Lettera n. 6 di san Josemaría Escrivá, sulle caratteristiche della vocazione all’Opus Dei e della sua missione evangelizzatrice al servizio della Chiesa

La lettera, designata anche dall’incipit "Sincerus est", è datata 11 marzo 1940 e fu inviata il 22 novembre 1966, anche se risulta che sia stata stampata già nel febbraio del 1963. Questa lettera, insieme ad altre tre, è stata pubblicata in italiano grazie alle Edizioni Ares, nel volume "Lettere (II)".

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Introduzione, a cura di Luis Cano

Il 22 maggio 1962 san Josemaría ricevette dalla Santa Sede una risposta negativa alla proposta di concedere all’Opus Dei una personalità giuridica diversa da quella di istituto secolare. Dopo un precedente del 1960, era il secondo tentativo fallito di chiarire la situazione dell’Opera che, a giudizio del fondatore, non era più inquadrabile tra gli istituti secolari.

È probabile che questa vicenda abbia accelerato la revisione e l’ultimazione delle Lettere di san Josemaría. È altresì probabile che nel 1962 stesse per terminare o avesse già terminato di elaborare ciò che chiamava il ciclo delle Istruzioni, altri scritti di natura istituzionale che stava rivedendo o completando. Poteva essere il momento opportuno per affrontare il ciclo successivo, quello delle Lettere, che desiderava concludere e dare alle stampe già da tanti anni. Probabilmente aveva ragione di credere che fosse urgente chiarire bene ai membri dell’Opus Dei la natura secolare della loro vocazione e spiegare loro perché la configurazione come istituto secolare fosse divenuta inadeguata a salvaguardarla, nel momento in cui non sembrava possibile ottenere a breve termine il cambiamento dello statuto giuridico dell’Opera.

Fece arrivare note esplicative a tutte le circoscrizioni e, contemporaneamente, mandò in tipografia questa Lettera (da quel che ci risulta, la prima a essere stampata), che tratta di vari aspetti della vocazione all’Opus Dei e della missione che ne deriva, soffermandosi in particolare sulla secolarità e sulla difformità dal modello della vita religiosa.

Ciò avveniva nel secondo semestre del 1962, ma la stampa non fu completata fino al febbraio 1963 e, per ragioni che ignoriamo, il fondatore preferì non distribuirla immediatamente alle regioni. Non sarebbe arrivata alle diverse circoscrizioni prima del novembre 1966, quando la maggior parte delle Lettere era già stata stampata e inviata.

San Josemaría non spiega nel testo a quali circostanze storiche faccia riferimento la data (11 marzo 1940) che vi appose. Sappiamo che in quei giorni mons. Leopoldo Eijo y Garay, vescovo di Madrid, gli chiese di presentare la richiesta di approvazione diocesana dell’Opus Dei. Il fondatore consultò alcuni esperti e dedicò impegno e preghiera a tale compito, per formulare la richiesta nel modo più adeguato. Produsse anche una serie di documenti in cui delineava le caratteristiche essenziali della vocazione dei membri dell’Opus Dei, ponendo in particolare risalto la secolarità. Anche se il lavoro ebbe termine nel febbraio dell’anno successivo, potrebbe aver scelto per la Lettera la data dell’11 marzo 1940 per metterla in relazione con quel momento particolare. L’approvazione diocesana fu concessa il 19 marzo 1941.

Contenuto della Lettera n. 6

Tratta di vari aspetti dello spirito dell’Opus Dei, che il fondatore esorta a vivere bene e che vuole presentare nella loro genuina semplicità. Perciò l’incipit Sincerus est nel testo latino. Come in parecchie delle sue Lettere, san Josemaría passa da un argomento all'altro, senza seguire uno schema rigido e tornando di tanto in tanto su qualcosa di cui ha già parlato «in modo apparentemente disordinato», come scrive in un’altra Lettera di questo volume (Cfr. Lettera n. 7, 25c.). C’è però un filo conduttore. Intende mostrare la specificità dello spirito che predica, le sue radici evangeliche e le sue analogie con la vita dei primi cristiani, per poi evidenziare le differenze con altre vocazioni e altri cammini nella Chiesa. Sottolinea, soprattutto, la secolarità di chi ne fa parte e altre caratteristiche, in parte comuni a qualsiasi vocazione, in parte proprie dell’Opus Dei, per il modo peculiare di viverle nell’Opera da lui fondata.

Per esempio, sebbene il senso della propria filiazione divina sia essenziale per tutti i cristiani, san Josemaría gli dà un’enfasi particolare, definendolo fondamento della vita spirituale nell’Opus Dei (2a). Si può anche dire che la missione dell’Opera è la stessa della Chiesa, dal momento che si propone di ricondurre tutte le cose a Cristo (2c), illuminando le persone con la luce di Dio (3b-3d). Tuttavia, nel caso dell’Opus Dei, la missione ha come obiettivo specifico le attività secolari (9a-9b). Un membro dell’Opus Dei è tale e quale un comune cristiano (9a-10c) e aspira a mettere Cristo al vertice di tutte le attività degli uomini (12a-12c). Rivolge una particolare attenzione al lavoro, che diventa il modo di farsi santo (13a-13d), e pratica un apostolato a tu per tu con le persone, in un clima di amicizia e di comprensione (14a-14b, 54a-55c, 64a-69b, 70a-72b). Tutto il suo agire è sostenuto da una disposizione contemplativa che conduce alla «unità di vita», alla coerenza, ed è contraddistinto da un caratteristico spirito di libertà (37c).

In vari momenti san Josemaría parla delle contraddizioni e delle difficoltà che l’Opus Dei ha incontrato sul suo cammino, a opera di chi non ha compreso ciò che al fondatore sembra uno spirito semplice e trasparente (17c-20d, 43a-45b). Confuta, in particolare, l’accusa di segretezza (56a-60b).

In tutta la sua esposizione risaltano l’identificazione con Cristo (11a-11d) e la chiamata a portare il Vangelo a tutta l’umanità. Per lui, l’evangelizzazione deve avvenire mediante un’amicizia piena di comprensione, promuovendo l’unità fra tutti e praticando la tolleranza e la transigenza nei confronti delle persone (54a-55c, 64a-69b, 70a-71c). Il buon esempio precede ogni cosa (51a-53c) e a completamento deve venire un’esposizione della dottrina cristiana confacente alla mentalità dei destinatari (47a-48c).

Altre virtù o caratteristiche che san Josemaría dice particolarmente amate nell’Opus Dei sono l’umiltà (4a-4c), l’unità nelle cose fondamentali e la diversità in quelle opinabili (27a-27d), la povertà (28a-28b), la gioia e la gratitudine a Dio (29a-29c) e la sincerità (61a-61c).

Più di una volta accenna anche alla necessità di trovare una configurazione giuridica adeguata alla specificità dello spirito che sta descrivendo (per esempio, 73a-75c).


Lettera n. 6 di san Josemaría Escrivá

1a Lo spirito dell’Opus Dei è semplice, candido, genuino. Trova fondamento nella Sacra Scrittura, ispirata da Dio che è infinitamente semplice e dice di essere il Dio vero[1], di essere veritiero[2], di essere la medesima Verità[3].

1b Oggi voglio ricordarvi alcuni punti e parlarvi di alcuni aspetti di questo nostro spirito, limpido e leale. Infatti, figlie e figli miei, il Signore ha acceso in me il vivo desiderio di rivolgermi spesso a voi e mi ha fatto comprendere molto bene le stupende parole dell’Apostolo Paolo ai Galati: filioli mei, quos iterum parturio, donec formetur Christus in vobis![4]; figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi.

1c Vorrei tanto che sapeste meditare e praticare fedelmente tutto quel che vi scrivo, perché si possa dire anche di voi, come dei primi cristiani, tutti hanno compreso queste norme divine: non solo, ma le hanno messe anche in pratica nelle città, in mezzo alle piazze, sulle vette delle montagne[5], ovunque.

2a Lo spirito dell’Opera ci instilla un profondo senso della nostra filiazione divina: carissimi, nunc filii Dei sumus[6]; carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio. Una felice verità che fa da fondamento a tutta la nostra vita spirituale riempie di speranza la nostra lotta interiore e la nostra attività apostolica; ci insegna a conoscere Dio nostro Padre e a trattarlo e ad amarlo con la fiduciosa semplicità dei bambini. Inoltre, proprio questa realtà della nostra filiazione divina ci fa amare e ammirare tutto ciò che è uscito dalle mani di Dio Padre e Creatore.

2b Figli miei, il mondo e tutte le creature del Signore sono buoni. La Sacra Scrittura ci insegna che, conclusa l'opera mirabile della Creazione, dato compimento al cielo e alla terra con la loro splendida corte di esseri[7], Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona[8].

2c Fu il peccato di Adamo a infrangere l’armonia divina della Creazione. Tuttavia, giunta la pienezza del tempo, Dio Padre mandò nel mondo il suo Figlio Unigenito a ristabilire la pace, a redimere l’uomo dalla colpa affinché adoptionem filiorum reciperemus[9], per farci figli di Dio, partecipi dell’intimità divina, e perché questo uomo nuovo, questo nuovo lignaggio dei figli di Dio[10], potesse liberare dal disordine l’intera creazione, riconducendo tutte le cose a Cristo[11], che le ha riconciliate con Dio[12].

2d Ecco, figli miei, a che cosa siamo stati chiamati. Ecco la nostra missione apostolica che, con il corredo di una spiritualità specifica e di una ascetica peculiare, si inquadra mirabilmente nell’unica missione di Cristo e della sua Chiesa.

2e Il Signore ci chiama a imitarlo – estote ergo imitatores Dei, sicut filii carissimi[13], fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi –, collaborando con umiltà e fervore al progetto divino di ricongiungere ciò che è spezzato, di salvare ciò che è perduto, di rimediare al disordine creato dall’uomo, di ricondurre al fine ciò che si svia: di ristabilire l’armonia divina di tutto il creato.

