12 domande sull’Opus Dei, 12 risposte di San Josemaría

San Josemaría risponde a domande poste da giornalisti di diverse testate internazionali. Quali sono i successi migliori dell’Opus Dei? Che significa che è una “organizzazione disorganizzata”? Come vede il futuro dell’Opus Dei? Riportiamo di seguito le 12 risposte sull’argomento.

1. Come e perché ha fondato l’Opus Dei?

2. Qual è la missione centrale e gli obiettivi dell’Opus Dei?

3. Alcune volte, parlando della realtà dell’Opus Dei, ha affermato che è una “organizzazione disorganizzata”. Può spiegare ai nostri lettori il significato di questa espressione?

4. Come si è sviluppata ed evoluta l’Opus Dei dalla sua fondazione?

5. Come vede il futuro dell’Opus Dei?

6. L’Opus Dei non ha nessun orientamento economico o politico?

7. Si può pensare che l’Opus Dei abbia relazioni con attività o incarichi che alcuni dei suoi membri hanno in imprese o gruppi di una certa importanza?

8. Come risponde a colore che parlano di segreti all’interno dell’Opus Dei? Alcuni pensano che sia organizzata come una specie di società segreta.

9. Attraverso quali criteri misura il successo dell’Opus Dei?

10. La situazione della Spagna tra gli anni ’40 e ’70 ha facilitato la crescita dell’Opus Dei?

11. Per quale motivo se nell’Opus Dei ciascun individuo ha la stessa libertà di qualunque altro cristiano di avere ed esprimere le sue opinioni personali, alcuni pensano che sia un’organizzazione monolitica negli aspetti temporali?

12. Come s’inserisce l’Ecumenismo nell’Opus Dei?

1. Come e perché ha fondato l’Opus Dei?

Perché? Le opere che nascono dalla volontà di Dio non hanno altra spiegazione che il desiderio divino di utilizzarle come espressione della sua volontà salvifica universale. Già dal primo momento l'Opera era universale, cattolica. Non nasceva per risolvere determinati problemi dell'Europa degli anni venti, ma per dire agli uomini e alle donne di tutti i Paesi, di qualsiasi condizione, razza, lingua, o ambiente - e di qualsiasi stato: celibi, sposati, vedovi, sacerdoti -, che potevano amare e servire Dio, senza smettere di vivere nel loro lavoro ordinario, con la propria famiglia, nelle più svariate e comuni relazioni sociali.
Come fu fondata? Senza alcun mezzo umano. Io avevo solo 26 anni, grazia di Dio e buon umore. L'Opera nacque piccola: non era altro che l'aspirazione di un giovane sacerdote che si sforzava di fare ciò che Dio gli chiedeva.(Colloqui, 32)

2. Qual è la missione centrale e gli obiettivi dell’Opus Dei?

L’Opus Dei intende aiutare ogni persona che vive nel mondo - l'uomo comune, l'uomo della strada - a condurre una vita pienamente cristiana, senza dover cambiare il suo modo di vita quotidiana, né il suo lavoro abituale, né i propri ideali o aspirazioni.
Pertanto, con una frase che scrissi molti anni fa, si può dire che l'Opus Dei è vecchia come il Vangelo e nuova come il Vangelo. Si tratta di ricordare ai cristiani quel concetto meraviglioso che si legge nella Genesi e cioè che Dio creò l'uomo "perché lavorasse". Ci siamo ispirati all'esempio di Cristo, che trascorse quasi tutta la sua vita terrena lavorando come artigiano in un villaggio. Il lavoro non è soltanto uno dei valori umani più alti e un mezzo con cui gli uomini debbono contribuire al progresso della società: è anche cammino di santificazione.
Se si vuole fare un paragone, il modo più facile per capire l'Opera è di pensare alla vita dei primi cristiani. Essi vivevano a fondo la loro vocazione cristiana; cercavano seriamente la perfezione alla quale erano chiamati per il fatto, semplice e sublime, di aver ricevuto il Battesimo. Non si distinguevano esteriormente dagli altri cittadini. I membri dell'Opus Dei sono persone comuni; svolgono un lavoro qualsiasi; vivono in mezzo al mondo come realmente sono: cittadini cristiani che vogliono corrispondere in pieno alle esigenze della loro fede.

