Sommario
Vengono introdotti i concetti di vocazione e di missione per riflettere sui piani di Dio per ciascuno. Si presentano la vocazione di san Josemaría e la missione dell’Opera, evidenziandone la cornice teologico-ecclesiale. Il lettore viene guidato a riconoscere che la predicazione di san Josemaría parla di vocazione e di missione nel contesto del lavoro e della vita ordinaria, per poi trarne delle conseguenze. Si cerca quindi, progressivamente, di precisare l’oggetto della missione di questa nuova fondazione che è l’Opera, domandandosi perché il Signore l’abbia voluta e ispirata, citando soprattutto testi di san Josemaría. Si tenta di focalizzare la specificità dell’Opera all’interno della missione universale della Chiesa di Gesù Cristo. Si riconosce che al centro della missione di questa nuova fondazione vi è una visione precisa del lavoro come realtà santificabile e santificatrice. Si delineano dei percorsi di riflessione, che verranno sviluppati successivamente, per mostrare che molti aspetti dello spirito dell’Opera, che conosciamo e viviamo, scaturiscono da questa centralità, umana e divina, del lavoro. Il lettore ne può dedurre che la vocazione all’Opera richiede una chiara chiamata a lavorare e a voler lavorare in Cristo. Infine, si accenna al fatto che la missione precede l’istituzione e che, in linea di principio, la missione dell’Opus Dei potrebbe essere compatibile con diverse forme istituzionali, purché queste permettano di compiere la specifica missione ricevuta da Dio.
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In principio era il Verbo. Tutto è stato fatto nel Verbo e per mezzo del Verbo. Dio chiama all’essere tutto ciò che esiste.
La vita feconda di Dio è vita di relazione interpersonale. Le processioni divine – generazione e spirazione – hanno come fine l’essere personale: il Padre genera il Figlio, dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito Santo. Quando Dio crea, agisce secondo la stessa logica: Egli desidera esseri personali, secondo l’esemplarità del Figlio e per amore. Se Dio chiama all’esistenza l’intero universo, è perché vuole esseri personali che partecipino della sua vita: esseri liberi che possano conoscerlo e amarlo.
Così, in un certo senso, il mondo intero è effetto di una vocazione. Ognuno di noi è stato chiamato personalmente all’esistenza: con il suo volto, con la sua voce, con il colore dei suoi occhi. Ognuno con il suo io davanti al tu divino. Per questo Dio ha voluto il mondo e lo ha creato: perché pensava a ciascuno di noi.
Vocazione: dal timore alla gioia
La parola vocazione è una parola familiare, paterna. Una parola non lontana, ma vicina, una parola rivolta a tutti. Parola che rivela, chiama, invita. In effetti, tutta la storia della salvezza si presenta come una continua storia di vocazioni, di incessanti chiamate che Dio rivolge nello spazio e nel tempo a uomini e a donne di luoghi diversi e in epoche storiche differenti: a governanti e a persone comuni, a intere città, a popoli e a stirpi.
La predicazione di san Josemaría ci avvicina al termine vocazione, mostrandone la grandezza e l’universalità. Il fondatore dell’Opus Dei ha contribuito a far parlare di vocazione durante anni, prima del Concilio Vaticano II, in cui forse la si intendeva in modo più restrittivo. Così facendo, egli recuperava gli insegnamenti di molti santi, tornando a parlare con chiarezza della vocazione come qualcosa di comune a tutti gli esseri umani.
Incontrare il termine vocazione nei punti di Cammino e nelle omelie di san Josemaría poteva inizialmente suscitare una certa sorpresa, forse mescolata a un po’ di timore. Tuttavia, subito dopo generava gioia constatare che il contesto in cui ne parlava era la vita ordinaria: lo studio e il lavoro, l’amicizia e la famiglia, le passioni culturali e tutte le professioni… Così intesa, la vocazione conferiva luce e importanza a ciò che, a prima vista, sembrava non averla. Grazie a questo messaggio di san Josemaría, la parola vocazione è diventata per molti uomini e donne una parola familiare, paterna, accessibile.
«La vocazione accende in noi una luce che ci fa riconoscere il senso della nostra esistenza. La vocazione ci convince, con la luminosità della fede, del perché della nostra realtà terrena. Tutta la nostra vita, quella presente, quella passata e quella che verrà, acquista un nuovo rilievo, una profondità mai prima immaginata. Tutti gli eventi e tutte le circostanze occupano ora il loro vero posto: comprendiamo dove il Signore vuole condurci e ci sentiamo come trascinati da questa missione che Egli ci affida» (È Gesù che passa, n. 45).
