Mons. Fernando Ocáriz, omelia nella festa del beato Álvaro (2025)

"Non esiste gioia più grande di vivere solo per il Signore e, con Lui, di servire gli altri". Condividiamo il testo dell'omelia pronunciata dal prelato dell'Opus Dei in occasione della festa del beato Álvaro

«Io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge (…), così io passerò in rassegna le mie pecore» (Ez 34,11-12). Nella prima lettura abbiamo letto queste parole del profeta Ezechiele, che si potrebbero applicare al beato Álvaro del Portillo oggi che celebriamo la sua festa, nell’anniversario della sua prima Comunione. È stato un pastore che, come disse san Giovanni Paolo II, si distinse per la sua fedeltà alla sede di Pietro.

Nell’orazione colletta abbiamo chiesto al Signore di aiutarci a dedicarci «umilmente alla missione salvifica della Chiesa». Oggi, quando la Chiesa ha appena accolto un nuovo Successore di Pietro, il Papa Leone XIV, anche noi rinnoviamo la nostra adesione filiale al Santo Padre – come abbiamo cercato di fare sempre –, pregando per lui e per le sue intenzioni. «L'amore al Romano Pontefice –diceva san Josemaría- deve essere in noi vibrante e appassionato, perché in lui vediamo Cristo» (San Josemaría, Lealtà verso la Chiesa, n. 13). Il fondatore dell’Opus Dei trasmise questa bella passione al beato Álvaro e a tutti i suoi figli, che ogni giorno pregano per il Papa, chiedendo a Dio di assisterlo, di incoraggiarlo, di renderlo felice, dandogli la sicurezza e l’energia che servono ad affrontare le tempeste a cui, a volte, va incontro la barca di Pietro.

Gesù, nel Vangelo, indica una qualità propria del buon pastore: essere capace di «dare la propria vita per le pecore» (cfr Gv 10, 11). Don Álvaro ha dato la sua vita per l’Opera, consapevole che in questo modo avrebbe servito la Chiesa, perché l’unica ragion d’essere dell’Opus Dei è stata e sarà sempre «servire la Chiesa come la Chiesa vuole essere servita» (San Josemaría, Lettera 8, n. 1).

Come scrisse papa Francesco, don Álvaro realizzò questo servizio, «con un cuore spoglio di interessi mondani, alieno alla discordia, accogliente con tutti e sempre alla ricerca del buono negli altri, di ciò che unisce, che edifica. Mai un lamento o una critica, nemmeno in momenti particolarmente difficili» (Francesco, Lettera in occasione della beatificazione di don Álvaro, 27-09-2014).

A noi lo ha ricordato proprio ieri papa Leone, durante la recita del Regina Coeli, invitandoci a chiedere “al Padre celeste di essere gli uni per gli altri, ciascuno in base al proprio stato, pastori secondo il suo cuore (cfr. Ger 3,15), capaci di aiutarci a vicenda”. Ciascuno lo farà là dove si trova: a casa, al lavoro, con gli amici… Tutti questi ambiti sono collegati dal desiderio di servire il Signore e le persone che ci stanno accanto. Così, quando cerchiamo di santificare il lavoro fatto bene, con il desiderio di dare gloria a Dio e di avvicinare le anime a Cristo, stiamo servendo la Chiesa come essa vuol essere servita.

I santi hanno sperimentato in prima persona la frase che abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale: chi ha Dio come pastore, non manca di nulla (cfr. Sal 22,1). Chi si decide a seguire il Signore sa che lui lo guiderà in qualsiasi momento. La fedeltà non è il frutto dell’inerzia, bensì del desiderio di dire a Dio in ogni circostanza, perché non esiste gioia più grande di vivere solo per il Signore e, con Lui, di servire gli altri. Don Álvaro concepiva la fedeltà come un impegno d’amore, e l’amore a Dio era il senso ultimo della sua libertà. Possiamo chiederci, allora, se ciò che ispira ciascuna delle nostre azioni è proprio l’amore del Signore.

Avere Dio come pastore non vuol dire che Lui ci risparmierà le difficoltà della vita. Ma, come dice anche il salmista: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza» (Sal 23,4). In tali circostanze, Dio non smette mai di starci accanto. «Se contassimo solo sulle nostre povere forze – diceva don Álvaro – avremmo buoni motivi di pensare a questo ideale come ad un'utopia irrealizzabile: non siamo superuomini, e non possiamo superare i limiti umani. Però – se lo vogliamo – la fortezza di Dio agirà attraverso la nostra debolezza» (Beato Álvaro, Omelia, 7-09-1991).

Il modello della fedeltà a Dio è nostra Madre Maria. A Lei chiediamo di farci seguire sempre l’esempio di vita del beato Álvaro, mentre affidiamo specialmente alle sue mani materne la nostra preghiera filiale per il Papa Leone XIV.