3a Vi ripeto con san Giovanni: videte qualem caritatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur et sumus[14]. Siamo chiamati e siamo realmente figli di Dio; fratelli, pertanto, del Verbo incarnato[15], di Cristo, di Colui del quale fu detto: in ipso vita erat, et vita erat lux hominum[16], in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini.

3b Figli della luce, fratelli della luce, ecco quello che siamo. Portatori dell’unica fiamma capace di illuminare i cammini terreni delle anime, dell’unico fulgore nel quale mai potranno darsi oscurità, ombre o penombre[17].

3c Et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt[18]; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Il Signore continua a inondare di luce gli uomini, una luminosità che è vita e calore di misericordia, perché Lui è carità, amore[19]. Egli fa di noi come torce, perché quello splendore illumini le anime e sia fonte di vita per tutti, dopo aver illuminato e riempito la nostra del fuoco delle ispirazioni divine[20].

3d Figlie e figli miei, dipende anche da noi che molte anime non restino più nelle tenebre e intraprendano il cammino che conduce alla vita eterna. Pertanto, davanti al vasto orizzonte che ci presenta la vocazione che il Signore ha voluto concederci nella sua benevolenza, mi vengono in mente le parole dell’apostolo Giovanni che dobbiamo ripetere a tante persone: quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo [...] perché la nostra gioia sia piena[21].

4a Dobbiamo ringraziare molto e di continuo della chiamata meravigliosa che abbiamo ricevuto da Dio, con una gratitudine sincera e profonda, unita strettamente all’umiltà che sarà, nell’anima di ognuno, la prima conseguenza della luce trasmessa dall’infinita misericordia del Signore: quid autem habes quod non accepisti?[22]; che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto da Dio?

4b Ma non basta: si dixerimus quoniam peccatum non habemus, ipsi nos seducimus, et veritas in nobis non est[23]; se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se invece siamo umili, veraci, le miserie dell’umana fragilità e le eventuali difficoltà non potranno mai impedire che la luce e l’amore di Dio dimorino in noi. Soltanto così ci comporteremo da figli fedeli della luce, oggetto della continua misericordia di Dio e strumenti efficaci della sua volontà.

4c L’umiltà alimenterà nella nostra anima e diffonderà tutto intorno a noi una grande fiducia: abbiamo un Paraclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo[24].

4d Umiltà e fiducia, figli miei, per poter scorgere il cammino indicatoci da Dio, comprenderlo rettamente, seguirlo lealmente. Una fedeltà così, piena e generosa, ci farà totalmente certi di aver trovato Gesù, di stare compiendo assieme a lui la volontà del Padre, della autenticità della nostra risposta filiale alla vocazione ricevuta.

4e Ascolteremo le parole di Paolo: che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità[25] di questo mistero: capiremo in tutte le sue dimensioni che cosa significa vivere con Cristo.

5a Non scordatevi che l’unità di vita, richiesta dalla chiamata all’Opera di Dio, esige molto spirito di sacrificio e una grande abnegazione. Percorriamo un cammino divino e dobbiamo seguire le orme di Cristo portando la nostra croce, la Santa Croce! Dio nostro Signore si attende che facciamo uno sforzo generoso, che ci sentiamo felicissimi di sacrificarci per cooperare alla realizzazione dell’Opera.

5b Riusciremo così a solcare con l’aratro molti campi di Dio, che non hanno ancora ricevuto il seme della salvezza. Vinceremo molte resistenze di persone che si oppongono a Gesù e alla sua Chiesa e altre che, purtroppo, talvolta provengono da alcuni che dicono di esserne amici e che invece cercano di mettere ostacoli alla libertà dei figli di Dio e all’avvento del suo Regno di carità, giustizia e pace. Con il proprio lavoro libero e responsabile ognuno di noi potrà rivitalizzare illustri istituzioni e ambienti cristiani che stanno agonizzando.

5c Sì, figli miei, vi assicuro che contribuiranno vigorosamente a illuminare il lavoro e la vita degli uomini con il divino splendore che il Signore ha voluto riversare nella nostra anima. Non dimenticate, però, che chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato[26]: prendere una strada che conduce sempre alla vittoria ma che passa sempre dal sacrificio.

6a Non mi propongo di esporre dettagliatamente in questa lettera le principali esigenze della nostra vocazione. Tuttavia, dal momento che ho seguito san Giovanni per parlarvi della necessità del sacrificio per compiere la volontà del Padre, permettetemi ora di ricordarvi l'insegnamento dell’apostolo ai primi cristiani, desiderosi anch'essi di sapere a che cosa li obbligasse la loro vocazione cristiana.

6b È un insegnamento attualissimo ed eterno che trae la sua autenticità dal Vangelo e, per grazia speciale di Dio, è ancora più evidente per noi grazie alla luce che il nostro profondo senso della filiazione divina effonde nella nostra anima: carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi[27].

6c Il nostro, figli miei, è un cammino di amore a Dio nostro Padre e di sincera, continua e fine carità fraterna. Dovete praticare sempre e in ogni circostanza la carità, perché anche l’amore del nostro Padre celeste è riversato incessantemente nei nostri cuori[28]. Uniti nella carità di Dio, consummati in unum[29], se vivremo il mandatum novum[30] del Signore, saremo luce e calore di Dio in mezzo agli uomini e forti come una città cinta di mura: frater qui adiuvatur a fratre quasi civitas firma[31], il fratello aiutato dal fratello è come una città fortificata.

7a Non mi soffermerò sulla meraviglia della carità soprannaturale e dell’autentico affetto umano che state vivendo con delicatezza sin dagli inizi dell’Opera: sono molti ad aver scoperto il Vangelo in questo calore cristiano della nostra famiglia, nella quale nessuno può sentirsi solo e soffrire l’amarezza dell’indifferenza.

7b Tuttavia, voglio che abbiate ben presente che l’amore di Cristo che ci possiede – caritas enim Christi urget nos[32] – ci invita a volere un bene sconfinato, dimostrato con opere di servizio[33], a tutti gli uomini, di qualunque origine, lingua, religione o etnia, seguendo l’ordine della carità ma senza fare distinzioni sulla base di un interesse personale, temporale o partitico (i nostri fini sono esclusivamente soprannaturali), poiché Cristo è morto per tutti, affinché tutti possano diventare figli di Dio e nostri fratelli.

7c Lavorando e insegnando agli altri a lavorare fraternamente, lealmente, gomito a gomito con tutti gli uomini, dimostreremo che la Santa Chiesa è una realtà viva, vivificata soprattutto dai suoi santi che non mancano mai in qualche porzione del Corpo Mistico.

7d Amore sincero per tutti gli uomini, prova indispensabile del nostro amore di Dio[34], e poi amore per il mondo in cui abitiamo, per tutte le realtà terrene oneste, che sono anch’esse amate da Dio[35]. Dimenticatevi pertanto della vostra piccolezza e della vostra miseria, figlie e figli miei, e volgete gli occhi e il cuore al fiume in piena di acque vive dell’Opera, che vuole aiutare efficacemente l’umanità a riempirsi di carità, di gioia e di pace.

8a Poiché la filiazione divina, come già vi ho ricordato, è il saldo fondamento della nostra vita spirituale, cercate di meditare spesso queste parole di san Paolo: tutti quelli che sono guidati dallo spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria[36].

8b Queste parole riassumono come dev’essere il nostro rapporto con Dio Padre, in unione con il Figlio e con lo Spirito Santificatore, rispetto all’eredità divina che ci attende, se sappiamo essere fedeli all’impegno apostolico che, per vocazione, ci tocca in questo mondo.

8c Postula a me, et dabo tibi gentes hereditatem tuam et possessionem tuam terminos terrae[37]; chiedimi, e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. Abbiamo, pertanto, il diritto e il dovere di diffondere l’insegnamento di Gesù in tutti gli ambiti della vita degli uomini, facendo arrivare ovunque lo spirito del Signore, divinizzando tutte le attività terrene.

8d Abbiamo il diritto e il dovere di condurre a Dio ogni sua creatura, le opere della creazione, senza fare mai violenza all’ordine di natura; infatti – dice san Paolo – tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio[38].

9a Figli della luce, dicevamo, per essere luce del mondo. Voi siete la luce del mondo [...]. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli[39]. Luce del mondo, figli miei, vivendo con naturalezza in questo mondo, l’ambiente normale della nostra esistenza; assumendo tutti gli impegni e prendendo parte a tutte le attività oneste degli uomini; svolgendo al loro fianco ciascuno la propria professione; esercitando i nostri diritti e compiendo i nostri doveri, gli stessi che hanno tutti gli altri cittadini, nostri pari, della società di cui facciamo parte e, tuttavia, liberi da qualsiasi vincolo che possa impedirci di adempiere con amore la volontà di Dio.

9b Dobbiamo, allora, cercare costantemente il rapporto e l’unione continua con Gesù, mentre svolgiamo quotidianamente le nostre attività terrene, cosicché il fuoco che il Signore ha acceso nelle nostre anime non si spenga o non si attenui e davvero le persone intorno a noi possano notare che siamo luce di Dio che illumina il mondo.

10a La nostra vita, pertanto, è un impegno preso con Dio, al quale desidero dare la forma di un semplice contratto civile di lavoro, come un giorno vi spiegherò[40], che non ci fa professare i voti dei religiosi ma praticare le virtù cristiane, per essere liberi dal peccato e diventare servi di Dio, così da guadagnarci la santificazione e raggiungere il traguardo della vita eterna[41].

10b Il cristiano che si riconosce libero perde volentieri la libertà per amore di Cristo e diventa servitore degli uomini suoi fratelli. Siamo convinti che il nostro patto di amore con Dio e l’impegno di servire la sua Chiesa non sono come un indumento che si può mettere e togliere: infatti, dominano tutta la nostra vita e noi desideriamo che, con la grazia del Signore, la governino sempre. Non possiamo farci guardare dalla gente come animali esotici, elefanti bianchi o altre creature strane, ripugnanti o fantastiche, che si trasportano all’interno di una gabbia, per suscitare negli spettatori curiosità, meraviglia o ripugnanza.

