P. Ambrogio Eszer su san Josemaria Escrivà, servo fedele

In occasione del 50° anniversario della nascita al Cielo di san Josemaría condividiamo la testimonianza di P. Ambrogio Eszer, relatore generale della Congregazione per le Cause dei Santi (✟ 13 aprile 2010), tratta da “Así le vieron”, libro che raccoglie testimonianze sul fondatore dell’Opus Dei.

«La figura di Josemaria Escrivà de Balaguer, poliedrica e tuttavia straordinariamente compatta, suscita un considerevole interesse tanto nel popolo di Dio quanto nei teologi. Lo studio delle sue opere e del suo servizio ecclesiale sembrano già ora dimostrare che la personalità del fondatore dell'Opus Dei segna una svolta nel panorama della spiritualità e della vita della Chiesa.

L'attualità del suo messaggio e della sua opera sono sotto gli occhi di tutti, “espressione vivace della perenne giovinezza della Chiesa”, come ebbe a scrivere il papa Paolo VI. Il Santo Padre Pio XII affermò di lui che era “un vero santo, un uomo mandato da Dio per i nostri tempi". Il card. Joseph Höffner dichiarò che la sua opera “è provvidenziale nella storia della Chiesa e presenta una tale forza salvifica che è impossibile esagerarne il valore”.

Se il teologo deve riconoscere nel carisma del Fondatore dell'Opus Dei la libera iniziativa di Dio, che trapassa con una luce improvvisa lo spirito della creatura prescelta e le assegna un compito al quale essa non sa né vuole resistere, lo storico non può fare a meno di cercare i paradigmi obiettivi che permettano di valutare quel carisma e la corrispondenza dell'uomo. L'ispirazione di Mons. Escrivà si proietta su un orizzonte che trascende le vicissitudini del suo tempo, ma da queste trae linfa e vigore. Due elementi, infatti, devono essere considerati per formulare una valutazione adeguata della sua personalità e del suo apostolato. Da un lato, l'esperienza personale del Servo di Dio: l'itinerario della sua vocazione e della sua missione. Dall'altro, le circostanze esterne nelle quali questa missione si svolse. O, se si vuole, da un lato la grazia e dall'altro la forma concreta e storica in cui egli l'ha "incarnata".

Ebbene: la sua azione ecclesiale prende forma in un contesto che, dal punto di vista sociale e culturale, appare fortemente segnato dal più esasperato laicismo. Siamo nei primi anni trenta, quando si registra l'affermarsi di forze laiciste che mirano a una radicale scristianizzazione delle masse: tale disegno infatti non si consuma soltanto nei risultati ambiti ove viene elaborata la cultura, ma vuole investire l'intera società. Da questa cultura laicista scaturiranno il dilagare dell'odio anticlericale, della persecuzione violenta contro la Chiesa, dell'eversione anarcoide. Negli anni successivi, quelli che giungono fino a noi, l'estremismo nella lotta alla fede religiosa viene superato, ma quel progetto di "laicizzazione" della vita conosce un'espansione quasi inarrestabile: la secolarizzazione come processo di pensiero, persino teologico, e come costume generalizzato.

La risposta di Escrivà, all'inizio e alla fine, è la medesima, perentoria ed essenziale: “Queste crisi mondiali sono crisi di santi”. Avvertendo la necessità che i cristiani superino ogni diaframma tra la fede e l'operare quotidiano, egli proclama la vocazione universale alla santità e annuncia con vigore che il lavoro umano è lo strumento attraverso il quale Dio chiama l'uomo a cooperare al piano della Creazione e della Redenzione. Il lavoro, luogo del conflitto e dello schiacciamento dell'uomo per coloro che volevano plasmare i "tempi nuovi" di un'umanità finalmente affrancata e padrona di sé, per il Fondatore dell'Opus Dei diviene ambito di santificazione. Cristo posto «al vertice di tutte le attività umane»; la vita degli uomini e l'intera società imbevuti di una tensione a Dio a cui nulla più resta estraneo. E sono i cristiani comuni, di tutti i ceti e le condizioni sociali, coloro nei quali Escrivà riaccende la consapevolezza della necessità di ricapitolare, dal di dentro, il mondo in Cristo. Un'ispirazione in cui si riconoscono le tracce delle sue prime esperienze sacerdotali fra i contadini di Perdiguera, gli universitari di Saragozza e di Madrid, i lavoratori e i derelitti delle borgate estreme della capitale. Un'ispirazione che sembra mostrare le proprie inesauribili potenzialità soprattutto oggi, dinanzi all'indifferenismo e al non-senso in cui vediamo sfociare la traiettoria del moderno "umanesimo". Non a caso, nel testo del decreto sull'eroicità delle virtù, si legge: «Questo messaggio di santificazione nelle e delle realtà terrene appare provvidenzialmente attuale nella situazione spirituale della nostra epoca, così solerte nell'esaltare i valori umani, ma anche così proclive a cedere ad una visione immanentista del mondo separato da Dio. D'altra parte, nell'invitare il cristiano alla ricerca dell'unione con Dio attraverso il lavoro, compito e dignità perenne dell'uomo sulla terra, questa attività è destinata a perdurare al di là dei mutamenti dei tempi e delle situazioni storiche, come fonte inesauribile di luce spirituale».

