Secondo il Papa, la comprensione tra i popoli implica il rispetto dei loro simboli religiosi

Nel contesto della crisi internazionale provocata dalle vignette su Maometto, Benedetto XVI ha spiegato che la comprensione tra i popoli implica il rispetto dei loro simboli religiosi. “L’amore di Dio è la vera forza che rinnova il mondo”.

“Nel contesto internazionale che viviamo in questo momento, la Chiesa cattolica continua ad essere convinta del fatto che per favorire la pace e la comprensione tra i popoli e gli uomini è necessario e urgente che le religioni e i loro simboli vengano rispettati”, ha affermato. Questo, ha aggiunto, implica “che i credenti non siano oggetto di provocazioni che feriscano la loro vita e i loro sentimenti religiosi”.

Il Santo Padre ha compiuto questa analisi ricevendo le lettere credenziali di Ali Achour, nuovo ambasciatore del Marocco, Paese che – come ha riconosciuto – vuole impegnarsi nel “consolidamento del dialogo tra le civiltà, le culture e le religioni”. Allo stesso tempo, il Vescovo di Roma ha chiarito che “l’intolleranza e la violenza non possono mai giustificarsi come risposta alle offese, perché non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione”.

Per questo motivo, ha indicato, bisogna “deplorare le azioni di quanti approfittano deliberatamente dell’offesa arrecata ai sentimenti religiosi per fomentare atti violenti, tanto più se hanno luogo con fini estranei a quelli della religione”. Benedetto XVI ha indicato che “per i credenti, come per tutti gli uomini di buona volontà, l’unica via che può condurre alla pace e alla fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose degli altri”. Il Vescovo di Roma ha chiesto che questo rispetto venga garantito “in modo reciproco in tutte le società”, di modo che “si assicuri a ciascuno l’esercizio della religione liberamente scelta”.

Lo stesso giorno, in un’altra udienza, il Papa ha sottolineato come la promozione del dialogo tra credenti di religioni diverse, soprattutto tra cristiani e musulmani, favorisce la libertà religiosa. E’ questa la constatazione espressa questo lunedì ricevendo in udienza i Vescovi della Conferenza Episcopale di Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau che concludevano la loro visita quinquenale “ad limina apostolorum” al Papa e ai suoi collaboratori della Curia romana.

Il Papa ha incoraggiato i presuli a vivere il loro ministero collaborando “con gli uomini e le donne che non condividono la fede cristiana, soprattutto con i musulmani”, particolarmente numerosi in alcuni di questi Paesi. “Gli sforzi compiuti per un incontro nella verità di credenti di tradizioni religiose diverse contribuiscono alla realizzazione concreta dell’autentico bene delle persone e della società”, ha osservato. Secondo il Vescovo di Roma, “è un dovere approfondire sempre di più i rapporti fraterni tra le comunità per favorire uno sviluppo armonioso della società, riconoscendo la dignità di ogni persona e permettendo a tutti il libero esercizio della loro religione”.

La domenica durante il suo intervento prima di recitare l’Angelus, il Papa ha fatto ricorso all’intercessione mariana “affinché ogni uomo si apra all’amore misericordioso di Dio, e così la famiglia umana possa essere sanata in profondità dai mali che l’affliggono”.

Benedetto XVI ha pronunciato queste parole davanti a più di 30.000 fedeli e pellegrini accorsi all’appuntamento domenicale – diffuso a livello internazionale da radio e televisione – in piazza San Pietro in Vaticano. Il Santo Padre si è concentrato sul desiderio di Gesù di guarire il cuore dell’uomo e per questo ha spiegato il brano evangelico della liturgia eucaristica di questa domenica, relativo alla guarigione di un paralitico (cfr. Mc 2, 1-12). Gesù ha detto “al paralitico: ‘Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati’”, un modo di agire che “mostra di voler guarire prima di tutto lo spirito”, perché solo dopo, “per dimostrare l’autorità conferitagli da Dio di rimettere i peccati, aggiunge: ‘Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua’”, ha sintetizzato. “Il messaggio è chiaro – ha riconosciuto Benedetto XVI –: l’uomo, paralizzato dal peccato, ha bisogno della misericordia di Dio, che Cristo è venuto a donargli, perché, guarito nel cuore, tutta la sua esistenza possa rifiorire”.

Il Papa ha segnalato nel paralitico del racconto evangelico l’“immagine di ogni essere umano a cui il peccato impedisce di muoversi liberamente, di camminare nella via del bene, di dare il meglio di sé”. “Il male, annidandosi nell’animo, lega l’uomo con i lacci della menzogna, dell’ira, dell’invidia e degli altri peccati, e a poco a poco lo paralizza”, ha constatato. Anche “l’umanità – ha aggiunto – porta i segni del peccato, che le impedisce di progredire speditamente in quei valori di fraternità, di giustizia, di pace che pure si è proposta in solenni dichiarazioni”.

Consapevole del fatto che le cause della paralisi in questo cammino dell’umanità sono molteplici e complesse, il Papa ha invitato a credere e a confidare nel fatto che “solo Gesù può guarire veramente”. “Solo l’amore di Dio può rinnovare il cuore dell’uomo, e solo se guarisce nel cuore l’umanità paralizzata può rialzarsi e camminare – ha sottolineato –. L’amore di Dio è la vera forza che rinnova il mondo”. “Condurre gli uomini del nostro tempo a Cristo Redentore perché, per intercessione di Maria Immacolata, li potesse risanare” è “la scelta di fondo” di quanti hanno preceduto Benedetto XVI nel ministero petrino.

“Specialmente dell’amato Giovanni Paolo II”, ha sottolineato il Papa, il cui riferimento al suo immediato predecessore ha suscitato forti applausi tra la folla, riunita in una giornata di sole dalla temperatura quasi primaverile. “Anch’io ho voluto proseguire su questa strada”, ha affermato il Santo Padre. Per questo, “in modo particolare, con la prima Enciclica Deus caritas est, ho inteso additare ai credenti e al mondo intero Dio come fonte di autentico amore”, ha concluso.

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