Aprire nuove strade: don José Luis Múzquiz

Una intervista con lo storico John Coverdale su José Luis Múzquiz, la cui causa di canonizzazione è stata aperta a Boston dal cardinale Sean O’Malley.

Don José Luis, uno dei primi membri dell’Opus Dei, ha collaborato a iniziare il lavoro apostolico negli Stati Uniti. È morto a Boston 34 anni fa, il 21 giugno 1983. John Coverdale è autore di vari libri sulla storia dell’Opera, tra i quali si trova “Impiantare alberi. José Luis Múzquiz e l’espansione dell’Opus Dei”.
Chi era don José Luis Múzquiz?
Don José Luis è stato il primo sacerdote dell’Opus Dei a recarsi negli Stati Uniti ed è stato anche uno dei tre primi sacerdoti di questa realtà della Chiesa cattolica. Ha svolto un ruolo chiave nel suo sviluppo, sia in questo Paese che in altri.
Era, inoltre, una persona straordinaria, molto vicina a Dio. Godeva di un grande talento, era intelligente e aveva buon umore: utilizzava le sue capacità e le poneva completamente al servizio di quanto Dio gli stava chiedendo.
Tutti i santi cercano di mettere i loro talenti al servizio di Dio. Che cosa metterebbe in evidenza in don José Luis?
Per un verso, egli ha vissuto lo spirito dell’Opus Dei – che san Josemaría gli aveva trasmesso –, che porta la gente a cercare la santità nelle attività ordinarie. In tal senso non era diverso da altri fedeli dell’Opus Dei. Forse lo faceva con più generosità e fervore, ma non faceva nulla di insolito. Da un punto di vista personale, credo che le due caratteristiche principali di don José Luis siano state: prima di tutto, la sua straordinaria diligenza, un forte spirito di lavoro, la capacità di dare molto; e poi, una autentica preoccupazione per ogni persona.

Le due caratteristiche principali di don José Luis furono la sua straordinaria diligenza e una autentica preoccupazione per ogni persona.

Nel libro lei parla del primo incontro di don José Luis con il fondatore dell’Opus Dei. Potrebbe descrivere questo colloquio?
Era studente, gli mancava un anno per terminare gli studi di ingegneria e un amico lo invitò a conoscere un giovane sacerdote, san Josemaría Escrivá. Don José Luis dice che vi si recò soltanto per un atto di cortesia e per curiosità. Don Josemaría già allora era ben conosciuto fra gli studenti, si parlava di lui, ma andò a trovarlo senza nessuna aspettativa particolare. Nei pochi minuti di conversazione gli restarono impresse queste parole: “Non c’è amore più grande che l’Amore”. Più tardi, disse di san Josemaría: “Avevo conosciuto molti sacerdoti, ma nessuno mi aveva parlato così”.

Don José Luis accanto a san Josemaría.

Come fu ammesso nell’Opus Dei?
La sua incorporazione nell’Opus Dei fu considerevolmente ritardata dalla guerra civile spagnola. Aveva conosciuto san Josemaría molto presto, nel 1935 o alla fine del 1934, intorno a Natale. Cominciò ad assistere alle lezioni di dottrina cristiana e a farsi dirigere spiritualmente da san Josemaría. Quando scoppiò la guerra civile perse il contatto con il sacerdote e con gli altri membri dell’Opus Dei per più di un anno. Ecco perché chiese l’ammissione soltanto poco dopo la fine del conflitto, all’inizio del 1940.
Credo che un elemento chiave nella sua decisione sia stato il fatto che san Josemaría sia sopravvissuto alla brutale persecuzione di sacerdoti che vi fu a Madrid e sia riuscito a fuggire dalla capitale, a valicare i Pirenei e raggiungere così l’altra parte della Spagna, dove i sacerdoti non erano perseguitati. Lo considerava un fatto provvidenziale e questo, in buona misura, determinò la sua convinzione che l’Opus Dei fosse una cosa che Dio desiderava e della quale Dio voleva che egli stesso facesse parte.