(Colloqui, 24)

3. Alcune volte, parlando della realtà dell’Opus Dei, ha affermato che è una “organizzazione disorganizzata”. Può spiegare ai nostri lettori il significato di questa espressione?

Intendo dire che noi attribuiamo un'importanza primaria e fondamentale alla "spontaneità apostolica della persona", alla sua libera e responsabile iniziativa, sotto la guida dello Spirito; e non alle strutture organizzative, agli ordini, alle tattiche, e ai programmi imposti dall'alto, in sede di governo.
Un minimo di organizzazione esiste, logicamente: c'è un organo direttivo centrale, che funziona sempre collegialmente e ha la sede a Roma, e ci sono degli organi regionali, anch'essi collegiali, presieduti da un Consigliere. Ma tutto il lavoro di questi organismi tende essenzialmente a una sola meta: fornire ai membri l'assistenza spirituale necessaria per la loro vita di pietà, e una adeguata preparazione spirituale, dottrinale e umana. Poi, ciascuno impari a nuotare! Agisca cioè come vero cristiano per santificare le vie degli uomini, perché tutte hanno il profumo del passaggio di Dio.

(Colloqui,19)

4. Come si è sviluppata ed evoluta l’Opus Dei dalla sua fondazione?

Fin dal primo momento l'unico obiettivo dell'Opus Dei è stato quello che ho già descritto: contribuire a far sì che vi siano in mezzo al mondo uomini e donne di ogni razza e condizione sociale, che cerchino di amare e di servire Dio e gli uomini nel loro lavoro ordinario e per mezzo di esso. Dall'inizio dell'Opera, nel 1928, la mia predicazione è stata questa: la santità non è un privilegio di pochi, perché possono essere divini tutti i cammini della terra, tutte le condizioni di vita, tutte le professioni, tutte le occupazioni oneste. Le implicazioni di questo messaggio sono molte e l'esperienza della vita dell'Opera mi ha aiutato a conoscerle con sempre maggior profondità e ricchezza di sfumature. L'Opera è nata piccola ed è cresciuta normalmente, in modo graduale e progressivo, come cresce un organismo vivo, come tutto ciò che si sviluppa nella storia.
Ma il suo obiettivo e la sua ragion d'essere non sono cambiati e non cambieranno per quanto possa cambiare la società, perché il messaggio dell'Opus Dei è che si può santificare ogni lavoro onesto, quali che siano le circostanze in cui si svolge.
Oggi fanno parte dell'Opera persone di tutte le professioni: non solo medici, avvocati, ingegneri e artisti, ma anche muratori, minatori, contadini. Tutte le professioni, dunque: dai registi cinematografici e dai piloti di reattori alle parrucchiere di alta moda. Per i membri dell'Opus Dei essere aggiornati, comprendere il mondo moderno è qualcosa di naturale e di istintivo, perché sono essi - con gli altri cittadini e uguali a loro - che fanno nascere questo mondo e gli conferiscono modernità.
Essendo questo lo spirito della nostra Opera, comprenderà che è stata una grande gioia per noi vedere che il Concilio ha dichiarato solennemente che la Chiesa non respinge il mondo in cui vive, né il suo progresso e sviluppo, ma lo comprende e lo ama. Del resto, è una caratteristica centrale della spiritualità che i membri dell'Opera si sforzano di vivere - da ormai quarant'anni -, la consapevolezza di essere allo stesso tempo parte della Chiesa e dello Stato: ciascuno si assume quindi completamente, con libertà piena, la propria responsabilità individuale di cristiano e di cittadino.

