strumenti della sua compassione verso coloro che stanno attorno a noi: «Il cuore del Signore è cuore di misericordia, che compatisce gli uomini e si avvicina a loro. La nostra donazione, al servizio delle anime, è una manifestazione di questa misericordia del Signore, non solo verso noi, ma verso l’umanità intera»36.
Carlos Ayxelà
1 Is 61, 1-2; cfr. Lc 4, 16.
2 Lc 4, 21.
3 Cfr. Gv 1, 29.
4 Lc 4, 30.
5 Sal 94 (95), 8.
6 Lv 25, 8.
7 Cfr. Lv 25, 10.39ss.
8 Cfr. Lv 25, 55.
9 Cfr. Lv 25, 10.
10Lc 1, 78-79.
11Papa Francesco, Udienza, 9-XII-2015.
12Lc 4, 19.
13Cfr. Mt 13, 24-30.
14Cfr. Lc 22, 31.
15San Josemaría, Amici di Dio, n. 297. Cfr. Gal 5, 1.
16Javier Echevarría, Lettera pastorale, 4-XI-2015, n. 4.
17San Giovanni Paolo II, Omelia, 17-VIII- 2002.
18Benedetto XVI, Angelus, 30-III-2008.
19Papa Francesco, Angelus, 17-III-2013.
20Papa Francesco, Bolla Misericordiae vultus, n. 25.
21Papa Francesco, Udienza, 9-XII-2015.
22Sal 117 (118), 1.29.
23Sal 117 (118), 19-20.
24Cfr. Gn 18, 1.
25Cfr. Nm 12, 5.
26Cfr. Ez 48, 31.
27Gv 10, 7.
28San Josemaría, Forgia, n. 73.
29San Giovanni Paolo II, Omelia, 17-VIII-2002.
30Gb 7, 16.
31San Josemaría, La Chiesa nostra Madre, n. 39.
32Papa Francesco, Omelia, 11-IV-2005.
33Papa Francesco, Udienza, 9-XII-2015.
34Cfr. Papa Francesco, Bolla Misericordiae Vultus, n. 17.
35Cfr. Lc 6, 36.
36San Josemaría, Lettera 24-III-1930, n. 1.