Nessuno è escluso
Molte persone che ascoltavano la predicazione di san Josemaría rimanevano sorprese e si appassionavano di fronte alla sua insistenza che non è sempre necessario, per rispondere alla chiamata di Dio, cambiare la propria posizione nel mondo, né il lavoro, né le circostanze ordinarie e familiari Questa chiamata risuona proprio lì, nei contesti ordinari di un uomo o di una donna contemporanei. Arriva, forse in modo inaspettato, magari mentre hai gli strumenti di lavoro tra le mani.
Il modo in cui san Josemaría parlava della vocazione si basava su un preciso contesto biblico e specificava il valore concreto-particolare di un concetto teologico generale: Dio chiama ogni essere umano a conoscerlo e ad amarlo. Tutti riceviamo una vocazione a identificarci con suo Figlio e a partecipare del suo stesso Spirito. Esistiamo a causa e per questo scopo; tutti, nessuno escluso: sani e malati, ricchi o poveri, lavoratori e intellettuali, dotati di molti talenti o di pochi per determinate attività.
La vocazione a conoscere e ad amare il nostro Creatore, a somigliare a suo Figlio fatto uomo, perché siamo stati creati in Cristo, ha un nome: è la vocazione alla santità, cioè a partecipare alla vita di Dio, l’unico santo. Ogni essere umano la riceve, sia che faccia già parte del popolo di Dio, della Chiesa, sia che solo potenzialmente sia ordinato a farne parte, anche se ancora non la conosce. Dio chiama tutti, senza escludere nessuno, a partecipare alla sua vita. Cristo Gesù ha versato il suo sangue, è morto sulla croce ed è risorto affinché la nostra filiazione divina, oscurata e quasi perduta per il peccato, potesse essere recuperata e ristabilita in lui.
Se Dio chiama, però, è sempre in vista di una missione, di un compito. Lo vediamo chiaramente illustrato nella storia della salvezza. Dio rivolge la sua parola a ogni essere umano: va’, fa’ questo; opera come ti insegnerò; esci da questa terra; parla nel mio nome; va’ nel luogo che ti mostrerò… Quasi sembra dire: «Ti ho creato per questo!». In realtà tutte queste missioni specifiche sono concretizzazioni della missione originale che il Creatore affida all’umanità nella Genesi: «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15).
Alla vocazione universale alla santità corrisponde una missione altrettanto universale: quella di conformarsi all’immagine del Figlio, per amare con amore fraterno e filiale, e rifiutare le opere del peccato. Conformarsi al Figlio significa partecipare alla sua missione, cioè riordinare il mondo, corrotto dai peccati degli uomini e ricondurlo al Padre nello Spirito Santo. Allo stesso modo, tale missione implica una storia. Se la vocazione interpella e richiede una risposta puntuale, il compimento di una missione si realizza in modo storico: diventando ciò che siamo chiamati a essere e trasformando il mondo affinché questo diventi ciò che Dio ha voluto che fosse, fin dall’inizio.
Una missione specifica nella Chiesa
Dio stesso, nel creare il mondo, apre la storia alla possibilità di includere missioni. È missione del Verbo, inviato dal Padre nel mondo per assumere la natura umana, portare a termine la creazione e redimere l’uomo dal peccato, restituendogli la piena dignità di figlio nel Figlio. È missione dello Spirito Santo, inviato nel mondo e nella storia dal Padre e dal Figlio, affinché configuri i credenti con il Figlio e li riunisca nel Corpo di Cristo. La Chiesa di Gesù Cristo nasce da queste due missioni ed è come un suo prolungamento nella storia (cfr. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, nn. 2-4). Tutta la Chiesa è convocata e inviata: è convocata dalla predicazione del Regno di Dio da parte di Gesù e, dopo la resurrezione, è inviata a tutte le nazioni per insegnare il Vangelo a tutti i popoli e battezzarli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La Chiesa esiste e vive per questa missione e a questa stessa opera si rivolgono le varie missioni che lo Spirito Santo suscita lungo la storia. Tanto diversi e belli sono i fiori della terra, quanto diverse e belle sono le missioni che Dio ha affidato a tanti santi e sante, a innumerevoli comunità cristiane, a laici e a sacerdoti, a religiosi e a religiose: missioni che hanno contribuito e continuano a contribuire all'unica missio Ecclesiae.
«Il giardino del Signore possiede non solo le rose dei martiri, ma pure i gigli delle vergini e le edere dei coniugi e le viole delle vedove. In una parola, dilettissimi, in nessuno stato di vita gli uomini dubitino della propria chiamata: Cristo è morto per tutti. Con tutta verità, di lui è stato scritto: Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi e che tutti giungano alla conoscenza della verità (1Tim 2, 4)» (Sant’Agostino, Discorso 304, 3, 2).
Conoscendo la vita di san Josemaría e ascoltando la sua predicazione, comprendiamo che anche lui ricevette da Dio –nella Chiesa e con la Chiesa– una missione specifica. Dichiarando la sua santità e indicandola come esempio, il Magistero ha riconosciuto la missione ricevuta da san Josemaría come parte della missione stessa della Chiesa.