10c Siamo uguali ai nostri concittadini e pertanto dobbiamo sempre vivere per strada, scendere in strada o, perlomeno, affacciarci alla finestra. Abbiamo il dovere di scioglierci, di dissolverci nella massa degli uomini come sale di Cristo per condire la società. In tal modo, senza distinguerci in nulla dai nostri parenti, amici e colleghi, poiché il nostro spirito peculiare non lo permette, anzi, condividendone in tutto le nobili aspirazioni terrene, faremo vedere alle persone che non possono vivere soltanto di cose effimere, perché così non saranno felici: le aiuteremo a innalzare il cuore e la mente al cielo, e scopriranno con gioia che la creatura umana non è una bestia.

10d Dobbiamo essere luce e fuoco che arde, destinato ad ardere per sempre sull'altare[42], sia per condurre gli uomini a Dio in risposta alla chiamata di Cristo: venite ad me, omnes[43], venite a me, voi tutti, sia per portare Dio agli uomini, quando sentiamo il Signore che dice: ecce sto ad ostium et pulso[44], guarda che sto alla tua porta e busso.

10e Il cristiano pieno di autentico zelo non può però dimenticare che deve trovare un giusto mezzo, con serenità ed equilibrio. Infatti, se è vero che il Signore dice: ecce venio cito, et merces mea mecum est[45], ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere, tuttavia dice anche in san Matteo che le anime devono fargli violenza[46].

10f È sufficiente ricordare un bellissimo passo evangelico che riporta un evento successivo alla Risurrezione: il Signore raggiunge sul cammino quei discepoli tristi e titubanti nella fede e, dopo aver spiegato loro il senso delle Scritture, nei pressi di Emmaus fa come se dovesse andare oltre. Cleofa e il suo compagno, con parole colme di un non so che di tenerezza divina e umana, insistono: mane nobiscum, quoniam advesperascit, et inclinata est iam dies[47]; resta con noi, perché senza di te ci avvolgono le tenebre.

11a Se il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è morto su una croce, è stato perché noi uomini diventiamo tutti una sola cosa con Lui e con il Padre[48]. Siamo tutti chiamati a essere partecipi di questa unità divina. Con anima sacerdotale, facendo della Santa Messa il centro della nostra vita interiore, vogliamo stare, con Gesù, tra Dio e gli uomini.

11b La nostra unione con Cristo ci rende consapevoli di essere con Lui corredentori del mondo, per contribuire a rendere tutte le anime partecipi dei frutti della sua Passione e aiutarle a scoprire e a percorrere il cammino di salvezza che conduce al Padre.

11c Non smetterò di ripetere che, per unirci a Cristo mentre svolgiamo le attività terrene, dobbiamo abbracciare la Croce di buon animo e generosamente. La mortificazione, figlie e figli miei, è sale della nostra vita che deve accompagnare, senza asprezza, con intelligenza, il lavoro quotidiano, per sostenere la nostra vita soprannaturale come il battito del cuore sostiene la vita del corpo.

11d Dimostreremo, così, agli altri uomini che vivono e lavorano in mezzo alle cose di questo mondo il significato della preghiera sacerdotale di Cristo: Pater sancte, serva eos in nomine tuo, quos dedisti mihi [...]. Non rogo, ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos ex Malo. De mundo non sunt, sicut ego non sum de mundo[49]; Padre santo, custodisci nel tuo nome costoro che mi hai affidato... Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

12a Figli della mia anima, sono tutte idee che mi vengono in mente, come succederà anche a voi, quando considero la grandezza della nostra missione apostolica nel vivo delle attività degli uomini e cerco di tenere a mente, con le scene della morte – del trionfo, della vittoria – di Gesù sulla Croce, quelle sue parole: et ego, si exaltatus fuero a terra, omnia traham ad me ipsum[50]; e io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutto a me.

12b Uniti a Cristo con la preghiera e con la mortificazione nel lavoro quotidiano, nelle mille vicende della nostra vita semplice di normali cristiani, faremo il miracolo di deporre ogni cosa ai piedi del Signore, che ha tanto amato il mondo e gli uomini da lasciarsi inchiodare sulla Croce.

12c In tutta semplicità, dedicandoci con amore di Dio alla nostra professione o al nostro mestiere, gli stessi di quando venne a cercarci, riusciamo nell’impresa di mettere Cristo al vertice e al centro di tutte le attività degli uomini, poiché nessuna iniziativa onesta è un ambito estraneo alla nostra attività, che diventa manifestazione dell’amore redentivo di Cristo.

13a Pertanto, per noi lavorare non è solo la strada normale per guadagnare ciò di cui abbiamo bisogno e una maniera logica e semplice di vivere in società con gli altri uomini, ma anche e soprattutto il modo per santificarci esattamente come Dio nostro Padre ci ha indicato, e il grande strumento apostolico per la santificazione degli altri che Dio ci ha affidato, affinché nell’intera creazione risplenda l’ordine da Lui voluto.

13b Poiché ai suoi requisiti naturali se ne aggiungono altri evidentemente soprannaturali, il lavoro, che accompagna tutta la vita terrena dell'uomo[51], è per noi l'essenziale punto di incontro della nostra volontà e della volontà salvifica del Padre celeste.

13c Torno a dirvi, figli miei, che il Signore, lasciando ciascuno nelle proprie condizioni di vita e libero di continuare a svolgere il proprio lavoro abituale, ci ha chiamato tutti a santificarci nel lavoro, santificare il lavoro e santificare con il lavoro. Proprio per questo ogni lavoro dell’uomo può, a buon diritto, essere considerato opus Dei, operatio Dei, lavoro di Dio.

13d Il Signore dà al lavoro della mente e delle mani dell'uomo, al lavoro dei suoi figli, un immenso valore. Se si opera all’interno della relazione con Dio per motivi di amore e di servizio, con anima sacerdotale[52], l’intero agire dell’uomo assume un genuino senso soprannaturale, che tiene unita la nostra vita alla sorgente di tutte le grazie.

13e Capite perfettamente che tutto ciò non ha niente a che vedere con il cosiddetto spirito clericale. Infatti, non si tratta di ridurre a impegno intramondano la missione soprannaturale di Cristo e della sua Chiesa, ma proprio il contrario: rendere soprannaturale l’agire temporale dell’uomo. Noi siamo pienamente convinti che ogni lavoro umano onesto, per quanto umile, piccolo e insignificante sembri, può sempre avere un valore trascendente: una ragione di amore, qualcosa che parla di Dio e che conduce a Lui.

14a Bisogna quindi presentare agli uomini questo semplice cammino di santità, offerto a tutti con la meravigliosa naturalezza delle cose di Dio. Lo faremo bene se cominciamo a predicare questa dottrina con l’esempio vivo del nostro lavoro intenso, svolto aspirando alla maggior perfezione possibile, anche per impegno umano: la perfezione richiesta da ciò che si deve offrire a Dio.

14b Se svolgiamo così la nostra professione, se espletiamo i nostri compiti nel mondo, il lavoro, il munus proprio di ognuno e noto a tutti, gli uomini impareranno da noi che è davvero possibile, anche nelle normali circostanze della vita ordinaria, adempiere nella propria anima il mandato rivolto a tutti dal Signore: estote ergo vos perfecti, sicut Pater vester caelestis perfectus est[53]; siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

14c Adempiere la volontà di Dio nel lavoro, contemplare Dio nel lavoro, lavorare per amore di Dio e del prossimo, trasformare il lavoro in strumento apostolico, conferire valore divino all’umano: ecco l’unità di vita, semplice e forte, che dobbiamo possedere e insegnare.

15a Anime contemplative in mezzo al mondo: lo sono i miei figli nell’Opus Dei, dovete esserlo sempre per assicurare la vostra perseveranza, la fedeltà alla vocazione che avete ricevuto. Così potremo esclamare sinceramente in ogni istante della giornata: loquere, Domine, quia audit servus tuus[54]; parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

15b Dovunque saremo, in mezzo al rumore della strada, concentrati nei nostri impegni, in fabbrica, all'università, in mezzo ai campi, in ufficio o a casa, ci ritroveremo immersi in una contemplazione semplice e filiale, in continuo dialogo con Dio.

15c Infatti, persone, cose e impegni, tutto diventa occasione e tema di un colloquio ininterrotto con il Signore. È quella stessa contemplazione che l’abbandono del mondo, il contemptus mundi, e il silenzio della cella o del deserto accordano ad altre anime che hanno una diversa vocazione. A noi, figli miei, il Signore chiede solo il silenzio interiore - tacitare l’egoismo dell’uomo vecchio – e non il silenzio del mondo: per noi il mondo non può e non deve tacere.

16a Vi posso assicurare che è molto difficile perseverare nell’Opus Dei senza quella fedeltà alla relazione con Dio nostro Padre alla quale ci chiama la nostra vocazione. Allora, qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l’eredità. Servite il Signore che è Cristo![55].

16b Grazie a questa unità di vita e a questo vivo desiderio di essere contemplativi in mezzo al mondo, per la strada, all’aria aperta, al sole o sotto la pioggia, non vorrete soltanto continuare a occuparvi delle realtà temporali, senza abbandonare il mondo, ma sarete trascinati dall’anelito apostolico di penetrare audacemente tutte le realtà secolari per esaminare a fondo le esigenze di Dio che racchiudono; per insegnare che la fraternità dei figli di Dio, realtà umana piena di valore soprannaturale, è la grande soluzione per i problemi del mondo; per spogliare gli uomini della loro corazza di egoismo; per assicurare a coloro che si sono come dissolti nella massa la necessaria personalità e l’autentica libertà, qua libertate Christus nos liberavit[56]; insomma, per aprire agli uomini i cammini divini della terra.

