La corsa di Montse (II): Il gran torneo

Montse richiamava l’attenzione per l’allegria, la vitalità e la generosità che dimostrava. Questo modo di essere si manifestava anche nello sport. In questa serie di articoli ripercorriamo la vita di Montse Grases.

Montse matura rapidamente. Si rende conto di quanto lavorano i genitori per portare avanti la famiglia e si sforza per aiutarli sempre più nella cura della casa e dei suoi fratelli. A Llar, il centro dell’Opus Dei che frequenta, comincia a chiedere a chi si occupa della formazione spirituale consigli per migliorare. Apprezza di più lo studio e il profitto del tempo, fa la catechista nelle baracche di Montjuïc, va a trovare i bambini malati nell’Ospedale di San Giovanni di Dio e aiuta a raccogliere fondi per la Croce Rossa.

In questo “torneo” di miglioramento quotidiano non gioca da sola. Nei colloqui di formazione cristiana che riceve a Llar impara a rivolgersi a Dio in una maniera nuova: lo scopre come Padre, dedica dei momenti di conversazione con Gesù Cristo in oratorio, cerca di essere consapevole della sua presenza durante la giornata, va a Messa spesso e cerca di offrire a Dio piccole mortificazioni, come andare a piedi invece che prendere il tram o alzarsi immediatamente dal letto.

Le amicizie di Montse sono sempre più numerose: il gruppo di Seva, della scuola, del Club di Tennis Barcino, di Llar. E intanto i legami di amicizia diventano sempre più forti. Comincia a condividere con loro ciò che la rende felice, con un particolare interesse che si avvicinino di più a Dio. Parla a tutti di Llar e invita le sue amiche a ricevere lo stesso aiuto spirituale che a lei fa tanto bene.

Al ritorno dalle vacanze dell’estate 1956, Enrique, il maggiore dei Grases, di 16 anni, annuncia alla famiglia la sua intenzione di farsi sacerdote. Questa notizia costituisce una delle più grandi gioie che riceve Montse: ha sempre coltivato una vicinanza molto particolare col fratello, e probabilmente la decisione di Enrique di darsi a Dio nel sacerdozio influirà sulla sua successiva vocazione. In autunno, a 15 anni, decide di assistere al suo primo corso di ritiro spirituale insieme a due sue amiche.

Montse vuole diventare infermiera, però è ancora troppo giovane per poter iniziare questi studi e dovrà aspettare due anni. Per indicazione dei genitori si iscrive alla “Scuola Professionale della Donna” di Barcellona. Le materie che vi si insegnano – taglio e cucito, disegno, cucina, attività artistiche – non l’attraggono particolarmente, anche se ha scoperto il valore divino del lavoro ben fatto e questo la incoraggia a imparare e a fare le cose il meglio possibile.

È l’ottobre del 1957: comincia un nuovo anno scolastico. Enrique, terminato il Liceo, entra nel seminario diocesano di Barcellona. Montse fa un po’ di pratica da infermiera nell’Ospedale di San Paolo.

Alcuni mesi prima, in una conversazione con la sua amica Rosa, è saltato fuori l’argomento della vocazione all’Opus Dei. La reazione di Montse è di sconcerto. Con la sua onestà naturale, ne parla a sua madre e per un certo tempo non frequenta più Llar. Continua a pregare e a cercare nella sua coscienza la voce di Dio.

A questo punto decide di assistere al suo secondo ritiro spirituale, con l’intenzione di esaminare a fondo qual è il piano di Dio per la sua vita. La prima cosa che fanno lei e la sua amica Ana María arrivando a Castelldaura, la casa di ritiri, è verificare quale letto sia il più soffice e comodo. Una volta scelto il migliore, Montse si lancia su di esso con un salto, e lo rompe. Non il modo migliore di cominciare un ritiro spirituale!

Però è certo che per Montse saranno giorni decisivi, perché le ritornerà il desiderio di essere più generosa e di rispondere di sì a ciò che Dio dovesse chiederle. Dopo quel ritiro spirituale ricorre di più alla Madonna, la sera fa un breve esame di coscienza e cerca i punti di lotta interiore in cui migliorare.

Passano le settimane finché, in un momento ben preciso, comprende che se Dio chiede una donazione totale, dà anche la forza per corrispondere. Montse condivide le sue trepidazioni con i genitori, che le consigliano di riflettere con calma e di decidere liberamente; se poi lo desidera, parli con un sacerdote che conoscono, diverso da quello di Llar. Alla fine, dopo aver meditato a lungo nella sua preghiera personale, Montse chiede l’ammissione nell’Opus Dei. È la vigilia di Natale del 1957.

Si apre per lei una prospettiva del tutto nuova. La sua relazione con Dio e il desiderio di fare felici gli altri sono diventati il centro della sua vita. Da quel momento cura con maggiore delicatezza la Messa quotidiana, i momenti di preghiera, la lettura del Vangelo, la recita del rosario, le ore di lezione offerte a Dio. Lo si nota anche nella sua crescente sensibilità verso gli altri: aiuta i genitori in tutto ciò che può, è particolarmente paziente con i suoi fratelli e dedica molto tempo alle amiche, alle quali parla di Gesù Cristo. Tutti notano la sua gioia.

Enrique descrive così il rapporto di sua sorella Montse con la malattia: «Il dolore la interpellò: però lei ha vinto la partita. Lei era un’appassionata di tennis e quella era... come una partita di tennis nel dolore. Sono partite sempre difficili, perché non ci sono mezzi termini: o il dolore ti vince o tu vinci lui. Montse ha avuto il coraggio di guardare il dolore a tu per tu, in faccia, negli occhi: tu sei il dolore – ha pensato -, ma io... Mi servirò di te per vincere! E la sua malattia è diventata uno strumento di corredenzione».