(Colloqui, 26)

5. Come vede il futuro dell’Opus Dei?

L'Opus Dei è ancora molto giovane. Trentanove anni per una istituzione sono appena l'inizio. Il nostro compito è di collaborare con tutti gli altri cristiani nella grande missione di essere testimoni del Vangelo di Cristo; di ricordare che la buona novella può vivificare qualsiasi situazione umana. Il lavoro che ci attende è grande. È un mare senza sponde perché, finché ci saranno uomini sulla terra, per quanto cambino le forme tecniche della produzione, essi avranno pur sempre un lavoro da poter offrire a Dio, da poter santificare. Con la grazia di Dio, l'Opera vuole insegnare loro a fare di questo lavoro un servizio rivolto a tutti gli uomini di qualunque condizione, razza e religione. Servendo così gli uomini, serviranno Dio.

(Colloqui, 57)

6. L’Opus Dei non ha nessun orientamento economico o politico?

In questi campi, ogni membro ha piena libertà di pensare e di agire come meglio crede. In tutte le cose temporali i fedeli dell'Opera sono completamente liberi: nell'Opus Dei trovano posto persone di tutte le tendenze politiche, culturali, sociali ed economiche che la coscienza cristiana può ammettere.
Io non parlo mai di politica. La mia missione di sacerdote è esclusivamente spirituale. Del resto, anche se eventualmente esprimessi un'opinione in campo temporale, i membri dell'Opera non sarebbero affatto tenuti a condividerla.

(Colloqui, 48)

7. Si può pensare che l’Opus Dei abbia relazioni con attività o incarichi che alcuni dei suoi membri hanno in imprese o gruppi di una certa importanza?

Niente affatto. L'Opus Dei non interviene per nulla in politica; è assolutamente estranea a qualsiasi tendenza o gruppo o regime politico, economico, culturale, o ideologico. I suoi fini - ripeto - sono esclusivamente spirituali e apostolici. Dai suoi membri esige solo che vivano da cristiani, che si sforzino di modellare la propria vita sugli ideali evangelici. Non si immischia, perciò, in alcun modo nelle questioni temporali. Se qualcuno non capisce tutto ciò, è forse perché non capisce la libertà personale, o non riesce a distinguere tra i fini esclusivamente spirituali per i quali si associano i membri dell'Opera, e il vastissimo campo delle attività umane - l'economia, la politica, la cultura, l'arte, la filosofia, ecc. - in cui i membri dell'Opus Dei godono di piena libertà e lavorano sotto la propria responsabilità.
Fin dal primo momento in cui si avvicinano all'Opera, tutti i membri conoscono bene la realtà della propria libertà individuale; e in tal modo, se per ipotesi uno di loro cercasse di far pressione sugli altri imponendo le proprie opinioni in materia politica, o volesse servirsi di loro per interessi umani, gli altri si ribellerebbero e lo espellerebbero immediatamente.
Il rispetto della libertà dei suoi membri è condizione essenziale per la vita stessa dell'Opus Dei. Se mancasse, nessuno aderirebbe all'Opera. Dirò di più. Se si dovesse verificare un'intromissione dell'Opus Dei in politica, o in qualunque altro campo delle attività umane - il che non è mai successo, non succede e, con l'aiuto di Dio, non succederà mai - il primo nemico dell'Opera sarei io.

(Colloqui, 28)

8. Come risponde a colore che parlano di segreti all’interno dell’Opus Dei? Alcuni pensano che sia organizzata come una specie di società segreta.

Fin dal 1928 ho predicato incessantemente che la santità non è riservata a pochi privilegiati, che possono essere divini tutti i cammini della terra, perché il perno della spiritualità specifica dell'Opus Dei è la santificazione del lavoro quotidiano. Bisogna respingere il pregiudizio secondo cui i semplici fedeli dovrebbero limitarsi ad aiutare il clero in attività di carattere ecclesiastico. Bisogna pure rendersi conto che gli uomini, per raggiungere il loro fine soprannaturale, hanno bisogno di essere e di sentirsi personalmente liberi, con quella libertà che Gesù Cristo ci ha conquistato. E io, per predicare questa dottrina e per insegnare a praticarla, non ho mai avuto bisogno di nessun segreto. I membri dell'Opera detestano il segreto perché sono dei fedeli comuni, in tutto e per tutto uguali agli altri. Per il fatto di aderire all'Opus Dei non cambiano di stato. Naturalmente sarebbe assurdo che dovessero andare in giro con un cartello addosso con su scritto: «Io mi dedico al servizio di Dio» Questo modo di fare non sarebbe né laicale, né secolare. Però tutti coloro che conoscono e frequentano i membri dell'Opus Dei sanno bene che fanno parte dell'Opera, perché non lo proclamano ai quattro venti, ma neppure lo nascondono.