Un insegnamento fecondo e apostolico

«Dal punto di vista ecclesiale, Josemaria Escrivà comincia ad operare in una situazione in cui le risposte pastorali tradizionali denunciano i primi segni della propria inadeguatezza alla grande sfida di questo umanesimo ateo o agnostico. E, negli ultimi anni, assiste alla crisi delle illusioni di chi aveva cercato di superare quell'impasse preconizzando l'adeguamento della Chiesa al mondo. Anche qui la sua risposta non muta col tempo e, nella linearità che la contraddistingue, appare perfettamente rispondente alle nuove esigenze. E' il ritorno ad un cristianesimo radicale, cristocentrico e teocentrico, incentrato sull'affermazione del primato della grazia, della comunione di vita con Cristo mediante la preghiera e i sacramenti, che generano l'uomo nuovo e lo trasformano in testimone di Cristo nel proprio ambiente professionale.

Si legge in queste tesi un'eco ante litteram del messaggio centrale del Concilio Vaticano II, nel quale il Fondatore dell'Opus Dei ebbe la gioia di veder approvare le proprie ispirazioni fondamentali; e allo stesso tempo vi si percepisce un salto di secoli, che si riallaccia alla genuina fonte della spiritualità cristiana: il Vangelo sine glossa e l'esperienza della primitiva comunità cristiana. Escrivà vive e trasmette a tutti i cristiani l'esperienza dell'incontro trasformante con Cristo. Non c'è in lui nessun impaccio intellettuale, né la preoccupazione di risolvere complicate questioni teologiche: c'è invece l'anelo pastorale di parlare a tutti, colti e semplici, ricchi e poveri, menti esimie o uomini poco istruiti, per consegnare a tutti un messaggio nuovo ed antico. E' il messaggio di Cristo, nel cui mistero salvifico ciascun battezzato si trova vitalmente inserito. Ecco perché Cammino, il suo libro più importante e diffuso, non è un'esposizione sistematica, ma una guida verso l'incontro con il Signore: anche nella sua forma letteraria, apparentemente asistematica come la vita, si rispecchia il sapore degli Apophtegmata dei primi maestri del cristianesimo. Ma Escrivà è ben lungi da qualsiasi "primitivismo", e in questo senso la lettura della sua produzione edita e inedita -nonché dei Voti elaborati nell'economia della Causa di canonizzazione dai Teologi Censori designati dal Tribunale del Vicariato di Roma- è sufficiente a dissipare tutti i dubbi. Il suo è un lavoro di catechesi, di pastorale esperta, di direzione di anime. Sotto la voluta rinuncia alla speculazione formale, c'è una mente attenta e perspicace, che, senza legarsi a nessuna scuola teologica determinata, assimila dalla teologia scolastica e soprattutto da San Tommaso d'Aquino le tesi fondamentali.

Il suo insegnamento riesce sempre ad essere eminentemente apostolico. E altrettanto lo è la sua Opera. L'incidenza che essa ha avuto nell'autentica promozione del laicato appare ancora difficilmente valutabile nelle sue reali dimensioni, che sono certamente vastissime: lo stesso si potrebbe affermare dei frutti che essa suscita nei sacerdoti e nei religiosi. Josemaria Escrivà ha condotto tanti cristiani, di ogni stato e condizione, all'unione totale e intima con il Salvatore, trasmettendo loro un vigoroso impulso apostolico, che li ha resi consapevoli della chiamata a guadagnare altri a Cristo; questi "altri" sono i cristiani divenuti tiepidi e coloro che si sono lasciati assorbire dal secolarismo. Dietro questa fecondità, che non conosce specializzazioni, si legge un profondo senso della Chiesa ed un amore che possiamo senza indugio definire infuocato per tutti i suoi rappresentanti, a cominciare dal Vicario di Cristo».

