​Tempo di Avvento: Preparare la venuta del Signore

Il Signore non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. L’Avvento è un tempo nel quale la Chiesa chiama i suoi figli a vigilare, a rimanere svegli per accogliere Cristo che passa, Cristo che viene. Editoriale su questo tempo dell’anno liturgico.

Tempo di Avvento: Preparare la venuta del Signore

«O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli». Queste parole della preghiera colletta della prima domenica d’Avvento illuminano con grande efficacia il carattere peculiare di questo tempo con il quale si dà inizio all’Anno liturgico. Facendo eco al comportamento delle vergini prudenti della parabola evangelica, che seppero tenere da parte l’olio per le nozze dello Sposo[1], la Chiesa invita i suoi figli a vigilare, a rimanere svegli per accogliere Cristo che passa, Cristo che viene.

Tempo di presenza

Il desiderio di andare incontro, di preparare la venuta del Signore[2], ci propone il termine greco parusia, che il latino traduce con adventus, da cui deriva la parola Avvento. Infatti adventus si può tradurre “presenza”, “arrivo”, “venuta”. Del resto non si tratta di una parola coniata dai cristiani: anticamente era usata in ambito profano per indicare la prima visita ufficiale di un personaggio importante – il re, l’imperatore o uno dei suoi funzionari – in occasione della sua presa di possesso. Poteva indicare anche la venuta della divinità, che rinuncia a nascondersi per manifestarsi con forza o che si celebra nel culto. I cristiani adottarono il termine per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re che invita a partecipare alla festa del suo Avvento tutti coloro che credono in Lui, tutti coloro che sono certi della sua presenza tra noi.

Quando dicevano adventus, i cristiani affermavano, semplicemente, che Dio è qui: il Signore non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non possiamo vederlo o toccarlo, come è possibile con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molti modi: nella lettura della Sacra Scrittura, nei sacramenti e in modo particolare dell’Eucaristia, nell’anno liturgico, nella vita dei santi, in tanti episodi più o meno prosaici della vita quotidiana, nella bellezza della creazione... Dio ci ama, conosce il nostro nome, tutto ciò che ci riguarda lo interessa ed è sempre presente accanto a noi. La certezza della sua presenza, che la liturgia dell’Avvento ci suggerisce con discrezione ma continuamente durante queste settimane, non fa intravedere ai nostri occhi una nuova immagine del mondo? “Questa certezza, che scaturisce dalla fede, fa sì che vediamo tutto ciò che ci circonda sotto una luce nuova e che, pur restando ogni cosa uguale, ci rendiamo conto che tutto è diverso, perché tutto è espressione dell’amore di Dio”[3].

Una memoria riconoscente

L’Avvento ci invita a fermarci, in silenzio, per intuire la presenza di Dio. Sono giorni in cui è bene considerare ancora una volta, con parole di san Josemaría, che “Dio ci sta vicino continuamente. Viviamo come se il Signore fosse lassù, lontano, dove brillano le stelle, e non pensiamo che è sempre anche al nostro fianco. E lo è come un Padre amoroso – vuole bene a ciascuno di noi più di quanto tutte le madri del mondo possano voler bene ai loro figli – per aiutare, ispirare, benedire... e perdonare”[4].

Se ci impregniamo di questa realtà, se la consideriamo spesso nel tempo di Avvento, ci sentiremo incoraggiati a rivolgergli la parola con fiducia nell’orazione, e poi molte volte durante la giornata; gli presenteremo le sofferenze che ci rendono tristi, l’impazienza e le domande che sgorgano dal nostro cuore. È questo il momento propizio perché cresca in noi la certezza che Egli ci ascolta sempre. «A te, Signore, elevo l’anima mia, Dio mio, in te confido: che io non sia confuso»[5].