17a Vi state rendendo conto, figlie e figli carissimi, dei grandi orizzonti apostolici che ci apre la considerazione di queste caratteristiche del nostro spirito, tenute tutte insieme dal filo comune che è la filiazione divina.

17b Dovete essere molto grati a Dio di averci dato questa spiritualità così genuinamente e autenticamente soprannaturale e, al tempo stesso, così umana, così vicina alle nobili occupazioni terrene. È una grazia molto particolare, una luce, come vi dicevo, che Dio ci ha concesso nella sua misericordia e che dobbiamo trasmettere a tante altre anime con umile fedeltà.

17c Tenete però presente che per questa spiritualità e questa ascetica vostro Padre e alcuni dei vostri fratelli hanno pagato il prezzo di tanta incomprensione, di sentir accusare di follia o di eresia un cammino divino e di sentir chiamare pazzi o eretici quelli che lo seguono.

18a Spesso il Signore permette che alle opere di Dio tengano dietro l’incomprensione e persino la diffamazione e la persecuzione, come alla luce succede l’oscurità. Molte volte ne sono promotori persone buone con la mente fortemente obnubilata, che non vogliono saperne di quello che non siano le loro routine, una vita comoda, una condotta egoista, che scansano ogni possibile complicazione.

18b Perfino in ambito ecclesiastico, per tante persone sante o che, perlomeno, adempiono il loro dovere, ce ne sono altrettante prive di zelo, burocrati della Chiesa di Dio, ai quali non sembrano interessare le anime. Un po’ tutti faticano a comprendere i concetti spirituali e, quando si parla con loro, li sentono vuoti, non si sono provati a viverli.

18c Talvolta mi è venuto da pensare che, per quanto ignoranti siano, si sarebbero dovute render conto del grave dovere che incombe loro di informarsi, di ascoltare l’accusato, di studiare la dottrina che propone e i frutti che essa produce.

18d Taccio e tacerò, fin dove posso, ma sono ben consapevole che difendere lo spirito dell’Opera significa difendere la nostra amicizia con Dio, che ci sta dicendo: ergo iam non estis extranei et advenae, sed estis concives sanctorum et domestici Dei[57]; voi per me non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio.

19a Ciechi o ignavi che siano, non riescono a capire che la libertà personale è un elemento capitale dello spirito dell’Opera di Dio, Non capiscono che usiamo prevalentemente il pronome io perché ci sentiamo responsabili dei nostri atti e che possiamo usare il noi solo raramente, perché nessun nostro fratello o, per esprimersi meglio, nessun socio dell’Opera ha obbligo alcuno di pensarla come un altro membro dell’Opus Dei nelle materie temporali o sulle questioni teologiche che la Chiesa lascia alla discussione degli uomini. È consolante leggere nel Santo Vangelo quel neque enim fratres eius credebant in eum[58], nessuno credeva in Gesù.

19b Ci sono altri che vogliono far pesare la loro lunga esperienza per giustificare i pregiudizi che hanno su di noi. Voi e io, invece, pensiamo che sia vecchie sia nuove realtà possono avere una grande vitalità: il bambino, il giovane, l’uomo maturo o l’anziano possono essere allo stesso modo sani nell’anima e nel corpo. L’età li porta a darci consigli non richiesti con i pregiudizi e la prudenza della vecchiaia, mentre invece abbiamo bisogno di preghiere, comprensione e affetto.

20a Tutto ciò passerà. Frattanto pratichiamo la lotta interiore, la lotta ascetica che ci colma di ottimismo e di gioia, di pace e di speranza. Ripetiamo la frase che usavo come giaculatoria nei primi anni di vita della nostra Opera, parole anche troppo ingenue, se volete, ma che sono le stesse, come ci dice san Giovanni, con le quali i discepoli si rivolgevano al Maestro: nunc scimus quia scis omnia[59].

20b Oggi continuo a ripeterla: Dio ne sa molto di più. Figli miei, eratis enim aliquando tenebrae, nunc autem lux in Domino. Ut filii lucis ambulate[60]. Un tempo eravamo tenebre, ora siamo luce nel Signore. Comportiamoci perciò come figli della luce.

20c Davanti alle contrarietà, sentiremo Gesù dire a Paolo e Paolo dire a noi: sufficit tibi gratia mea, nam virtus in infirmitate perficitur[61]; ti basta la mia grazia, perché la mia potenza risplende e raggiunge il suo scopo attraverso le tue debolezze.

20d Potete ripetere con sicurezza, con umiltà e con fortezza, a coloro che ci denigrano, le parole finali dell’Apologetico di Tertulliano: come vi è contrasto fra il divino e l’umano, quando da voi siamo condannati, da Dio siamo assolti.

21a Peraltro, figli miei, questa nostra novità è vecchia come il Vangelo. Dal momento in cui Gesù disse di essere la Via, la Verità e la Vita[62] e invitò tutti a seguirlo[63], scaturì dall’anima di molti fedeli, sin dagli inizi della Chiesa, il desiderio di tradurre in realtà la ricerca della perfezione delineata dal Vangelo e praticata in modo esemplare da Gesù stesso: vita santa e intensamente apostolica.

21b La genuina spiritualità del Vangelo cominciò così a produrre abbondanti frutti di santità in tutti i settori della società pagana in cui erano immersi i cristiani della prima ora. Sono uomini e donne che vivono sinceramente la fede e, di conseguenza, attraggono altri al loro cammino; che, liberi o schiavi che siano, lavorano con naturalezza in mezzo agli altri; che praticano una squisita fraternità e si dedicano a Dio e alla diffusione della Buona Novella, a seconda dei doni che ciascuno ha ricevuto[64]. Il risultato finale fu la completa cristianizzazione della società pagana.

22a Da allora, nel corso dei secoli, non sono mancate anime impegnate a seguire da vicino l’esempio di Gesù. Tuttavia, finirono per concentrare i loro sforzi nella pratica o professione pubblica dei tre tradizionali consigli, povertà, castità e obbedienza, che vennero a configurare, come pilastri della sua ascetica, un determinato stato di vita diverso da quello dei semplici fedeli.

22b Ebbe così inizio la peculiare evoluzione dello stato religioso che, nei suoi diversi sviluppi storici, ha sempre richiesto, come elemento sostanziale, una separazione più o meno totale dal mondo, dalle opere e dalle attività secolari.

22c Per le anime che ricevono da Dio tale vocazione, le occupazioni e le attività temporali del semplice cristiano sono un impedimento il cui abbandono è condizione sine qua non per cercare la propria santità nella vita di perfezione evangelica e, rimanendo estranei al mondo, promuovere la salvezza del prossimo con la preghiera, la penitenza e le iniziative apostoliche compatibili con tale stato di vita.

23a Ciò non vuol dire che non ci siano state anche altre anime decise a dedicarsi al compimento perfetto della volontà di Dio, senza abbandonare le proprie attività ordinarie e senza allontanarsi dalla condizione e dallo stato di vita che avevano nel mondo: ci sono state, perlopiù casi isolati, e la Chiesa ne ha innalzate alcune agli altari.

23b L’immensa maggioranza di queste anime, tuttavia, non è uscita dall’oscurità, è caduta nel silenzio, è passata inosservata, senza che praticamente si sappia quanto la loro vita santa sia stata di esempio per altri e abbia contribuito a manifestare la santità della Chiesa.

23c Oltre alla testimonianza di queste creature straordinarie, alla fine è rimasta quasi completamente in ombra, almeno sotto l’aspetto pratico, anche l’idea luminosa che tutti i battezzati possono e devono santificarsi continuando a condurre la loro normale vita di lavoro in mezzo al mondo ed essere potente lievito di vita cristiana[65].

24a Ci sono anime generose, donne e uomini, che provano il desiderio di lavorare con tutte le forze nella vigna del Signore. Tuttavia, non si sentono chiamate alla vita religiosa; non aspirano alla vita di perfezione evangelica, ma ambiscono a dedicarsi a cercare la perfezione cristiana e a esercitare l’apostolato in mezzo al mondo, nella vita ordinaria.

24b Queste persone che aspirano alla perfezione sanno che ci sono molti ambienti, anch’essi appartenenti a Dio, chiusi però all’interno di frontiere che un sacerdote o un religioso, data la natura della sua vocazione, non può valicare. La progressiva scristianizzazione della società è prova eloquente del fatto che l’esistenza degli uomini, le professioni, la vita sociale, sono spesso distanti dalla Chiesa e dall’operato delle persone consacrate al suo servizio.

25a Ebbene, figlie e figli miei, dal 2 ottobre 1928, come manifestazione della divina Provvidenza che si prende cura della sua Santa Chiesa e preserva lo spirito del Vangelo, il Signore ha affidato all’Opus Dei il compito di rendere palese, di ricordare a tutte le anime, mediante l’esempio della vostra vita e della vostra parola, che esiste una chiamata universale alla perfezione cristiana e che è possibile seguirla.

25b Il Signore vuole che ognuno di voi, nelle circostanze concrete della sua situazione nel mondo, si impegni a essere santo: haec est enim voluntas Dei, sanctificatio vestra[66]; questa è infatti la volontà di Dio, la vostra santificazione. È una santità spesso nascosta, che non brilla esternamente, quotidiana, eroica, rivolta a corredimere con Cristo, portare insieme con Lui la salvezza alle creature e con Lui ordinare le realtà umane.

25c Dio vuole servirsi della santità che cercate di conseguire mediante lo spirito dell’Opera per trasmettere a tutti l’insegnamento peculiare e semplice che ben conoscete; tutti i fedeli, incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana.

26a Il Signore ci invita a essere suoi strumenti, per ricordare in modo pratico, anche con il nostro esempio di vita, che la chiamata alla santità è universale, rivolta a tutti senza privilegiare alcuno, non è destinata in esclusiva a un determinato stato di vita e non pone come condizione l’abbandono del mondo: qualunque lavoro, qualsiasi professione può essere cammino di santità e mezzo di apostolato.

