Toni Zweifel, ingegneria della santità

In occasione della chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di Toni Zweifel, Avvenire ha pubblicato un articolo su di lui, un uomo "che cercava un ideale meritevole di spenderci la vita". Riportiamo il testo integrale di Francesco Ognibene.

«La mia vita è stata una storia d'amore». Difficile immaginare parole più belle per congedarsi da questo mondo. A chi lo assisteva mentre la leucemia lo stava vincendo, a 51 anni appena, Toni Zweifel parlò di una vita felice, riuscita, piena. Quella che tutti desideriamo. La stessa che gli ha guadagnato la fama di santità e che ha spinto a proporne la beatificazione. Niente male per un ingegnere svizzero che visse nella più assoluta normalità la sua profonda fede cristiana, tra le aule universitarie al Politecnico di Zurigo, la formazione di nidiate di giovani (due dei quali diventati sacerdoti) nella residenza universitaria che diresse, l'impegno per la cooperazione internazionale nella Fondazione Limmat.

«La mia vita è stata una storia d'amore»

La santità cristiana - quella dei laici in mezzo al mondo che ci ha insegnato il Concilio - ha in Toni Zweifel un esempio da manuale. Tanto convincente da far condurre alla diocesi di Coira il processo canonico concluso il 2 luglio, con documenti e testimonianze che ora passano a Roma. Perché la storia di Toni è in grado di parlare a tanti. La sua origine è proprio in Italia, dove nasce nel 1938 in una famiglia giunta dalla Svizzera interna - Canton Glarona, protestante in cerca di lavoro nel Bresciano, un caso curioso di emigrazione al contrario.

Il nonno Federico fa fortuna e si mette in proprio aprendo un'azienda affidata alla conduzione del figlio Giusto, valdese, che sposa Antonia, di famiglia pugliese stanziata sul Garda. I natali di Toni sono a San Giovanni Lupatoto, gli studi fino alle superiori a Verona, poi il ritorno in Svizzera per studiare da ingegnere. È nelle aule del "Poli" di Zurigo che conosce la spiritualità laicale dell'Opus Dei: santo in mezzo al mondo, cosa c'è di più naturale ed entusiasmante per un giovane che cercava un ideale meritevole di spenderci la vita?

«dovevo andare oltre, amare veramente, superare con l'amore il mio egocentrismo, fare una scelta, impegnarmi seriamente»

«Arrivato al punto in cui avevo praticamente raggiunto tutto quello che mi ero prefissato, e pensando che in fondo avrei passato il resto della mia vita così, sottoposto alle stesse inclinazioni, alle stesse ambizioni, vidi chiaramente che quella non poteva essere la mia strada - scriverà anni dopo a san Josemaría Escrivá, che quel cammino di santità laicale aveva visto e aperto -: dovevo andare oltre, amare veramente, superare con l'amore il mio egocentrismo, fare una scelta, impegnarmi seriamente».

E Toni sceglie. Sceglie Dio, gli altri, i più poveri. Sceglie quell'orizzonte che parte dal centro dell'anima: «Lontano, laggiù, nell'orizzonte, sembra che il cielo si unisca alla terra. Non dimenticare che, dove veramente la terra e il cielo si uniscono, è nel tuo cuore di figlio di Dio». L'ingegnere l'avrà meditata tante volte questa frase di Escrivá che ha ispirato la sua vita come quella di tanti laici che nel mondo hanno trovato nella proposta cristiana dell'Opus Dei la propria strada nel mondo e dentro la Chiesa.

Toni sceglie. Sceglie Dio, gli altri, i più poveri.

Tutto senza nulla di appariscente. Un cristiano uguale a tanti, come emerge dalla biografia edita da Ares (Toni Zweifel. Un ingegnere sulle tracce di Cristo): «Di Toni mi colpì come praticava e viveva la fede - racconta don Arturo Cattaneo, sacerdote ticinese che lo conobbe come formatore di studenti a Zurigo -: si toccava con mano come quelle pratiche religiose avevano poi un riscontro nella vita quotidiana». Toni in fondo ci somiglia, e noi vorremmo somigliare a uno come lui.

Francesco Ognibene

Avvenire