(Colloqui, 34)

Informarsi sull'Opera è molto semplice. In tutti i Paesi essa lavora alla luce del sole, con il riconoscimento giuridico delle autorità civili ed ecclesiastiche. Sono perfettamente conosciuti i nomi dei suoi dirigenti e delle sue opere apostoliche. Chiunque desideri informazioni sulla nostra Opera, può ottenerle senza difficoltà, mettendosi in contatto con i dirigenti o rivolgendosi a qualche nostra opera apostolica. Lei stesso può essere testimone del fatto che nessuno dei dirigenti dell'Opus Dei o delle persone che curano i rapporti con i giornalisti ha mai trascurato di facilitarne il compito informativo, rispondendo alle loro domande o fornendo la documentazione adeguata.Né io né alcuno dei membri dell'Opus Dei pretendiamo che tutti ci comprendano o condividano i nostri ideali spirituali. Sono molto amico della libertà e mi piace che ciascuno segua la sua strada. Ma è evidente che abbiamo il diritto elementare di essere rispettati.

(Colloqui, 30)

9. Attraverso quali criteri misura il successo dell’Opus Dei?

Quando un'impresa è soprannaturale, importano poco il successo o l'insuccesso, così come solitamente vengono intesi. Già san Paolo diceva ai cristiani di Corinto che nella vita spirituale quello che interessa non è il giudizio degli altri, né il proprio, ma quello di Dio.
Certamente l'Opera oggi è estesa in tutto il mondo: vi appartengono uomini e donne di una settantina di nazionalità. Pensando a questo fatto, io stesso mi sorprendo. Non vi trovo alcuna spiegazione umana; vi trovo soltanto la volontà di Dio, poiché "lo Spirito soffia dove vuole", e si serve di chi vuole per realizzare la santificazione degli uomini. Tutto questo è per me motivo di ringraziamento, di umiltà e di supplica a Dio perché mi aiuti sempre a servirlo.
Mi domanda anche qual è il criterio con cui misuro e giudico le cose. La risposta è molto semplice: santità, frutti di santità.
L'apostolato più importante dell'Opus Dei è quello che ogni fedele realizza con la testimonianza della propria vita e con la sua parola, nei rapporti abituali con amici e colleghi di professione. Chi può misurare l'efficacia soprannaturale di questo apostolato silenzioso e umile? Non si può misurare il valore dell'esempio di un amico leale e sincero, o l'influenza di una buona madre in seno alla famiglia.
Ma forse la sua domanda si riferisce agli apostolati che l'Opus Dei realizza in quanto tale, supponendo che in questo caso si possano misurare i risultati da un punto di vista umano, tecnico; vedendo cioè se una scuola di addestramento professionale riesce a promuovere socialmente le persone che la frequentano, o se un'università dà ai suoi studenti una formazione professionale e culturale adeguate. Ammesso che la sua domanda abbia questo senso, le dirò che il risultato si può spiegare almeno in parte col fatto che si tratta di lavori realizzati da persone che vi si dedicano come specifica occupazione professionale e quindi con la dovuta preparazione, come fanno tutti coloro che vogliono lavorare seriamente. Ciò vuol dire, fra l'altro, che queste iniziative non sono impostate secondo schemi preconcetti, ma che si studiano caso per caso le necessità peculiari della società in cui devono essere realizzate, per adattarle alle sue esigenze reali.
Ma le ripeto che all'Opus Dei non interessa in primo luogo l'efficacia umana. Il successo o l'insuccesso reale di queste attività dipende dal fatto che, oltre a essere umanamente ben fatte, servano o no a far sì che coloro che le realizzano e coloro che ne beneficiano amino Dio, si sentano fratelli di tutti gli uomini e manifestino questi sentimenti in un servizio disinteressato all'umanità.