26b Figli miei, questa è una dottrina certa, una luce di Dio. È difficile che l’accolgano coloro che considerano appannaggio dei soli religiosi la perfezione cristiana e la contemplazione. Invece, è basata sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa, confermata dall'esperienza che ci offre continuamente la vita dell’Opus Dei, nonostante i nostri limiti umani.

27a Il fine dell’Opera è esclusivamente soprannaturale. Di conseguenza, del suo spirito fa parte la libertà di ognuno dei suoi membri, e per questo stesso motivo collaboriamo con tutti, con chiunque voglia condividere i nostri obiettivi, anche se non ha la nostra stessa fede.

27b Come ben sapete, nella nostra famiglia spirituale l'assolutismo non ha alcuna possibilità di imporsi. Prendiamo tutte le precauzioni necessarie per evitare questo male stabilendo organi di governo collegiali. Tuttavia, nelle cose fondamentali, non ci sarà mai disunione, non ci saranno opinioni; siamo consummati in unum[67]: abbiamo un esiguo denominatore comune che comprende la dottrina della Chiesa, di cui fanno parte lo spirito peculiare dell’Opera e il nostro modo specifico di praticare l'apostolato nel bel mezzo della strada, cercando la santità nostra e di tutti coloro che abbiamo attorno. Abbiamo poi un amplissimo numeratore, mare senza sponde, sempre al passo con i tempi e in armonia con le culture locali, in cui le differenti opinioni sono e saranno sempre prova di buono spirito, dimostreranno con assoluta evidenza che nell’Opus Dei non ci sono né tiranni né schiavi.

27c Il Signore ci ha dato sufficiente chiarezza per cogliere una costante della storia degli uomini: chi è stato in schiavitù finisce di solito per diventare un tiranno. Tuttavia, nell’Opera c’è un coordinamento, ci deve essere, o il nostro Opus Dei non sarebbe uno strumento al servizio delle anime e della Chiesa, un mezzo per essere fedeli al Magistero del Romano Pontefice.

27d Questo coordinamento, però, rispettato volontariamente con estrema docilità e liberamente, è - penso che mi capiate – una organizzazione disorganizzata. Torno a ripetere, pertanto, che le opinioni in materia temporale e quelle teologiche che non toccano questioni di fede sono sicuramente ammesse e rispettate come salutare manifestazione di buono spirito.

28a L’Opera possiede altre tre caratteristiche: l’allegria, amare il lavoro e amare la povertà. A Dio daremo il meglio, al culto divino, che pratichiamo di solito in piccoli oratori, ci sforzeremo di dedicare un’attenzione che ci eviti di offrire il sacrificio di Caino. Vi ho detto che quando un uomo regalerà alla donna amata, in segno di affetto, un sacco di cemento e tre barre di ferro, noi faremo lo stesso con il Signore Nostro che è nei cieli e nei nostri tabernacoli.

28b La nostra povertà, figli miei, non dev’essere miseria conclamata. La si deve nascondere con un sorriso, con la pulizia del corpo e del vestito e, soprattutto, con quella dell’anima. Non aspettiamoci di essere lodati in terra ma non dimentichiamoci di ciò che dice san Matteo: Pater tuus, qui videt in abscondito, reddet tibi[68].

28c Dobbiamo sempre agire in modo conforme alla natura umana, con senso soprannaturale. È così che potremo rendere divine le cose della terra. Accogliere la vocazione per noi non è un sacrificio, perché sappiamo che è una prova di predilezione e di amore: redemi te et vocavi te nomine tuo; meus es tu[69].

29a Si potrà dire di noi ciò che il salmista dice del Signore, nostro Redentore e nostro Modello: exsultavit ut gigas ad currendam viam, anche se siamo tanto piccoli, a summo caelo egressio eius et occursus eius usque ad summum eius; esulterò come un gigante che si affretta per la via e la percorre da un estremo all’altro, che giunge fino al cielo, toccandone gli estremi confini; nec est qui se abscondat a calore eius[70]; nessuno può sottrarsi al suo calore e tutti lo ricevono.

29b Vedendo le cose meravigliose che il Signore sta già cominciando a fare per opera nostra in tante creature che si rivolgono a noi, non subiremo la tentazione dell'orgoglio, perché in fondo al cuore risuonerà il versetto del salmo: Tu es Deus, qui facis mirabilia, notam fecisti in populis virtutem tuam[71]; sei solo tu, Signore, che operi meraviglie e manifesti la tua forza fra i popoli.

29c Pertanto, nolite errare, fratres mei dilectissimi. Omne datum optimum et omne donum perfectum de sursum est, descendens a Patre luminum, apud quem non est transmutatio nec vicissitudinis obumbratio[72]; non ingannatevi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento.

30a Se fate vita di tutta questa dottrina, a volte non vi sarà sufficiente parlare, sentirete il bisogno di cantare come i giovani innamorati che vanno a fare una serenata. Voi, però, intonerete canti d’amore umano volti al divino e vi sentirete come le creature di cui parla Ezechiele per raffigurare gli evangelisti del Signore: ibant et revertebantur in similitudinem fulguris coruscantis[73]; andrete per il mondo spargendo luce, come fiaccole ardenti che sprigionano bagliori di fuoco.

30b Lo Spirito Santo fa trovare incessantemente alla Chiesa di Cristo, nostra Madre, realtà viva e sempre attuale, moderna e antica, nella fedeltà al deposito abbondante e ben custodito che le è stato affidato, le energie necessarie per rinnovare la sua giovinezza e per poter trasmettere a tutti il messaggio cristiano aggiornato, adattandosi al linguaggio e alla mentalità della gente: nova et vetera, dilecte mi, servavi tibi[74]; ho conservato per te, amato mio, il nuovo e l’antico, leggiamo nel Cantico dei Cantici.

30c Nel Vangelo, poi, si legge che omnis scriba doctus in regno caelorum similis est homini patri familias, qui profert de thesauro suo nova et vetera [75]; ogni uomo istruito nella scienza di Dio è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.

31a Come vi ho sempre scritto, il nostro spirito è così, antico e nuovo come il Vangelo. La natura stessa della nostra vocazione, la nostra maniera di ricercare la santità e di lavorare per il Regno di Dio, ci fa parlare delle realtà divine nello stesso linguaggio degli altri uomini, condividere le loro sane abitudini, le loro giuste idee; vedere Dio – vorrei dire – dalla medesima prospettiva, secolare e laicale, con cui affrontano o affronterebbero i problemi fondamentali della vita: non essere mai un modello di ghiaccio, che si può ammirare ma non amare.

31b La nostra missione è raccogliere con spirito giovanile il tesoro del Vangelo per diffonderlo su tutta la terra. Tuttavia non intendiamo fare alcuna rivoluzione. Beviamo il buon vino vecchio della genuina dottrina cattolica, rispettando e amando tutto ciò che il Signore ha promosso, nel corso di tanti secoli, per il servizio della sua Santa Chiesa.

32a Spiritus, ubi vult, spirat, et vocem eius audis, sed non scis unde veniat et quo vadat[76]; lo Spirito soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va. Così è stata la mia vita da molti anni a questa parte, da molto prima che il Signore, quand’ero solo e con l’unico bagaglio dei miei ventisei anni e del mio buonumore, mi investisse con la sua grazia e mi chiamasse chiaramente a lavorare nella sua Opera, con una vocazione ben definita. Lo scrivo pieno di emozione e di gratitudine per il mio Dio, sapendo bene di essere un povero peccatore.

32b L’Opera sta andando avanti a forza di preghiera, la mia, accompagnata dalle mie miserie, che obbliga Dio a concedere ciò che è richiesto per compiere la sua Volontà; la preghiera di tante anime di sacerdoti e laici, giovani e anziani, sani e malati, ai quali mi rivolgo, certo che il Signore li ascolta, affinché preghino per una determinata intenzione che, inizialmente, sapevo solo io; e poi, grazie alla preghiera, alla mortificazione e al lavoro di quelli che mi seguono. Sono state queste le nostre uniche, potenti armi con cui combattere.

32c In questo modo l’Opera si svilupperà e crescerà in ogni ambito: negli ospedali e nell’Università, nelle catechesi che svolgiamo nei quartieri più poveri, nelle case e nei luoghi di riunione degli uomini; tra poveri e ricchi e persone d'ogni condizione, per far arrivare a tutti il messaggio che Dio ci ha affidato.

33a È una missione in cui l’Opera si è lanciata con impegno, con generosità e con franchezza, senza cercare sotterfugi o appoggi umani, ricorrere a espedienti per conquistarsi il miglior posto al sole o cogliere il fiore più bello e vistoso, se posso usare queste immagini. Il sole è dentro di noi e il nostro lavoro lo svolgiamo nel bel mezzo della strada, come va fatto, rivolgendoci a tutti.

33b Guardando a questi inizi, mi sento pieno di gratitudine a Dio. Al tempo stesso, figli miei, penso a quanta strada ci resta da percorrere per seminare tra tutti i popoli, su tutta la terra, in ogni settore di attività degli uomini, il seme cattolico e universale che l’Opus Dei è destinato a spargere.

33c Pertanto, continuo a cercare sostegno nella preghiera, nella mortificazione, nel lavoro e nell’allegria di tutti, e rinnovo continuamente la mia fiducia nel Signore: universi, qui sustinent te, non confundentur[77]; nessuno di coloro che sperano nel Signore sarà deluso.

34a Figli miei, vi chiedo di continuare a unirvi ininterrottamente alle mie intenzioni, e di nutrire anche voi tanta fiducia, continuando a dedicarvi, con rinnovato vigore, a diffondere l’Opera: qui replet in bonis desiderium tuum, renovabitur ut aquilae iuventus tua[78]; il nostro Dio farà una realtà feconda dei desideri che ha messo nei nostri cuori e la nostra missione spirituale nel mondo sarà sempre efficace e giovane.

