Don Giuliano: Scoprire la mia vocazione è stato come unire i puntini

“Mi sono reso conto che le cose che avevo scelto io, la mia ragazza, il calcio, l'università, erano, in qualche modo, troppo poco. Non ero veramente felice. È stato un po' come unire i puntini”. In questa intervista don Giuliano ci racconta la sua storia e come ha scoperto la vocazione sacerdotale.

«Nel 2005, quando frequentavo la quinta superiore, andai a Roma per il funerale di Giovanni Paolo II. - racconta don Giuliano, sacerdote torinese da undici anni - In quell’occasione, precisamente quando sentii dagli altoparlanti le parole che Giovanni Paolo II pronunciò in vita: “Non abbiate paura di spalancare le porte a Cristo”, capii che il Signore mi stava chiedendo qualcosa».

«Da quel giorno iniziai a curare di più la mia vita di fede: pregando ogni giorno, andando a Messa anche nei giorni feriali, continuando a fare l’animatore nell’oratorio della mia parrocchia. - spiega don Giuliano - Ma fu l’anno seguente che avvenne il grande cambiamento.

Durante la Quaresima il parroco mi propose di prendere parte alla Via Crucis parrocchiale e di interpretare Gesù. Io ne ero attratto e preoccupato, ma il mio viceparroco mi disse: “Non vederla come una semplice recita, prova a chiedere di vivere davvero quel cammino insieme a Gesù”. E così è stato».

«Quell’anno per me fu molto difficile - racconta don Giuliano - Mi lasciai con la mia ragazza, l'università che avevo iniziato mi lasciava insoddisfatto e a luglio mi ruppi i legamenti del ginocchio.

Mi sono sentito davvero distrutto: io giocavo a calcio, e quello sport era davvero importante per me. Così decisi che, non potendo fare movimenti bruschi e dovendo portare il tutore, quell’estate non avrei nemmeno fatto l’animatore ai campi estivi della mia parrocchia.

Il viceparroco, però, mi disse che quella era un’occasione per vivere quell’esperienza da un’altra prospettiva, proprio come fu per sant'Ignazio di Loyola che, ferito alla gamba da una palla di cannone, dovette fermarsi e leggere il Vangelo. Così partecipai».

“Ma non ti sei accorto che sei fatto per fare il prete?”

«All’epoca non sapevo che quell’esperienza sarebbe stata la mia “caduta da cavallo”. - continua don Giuliano - Un incontro, nello specifico, mi segnò. Ad Assisi, dove andammo con i ragazzi del centro estivo, conobbi suor Milena. Non potendo camminare, andai in auto con lei: mi aprii molto, raccontandole tutto ciò che mi turbava. E suor Milena, che non mi conosceva, dal nulla mi disse: “Ma non ti sei accorto che sei fatto per fare il prete?”».

«Solo dopo quell’estate capii che le cose che avevo scelto io, la mia ragazza, il calcio, l'università, erano, in qualche modo, troppo poco. Non ero veramente felice. - spiega don Giuliano - È stato un po' come unire i puntini: alla fine di quell'estate, aiutato dal mio direttore spirituale, ho preso la decisione di entrare in seminario».

«La mia famiglia non prese benissimo la notizia. - aggiunge don Giuliano - Mia mamma inizialmente era un po' preoccupata. Poi, però, ha cominciato a frequentare di più le attività della parrocchia, spesso siamo anche andati a Messa insieme. Il suo cammino di fede, successivamente, la aiutò molto.

Mio papà, invece, era molto lontano dalla fede e all'inizio è stato molto difficile. Abbiamo discusso molte volte e mi disse che il sacerdozio era la cosa peggiore che potesse capitarmi. Con il tempo, però, ha iniziato a interrogarsi, arrivando a pensare: “se lui è felice, forse c'è qualcosa che io non vedo”. Poco prima della mia ordinazione ha addirittura chiesto a un mio amico prete di confessarsi: voleva potersi comunicare il giorno della mia prima Messa».

Trovare Dio anche nei momenti più grigi della vita

«All’università ebbi modo di leggere gli scritti di san Josemaría. - racconta don Giuliano - Una frase, nello specifico mi colpì molto; recitava: "Un'ora di studio, per un apostolo moderno, è un'ora d'orazione”. Quel messaggio l’ho sentito subito mio, mi ha aiutato tantissimo nella vita da studente».

«Nel 2009 partecipai ad un incontro per seminaristi organizzato da alcuni sacerdoti dell’Opus Dei. - continua don Giuliano - In quell’occasione conobbi molto meglio il messaggio del fondatore. Quei giorni mi sono sentito a casa. Nell’accoglienza, nei momenti di condivisione e di preghiera, nello stare insieme, non c'era niente di straordinario: era tutto proprio come se stessimo in famiglia».

«Ho compreso a cosa mi stesse chiamando il Signore grazie alle parole di Giovanni Paolo II, - conclude don Giuliano - ma ho capito di poter trovare Dio nel quotidiano, anche nelle difficoltà e nei momenti più grigi della vita grazie a san Josemaría».