Vivere la gioia dell’amore in famiglia (IX): Paolelivia

Paolo e Livia, sposati da più di trent’anni, non hanno avuto figli ma sono zii di undici nipoti e hanno venticinque figliocci tra battesimi e cresime. In occasione dell’anno “Famiglia Amoris Laetitia” (concluso il 26 giugno 2022), proponiamo una serie di testimonianze di famiglie che vivono le sfide di ogni giorno in una prospettiva cristiana.

Paolo è un ingegnere, uno dei primi a lavorare al Campus Bio-Medico di Roma, mentre Livia, laureata in lettere, ha fatto per tanti anni l’insegnante alla scuola alberghiera SAFI ELIS, prima di lavorare nella segreteria di un’azienda controllata di Roma Capitale. “Una volta, agli inizi della nostra storia - racconta Livia -, cercavo di spiegare a Paolo che io avevo portato il colore, il brio, il movimento nella sua grigia vita di ingegnere e lui, un po’ serio e un po’ ridendo, ma con evidente commiserazione per la mia illusione, mi ha risposto: Tu hai portato il caos nella mia vita ordinata”.

"Se Dio vuole" non era solo una frase, lo pensavamo davvero

“Quando ci siamo sposati sapevamo di avere davanti a noi diversi scenari - continua Livia -: avremmo avuto tanti figli? Non ne avremmo avuti? Avremo dei figli disabili? Fin da subito ci siamo fidati e affidati a Dio. Se Dio vuole non era solo una frase, lo pensavamo davvero. Inizialmente ci siamo sottoposti agli accertamenti che potessero aiutarci, ma non abbiamo insistito troppo, per non problematizzare una realtà che poteva anche essere accettata”.

“Non c’è stato un momento preciso in cui abbiamo realizzato che non avremmo avuto figli - spiega Paolo -. Diciamo che con il trascorrere del tempo abbiamo compreso che la nostra vocazione era fare gli zii, visto che mia sorella ha avuto sei figli e il fratello di Livia cinque. Quando ci siamo sposati fummo ricevuti da don Álvaro, il successore di san Josemaría alla guida dell’Opus Dei e, appena ci vide, ci disse: ho salutato gli angeli custodi vostri e dei vostri figli. Quando don Álvaro è andato in Cielo, gli ho filialmente rinfacciato spesso queste parole, ma evidentemente i piani del Signore erano diversi”.

Quando don Álvaro è andato in Cielo, gli ho filialmente "rinfacciato" spesso queste parole

“I nostri amici, forse più preoccupati di noi - racconta Livia -, ci chiedevano di fare i padrini di battesimo dei loro figli: tra battesimi e cresime, abbiamo venticinque figliocci! La vita ci ha travolti. Una volta una mia amica che ha sette figli si chiedeva se fosse più facile vivere avendo figli o vivere senza: credo sia certamente più facile vivere senza, ma infinitamente più povero. Non ho mai sentito il senso di vuoto, ma la povertà l’ho sempre sentita, a confronto con le persone che hanno figli: hanno una vita aggiunta per ogni figlio. Una nostra figlioccia, ormai grande, mi ha raccontato che quando lei e i suoi fratelli erano piccoli, ci chiamavano Paolelivia che per loro era un’unica entità. Mi ha fatto riflettere molto su come ci vedono gli altri”.

Come è chiaro dalle parole di Livia la generatività si può esercitare in tanti campi, non solo nella relazione con i figli: “Oltre agli undici nipoti - spiega Paolo -, tanti amici e familiari ci hanno chiesto di essere padrini dei loro figli: non riusciamo a seguirli tutti assiduamente come vorremmo, ma il legame con tutti loro, soprattutto nella preghiera, è molto forte”.

“Poi, certamente, la vita presenta le occasioni - sottolinea Livia -: nei quindici anni di insegnamento, il rapporto quotidiano con le alunne era decisamente orientato alla generatività, non solo dal punto di vista culturale, ma anche sul piano relazionale. Si trattava di creare un rapporto personale con ciascuna, per favorire la disposizione all’apprendimento. Sono stati anni molto intensi e con alcune di loro manteniamo i contatti e l’amicizia di un rapporto che oramai è di tipo orizzontale, a parte il divario d’età. Analogamente, Paolo, lavorando in ospedale, ha infinite occasioni di farsi carico di persone che soffrono e che necessitano di cure e di attenzione”.

Meditare con l’Amoris Laetitia

187. Il piccolo nucleo familiare non dovrebbe isolarsi dalla famiglia allargata, dove ci sono i genitori, gli zii, i cugini ed anche i vicini. In tale famiglia larga ci possono essere alcuni che hanno bisogno di aiuto o almeno di compagnia e di gesti di affetto, o possono esserci grandi sofferenze che hanno bisogno di un conforto. L’individualismo di questi tempi a volte conduce a rinchiudersi nella sicurezza di un piccolo nido e a percepire gli altri come un pericolo molesto. Tuttavia, tale isolamento non offre più pace e felicità, ma chiude il cuore della famiglia e la priva dell’orizzonte ampio dell’esistenza.

196. Oltre il piccolo cerchio formato dai coniugi e dai loro figli, vi è la famiglia allargata che non può essere ignorata. Infatti «l’amore tra l’uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia - tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari - è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 18: AAS 74 (1982), 101). In tale ambito si inseriscono anche gli amici e le famiglie amiche, ed anche le comunità di famiglie che si sostengono a vicenda nelle difficoltà, nell’impegno sociale e nella fede.