34b Il Signore si aspetta che voi e io, pieni di gratitudine per la vocazione che la sua bontà infinita ha infuso nella nostra anima, formiamo un grande esercito di seminatori di pace e di gioia sui sentieri degli uomini, cosicché ben presto innumerevoli anime possano ripetere con noi: cantate Domino canticum novum, cantate Domino, omnis terra[79]; cantate al Signore un canto nuovo, tutta la terra si unisca in un canto di lode a Dio.

34c I figli di Dio nella sua Opera, sentendo e vivendo sinceramente la filiazione divina, uniti dai forti legami dell'amore fraterno, possono senz’altro essere nel mondo quella disorganizzazione organizzata di apostolato di cui vi ho detto, una continua trasfusione della energia vitale cristiana nel sistema circolatorio della società.

35a Il Signore vuole che da soli, ciascuno con il proprio apostolato, o insieme ad altre persone, anche lontane da Dio o persino non cattoliche o non cristiane, progettiate e realizziate nel mondo ogni genere di belle e serene iniziative, che varieranno a seconda dei luoghi e del sentire e delle scelte degli uomini che vi abitano, per contribuire al bene spirituale e materiale della società e diventare per tutti occasioni di incontro con Cristo, occasioni di santità.

35b Il gran mezzo che avete a disposizione per svolgere entrambe queste forme di apostolato (per proprio conto o uniti ai vostri pari) è comunque il lavoro. È il motivo per cui, come vi ho ripetuto tante volte, la nostra vocazione professionale è un aspetto essenziale della nostra vocazione divina, che rende l’apostolato dell’Opera nel mondo sempre attuale, moderno, necessario. Infatti, finché ci saranno uomini sulla terra, ci saranno anche persone che si dedicheranno a una professione o a un mestiere, chiamate a santificare un’attività intellettuale o manuale e a servirsi del lavoro per santificare gli altri e insegnare loro a mantenere un rapporto semplice con Dio.

35c Il vostro lavoro, il vostro apostolato, proprio come quello dei primi cristiani, attrarrà molte persone con voglia di lavorare, energiche, attive, risolute, tenaci più che brillanti, audaci, leali, amanti della libertà e, di conseguenza, capaci di condividere la nostra stessa dedizione a Dio e di diventare, nella loro vita e nel loro lavoro, Opus Dei. Sarà così anche se non fosse loro mai passato per la mente - spesso perché vivono come pagani – di poter vivere felici in amicizia con Dio e di condurre un’esistenza di dedizione e di servizio.

36a La misericordia divina, come sapete bene per esperienza personale, ha numerose strade. Devono arrivare nell’Opera persone di tutti i Paesi, appartenenti a qualsiasi popolazione e lingua; giovani e anziani, celibi e sposati, sani e malati, ognuno per occupare il posto assegnatogli dalla Volontà divina, e sfruttare l'opportunità, la grazia specialissima, che la bontà di nostro Signore gli offre.

36b Pensando a questo cammino che ripropone lo stile dei primi cristiani, suscitato da Dio per rinnovare in modo mirabilmente semplice i miracoli della grazia nella vita di tante anime, mi piace rileggere attentamente il testo in cui san Giustino manifesta il suo stupore davanti alla straordinaria potenza del Vangelo.

36c Noi che prima godevamo della dissolutezza – afferma –, ora amiamo solo la continenza; noi che usavamo arti magiche, ora ci siamo consacrati al Dio buono e ingenerato; noi che ambivamo, più degli altri, a conseguire ricchezze e beni, ora mettiamo in comune anche ciò che abbiamo e lo spartiamo con i bisognosi. Noi che ci odiavamo l’un l’altro e ci uccidevamo e non spartivamo il focolare con coloro che non erano della nostra stirpe o avevano diversi costumi, ora, dopo la manifestazione di Cristo, viviamo in comunità e preghiamo per i nemici e ci sforziamo di persuadere quanti ingiustamente ci odiano affinché, vivendo secondo i buoni comandamenti di Cristo, abbiano la bella speranza di ottenere, insieme con noi, la stessa ricompensa da parte di Dio, signore di tutte le cose[80].

37a Chiunque potrà essere dell’Opera se Dio lo chiama. La sua vocazione non comporterà nessun cambiamento di stato e, di conseguenza, nessun mutamento esteriore. Ciascuno conserverà il suo posto nel mondo e con esso il lavoro, la propria mentalità, i doveri del suo stato, gli impegni professionali, il senso civico e le relazioni sociali, perché sono tutti mezzi per il suo apostolato cristiano.

37b L’Opera di Dio darà loro il suo peculiare spirito soprannaturale (un’ascetica specifica) e l’adeguata formazione dottrinale, perché possa santificarsi e fare il proprio Opus Dei in quelle concrete realtà umane e per mezzo di esse.

37c Tuttavia, ferma restando la necessità dell’unità di spirito e di formazione, ogni membro dell’Opera agisce nelle cose di questo mondo (le proprie attività professionali, culturali, politiche e sociali) con assoluta libertà e, pertanto, ne è responsabile in prima persona, in modo pieno ed esclusivo, come logica conseguenza della sua totale libertà di opinione e di azione, entro i limiti della fede e della morale di Cristo.

38a Il fatto teologico e apostolico dell’Opera è così peculiare e lontano dalla nascita di una vocazione religiosa e dal genere di esistenza che essa comporta, che, probabilmente, nessuno di coloro che desiderano essere ammessi nell’Opus Dei può aver pensato in precedenza di darsi a Dio nello stato religioso o di entrare in seminario. Possiamo, quindi, affermare ragionevolmente che non distogliamo alcuno da qualsiasi altro cammino.

38b Sebbene ci faccia piacere che altri li abbiano, l’Opera né ha né deve avere seminari minori o scuole apostoliche dove le madri, piene di buoni desideri, di sante speranze, portano i figli in tenera età per scoprire se, in un ambiente particolarmente adeguato, può nascere in loro la vocazione sacerdotale o religiosa.

38c Chi chiede l’ammissione all’Opera ha un’età più che sufficiente per rendersi pienamente conto della generosa dedizione che comporta la chiamata all’Opus Dei e della particolare missione apostolica da svolgere.

38d Ne fa richiesta dopo una serena meditazione senza condizionamenti esterni; prende la decisione in coscienza, responsabilmente, consapevole della sua libertà di farlo o meno, una volta compresi gli obblighi che assume accettando la specifica chiamata di Dio a far parte dell’Opera.

39a Nessuno è più interessato di noi a ricevere nell’Opus Dei solo chi abbia effettivamente la peculiare vocazione divina e voglia darsi e perseverare con piena libertà: è la migliore garanzia di una buona riuscita, con l’aiuto della grazia di Dio.

39b Al tempo stesso, come sapete, è proprio del nostro spirito rallegrarsi di veder nascere molte vocazioni per i seminari e per le famiglie religiose. Anzi, ringraziamo il Signore del fatto che parecchie di queste vocazioni sorgono come frutto della formazione spirituale e dottrinale che impartiamo ai giovani. Quando mettiamo il fuoco di Cristo nell’ambiente che abbiamo attorno, lo rendiamo più soprannaturale e apostolico e, com’è logico, facciamo crescere il numero di coloro che entrano in tutte le istituzioni della Chiesa.

40a Siamo particolarmente attenti a rispettare un’eventuale vocazione allo stato religioso. Sin dal primo momento della fondazione dell’Opus Dei ho visto l’Opera come una istituzione i cui membri non possono essere religiosi, vivere ad instar religiosorum (alla maniera dei religiosi) o essere in alcun modo equiparati a essi.

40b Questa non è mancanza di affetto per i religiosi, che amo e venero con tutte le forze, figli miei, tanto da poter ripetere per loro, con assoluta sincerità, le parole di san Paolo ai fedeli di Filippi: testis enim mihi Deus, quomodo cupiam omnes vos in visceribus Christi Iesu[81]; Dio mi è testimone di quanto affetto nutro per loro nell'amore di Cristo Gesù.

40c Veneriamo e rispettiamo profondamente la vocazione sacerdotale e quella religiosa, e tutto l’immenso lavoro che i religiosi hanno fatto e faranno al servizio della Chiesa: chi non possedesse questo spirito non sarebbe un buon figlio mio.

40d Al tempo stesso, ribadiamo che la nostra chiamata e il nostro lavoro sono completamente diversi dalla vocazione dei religiosi e dalle opere loro affidate. Infatti, la nostra vocazione è un invito a rimanere nel mondo e svolgiamo le nostre iniziative apostoliche nelle attività secolari e per mezzo di esse.

41a Vi siete dati al Signore con la precisa condizione di non cambiare di stato, di non essere religiosi o assimilati ai religiosi, di restare in mezzo al mondo in perfetta comunione di vita e di opere con gli altri fedeli del popolo di Dio, uguali a voi.

41b Il lavoro che intraprendiamo, la mentalità e i mezzi con cui lo eseguiamo, le circostanze in cui lo svolgiamo e la formazione e l’ascetica peculiari che ci preparano a compierlo sono fuori dalla prospettiva teologica e giuridica dello stato religioso.

42a Ordinariamente la nostra attività è molto diversa anche da quella di altri laici appartenenti ad associazioni o movimenti di varia natura, promossi più o meno direttamente dalla Gerarchia ordinaria della Chiesa o da ordini e congregazioni religiosi.

42b Si tratta di associazioni o movimenti che non richiedono una dedizione totale all’esercizio dell’apostolato; i cui membri sono vagamente uniti da un vincolo molto tenue, quasi inesistente o praticamente inefficace; che mancano di profondità (di più non serve), di rigore e di continuità nella formazione ascetica e dottrinale di cui, d’altra parte, non si può dire che sia assolutamente necessaria per il raggiungimento delle loro finalità[82].

42c Se anche avessero tutto ciò, continuerebbe a mancare loro l’unione intima e piena tra il lavoro professionale e il lavoro apostolico che individua la vocazione specifica e le peculiari esigenze ascetiche dei soci dell’Opera e ha come conseguenza pratica che né l’Opus Dei né i suoi membri abbiano alcun bisogno del denaro d’altri, perché si mantengono con il loro lavoro retribuito. La collaborazione generosa di persone cattoliche o anche non cattoliche che ne rafforzino l’efficacia con la preghiera, il lavoro o il denaro sarà invece indispensabile per l’adeguato sviluppo delle nostre opere apostoliche.