(Colloqui, 31)

10. La situazione della Spagna tra gli anni ’40 e ’70 ha facilitato la crescita dell’Opus Dei?

In pochi Paesi abbiamo trovato meno agevolazioni che in Spagna. Mi dispiace dirlo, perché amo profondamente la mia patria, ma si tratta del Paese in cui è costato più lavoro e più sacrificio far attecchire l'Opera. Appena nata, essa già trovò l'opposizione dei nemici della libertà individuale e di persone così attaccate alle idee tradizionali da non poter capire che la vita dei membri dell'Opera è quella di cittadini comuni che si sforzano di vivere pienamente la loro vocazione cristiana senza lasciare il mondo.
Neppure le opere collettive di apostolato hanno incontrato particolari facilitazioni in Spagna. Governi di Paesi in cui la maggioranza dei cittadini non è cattolica hanno aiutato le attività educative e benefiche promosse dai soci dell'Opera con molta più generosità di quanto non abbia fatto lo Stato spagnolo. Beninteso, gli aiuti che quei governi concedono o possono concedere alle opere dell'Opus Dei (così come vengono sovvenzionate normalmente altre opere simili) non comportano un privilegio, ma semplicemente il riconoscimento della loro funzione sociale, tanto più che consentono delle economie al bilancio dello Stato.
Nella sua espansione internazionale, lo spirito dell'Opus Dei ha trovato immediata eco e cordiale accoglienza in tutti i Paesi. Se vi sono state delle difficoltà, ciò è avvenuto a motivo di falsità che venivano proprio dalla Spagna e inventate dagli spagnoli, voglio dire da alcuni settori della società spagnola. In primo luogo, dall'organizzazione internazionale di cui le parlavo; ma sembra ormai certo che sia cosa passata, e io non porto rancore a nessuno. Poi da parte di alcune persone che non comprendono il pluralismo, che adottano atteggiamenti di gruppo, quando non cadono in una visione ristretta o totalitaria, e che si servono della qualifica di cattolici per fare politica. Alcuni di loro, non mi spiego perché - forse per false ragioni umane -, sembrano trovare un gusto speciale ad attaccare l'Opus Dei, e poiché dispongono di grandi mezzi economici - il denaro dei contribuenti spagnoli - i loro attacchi possono essere raccolti da certa stampa.
Mi rendo perfettamente conto che lei sta aspettando nomi precisi di persone e di istituzioni. Non glieli darò, e spero che ne capisca la ragione. Né la mia missione, né quella dell'Opera sono politiche: il mio compito è pregare. E non voglio dir nulla che possa in qualche modo venire interpretato come un'ingerenza nella politica. Più ancora, mi spiace molto parlare di queste cose. Ho taciuto per quasi quarant'anni, e se adesso dico qualcosa è perché ho l'obbligo di denunciare come assolutamente false le interpretazioni distorte che alcuni cercano di dare di un lavoro esclusivamente spirituale. Pertanto, sebbene finora abbia taciuto, d'ora innanzi dovrò parlare e, se necessario, con sempre maggiore chiarezza.
Ma tornando al tema centrale della sua domanda, se molte persone di tutti i ceti sociali, in Spagna e dovunque, hanno cercato di seguire Cristo con l'aiuto dell'Opera e secondo il suo spirito, la spiegazione non si può trovare nell'ambiente o in altri motivi estrinseci. Prova di ciò è che quanti affermano il contrario con tanta leggerezza, vedono decrescere i loro gruppi; e le cause esterne sono le stesse per tutti. Forse sarà anche, umanamente parlando, perché essi formano gruppo, mentre noi non togliamo la libertà personale a nessuno.
Se l'Opus Dei è ben sviluppato in Spagna - come in molte altre nazioni - lo si deve anche al fatto che il nostro lavoro spirituale nacque lì, quarant'anni fa, e - come le spiegavo prima - la guerra civile spagnola e poi la guerra mondiale resero necessario rimandare l'inizio in altri Paesi. Voglio far osservare, tuttavia, che ormai da anni gli spagnoli sono soltanto una minoranza in seno all'Opera.
Non pensi, ripeto, che io non ami il mio Paese, o che non mi dia gioia profonda il lavoro che l'Opera vi realizza; ma è triste che vi sia chi propaga equivoci sull'Opus Dei e sulla Spagna.