Una fedeltà esemplare

«La vastità delle realizzazioni apostoliche promosse da Josemaria Escrivà nel cinque continenti, e la loro rispondenza alle esigenze di una pastorale in sintonia con le necessità dei tempi, possono far pensare che egli sia stato soprattutto un uomo d'azione. Gli studi elaborati nell'ambito della Causa di canonizzazione ci rivelano invece che la vera cifra della sua personalità sta nell'interiorità, ove si tocca il mistero dell'elezione divina, da cui la creatura è segnata fin nelle fibre più nascoste del proprio essere. Se una definizione si può dare di lui è quella del servo fedele: fedeltà esemplare nella risposta quotidiana all'intensa azione della grazia nella sua anima e, di conseguenza, nell'adempimento del compito ricevuto. Solo lasciandosi internamente ed interamente plasmare dall'amore di Dio, egli poteva divenire l'umile araldo del radicale messaggio di santità che costituisce il nucleo dell'Opus Dei. Il carisma che lo guidò appare costitutivamente finalizzato all'edificazione della Chiesa. L'esperienza unitiva personale vi ha il ruolo di sostrato necessario e di alimento nativo del ministero spirituale. La teologia ha analizzato quest'esperienza, che va nota sotto il nome di "carisma del Fondatore", ed ha evidenziato che la sua immediata connotazione apostolica non si traduce solo nel valore di testimonianza o di esemplarità che arricchisce la sua vicenda interiore, ma in una paternità misteriosa e reale, canale attivo del fluire della grazia da Cristo alle sue membra.

Un'anima profondamente contemplativa

Questa mi sembra la chiave di volta della personalità spirituale di Mons. Escrivà, interamente marcata dalla volontà di essere fedele alla missione ricevuta. Egli fu anzitutto un'anima profondamente contemplativa. Fin da giovane il Signore lo condusse attraverso esperienze mistiche che lo portarono ad attingere i vertici dell'unione trasformante: locuzioni interiori, purificazioni e consolazioni che gli facevano "sentire" in tutta umiltà l'azione impetuosa della grazia e che egli, come tutti i veri mistici, accompagnava con un rigorosissimo impegno ascetico e con un'estenuante attività apostolica, identificandosi pienamente con la volontà divina. Simultaneamente, infatti, il Signore ne fece un maestro di vita interiore: a soli 26 anni, con la fondazione dell'Opus Dei, lo chiamò ad aprire un nuovo cammino di santità nella Chiesa. Anche le purificazioni passive, punto fermo nel processo della santificazione, accomunano il Servo di Dio ai grandi fondatori: non solo l'esperienza vissuta dell'abisso del proprio nulla dinanzi all'amore divino, ma soprattutto la coscienza dell'inadeguatezza ad un compito smisurato e la dura sequenza delle incomprensioni subite, delle avversità che da ogni lato minacciano la vita della creatura appena venuta alla luce... Come se Dio stesso chiedesse qualcosa di umanamente "impossibile" e, insieme, ne sembrasse impedire il compimento.

Nella straordinaria fecondità di questa sua paternità si scopre non solo la fertilità della grazia, ma anche un particolare dono accattivante. La vita spirituale di Josemaria Escrivà si snoda infatti in ogni suo aspetto come espansione della filiazione divina in Cristo: tutto è fiducia, accoglienza cordiale, trasparenza. Anche il dolore è abbandono sereno al Padre, che benedice con la Croce. Sicché ogni cosa avviene all'insegna della gioia, di un ottimismo contagioso, di un maturo entusiasmo che rende singolarmente attraente questa figura.

Io ringrazio il Signore per avermi concesso di occuparmi, in qualità di Relatore, della Causa di canonizzazione di Josemaria Escrivà. Le indagini sono state condotte nel più rigoroso rispetto dei criteri giuridici e della metodologia scientifica richiesti dalla Chiesa in così delicata materia: i procedimenti processuali, la raccolta ed il vaglio delle fonti documentali, i successivi studi storico-teologici sono stati altrettanti modelli di scrupolosa esattezza, di solido confronto critico, di sapiente e sicuro approfondimento. Ne è emersa una figura che appartiene ormai al tesoro di tutta la Chiesa: la sua prossima beatificazione ci consegna un uomo nel quale Dio ha voluto segnare un'impronta abbagliante della sua grazia. In essa ogni cristiano può scoprire quelle rifrazioni della luce che solo l'immagine di Cristo riflette in tutta la sua pienezza ed i cui bagliori risplendono nei santi».