43a A questo punto mi pare il caso di esporvi alcuni dei motivi che possono spiegare, senza giustificarla, la posizione di certe persone che non sembrano sforzarsi di comprendere il nostro cammino o ne sono incapaci. Così, anche se per contrasto, risulteranno chiarissimi alcuni temi di fondo della nostra spiritualità e del nostro apostolato.

43b Ci sono persone abituate a lodare le imitazioni, ad apprezzare le cose strane o contraffatte, a ignorare la bellezza di ciò che è prezioso e genuino. Trovano che i fiori siano più belli se sono artificiali. Chi non ha sentito lodare delle rose fresche e profumate con queste parole: «Che belle, sembrano finte!»? Per costoro non sarà facile scoprire nelle opere apostoliche ciò che è frutto, stupendo ma semplice, della grazia di Dio, della sua Provvidenza ordinaria e del lavoro umano tenace e onesto.

43c Se sono abituate a dare spettacolo, a fare rumore, con profusione di fuochi d’artificio, questa inclinazione, che magari dura da qualche secolo, può aver influito sulla loro coscienza e creato una mentalità che le rende incapaci di vedere – non dico di credere, perché si tocca con mano – che gli altri non hanno atteggiamenti falsi, non nascondono niente, agiscono con grande sincerità e spontaneità, schiettamente, e quindi umilmente.

44a Se sono superficiali e sono abituate a esagerare, con leggerezza e mancanza di buon senso, il legittimo valore che possono avere per alcune vocazioni specifiche elementi rispettabili ma non essenziali per la ricerca autentica della perfezione cristiana (colori e foggia dell'abito, lunghe e solenni cerimonie, cordoni, cinture, crocifissi portati a tracolla o sul petto, esibizione di medaglie, ecc.), segni talvolta rivelatori di un certo classismo, deplorato dalla Chiesa in parecchie occasioni, costoro tenderanno a dubitare della realtà di un vero cammino di santità notando l’assoluta mancanza di alcuni di quegli elementi tradizionali.

44b Nel nostro caso, figli miei, sono totalmente assenti. Non esiste e neppure ci dev’essere una sigla del nome dell’Opera, semplicemente perché non abbiamo nulla a che vedere con lo stato religioso: siamo normali cittadini, uguali a tutti gli altri.

44c Se ignorano che cosa significhi totale dedizione all'attività professionale seria, alla scienza profana, per loro sarà difficilissimo valutare la portata e l’ampiezza del lavoro apostolico che Dio chiede di compiere ai soci dell’Opera e come essi lo svolgano.

44d Se sono solite servirsi della Chiesa per soddisfare la propria vanità, comandare dispoticamente, passare sulla testa delle persone, intromettersi in qualsiasi cosa, per principio saranno nemiche di qualunque iniziativa che ponga limiti ragionevoli alla loro sete di dominio, perché crederanno che si attenti alla loro autorità e magari anche ai loro interessi economici.

45a Per quanto dolorosa ne sia l’esperienza, figli miei, non possiamo neppure stupirci che ci sia chi faccia coro inconsapevolmente alla gente di cui vi sto parlando, lasciandosi influenzare da luoghi comuni che bisogna demolire, perché condizionano e limitano l’azione di Dio e la vitalità della Chiesa, e da pregiudizi che nascono dall’errore e dall’ignoranza.

45b Sebbene siano oneste, le persone alle quali mi riferisco non riescono a vedere la rettitudine e la legittimità del panorama di nobili aspirazioni che l’Opera spalanca davanti ai loro occhi. Sebbene siano buone, non resistono al martellamento dell’informazione unilaterale o erronea propalata da persone apparentemente rispettabili. Sebbene incapaci di fare il male, non fanno il bene, per timore dei potenti. Sebbene siano brillanti e persino dotte, non si rendono conto dell’efficacia del servizio a Dio e alla sua Chiesa che hanno sotto gli occhi, della dottrina teologica che lo anima, della norma giuridica che richiede.

46a Tutto ciò, figlie e figli miei, non ha alcuna importanza. Se ho voluto soffermarmi a trattare di queste difficoltà, è solo perché considerarle ci aiuta, per contrasto, a tratteggiare meglio le caratteristiche del nostro spirito. Per il resto, pregate con fiducia filiale in Dio nostro Padre, scusate tutti e aspettate.

46b Quando il Cielo riterrà che ne sia venuto il momento, ci farà trovare, nell’organizzazione dell’apostolato della Chiesa, l’alveo, che ancora ci manca, adeguato alla ricchezza d’acque dell’Opera: sarà un compito arduo, penoso e duro. Bisognerà superare molti ostacoli ma il Signore ci aiuterà, perché nell’Opera tutto è Volontà sua.

46c Pregate. Vivete uniti alla mia supplica ininterrotta: Domine, Deus salutis meae [...] inclina aurem tuam ad precem meam[83]. Ripetete con me: Signore, Dio della nostra salvezza, giunga fino a te la nostra preghiera. Non venga mai meno in voi la certezza profonda che le acque si faranno strada tra i monti: inter medium montium pertransibunt aquae[84]. Sono parole divine: le acque scorreranno.

46d Frattanto, proponetevi, come ho fatto io, di mettere in pratica il suggerimento che ho colto recentemente a Burjasot, mentre predicavo alcune giornate di ritiro a un gruppo di universitari che si preparavano a migliorare la loro vita cristiana, alcuni dei quali sono già miei figli. Ho letto con piacere un’iscrizione posta al di sopra di una porta che diceva: ogni viandante segua il suo cammino. È proprio quello che dobbiamo fare noi, impegnarci con tutte le forze per conoscere sempre meglio il cammino specifico al quale Dio nostro Signore ci ha attratto e seguirlo fedelmente.

47a Approfondendo la conoscenza della nostra vocazione, considerando il valore del nostro modo di portare il messaggio evangelico agli uomini e le possibilità che offre, salta agli occhi, figlie e figli miei, che questo modo di essere e di operare fa dell’Opera nel suo complesso una grande catechesi, fatta in modo vivo, semplice e diretto nelle viscere della società civile.

47b C’è davvero molto bisogno di questo apostolato dottrinale, anche in settori sociali e in Paesi di antica tradizione cristiana, nei quali l’ignoranza religiosa cresce ogni giorno di più. Possiamo dire con sicurezza, poiché si può amare Dio solo una volta che lo si è conosciuto, che l’ignoranza è il più grande nemico di Dio, causa di tanti mali e grave impedimento alla salvezza delle anime.

47c Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo Santo[85]. Queste parole della Scrittura sono il vivo ritratto della superficialità dottrinale di molti uomini, di tanti cristiani; di molte persone poco istruite e di altre rinomate per la loro competenza nelle scienze umane; di uomini che posseggono prestigio professionale o che ricoprono incarichi di governo.

47d L’ignoranza genera la confusione, fomentata poi, a voce o per scritto, con tutti i mezzi di comunicazione, rapidi e capillari, dai nemici della Chiesa o da persone imprudenti, mediante iniziative, esternazioni e comportamenti apparentemente innocui, che però contengono l'errore o fanno cadere in errore.

48a Così come aiutare i malati o i poveri è un’elemosina materiale, è altrettanto elemosina, a livello spirituale, aiutare chi è povero di dottrina; è una carità che siamo chiamati a seminare a piene mani in modo rispondente alle necessità.

48b Dobbiamo dare dottrina per soffocare il male nell'abbondanza del bene. La verità non può essere un articolo di lusso[86]. Dobbiamo seminare generosamente tra i fedeli la buona dottrina, quella sicura, certi che le verità di fede proposte dal Magistero non cambieranno. Lasceremo le persone libere e insegneremo a essere liberi nell’ambito dell’opinabile.

48c Figli miei, seminate chiaramente, senza ambiguità, perché non possiamo permettere che regni lo scetticismo pratico: la verità è una. Con il dono delle lingue, sono solito dirvi, ricordando con gioia la venuta dello Spirito[87], che sa adattarsi sempre alla situazione, alle doti e alla formazione degli ascoltatori ed è frutto della buona preparazione di chi parla, dell’amore e della fede con cui svolge il suo apostolato[88].

49a Al desiderio di migliorare continuamente la vostra preparazione, di imparare, l’Opera viene incontro assicurandovi, nella misura e con le modalità richieste dalla condizione di ognuno, una conoscenza precisa del dogma e della morale, della Sacra Scrittura e della liturgia, della storia e del diritto della Chiesa. Di conseguenza, potrete elevare più facilmente al piano soprannaturale le conoscenze umane e farle diventare una risorsa per l’apostolato.

49b Per poter realizzare in modo efficace questo apostolato dottrinale, nelle vostre attività e con il vostro lavoro ordinario, dovete inoltre acquisire l’adeguata preparazione professionale che serve a ognuno per svolgere il suo ruolo sociale e il lavoro di natura intellettuale o manuale che esercita nella collettività.

49c È poco probabile che possiate santificare il lavoro se non lo svolgete anche con perfezione umana, senza la quale sarà difficile, per non dire impossibile, conseguire il necessario prestigio professionale, cattedra dalla quale insegnare agli altri a santificare quel lavoro e a regolare la vita sulle esigenze della fede cristiana.

50a Pertanto, bisogna fare tutto il possibile per conseguire una buona formazione professionale e mantenersi aggiornati. Abbiamo gli stessi diritti e le stesse opportunità degli altri membri della comunità civile: frequentiamo i centri educativi, pubblici o privati, che danno le migliori garanzie di fornire la preparazione culturale necessaria per svolgere un lavoro intellettuale o un’attività manuale.

