Volontariato a Fatima

Nell’anno del centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, un gruppo di studentesse si è recato in Portogallo per vivere un’esperienza di volontariato e di formazione umana e spirituale.

Un’esperienza di servizio, un percorso spirituale ma anche un’occasione di condivisione e di crescita personale. È questo il bilancio della settimana di volontariato svolta da un gruppo di trenta studentesse a Fatima, in Portogallo, presso il “Centro per Disabili Giovanni Paolo II”. Le ragazze, provenienti da diversi centri universitari italiani (la Residenza universitaria Viscontea di Milano, la Residenza universitaria Porta Nevia di Roma, il Centro culturale Riparia di Torino, il Centro culturale Puntasveva di Bari) hanno fatto le volontarie nella struttura portoghese che dal 1989 si occupa di offrire cure e assistenza medica a circa 190 pazienti, ognuno con le proprie esigenze specifiche, favorendo il benessere e l’integrazione all’interno della comunità.

la struttura dal 1989 si occupa di offrire cure e assistenza medica a circa 190 pazienti cerebrolesi

Nel corso del viaggio, le ragazze hanno anche visitato i luoghi dove, cento anni prima, esattamente il 13 dei mesi di maggio, giugno, luglio, settembre e ottobre del 1917, la Madonna era apparsa ai tre pastorelli Lucía de Jesùs, di dieci anni e i suoi cugini Francisco e Jacinta Marto, rispettivamente di nove e sette anni. Riportiamo la testimonianza di una delle studentesse che racconta le impressioni e le sensazioni suscitate da quest’esperienza.

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La fatica del viaggio e l’inizio di una nuova avventura

Siamo partite lunedì 24 luglio, in piena estate, insieme ad altre ragazze universitarie provenienti da diverse città italiane. Arrivate la sera a destinazione, si leggeva negli occhi di tutte quel misto di stanchezza e di eccitazione per l’esperienza che stava per iniziare. A Fatima, meta delle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli, e sede del “Centro de Apoio a Deficientes Joao Paulo II”, ci attendeva una settimana di volontariato con gli ospiti cerebrolesi che sono lì accolti. La strada per arrivare alla struttura è stata lunga e faticosa, soprattutto a causa del sole che picchiava forte. Ma noi abbiamo deciso di non farci molto caso e ci siamo preparate all'avventura che stavamo per vivere. L’istituto intitolato al grande papa polacco era molto bello e sono rimasta subito colpita dall’affetto e dalla cura che si percepivano nell’osservare come il personale si occupava dei pazienti.

sono rimasta subito colpita dall’affetto e dalla cura che si percepivano nell’osservare come il personale si occupava dei pazienti

Il nostro compito era quello di portare i pazienti a passeggiare seduti sulle loro carrozzelle, o addirittura distesi nei loro letti. Fin da subito abbiamo scoperto che la musica era il modo migliore per entrare in contatto con loro: ricordo che un uomo non smetteva mai di piangere mentre ci sentiva cantare.


Quando le parole non servono: l’incontro con Miguel

L’incontro che mi ha colpita di più è stato con Miguel, un ragazzo che ho scoperto essere nato solo qualche mese prima di me e appena mi ha vista mi ha preso per mano per portarmi a salutare tutti quelli che conosceva. La gioia con cui affrontava la vita nonostante la sua disabilità mi ha contagiata e mi ha fatto sentire il dovere di portarla nella mia, che adesso incominciava ad apparirmi in tutt’altra prospettiva. Ogni persona che abbiamo conosciuto in quell’Istituto ci ha dato modo di riflettere tanto e su vari argomenti: dal significato che può avere vivere una vita con disturbi di tale livello, al comprendere come il linguaggio non verbale a volte riesca davvero a superare ogni barriera.

Quella preghiera davanti alla “Capelina”

In questa nostra settimana portoghese abbiamo trovato modo di ritagliare momenti per prenderci cura anche della nostra vita spirituale: abbiamo ripercorso le tappe della vita dei tre pastorelli (questo è l’anno del centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima!) e visitato i luoghi in cui hanno vissuto, cercando di assorbire il loro messaggio per poi applicarlo nella nostra quotidianità una volta tornate a casa. Ho trovato due esperienze in particolare molto significative: la prima è stata recitare il rosario la sera, davanti alla “Capelina” che accoglie la statua della Madonnina di Fatima. Il fatto di essere immersa tra persone che pregavano ognuno nella propria lingua, mi ha fatto sentire parte di una comunità grandissima che condivide la stessa fede; la seconda è stata fare in ginocchio il percorso fino al santuario, la mattina all’alba, perché mi ha dato modo di riscoprire quella fede più intima che si dimentica negli impegni di tutti i giorni.

abbiamo ripercorso le tappe della vita dei tre pastorelli

Non si sarebbe chiamata vacanza, però, se non ci fossero stati anche momenti di svago: i viaggi a Coimbra e a Lisbona, oltre che regalarci bellissimi paesaggi e luoghi da visitare, ci hanno permesso di legare di più tra di noi e di staccare un po’ la mente dai problemi di tutti i giorni.

Posso quindi dire di aver vissuto un’esperienza molto forte che ci ha rese una piccola famiglia.