Comprenderemo anche che la piega a volte inaspettata che prende una giornata è un gesto personalissimo che Dio ci rivolge, segno del suo sguardo attento su ciascuno di noi. Accade che di solito stiamo molto attenti ai problemi, alle difficoltà, e certe volte non ci rimangono neanche le forze per percepire tante cose belle e buone, che provengono dal Signore. L’Avvento è un tempo per considerare, più spesso, che Egli ci ha protetto, guidato e aiutato nelle vicissitudini della nostra vita; per lodarlo per tutto ciò che ha fatto e continua a fare per noi.

Questo rimanere svegli e vigilanti verso le attenzioni del nostro Padre del cielo, si condensa in atti di ringraziamento. Si crea così in noi una memoria del bene che ci aiuta anche nell’ora oscura delle difficoltà, dei problemi, dei malanni, del dolore. «La gioia evangelizzatrice – scrive il Papa – brilla sempre sullo sfondo della memoria grata: è una grazia che abbiamo bisogno di chiedere»[6]. L’Avvento ci invita a scrivere, per così dire, un diario interiore dell’amore di Dio per noi. “Immagino – diceva san Josemaría – che anche voi, come me, nel ripensare alle circostanze che hanno accompagnato la vostra decisione di impegnarvi a vivere pienamente la fede, sentiate profonda riconoscenza verso il Signore e siate sinceramente convinti – senza falsa umiltà – che non vi è stato alcun merito da parte vostra”[7].

Dio viene

Dominus veniet![8] – Dio viene! Questa breve esclamazione apre il tempo di Avvento e risuona in modo particolare in queste settimane, e poi durante l’intero anno liturgico. Dio viene! Non si tratta semplicemente del fatto che Dio sia venuto, di qualcosa che riguarda il passato; non è neppure un semplice annuncio che Dio verrà, in un futuro che potrebbe non avere eccessiva importanza per il nostro presente. Dio viene: si tratta di un’azione sempre in atto; sta accadendo, accade ora e continuerà ad accadere con il trascorrere del tempo. In ogni momento, “Dio viene”: in ogni istante della storia il Signore continua a dire: «il Padre mio opera sempre e anch’io opero»[9].

L’Avvento ci invita a prendere coscienza di questa verità e ad agire in conformità. «è ormai tempo di svegliarvi dal sonno»; «vegliate [...] in ogni momento»; «quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!»[10]. Sono richiami della Sacra Scrittura nelle letture della prima domenica di Avvento, che ci ricordano le continue venute, adventus, del Signore. Non ieri, non domani, ma oggi, ora. Dio non sta soltanto in cielo, disinteressandosi di noi e della nostra storia; in realtà Egli è il Dio che viene. Un’attenta meditazione dei testi della liturgia dell’Avvento ci aiuta a prepararci a fare in modo che per noi la sua presenza non passi inosservata.

Per i Padri della Chiesa la “venuta” di Dio – continua e, per così dire, connaturale con la sua stessa natura – si concentra nelle due principali venute di Cristo: quella della sua incarnazione e quella del suo ritorno glorioso alla fine della storia[11]. Il tempo d’Avvento si svolge tra questi due poli. Nei primi giorni si sottolinea l’attesa dell’ultima venuta del Signore alla fine dei tempi. Poi, man mano che si avvicina il Natale, si va facendo strada la memoria dell’avvenimento di Betlemme, nel quale si riconosce la pienezza del tempo. «Per queste due ragioni l’Avvento ci si manifesta come tempo di un’attesa di pietà e di gioia»[12].

Il prefazio I dell’Avvento sintetizza questo duplice motivo: «Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana Egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via all’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa»[13].

Giorni di attesa e di speranza

Un carattere fondamentale dell’Avvento, dunque, è quello dell’attesa; ma un’attesa che il Signore viene a trasformare in speranza. L’esperienza dimostra che noi passiamo la vita nell’attesa: quando siamo bambini vogliamo crescere; durante la gioventù aspiriamo a un grande amore, che ci soddisfi; quando siamo adulti cerchiamo di realizzarci nella professione, il successo determinante per il resto della nostra vita; quando raggiungiamo l’età avanzata aspiriamo al meritato riposo. Eppure, quando queste speranze trovano compimento, o anche quando naufragano, ci rendiamo conto che questo, in realtà, non era tutto. Abbiamo bisogno di una speranza che vada oltre ciò che possiamo immaginare, che ci sorprenda. Così, benché esistano speranze più o meno piccole che giorno dopo giorno ci mantengono in cammino, in realtà, se non ci fosse la grande speranza – quella che nasce dall’Amore che lo Spirito Santo ha riversato nel nostro cuore[14] e aspira a questo Amore –, tutte le altre non basterebbero.