Quando don José Luis cominciò a studiare per essere sacerdote, non era neppure chiaro, secondo la legislazione della Chiesa, come sarebbe stato possibile ordinarsi nell’Opus Dei. Qual era l’ostacolo?
La difficoltà consisteva nel trovare il modo, nell’ambito del diritto allora esistente nella Chiesa, di poter ordinare sacerdoti. La Chiesa è molto attenta a ciò che si riferisce all’ordinazione dei presbiteri. Non basta che qualcuno dica: “Mi piacerebbe diventare sacerdote”. Devi essere chiamato da qualcuno che abbia l’autorità di farlo, di solito un vescovo diocesano o il superiore di un ordine religioso.
Ovviamente, l’Opus Dei non è né una diocesi né un ordine religioso. Nel nucleo della spiritualità degli ordini religiosi vige il concetto di rinunciare al mondo per dare testimonianza del suo carattere transitorio. La spiritualità dell’Opus Dei consiste nel santificarsi nel mondo attraverso le circostanze ordinarie. In questa situazione, l’Opus Dei non poteva assimilarsi a nessuna delle due forme che la Chiesa riconosceva per avere il diritto di chiamare qualcuno al sacerdozio. San Josemaría era convinto che l’Opus Dei dovesse avere necessariamente sacerdoti propri, ma non sapeva come risolvere il problema. Tuttavia era tanto convinto che questo si sarebbe realizzato che domandò a don José Luis e ad altri fra i primi membri dell’Opus Dei se erano disposti a essere ordinati. Essi dissero di sì e cominciarono a studiare per il sacerdozio basandosi sulla convinzione che in qualche maniera sarebbe stata trovata la soluzione.

La spiritualità dell'Opus Dei consiste nel santificarsi in mezzo al mondo, attraverso le circostanze ordinarie

Immagine della Vergine Maria che san Josemaría regalò ai primi fedeli dell’Opus Dei che andarono negli U.S.A.

Che significò per lui andare nel 1949 negli Stati Uniti per diffondere l’Opus Dei?
Fu molto difficile. Nessuno di quelli che arrivarono qui – don José Luis e Sal Ferigle – sapevano l’inglese. Letteralmente, inoltre, non avevano denaro. Non conoscevano quasi nessuno, e i cattolici degli Stati Uniti erano convinti che, se qualcuno si sentiva chiamato a servire Dio, doveva farsi sacerdote oppure monaca. L’idea di cercare seriamente la santità in mezzo al mondo esercitando una professione fece sì che qualche volta fossero considerati pazzi.
Trovarono molti ostacoli, ma don José Luis e gli altri non si lasciarono intimidire. Avevano una fede talmente ferma che l’Opus Dei fosse un’Opera di Dio, che non dubitarono affatto di dover continuare, malgrado gli ostacoli. E andarono avanti.

Come si destreggiarono, visto che non conoscevano la lingua?
Poco dopo essere arrivati ricevettero una lettera del fondatore, san Josemaría, nella quale diceva: “Suppongo che tra di voi parliate inglese”. Sal Ferigle ha raccontato che da quel giorno don José Luis non gli parlò mai più in spagnolo, eccetto quando alla conversazione partecipava una persona che non conosceva l’inglese. Immagino che le sue prime conversazioni dovettero essere piuttosto divertenti, perché nessuno di loro sapeva l’inglese né egli aveva una grande facilità per le lingue.

Don José Luis aveva una fede di ferro: sapeva che, se siamo docili, accade sempre ciò che Dio vuole

Don José Luis arrivò a Chicago quasi senza soldi, ma quasi subito riuscì ad aprire una residenza per studenti. Come ci riuscì?
Don José Luis aveva una fede di ferro: sapeva che, se siamo docili, accade sempre ciò che Dio vuole. Era anche audace e chiedeva alle persone di aiutarlo. Un agente immobiliare gli mostrò una grande casa nei pressi del campus dell’Università di Chicago, molto adatta per diventare una residenza universitaria. L’agente era tanto impressionato della fede e della fiducia in Dio di don José Luis che donò la sua commissione per pagare la prima rata della casa. Don José Luis ripeté poi altre tre o quattro volte l’audacia di comprare case senza avere soldi a disposizione.

John Coverdale, autore del libro “Putting Down Roots: Fr. Joseph Muzquiz and the Growth of Opus Dei”.