Poco dopo aver iniziato la sua attività sacerdotale, san Josemaría volle dare un nome alla missione che aveva ricevuto da Dio, affinché i suoi figli e le sue figlie spirituali potessero continuarla nella storia: Opus Dei, opera di Dio, operatio Dei. Sottolineando l’iniziativa divina, cominciò a parlarne come di una nuova fondazione, indicando il 2 ottobre 1928 come: «Quel giorno in cui il Signore fondò la sua Opera» (Appunti intimi, n. 306, 2-X-1931).
Per quanto ampia e generale possa essere una missione ispirata dallo Spirito Santo nella storia degli uomini –e la missione dell’Opus Dei lo è certamente, tanto che san Josemaría la descrisse come un mare senza sponde–, ogni nuova fondazione avrà sempre una nota distintiva che giustifichi il suo perché.
Cercare quella nota distintiva, la specificità di una missione o di una nuova fondazione, non significa separarla da altre iniziative ispirate dallo Spirito Santo, ma conoscerla meglio. Pertanto, la specificità dell’Opus Dei non può essere definita, per contrasto, separandola da ciò che altri fanno o non fanno, esaltando differenze o distinguendo i campi d’azione. La specificità di coloro che lavorano nella vigna del Signore deve essere messa in risalto senza mai perdere di vista l’unica missione di tutta la Chiesa, con un atteggiamento di unità che cerca la comunione.
In ogni nuova fondazione esiste una delicata relazione tra specificità e tradizione, tra ciò che è o sembra nuovo e ciò che, nel messaggio cristiano, deve necessariamente rimanere lo stesso. Ci sono compiti che la Chiesa riconosce nella sua vita e nella sua tradizione come essenziali per la missione che ha ricevuto da Cristo. Ad esempio: esortare il popolo di Dio alla santità e alla configurazione con Gesù Cristo, insegnare a tutti ad avere una relazione personale e filiale con Dio, collocare l’Eucaristia al centro della vita dei fedeli, promuovere la disponibilità dei sacerdoti a perdonare i peccati, amministrare i sacramenti in modo che siano ricevuti con frutto, ricordare a tutti i battezzati che sono apostoli in un mondo da rievangelizzare, diffondere gli insegnamenti dei pastori, dei concili e del Romano Pontefice in particolare...
Come comprendere la fede che san Josemaría sperimentò un secolo fa all’inizio dell’Opus Dei e come egli comprese la novità che l’Opus Dei comportava?
A tal fine vogliamo rileggere e approfondire, in questi anni che precedono il Centenario della fondazione dell’Opus Dei (1928-2028), alcuni elementi di specificità che caratterizzano la sua missione e riesaminare ancora una volta i carismi che Dio ha concesso e continua a concedere ai suoi membri affinché questa missione si compia.
«Ordinare il mondo a Dio mediante il lavoro»
Molti testi di san Josemaría parlano dei fini della nuova fondazione. Sono fini apparentemente generali, perché contribuiscono, come deve essere, al bene generale della Chiesa, alla santificazione delle anime, alla trasformazione cristiana del mondo. E, tuttavia, sono fini che mirano a una missione specifica, peculiare, che illumina tutta l’esistenza di coloro che ricevono questa chiamata divina. Una missione che potremmo esprimere, ad esempio, con queste parole: «Ordinare il mondo a Dio mediante il lavoro»; oppure: «Trasformare le realtà terrene ponendo in cima la croce di Gesù affinché, purificate dal peccato, tutte le attività umane siano santificate dall’interno e prendano la forma di Cristo». In questa missione, precisa san Josemaría, i membri dell'Opera «santificheranno sé stessi, santificheranno gli altri e santificheranno il mondo stesso». Sacerdoti e laici contribuiscono a questa missione, ma con una articolazione precisa: i primi devono servire soprattutto ai secondi, perché questa missione spetta in modo diretto e immediato ai fedeli laici (cfr. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, nn. 31, 36).
«E questo è il segreto della santità che vi sto predicando da tanti anni: Dio ha chiamato tutti ad essere suoi imitatori; e voi e io siamo stati chiamati affinché, vivendo in mezzo al mondo — da persone qualsiasi —, sappiamo mettere Cristo nostro Signore al vertice di tutte le attività umane oneste. Adesso capirete ancor meglio che se qualcuno di voi non amasse il lavoro — il suo lavoro —, se non si sentisse autenticamente impegnato in una delle nobili attività umane per santificarla, se fosse privo di una vocazione professionale, non riuscirebbe mai a cogliere la radice soprannaturale della dottrina del sacerdote che vi sta parlando, proprio perché gli mancherebbe una condizione indispensabile: quella di essere un lavoratore» (Amici di Dio, n. 58).
