“Tra le righe” della propaganda atea scopre la fede e la vocazione

Alexey Yandushev-Rumiantsev è nato a Pietroburgo (all’epoca Leningrado) 33 anni fa, in una famiglia ortodossa. All’età di 15 anni viene battezzato e a 16 entra nella chiesa Cattolica. Oggi è diacono e trascorre un periodo di studio in Italia prima dell’ordinazione sacerdotale.

Come hai scoperto la tua vocazione?

È una storia lunga. La mia famiglia è ortodossa ma non molto praticante. Quando nacqui, nel 1973, mio padre lavorava da poco per una catena di supermercati e temeva che – data la situazione nella Russia dell’epoca – se mi avesse fatto battezzare, lui e l’intera famiglia avrebbero potuto averne un danno: in pratica poteva essere compromessa la sua carriera o indebolire la sua pozione al lavoro. Chi chiedeva il battesimo in quel periodo doveva lasciare il numero di passaporto e l’informazione veniva poi trasmessa alla autorità politiche. Allora decisero di non battezzarmi.

Quindi nessuna istruzione religiosa in famiglia …

I miei credevano in Dio, ma non fecero nulla di speciale per darmi una formazione cristiana; più che altro seguivano la tradizione: potevano andare in chiesa qualche volta durante l’anno, in casa avevamo immagini sacre che rispettavamo, nulla di più.

Come ti sei avvicinato allora alla religione?

All’età di 12 anni ho cominciato ad interessarmi per conto mio alla fede. Pensavo che ci fosse qualcuno, non qualcosa, … qualcuno a cui far risalire tutto. Mi capitò tra le mani una rivista pubblicata dalla Società Ateistica dell’Unione Sovietica che aveva per titolo “La Scienza e la Religione”. Si trattava di una rivista che nessuno leggeva mai – la copertina e l’interno erano intonsi – ma che toccava un tema per me molto interessante. Intuii che quella era l’unica strada per sapere di più di religione. Mi abbonai e per 5 anni lessi “tra le righe” ciò che si raccontava in quella rivista.

Cosa intendi per leggere “tra le righe”?

A me interessava la religione non le tesi della rivista, quindi anche se gli articoli erano scritti in una prospettiva atea, in realtà si citavano le scritture, si parlava della Chiesa e di Gesù Cristo. Poiché non era possibile procurarsi altre fonti, facevo con quello che avevo. Cominciai a pensare che se di qualcosa o di qualcuno si parlava molto male, forse quella cosa o quelle persone non erano poi così male.

È così che conobbi anche l’Opus Dei, se ne parlava molto male in un libro, assieme ai Cavalieri di Malta. Dell’Opus Dei si diceva che era una organizzazione pericolosa, se ne descriveva la nascita e alla fine si dava persino l’indirizzo della sede in cui viveva il suo capo. E io decisi di scrivere per avere altre informazioni – ma questo avvenne dopo, quando ero già cattolico –.

Non male come spirito critico in un adolescente…

Guardando indietro riconosco che il Signore mi guidava in questo percorso. Sapevo che di questi temi non si poteva parlare liberamente, tant’è che non ne parlavo con nessuno, ma l’interesse cresceva. Quando avevo ormai 15 anni dissi a mio padre che volevo essere battezzato nella chiesa ortodossa. Lui non ebbe nulla in contrario e trovò comunque il modo di farmi battezzare segretamente, da un suo amico sacerdote che faceva il meccanico a Leningrado ma che officiava in una parrocchia della periferia.

E la Chiesa Cattolica …

Poiché se ne parlava male ero deciso a conoscerla. Sull’elenco del telefono trovai l’indirizzo della comunità cattolica di Pietroburgo, ma la chiesa era sempre chiusa. Dopo vari tentativi entrai in contatto con la comunità ma il sacerdote sulle prime era sospettoso perché pensava che fossi una giovane spia del KGB. In effetti all’epoca le spie c’erano. Dopo un certo periodo che mi vedeva frequentare la chiesa facemmo un appuntamento: io dovevo seguirlo dopo la messa e in una zona molto lontana dalla chiesa potemmo parlare a lungo. Nel 1989 la situazione politica era più distesa seppur ancora poco chiara; io comunque chiesi – dopo un periodo di formazione – di entrare in piena comunione con la chiesa cattolica. Avevo 16 anni.

E poi che cosa avvenne?

Finii le superiori, mi iscrissi all’università e contemporaneamente cominciai a studiare presso il Collegio Cattolico San Tommaso d’Acquino, storia della Chiesa e filosofia. Finalmente potevo avere una formazione lineare. È in quel periodo che entrai in contatto con persone dell’Opera di Helsinki, grazie alle lettera che avevo scritto in inglese a Viale Bruno Buozzi (ndr sede centrale dell’Opus Dei).

Che impressioni avesti dell’Opus Dei?

Molto buona. Persone che non fanno “propaganda” ma che in modo molto semplice e profondo trasmettono il senso della vita cristiana. In Russia abbiamo molto bisogno di scoprire il Vangelo del lavoro, trovare Dio nell’ordinarietà delle cose ben fatte. Sono convinto che l’Opera potrà fare un gran bene alla mia gente. Mi piace l’idea della formazione costante e noi ne abbiamo un gran bisogno. Tra l’altro ora nella mia parrocchia a Tsarskoje Selo ci sono due sacerdoti della Società Sacerdotale della Santa Croce che vengono dalla Spagna e che io vedo spesso quando sono a casa, per cui nel tempo la mia conoscenza dell’Opera è andata crescendo – come è avvenuto anche qui in Italia a Firenze e a Roma –.

Come hai deciso di entrare in seminario?

Anche se non ne avevo mai parlato con nessuno, era un’idea che avevo in testa da tempo. Ma pensavo anche che non ce l’avrei fatta, che non avevo le caratteristiche per una dedicazione così impegnativa. Avevo finito gli studi ed ero stato un anno all’estero per studiare la fenomenologia filosofica in Liechtenstein e avevo cominciato a lavorare. Fu un sacerdote che mi chiese quasi per caso se non avessi pensato al sacerdozio, mi disse proprio: “Vuoi essere sacerdote?” Io risposi subito di no, ma poi quella notte non riuscii a dormire. Tornai a parlarne, vuotai il sacco, dissi che in realtà ci avevo pensato a lungo ma che non mi sentivo degno e abbastanza forte. Mi spiegò che la forza la dà Dio e alla fine, nel 2000, entrai in seminario e l’anno prossimo, con l’aiuto del Signore, (2007) dovrei essere ordinato.