Mi parli di Richard Riemann, la prima vocazione statunitense dell’Opus Dei.
Richard Riemann fu la prima persona a chiedere l’ammissione e a perseverare nell’Opus Dei negli Stati Uniti. Stava lavorando a Chicago, nei pressi del lago della città, in una esposizione intorno alla storia del trasporto. Vi lavorava come capo delle unità montate, le diligenze, i fantini e il pony express. Un sacerdote gli suggerì di fare la conoscenza di don José Luis, e così Dick – come chiamiamo Richard – gli telefonò, si videro, e gli disse che era interessato a fare un ritiro spirituale. Don José Luis gli rispose: “Stiamo proprio organizzando un ritiro”. Dick Riemann fece presente che in quel momento lavorava sette giorni la settimana. Don José Luis dichiarò che non era un problema: “Quando finisci il lavoro, invece di andartene a casa per passare la notte, vieni a dormire in residenza; la mattina ci sarà la Messa, l’orazione e la colazione: questo sarà il tuo ritiro”. Dick seguì il suo consiglio per alcuni giorni e, alla fine, decise di andare a vivere in residenza. Un mese o due più tardi si convinse che Dio lo stava chiamando all’Opus Dei.

A parte gli Stati Uniti, in quali altri paesi ha lavorato apostolicamente don José Luis?
È stato anche in Canada, in Giappone e in Svizzera. Mi colpisce che, quando aveva 50 anni (ed era molto stanco), san Josemaría gli chiese di ritornare in Spagna e diventare il cappellano di un centro di ritiri spirituali che l’Opus Dei ha nei dintorni di Siviglia, nel sud della Spagna. Egli accettò di buon grado questo lavoro relativamente umile, quando in sostanza per tutta la sua vita da adulto era stato una personalità “di spicco” nell’Opus Dei. Si mise a lavorare da cappellano, in una casa situata in mezzo al nulla. Don José Luis si dedicò a fare apostolato con ogni tipo di persone, dai grandi proprietari terrieri fino alle ragazze zingare le cui famiglie non avevano denaro per sopravvivere. Diventò amico di molte persone di una vicina base militare statunitense a Rota, compresi i cappellani protestanti. Fece anche amicizia con tutti i sacerdoti diocesani della zona. Un anno, a Natale, scrisse a san Josemaría che nelle ultime settimane aveva fatto visita più o meno a un centinaio di sacerdoti, anche se in quella zona i sacerdoti erano dispersi, distribuiti in piccoli paesi, serviti spesso da strade pessime. Era andato da un paesino all’altro per stare in quei giorni con loro.

Don José Luis si dedicò a fare apostolato con ogni tipo di persone, dai grandi proprietari terrieri fino alle ragazze zingare

Don José Luis in un incontro di famiglia con don Álvaro, poche settimane prima di morire.

Raccontami come è morto don José Luis.
In quel periodo viveva a Boston ed era cappellano di un centro dell’Opus Dei, essendo ritornato negli Stati Uniti.
Il giorno della sua morte si trovava in una casa di ritiri dell’Opus Dei nei dintorni di Boston, chiamata Arnold Hall. Svolgeva un corso di dottrina cristiana rivolto a un gruppo di donne giovani che studiavano teologia. Una mattina stava dando una lezione e cominciò a sentirsi male. Si scusò, andò nella sua camera e poi ritornò per continuare la lezione. Però si sentì male nuovamente e chiese scusa. Una delle giovani era medico e gli consigliò di recarsi nel vicino ospedale. In un primo momento don José Luis era molto sereno, e tra l’altro chiese al dottore notizie della sua famiglia. Quando gli fecero l’elettrocardiogramma, il medico non credeva ai suoi occhi: il paziente era in preda a un fortissimo attacco cardiaco. Immediatamente lo trasferirono in un ospedale più grande. “Eh, stai guidando molto bene!”, scherzò con l’autista dell’ambulanza. In ospedale riuscirono a stabilizzarlo, ma alle due del mattino non poté superare un altro forte attacco cardiaco e morì.

Lei ha conosciuto personalmente don José Luis?
Sì, poco dopo essere entrato in contatto con l’Opus Dei, 50 anni fa. In quegli anni l’ho frequentato parecchio. Era un uomo santo, di buon umore, molto intelligente.

Che cosa si prova quando si viene a sapere che si è aperta la causa di canonizzazione di qualcuno che si è frequentato?
È qualcosa di meraviglioso. Sono stato fortunato, perché mi è accaduto con diverse persone. Ho lavorato insieme a san Josemaría ed ero presente alla sua canonizzazione a Roma. Ho collaborato anche con il suo successore, Álvaro del Portillo, che è stato beatificato recentemente. Don José Luis è, pertanto, la terza persona in fama di santità con la quale ho convissuto. È molto bello sapere che qualcuno che mi conosce sta vedendo Dio e pregherà per me.

Preghiera per chiedere favori con l’intercessione di don José Luis Múzquiz.