L’Avvento è un invito a domandarci: che cosa aspettiamo? Qual è la nostra speranza? O, meglio ancora, che senso ha il mio presente, il mio oggi e adesso? «Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso – diceva Benedetto XVI – l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto. Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa rende il presente più prezioso»[15].

Un presepe per il nostro Dio

Il nostro tempo presente ha un senso perché il Messia, atteso da secoli, nasce a Betlemme. Insieme a Maria e a Giuseppe, con l’assistenza dei nostri Angeli Custodi, lo aspettiamo con rinnovata gioia. Venendo tra noi, ci offre il dono del suo amore e della sua salvezza. Per i cristiani la speranza è stimolata da una certezza: il Signore è presente durante tutta la nostra vita, nel lavoro e negli impegni quotidiani; rimane con noi e un giorno asciugherà le nostre lacrime. Un giorno, non troppo lontano, tutto troverà compimento nel regno di Dio, regno di giustizia e di pace. «Il tempo d’Avvento ci restituisce l’orizzonte della speranza che non delude perché è fondata sulla Parola di Dio. Una speranza che non delude, semplicemente perché il Signore non delude mai»[16].

L’Avvento è un tempo di presenza e di attesa dell’eterno; un tempo di gioia, di un’intima gioia che niente può eliminare: «Vi vedrò di nuovo – promette Gesù ai discepoli – e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia»[17]. La gioia dell’attesa è una disposizione tipicamente cristiana, che vediamo raffigurata nella Santissima Vergine, che dal momento dell’Annunciazione «attese [...] con ineffabile amore»[18] di madre la venuta del Figlio, Gesù Cristo. Perciò anche lei ci insegna ad aspettare senza ansie l’arrivo del Signore, nel frattempo preparandoci interiormente a questo incontro, con l’aspirazione di “costruire con il cuore un presepe per il nostro Dio”[19].

Juan José Silvestre


[1] Cfr. Mt 25, 1 ss.

[2] Cfr. 1 Ts 5, 23.

[3] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 144.

[4] San Josemaría, Cammino, n. 267.

[5]Messale Romano, I Domenica d’Avvento, Antifona d’ingresso. Cfr. Sal 24 [25], 1-2.

[6] Papa Francesco, Es. ap. Evangelii Gaudium, 24-XI-2013, n. 13.

[7] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 1.

[8] Cfr. Messale Romano, Feria III delle settimane I-III di Avvento, Antifona d’ingresso. Cfr. Zc 14, 5.

[9]Gv 5, 17.

[10]Rm 13, 11; Lc 21, 36; Mc 13, 37.

[11] Cfr. San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 15, 1: PG 33, 870 (II Lettura dell’Ufficio di Letture della I Domenica di Avvento).

[12] Calendario Romano, Norme universali sull’anno liturgico e sul calendario, n. 39.

[13]Messale Romano, Prefazio I d’Avvento.

[14] Cfr. Rm 5, 5.

[15] Benedetto XVI, Omelia, Vespri per l’inizio del Tempo di Avvento, 28-XI-2009.

[16] Papa Francesco, Angelus, 1-XII-2013.

[17] Gv 16, 22.

[18]Messale Romano, Prefazio II d’Avvento.

[19] San Josemaría, note di una meditazione, 25-XII-1973 (AGP, biblioteca, P09, p. 199). Pubblicato in Álvaro del Portillo, Caminar con Jesús. Al compás del año litúrgico, Ed. Cristiandad, Madrid 2014, p. 21.