L’invocazione che le Preci dell’Opus Dei riservano alla preghiera di intercessione Ad sanctum Josephmariam, conditorem nostrum, che deve riassumere in poche righe l’essenza del suo messaggio, attribuisce un ruolo centrale alla santificazione del lavoro, precisando la sua dimensione apostolica e missionaria: Intercede pro filiis tuis, ut fideles spirítui Operis Dei, laborem sanctificemus et animas Christo lucrifacere quaeramus.
Attorno all’asse del lavoro in Cristo sembrano ruotare realmente tutti gli altri aspetti della prospettiva cristiana che san Josemaría vide illuminati nella nuova fondazione che Dio gli chiedeva: la possibilità di trovare Dio e di cercare la santità nella vita ordinaria; l’estensione universale della chiamata alla santità; l’imitazione della vita nascosta di Gesù e della sacra famiglia di Nazaret; la devozione molto speciale alla figura di san Giuseppe – l’artigiano, il lavoratore – tanto da stabilire che i membri dell’Opera rinnovassero nella sua festa la loro incorporazione all’Opus Dei; la filiazione divina come partecipazione alla missione del Figlio di riconciliare tutte le cose con il Padre per mezzo dello Spirito; l’apostolato di amicizia e confidenza che i membri di questa istituzione sono chiamati a esercitare con i colleghi di lavoro e nelle loro relazioni sociali; la perdurabilità dell’Opus Dei, finché ci siano uomini che lavorano sulla terra... Tutti questi aspetti sono riverberi di una luce fondativa il cui punto focale è una nuova comprensione della dimensione divina del lavoro umano.
La specificità della sua missione, come esposto sopra, è il carisma dell’Opus Dei? Qual è la relazione tra vocazione, missione e carisma? Nella Sacra Scrittura e nella storia della Chiesa, il termine carisma ha un significato molto ampio. Tuttavia, si riferisce principalmente al «dono concesso da Dio in ordine a una missione». In questo senso, il dinamismo vocazione-missione precede la nozione di carisma. La Parola di Dio chiama per affidare una missione; poi Dio concede i carismi e i doni necessari per portarla a compimento. A volte, nel linguaggio comune, utilizziamo la parola carisma per riferirci anche alla gratuità di una missione o di una particolare spiritualità, per indicare che si tratta di un dono dello Spirito, di un’iniziativa divina: è Dio che suscita, chiama, concede la sua grazia, assiste, guida, cercando paternamente la corrispondenza della persona umana.
«Quando Dio Nostro Signore progetta qualche opera a favore degli uomini, pensa prima di tutto alle persone che deve utilizzare come strumenti... e comunica loro le grazie necessarie. Questa convinzione soprannaturale della divinità dell’impresa finirà per darci un entusiasmo e un amore così intenso per l’Opera, che vi sentirete felicissimi a sacrificarvi affinché si realizzi» (Instrucción, 19-III-1934, nn. 48-49).
Dio concede agli uomini la grazia e i carismi dello Spirito per compiere la missione alla quale tutti siamo stati chiamati: essere santi e identificarci con Cristo. A coloro che chiama a una missione particolare, a una finalità pastorale concreta nella Chiesa, Dio concede doni e carismi appropriati per portarla a compimento. Per riconoscere il carisma specifico di una nuova fondazione, e quindi anche dell’Opus Dei, è necessario riflettere sulla sua missione, così come è stata delineata dal suo fondatore.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che la missione dell’Opus Dei precede la sua configurazione istituzionale. In linea di principio, questa missione è compatibile con diverse forme istituzionali canoniche, presenti o future, purché permettano di mettere in pratica ciò che Dio ha chiesto al suo fondatore: cercare la santità e la pienezza della filiazione divina in mezzo al mondo, mediante l’esercizio del lavoro ordinario, ordinando a Dio tutte le attività umane, trasformandole per dare loro la forma Christi.
Infine, comprendere e approfondire la missione dell’Opus Dei è un compito in un certo senso inesauribile, semplicemente perché si tratta di un fatto autenticamente teologico che ha Dio come autore. È una missione aperta sulla storia e alimentata dallo Spirito Santo creatore, e pertanto capace di informare epoche e situazioni diverse: si tratta di un carisma che, nel corso della storia, sarà incarnato da moltitudini di persone in situazioni molto diverse. La dimensione pneumatologica di una missione fa sì che il modo di essere e di vivere di coloro che la incarnano possa definirsi come uno spirito più che come lettera. Per questo motivo, l’Opus Dei ha uno spirito, lo spirito dell’Opera.
Approfondire il significato di questa missione e di questo spirito, così come san Josemaría lo vide nella sua meditazione personale e lo trasmise nella sua predicazione, sarà l’oggetto del prossimo articolo.