«Sono venuto a portare il fuoco»: san Josemaría e i giovani

“Accendere [nei giovani] il fuoco di Cristo... Questo sì, questo io lo sento: per questo io ho la vocazione”. Così scriveva san Josemaría sul suo desiderio di avvicinare i giovani al Signore. In questo articolo si parla di questo impegno, che può servire da ispirazione.

Cinque anni fa, la sera di sabato 27 luglio, quasi tre milioni di persone si radunarono a Copacabana. Attraverso gli schermi giganti distribuiti lungo la spiaggia, si vedeva papa Francesco che indicava con il dito ognuno dei suoi ascoltatori: A voi, a voi, a voi...[1] Tutti chiamati a essere santi. Anche i giovani. In quei giorni si stava svolgendo la Giornata Mondiale della Gioventù, però questa preoccupazione del Papa è sempre stata una costante: ogni volta che si presenta l’occasione, li incoraggia a mettersi in gioco e a permettere che Gesù entri nel loro cuore, ad andare controcorrente, a sognare senza paura, ad abbandonare la poltrona, la comodità che può offrire la TV o le false illusioni di felicità, a mettersi le scarpe ed essere viandanti della fede[2].

Papa Francesco incoraggia i giovani a sognare senza paura e ad abbandonare la poltrona

Già in uno dei suoi primi documenti affermava che i giovani ci chiamano a risvegliare e accrescere la speranza, perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale[3]. La gioventù porta sempre con sé cose nuove. E, con ciò, speranza.
Queste parole – novità, speranza – ci fanno ricordare alcuni dettagli delle attività di san Josemaría quando era un giovane sacerdote. Non aveva neppure trent’anni, ma aveva già ricevuto da Dio una luce che lo spingeva a fare l’Opus Dei. Non aveva nulla. Soltanto un fuoco che gli ardeva interiormente, che cercava di espandere in coloro che gli stavano vicino. E aveva anche la convinzione che per far questo non gli sarebbe mancato l’aiuto di Dio. Ignem veni mittere in terram (Lc 12, 49), ripeteva continuamente in quegli anni: Sono venuto a portare il fuoco[4].

Il colore della speranza

San Josemaría riteneva di dover dare priorità a cercare di accendere la luce di Cristo nei giovani

Gli anni trenta erano tempi difficili a Madrid. Erano tempi di persecuzione religiosa. Accadeva spesso che i sacerdoti fossero insultati per la strada ed erano frequenti i tentativi per eliminare qualsiasi manifestazione pubblica dei cattolici. San Josemaría riteneva, allora, di dover dare priorità a cercare di accendere la luce di Cristo nei giovani, in persone che potessero essere il futuro della Chiesa e anche dell’istituzione che Dio lo aveva chiamato a fondare.
Stava riflettendo su come organizzare un gruppo con alcuni universitari, sotto quale nome riunirsi, che tipo di associazione avrebbe potuto formare. In maniera simbolica, gli veniva in mente una immagine: una croce verde. Dopo aver letto gli appunti di san Josemaría di quell’epoca, don Álvaro dava questa spiegazione: Croce, perché era il giorno della Santa Croce e anche perché pensava alla croce di san Pietro; e verde, il colore della speranza, perché la gioventù è la speranza della Chiesa, dell’Opera[5].

Non esisteva ancora nessun gruppo di giovani, ma soltanto l’aspirazione di aiutare molte persone a trovare Gesù; e c’era san Josemaría che già pregava per loro. Fin dall’inizio decise di chiedere aiuto alla Vergine Maria, sotto una invocazione ben precisa: quella di nostra Signora della Speranza[6].


Stampe e camminate

Trascorsero circa sei mesi, finché sabato 21 gennaio 1933 tenne una prima riunione in un orfanotrofio, dove san Josemaría insegnava abitualmente il catechismo ai bambini abbandonati e li confessava. Quel giorno vennero soltanto tre universitari, ma in loro nostro Padre vide il germe delle tante migliaia di giovani che oggi frequentano gli incontri di formazione cristiana offerti dall’Opus Dei in tutto il mondo. In quell’anno accademico, sino alla fine di maggio, si riunirono quasi tutti i mercoledì. Il gruppo crebbe fino ad aggirarsi intorno ai nove presenti. L’ultimo incontro avvenne il 17 maggio[7]. Quel giorno – con l’intesa che avrebbero mantenuto il loro rapporto con Dio anche durante l’estate – san Josemaría regalò ad ognuno una immaginetta di Cristo crocifisso, appoggiato sul mappamondo; l’impegno era che i giovani recitassero tutti i giorni ciò che il giovane sacerdote aveva scritto sul retro.
Lo racconta egli stesso: “Nel congedarmi da quelli di san Raffaele, regalai loro una immaginetta dell’Amore Misericordioso, sulla quale avevo scritto le seguenti invocazioni che i ragazzi si sono impegnati a recitare ogni giorno: Santa Maria, Speranza nostra, Sede della sapienza, prega per noi. San Raffaele, prega per noi. San Giovanni, prega per noi[8]”.

