Se trasformiamo i progetti temporali in mete assolute, cancellando dall'orizzonte la dimora eterna e il fine per cui siamo stati creati — amare e lodare il Signore, e possederlo poi in Cielo —, le più brillanti iniziative si mutano in tradimenti e persino in strumenti per svilire le creature. Ricordate la sincera e famosa esclamazione di Sant'Agostino, che aveva sperimentato tanta amarezza quando, disconoscendo Dio, cercava lontano da Lui la felicità: Ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te [Sant'Agostino, Confessioni, 1, 1]. (…)
Vorrei che anche a voi avvenisse come a me: la sicurezza di sentirmi — di sapermi — figlio di Dio mi riempie di quella vera speranza che, infusa nelle creature come virtù soprannaturale, si adatta alla nostra natura ed è anche una virtù molto umana. Sono felice per la certezza del Cielo che raggiungeremo, se rimaniamo fedeli sino alla fine; per la felicità di cui saremo colmi, quoniam bonus [Sal 105, 1], perché il mio Dio è buono e la sua misericordia è infinita. Tale convincimento mi aiuta a comprendere che solo ciò che porta il sigillo di Dio rivela il segno indelebile dell'eternità, e il suo valore è imperituro. Perciò, la speranza non mi separa dalle cose di questa terra, ma mi accosta a codeste realtà in modo nuovo, cristiano, portandomi a scoprire in ogni cosa la relazione della natura — caduta — con Dio Creatore, con Dio Redentore.
(Amici di Dio, 208)