(Colloqui, 33)

11. Per quale motivo se nell’Opus Dei ciascun individuo ha la stessa libertà di qualunque altro cristiano di avere ed esprimere le sue opinioni personali, alcuni pensano che sia un’organizzazione monolitica negli aspetti temporali?

Non mi sembra che tale opinione sia davvero molto diffusa. Parecchi organi della stampa internazionale, fra i più qualificati, hanno riconosciuto il pluralismo dei membri dell'Opera.
Ci sono state, certamente, alcune persone che hanno sostenuto l'opinione erronea a cui lei si riferisce. Può darsi che qualcuno, per motivi vari, abbia diffuso questa idea, pur sapendo che non corrisponde alla realtà. Penso che, in molti altri casi, ciò sia dovuto all'ignoranza, causata forse da insufficiente informazione. Non è strano che persone poco informate e non interessate a entrare in contatto personale con l'Opus Dei per informarsi meglio, attribuiscano all'Opera in quanto tale quelle che sono soltanto le opinioni di pochi membri.
In ogni caso, una cosa è certa: che chiunque abbia un minimo di informazione sulle vicende spagnole non può misconoscere la realtà del pluralismo esistente tra i membri dell'Opera. Lei stesso, sicuramente, potrebbe citare molti esempi.
Altro motivo di confusione può essere il pregiudizio inconscio di persone che hanno mentalità di partito unico, o in campo politico o in campo spirituale. Coloro che hanno tale mentalità e pretendono che tutti pensino allo stesso modo, trovano difficile credere che qualcuno sia capace di rispettare la libertà degli altri. E così attribuiscono all'Opera il carattere monolitico proprio dei gruppi a cui appartengono.

(Colloqui, 50)

12. Come s’inserisce l’Ecumenismo nell’Opus Dei?

Già l'anno scorso ebbi a raccontare a un giornalista francese - e so che l'aneddoto ha avuto una certa eco, anche in pubblicazioni dei nostri fratelli separati - quello che dissi una volta al Santo Padre Giovanni XXIII, incoraggiato dal fascino affabile e paterno della sua persona: "Padre Santo, nella nostra Opera tutti gli uomini, siano o no cattolici, hanno trovato sempre accoglienza: non ho imparato l'ecumenismo da Vostra Santità". Egli rise commosso, perché sapeva che, fin dal 1950, la Santa Sede aveva autorizzato l'Opus Dei ad accogliere come associati cooperatori i non cattolici e perfino i non cristiani.
E in effetti sono parecchi - né mancano fra di loro dei pastori e addirittura dei vescovi delle rispettive confessioni - i fratelli separati che si sentono attratti dallo spirito dell'Opus Dei e collaborano ai nostri apostolati. E sono ogni giorno più frequenti - man mano che si intensificano i contatti - le manifestazioni di simpatia e di intesa cordiale che nascono dal fatto che i membri dell'Opus Dei hanno come cardine della loro spiritualità il semplice proposito di dare responsabile attuazione agli impegni e alle esigenze battesimali del cristiano. Il desiderio di tendere alla santità cristiana e di praticare l'apostolato, procurando la santificazione del proprio lavoro professionale; il vivere immersi nella realtà secolari rispettando la loro autonomia, ma trattandole con lo spirito e l'amore delle anime contemplative; il primato che nell'organizzazione delle nostre attività diamo alla persona, all'azione dello Spirito nelle anime, al rispetto della dignità e della libertà che nascono dalla filiazione divina del cristiano; la difesa - contro la concezione monolitica e istituzionalistica dell'apostolato dei laici - della legittima capacità di iniziativa, nel necessario rispetto del bene comune: questi e altri aspetti del nostro modo di essere e di lavorare sono punti di facile incontro, dove i fratelli separati scoprono - in forma vissuta e con la conferma degli anni - gran parte dei presupposti dottrinali sui quali sia loro che noi cattolici abbiamo posto tante fondate speranze ecumeniche.

(Colloqui 22)