Toccare le ferite con le mani

Michela insegna Scienze Infermieristiche all’Università Campus Bio-Medico di Roma e, a Santiago del Cile, ha partecipato a un incontro sulle cure palliative con i docenti dei corsi di laurea in Infermieristica delle Università che in tutto il mondo si ispirano al messaggio di san Josemaría.

Garantire una qualità di vita elevata anche nei momenti più difficili dell’esistenza è certamente una delle sfide più impegnative del nostro tempo, specialmente nel mondo dell’assistenza infermieristica. Lo ha imparato Michela nella sua esperienza di infermiera e ricercatrice nelle Scienze Infermieristiche all’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Un incontro internazionale

Per Michela, di ritorno da un incontro internazionale a Santiago del Cile con docenti di Infermieristica di tutto il mondo sulle cure palliative, queste ultime sono “l’essenza dell’infermieristica”.

L’esigenza dell’incontro, ma che muove anche l’attività di ricerca di Michela, è quella di sondare possibilità alternative alla “cultura dello scarto” di cui parla spesso papa Francesco. Cercando piuttosto di trovare strade per garantire, nell’ultimo periodo della vita, il sostegno fisico e umano migliori possibili.

Iniziative come questa servono a cercare alternative alla "cultura dello scarto" di cui parla papa Francesco

Molte malattie allo stadio terminale, infatti, provocano enormi sofferenze nel corpo e nell’anima delle persone che ne soffrono, tanto da sollevare in molti interrogativi e dubbi su quanto valga la pena o se sia possibile vivere in questo modo.

La risposta di Michela, e il tema centrale dell’incontro a Santiago, è che con il giusto sostegno non solo è possibile, ma che c’è una dignità nella persona del malato che deve essere sempre messa al centro.

L’essenza dell’infermieristica

Nel caso delle malattie terminali l’obiettivo di un’equipe che si vuole occupare di cure palliative «non è più guarire dalla malattia, perché non si può», ma «è far passare al malato tutti i giorni, mesi o anche anni che gli rimangono nel miglior modo possibile».

È questa in effetti l’«essenza dell’infermieristica» di cui parlavamo sopra: «far stare bene la persona» anche quando, dal punto di vista della terapia non si può fare più nulla.

Questo tema è stato anche al centro della tesi di dottorato di Michela, nella quale ha voluto offrire una prospettiva nuova da adottare nei modelli assistenziali futuri: ovvero la riscoperta della dignità che si mantiene anche in condizioni di dipendenza, come nel caso di chi deve ricevere assistenza.

Secondo Michela l'essenza dell'infermieristica è far star bene la persona anche quando la sua salute non può migliorare

«Nella nostra società occidentale sono diventati molto centrali i concetti di autosufficienza, prestanza, produttività, indipendenza, il “non devo chiedere niente a nessuno”. Tanto che una persona dipendente da un’altra è sostanzialmente giudicata come fallita. Per cui ci si sente a disagio a dipendere dagli altri e c’è uno stigma riguardo la dipendenza».

Michela con il suo studio ha voluto ribaltare questa concezione, per svelare la dignità e anche la bellezza che si nasconde in un rapporto di dipendenza assistenziale.

In questo tipo rapporto (con il personale specializzato, con i volontari e con la propria famiglia che assiste) ci si scopre bisognosi degli altri tanto da reimparare a chiedere aiuto, quando magari non si era più abituati a farlo. In questo modo si apprende anche a mettere da parte l’orgoglio tipico di chi non vuole pesare sugli altri.

"la migliore ricompensa che ricevo è lo sguardo di gratitudine di un paziente quando compio un servizio"(Michela)

Ma non solo: chi si trova in questa condizione inizia a vedere meglio anche i propri bisogni e la felicità che deriva dal dare una mano. Per questo, conclude Michela, «la migliore ricompensa che ricevo è lo sguardo di gratitudine di un paziente quando compio un servizio. Non sempre lo dicono a parole, ma gli occhi dicono tutto».

Sull’esempio di papa Francesco e del beato Álvaro

«Dio si immischia nelle nostre miserie, si avvicina alle nostre piaghe e le guarisce con le sue mani; e per avere mani si è fatto uomo». In unameditazione nella cappella della Casa Santa Marta, papa Francesco parlava così del senso dell’Incarnazione.

Le parole di papa Francesco incorniciate nell'ufficio di Michela

Michela ha deciso di appendere il testo del discorso nella sala della presidenza del corso di laurea dove lavora, perché le parole del Papa «mi fanno pensare esattamente al lavoro dell’infermiere: una persona che si fa prossima e, con tenerezza, tocca le ferite del malato. E mi colpisce che Gesù abbia scelto di essere proprio come un infermiere, uno di noi».

Dio si immischia nelle nostre miserie, si avvicina alle nostre piaghe e le guarisce con le sue mani; e per avere mani si è fatto uomo (papa Francesco)

Oltre alle parole di papa Francesco «che mi danno molto sostegno» c’è anche altro a motivare Michela e i suoi colleghi. Si tratta di una statua di legno della Madonna, «che ci ha regalato proprio il beato Álvaro del Portillo» nel giorno della prima inaugurazione del corso di laurea di Infermieristica. «Ci sono molto affezionata perché non ha avuto più modo di partecipare a questo tipo di occasioni, visto che di lì a poco sarebbe morto».

La statua della Madonna regalata dal beato Álvaro per l'inaugurazione del corso di laurea in Infermieristica

Insieme nella cura

Dopo l’estate 2019, all’Università Campus Bio-Medico prenderà il via “Insieme nella cura”, il progetto di una nuova unità di cure palliative che vedrà impegnata anche Michela.

«Dovrà essere – afferma Michela – un luogo dove vivere e non un luogo dove si va a morire, come alcuni credono in un primo momento». Come Michela, infatti, chi ha lavorato con lei a questo progetto crede molto in questa idea, tanto che «in un primo momento, ci si era anche scordato di includere la camera mortuaria! In fondo è un lapsus che fa parte della mentalità!”.