Due giorni prima, il 15 maggio 1933, un piccolo gruppo di bambini che nostro Padre aveva preparato nei mesi precedenti, aveva ricevuto la prima Comunione[9]. Mai, dagli anni in cui era seminarista a Saragozza, aveva tralasciato il compito di trasmettere la dottrina cristiana ai più piccoli: nei quartieri poveri, nelle scuole, nelle istituzioni religiose e anche – come in questo caso – in case private. E invitava tutti i giovani che conosceva – anche in tempi politicamente complicati – a fare lo stesso, dato che trasmettere l’essenziale della fede cristiana ha sempre richiesto un impegno sia per comprenderla sempre meglio, sia per conoscere a fondo la situazione delle altre persone.

san Josemaría faceva in modo di portare alcune stampe che spiegassero ai bambini il significato dei comandamenti o l’origine dei sacramenti, raccontava episodi della vita di Gesù

Per esempio, nella casa dei Sevilla González san Josemaría faceva in modo di portare alcune stampe che spiegassero ai bambini il significato dei comandamenti o l’origine dei sacramenti, raccontava episodi della vita di Gesù, tirava fuori alcune vicende della propria vita, ecc.[10] Non si limitava alla esposizione sistematica di un insieme di idee, ma partiva dagli interessi e dai dubbi di quanti lo ascoltavano.

San Josemaría rimaneva ancora per qualche tempo nell’aula, e questo dava occasione di imbastire animate discussioni con i suoi alunni

Anche i suoi alunni all’Accademia Cicuéndez, nei primi anni che san Josemaría visse a Madrid, affermano le stesse cose. Nel pomeriggio, per guadagnare un po’ di denaro, impartiva lezioni di diritto canonico e di diritto romano. Assistevano alle lezioni circa dieci persone per corso. Al termine della giornata, il giovane sacerdote, di proposito, rimaneva ancora per qualche tempo nell’aula, e questo dava occasione di imbastire animate discussioni con i suoi alunni[11].
Ognuno esprimeva i propri dubbi, non soltanto sulle cose imparate nella lezione, ma sulla vita in generale. Alcuni ricordano che, a fine pomeriggio, essi spesso accompagnavano san Josemaría fino a casa sua, in lunghe camminate durante le quali erano i giovani a scegliere gli argomenti della conversazione.

Testo manoscritto di san Josemaría: “Santa Maria, speranza nostra, sede della Sapienza, prega per noi. San Raffaele, prega per noi. San Giovanni, prega per noi. Maggio 1933”.

Questo sì!

Il 2 dicembre 1931 san Josemaría scrive nei suoi appunti personali una nota che si riferisce alle lezioni che impartiva. Conclude che, benché sia costretto a farlo per necessità economiche, non è soddisfatto se si limita soltanto alle lezioni. Sente la necessità di andare oltre: di essere santo mentre le impartisce. E soprattutto sente l’impulso di invitare gli altri a esserlo anche loro. San Josemaría aveva ventinove anni. I suoi alunni, qualcuno di meno.
Dice così: “Insegnare di tutto: dal diritto fino... all’algebra, perché, altrimenti, non so come... Questo è stato certe volte la realtà della mia vita: io non lo sento, non ho vocazione per questo. Ora, uno, due..., tre rami del Diritto ai giovani che vogliono imparare, e ai quali si può accendere, nel frattempo, il fuoco di Cristo... Questo sì: questo io lo sento, per questo io ho la vocazione”[12].

San Josemaría, in quel periodo, aveva soltanto sogni. Del resto, quando aveva poco più di vent’anni, alcuni che si accorgevano delle sue grandi aspirazioni lo chiamavano il sognatore[13]. Però ebbe la forza di mettersi a disposizione del Signore per realizzarli. È la stessa cosa alla quale Papa Francesco invitava circa 70 mila giovani italiani lo scorso mese di agosto. L’appuntamento era fissato al Colosseo, dove si erano radunati, provenienti da varie diocesi, due mesi prima del Sinodo sui giovani. Diceva: Questo è il lavoro che voi dovete fare: trasformare i sogni di oggi nella realtà del futuro, e per questo ci vuole coraggio[14]. E concludeva dicendo: I sogni dei giovani sono i più importanti di tutti. Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato; non potrà capire la vita, la forza della vita. I sogni ti svegliano, ti portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità[15].


[1] Papa Francesco, Veglia di preghiera con i giovani, 27-VII-2013.

[2] Es. ap. Evangelii Gaudium, n. 106.

[3] Ibid., n. 108.

[4] Cfr. Pedro Rodríguez, Camino. Edición crítico-histórica, Rialp, p. 900.

[5]Crónica 1985, p. 604.

[6] José Luis González Gullón, DYA. La Academia y Residencia en la historia del Opus Dei, Rialp, p. 68.

[7] SetD (6) 2012, p. 402.

[8]Apuntes íntimos, n. 1029, citato in SetD (3) 2009, p. 169.

[9] SetD (3) 2009, p. 310.

[10] Cfr. José Luis González Gullón, DYA. La Academia y Residencia en la historia del Opus Dei, Rialp, p. 81.

[11] Cfr. SetD (3) 2009, p. 328.

[12]Apuntes íntimos, n. 441, 2-XII-1931, in Pedro Rodríguez, Camino. Edición crítico-histórica, Rialp, p. 901.

[13] Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei, Leonardo International, vol. I, p. 141.

[14] Papa Francesco, Veglia di preghiera con i giovani, 11-VIII-2018.

[15] Ibid.