Mercoledì, commento al Vangelo: Perseveranza

Vangelo e commento del mercoledì della 34.a settimana del tempo ordinario.

Vangelo (Lc 21, 12-19)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

— Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.


Commento

Continua il discorso escatologico di Gesù con i sui vaticini sugli ultimi tempi. Questa volta il presagio sembra ancora più inquietante: la persecuzione agli stessi discepoli di Gesù, a causa del suo nome.

Cosa che è successa nella primitiva comunità cristiana, poco dopo che lo Spirito Santo discendesse sugli Apostoli. Essi agivano in nome di Gesù, senza paura, malgrado le carcerazioni, i brutali trattamenti: niente li fermava. Erano assidui nella preghiera e ricevevano la forza dello Spirito Santo (cfr. At 4, 24-31).

Il primo martire, Stefano, “faceva grandi prodigi e segni tra il popolo” (At 6, 8), e quelli che lo ascoltavano “non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava” (At 6, 10). Tutto si compiva come Gesù aveva vaticinato, perché quei discepoli confidavano profondamente in Lui. E davano più valore alla salvezza delle anime che alla propria vita. Non solo, ma erano “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” (At 5, 41).

In verità quel rifiuto della parola evangelizzatrice degli apostoli era il cammino previsto da Dio perché il suo messaggio arrivasse a molti fra uomini e donne: “la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente” (At 6, 7).

Noi restiamo ammirati davanti alla perseveranza dei primi cristiani, per mezzo della quale non solo salvarono le loro anime, ma quella di migliaia di persone. Però la persecuzione alla Chiesa non è cessata nel corso dei secoli: è come un segno della sua vitalità, della sua perenne giovinezza.

E oggi Gesù e il suo Spirito continuano a vivificare le anime di tanti cristiani che non temono di dare la loro vita per il Vangelo, pregando anche per i loro persecutori, perché li amano e li perdonano, fedeli alle parole e all’esempio di Gesù: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5, 44); “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34).

Questo è quello che ha fatto e detto Stefano prima di morire lapidato: “Signore, non imputare loro questo peccato” (At 7, 60). Nella nostra vita quotidiana, quando ci troviamo a contatto con quelli che sembrano opporsi alla missione della Chiesa, anche noi abbiamo bisogno di questa stessa disposizione alla preghiera, al perdono e alla perseveranza nel bene.

Josep Boira