Wojtyla: attenti alla pubblicità, è pericolosa

“Dice il Papa che il linguaggio degli spot dà una visione «superficiale e inadeguata della vita». Toscani: ha ragione, la pubblicità è fondamentalismo del consumo”. Articolo pubblicato su L’Unità del 6 aprile 2004 sull’incontro del Santo Padre Giovanni Paolo II con i giovani dell’UNIV 2004.

«Attenti ai limiti e alle insidie della pubblicità e del linguaggio dei media»: è il messaggio lanciato ieri da Giovanni Paolo II. Una messa in guardia precisa verso lo strumento comunicativo più potente e persuasivo, in grado di imporre modelli sociali e di comportamento, addirittura di valori. «È necessario saper discernere quali siano i limiti e le insidie dei linguaggi che i mezzi di comunicazione sociale ci propongono», ha affermato ieri il Pontefice ricevendo in udienza i partecipanti all'«Incontro internazionale Univ 2004» organizzato dall'Opus Dei che ha per tema proprio «Progettare cultura: il linguaggio della pubblicità».

Perchè, ha aggiunto il grande comunicatore, papa Wojtyla: «Talora gli annunci offrono una visione superficiale e inadeguata della vita, della persona, della famiglia e della modalità». Il Papa, quindi, ha rinnovato I invito gia espresso ai giovani nella Domenica delle Palme: «andare controcorrente», «superare ogni emozione superficiale, resistendo alle seduzioni dei piaceri e alle ambizioni dell'egoismo e delle comodità» e «trasmettere messaggi positivi e per far conoscere in modo attraente ideali e iniziative nobili».

Le parole del Papa hanno scosso l'ambiente dei media, suscitando reazioni e commenti. «Il Papa ha ragione, anzi e stato troppo buono. La pubblicità spinge a un fondamentalismo, il fondamentalismo del consumo», ha affermato Oliviero Toscani, il fotografo delle campagne Benetton.

Il gioco dello spot

«Il Papa ha ragione - aggiunge – è da tempo che lo dico. Ma se si accetta la pubblicità si ci mette in questo gioco. La pubblicità spinge a un fondamentalismo, il fondamentalismo del consumo. E tutta una bugia, un gioco becero. I pubblicitari ne sono consapevoli e per questo molti sono in crisi esistenziale». Il fotografo non ha remore a definire «demente» e fatta da «mentecatti» la pubblicità in genere.

«Si fa tanta fatica - prosegue - si investono tantissimi soldi e poi tutto si esaurisce nel vendere qualcosa a qualunque costo, far passare il consumatore da un marchio all'altro». Non si sente pentito, Toscano. «Anzi – conclude - sono contento delle parole del Papa. E stato fin troppo buono. Spero che qualcuno capisca e si penta davvero, ma il guaio e che non si pente nessuno».

Responsabili e non

Dello stesso tenore è la reazione del regista «pubblicitario» Alessandro D'Alatri. Anche per lui «il Papa ha ragione» e, commenta, «si dimostra ancora una volta la persona eccezionale che è». Ma di chi è la responsabilità? «Sono i clienti delle agenzie pubblicitarie, i committenti, che ritengono di vendere di più e con facilità utilizzando certi argomenti, il sesso inteso non come la cosa sana che è, ma come rappresentazione plastica e poi la morte. Si spara e si muore con enorme facilita da un po' di tempo a questa parte. Io non sono d'accordo e quando non riesco a far cambiare idea mi ritiro dal progetto, cerco di realizzare solo le pubblicità in cui credo». Per il regista, pero, è un problema di tutto il sistema di media, cinema e tv compresi, non solo della pubblicità.

Si chiama fuori dalla polemica e non toccato dalle raccomandazioni del Papa il modo degli inserzionisti. «La maggior parte delle aziende fanno una pubblicità onesta, veritiera, corretta e per nulla insidiosa», afferma il direttore generale di Upa (Utenti pubblicità associati), Felice Lioy. Non si sente sotto processo, richiama il lavoro del giurì dell'autodisciplina pubblicitaria promosso dalle stesse aziende, che sottolinea- «è in grado di bloccare tutti gli annunci che possono presentare aspetti di scorrettezza». Liov non nega che ci sia qualche annuncio «più disinvolto di altri», ma - banalizza «succede in tutto il mondo». E poi, aggiunge la pubblicità «è l'unica forma di comunicazione realmente controllata». Alla fine riconosce che «effettivamente qualche volta i limiti sono superati». Quindi, quelle del Papa sono state parole sante.

L’Unità // Roberto Monteforte