50b A chi può essere un sapiente non perdoniamo di non esserlo, ma non è né indispensabile né necessario che lo siate tutti. Occorre, invece, che tutti i soci dell’Opus Dei siano colti, competenti nel loro lavoro, che godano presso i colleghi del prestigio che nasce dalla loro onestà e dalla scienza o dall’esperienza che posseggono.

51a Coepit Iesus facere et docere [89], Gesù fece e insegnò dagli inizi: figli miei, bisogna insegnare con l’esempio. La gente crederà a ciò che insegnate quando avrà visto le vostre buone opere[90], il vostro modo di fare. Il buon esempio attira sempre. Per essere efficace deve nascere dalla semplicità e dalla naturalezza con cui i soci dell'Opera sanno vivere quello che insegnano.

51b È la convalida che possono dare alle proprie affermazioni i comuni cristiani mediante lo svolgimento responsabile della propria professione o del proprio mestiere, il compimento fedele dei doveri civici, l’esercizio, che è anche un dovere, di tutti i propri diritti, il modo di affrontare e di risolvere i problemi quotidiani e le difficoltà della vita: in sintesi, l’intero campo delle relazioni umane, ispirate e vissute cristianamente, con una motivazione soprannaturale, per amore di Dio e del prossimo.

51c Se questo è l’esempio che deve dare, non sarà facile riconoscere un socio dell’Opera da distante, magari da lontano. Tuttavia, chi gli si avvicinerà, chi lo frequenterà, non tarderà molto a poter dire: qui è presente Cristo. Lo commuoverà il Christi bonus odor[91], il profumo dell’anima in costante rapporto con il Signore.

52a Ognuno dove sta, dal suo posto di lavoro, i soci dell'Opera devono diffondere con sincerità, senza sotterfugi o tatticismi, la luce cristiana che la gente sta aspettando, perché siamo fatti per la gente.

52b L’atteggiamento, lo sguardo, il modo di parlare, di vedere e di fare le cose, tutte le relazioni con gli altri, la vita intera e il comportamento dei membri dell’Opera devono essere accompagnati dalla semplicità che nasce dall’essere come tutti. Il giorno in cui pensasse erroneamente che non siamo come gli altri, la gente ci diventerebbe inaccessibile, non potremmo servire le anime.

53a È così che la Chiesa sarà davvero presente in tutte le attività degli uomini: con la testimonianza delle sue figlie e dei suoi figli, laici comuni, che non si sentono e non si comportano come frati, che rendono viva e operante la presenza del messaggio cristiano.

53b Apostolato dell’esempio, fatto con mentalità laicale, da persone che vivono del loro lavoro e che, di conseguenza, non sono mai di peso per la Chiesa, che invece servono generosamente, senza aspettarsi alcun genere di gratificazione o di corrispettivo.

53c Dovete vivere e realizzare le vostre opere con la rettitudine e la signorilità di chi sa far valere la propria condizione civile e la propria preparazione professionale, e non il fatto di essere cattolico o l’abuso di nomi di santi o dell’aggettivo cattolico. Lo farete con la gioia soprannaturale e con l’ottimismo umano di chi è profondamente convinto che il cristianesimo non è una religione negativa e solitaria ma una gioiosa affermazione in tutti gli ambiti terreni: l’unica dottrina in cui possono trovare solida base e indubbio sviluppo tutte le nobili istanze della vita terrena.

54a Forti di questo esempio di disinteresse sincero ed efficace, reso possibile e alimentato dal rapporto ininterrotto con Dio nostro Padre, dalla devozione fiduciosa a Santa Maria, dall’amore per la Chiesa e per il Romano Pontefice, dalla preghiera e dal sacrificio, cercherete di coltivare l’amicizia con i vostri colleghi di lavoro, con le persone che vi capiterà di incontrare per qualsiasi motivo.

54b Figlie e figli miei, di certo vi comporterete così non per trasformare l’amicizia in una tattica di penetrazione sociale, perché perderebbe il suo valore intrinseco, ma come prima e principale esigenza della fraternità che noi cristiani abbiamo il dovere di promuovere tra gli uomini, per quanto possano essere diversi gli uni dagli altri.

54c Lo farete, inoltre, per amore di Dio. L’amicizia, infatti, favorisce la confidenza e rende così possibile l'apostolato dottrinale, l’avvicinamento al Signore di quelle anime, degli amici il cui bene desideriamo.

55a Non mancherà chi, come Nicodemo, che si recò da Gesù nottetempo[92], troverà nell’amicizia delicata e schietta, che sfugge alla curiosità importuna della gente, il modo di superare il rispetto umano e di cercare la verità divina cui anela il suo cuore.

55b Si può ben dire, figli della mia anima, che il risultato più importante del lavoro dell’Opus Dei è quello che ottengono personalmente i suoi membri con l’apostolato dell’esempio e dell’amicizia leale con i loro colleghi di lavoro: all’università, in fabbrica, in ufficio, in miniera, nei campi.

55c Si tratta di un’opera di propagazione dell’esempio e della dottrina ininterrotta, umile, silenziosa ma efficacissima, i cui frutti difficilmente emergono dalle statistiche.

56a Questo lavoro apostolico è così umano che a chi non comprende l’essenza soprannaturale della nostra chiamata divina, così legata all’impegno professionale, o a chi pensa che per dedicarsi totalmente a Dio bisogna smettere di essere persone normali, può dare persino l’impressione che i soci dell’Opera siano strani, proprio perché non lo sono: sono persone assolutamente normali, del tutto uguali ai loro concittadini, ai loro colleghi di lavoro.

56b Infatti, i soci dell’Opera vivono, vestono e svolgono la loro attività a seconda della posizione sociale che il lavoro assicura loro e trovano naturale adeguarsi, come tutti gli altri loro pari, alle legittime esigenze e condizioni ambientali, con disinvoltura e schiettezza, cioè si comportano esternamente come tutti gli altri cristiani, come farebbero se non appartenessero all’Opera.

57a Non hanno motivo, pertanto, di mascherare la loro personalità e la loro condizione, o di atteggiarsi in maniera estranea alla loro condizione naturale, magari come tattica apostolica, adottando inutili travestimenti.

57b Nell’Opera non c’è spazio per tutte queste stranezze e ipocrisie. Le si troverà, casomai, presso coloro che cercano di camuffarsi da laici, di fingere in qualche modo di non essere religiosi, secolarizzandosi. Ho conosciuto persone che lo fanno, forse come tattica apostolica. Mi sembra pericoloso, perché potrebbe portare, dato che la sincerità ha i suoi diritti, a una vera apostasia dallo stato religioso, provocata da uno stravolgimento di principi intellettuali e morali.

58a Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non esitate a ringraziarlo. È bene tenere nascosto il segreto del re, ma è motivo di onore manifestare e lodare le opere di Dio[93]. Figlie e figli miei, non abbiamo niente da occultare o nascondere; nessuno può confondere la nostra spontaneità con la segretezza.

58b Non ho mai avuto segreti, non ne ho e non ne avrò. Lo stesso vale per l’Opera: sarebbe brutto che avesse dei segreti e io, il Fondatore, non ne sapessi nulla. All’Opus Dei non servono: non ne ha mai avuto bisogno, non ne ha bisogno adesso e non ne avrà bisogno mai. Il tesoro che Dio ha depositato in noi, la luce che dobbiamo diffondere è un segreto urlato a squarciagola: perché abbiamo il dovere, la missione divina, di proclamarlo ai quattro venti.

59a Ricordatevi però che questo modo semplice e naturale di vivere la nostra vocazione si accorda perfettamente con la ragionevole discrezione soprannaturale richiesta dall’efficacia del nostro lavoro e, soprattutto, dall'umiltà personale e collettiva, specialmente in questi primi tempi dell’Opera, in questo periodo delicato della gestazione.

59b Gli aspetti intimi della nostra dedizione a Dio e della vita della nostra Famiglia non sono da strombazzare a tutti gli angoli e non sono destinati a soddisfare la curiosità del primo impiccione che bussi alla porta; il nostro candore deve accompagnarsi alla prudenza.

60a Figli miei, meditate queste stupende e chiare parole di san Paolo: questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza di esserci comportati nel mondo [...] con la santità e sincerità che vengono da Dio[94]. Di questo si può gloriare l’Opera ed è come ognuno di noi deve proporsi di vivere in qualunque situazione e circostanza.

60b La semplicità e la schiettezza del nostro spirito risplenderanno nel mondo, davanti agli uomini, se vi premurerete di essere filialmente semplici e sinceri nel rapporto con Dio, se cercherete di adeguare sempre i vostri pensieri, le vostre parole e le vostre opere alla Verità.

61a Sinceri e semplici anche con chi ha nell’Opera il compito di dirigervi e di formarvi, perché possano guidarvi e aiutarvi con affetto, fermezza, comprensione ed efficacia. Senza essere grossolani, dovrete essere brutalmente sinceri.

61b Non abbiate alcun timore di far presente tutto ciò che può facilitare la direzione spirituale, che vi conduce a Dio, migliora il vostro spirito e la vostra formazione, sana rapidamente qualsiasi ferita e corregge tempestivamente qualunque deviazione, per quanto grave possa essere o sembrare. Non dimenticatevi mai che l’unica cosa veramente grave sarebbe nascondere la ferita o la deviazione a chi è medico, guida e pastore.

61c Sincerità, infine, nella nostra vita di famiglia. Un atteggiamento spontaneo e aperto serve moltissimo a rendere gradevoli e piene di genuina cordialità le relazioni fra di voi e rende sempre possibile che vi aiutiate reciprocamente, se necessario anche con la correzione fraterna.

62a Proprio perché è impregnato di autentica fraternità, l’apostolato dell’Opera deve alimentare la comprensione, per creare intorno a noi un clima di pace e di serena convivenza, che possa rimuovere gli ostacoli, ancora tanto numerosi, che si oppongono all’unità degli uomini fra di loro e con il Signore.

62b È alieno dallo spirito dell’Opera tutto ciò che impone limiti, fa avere una visione cristiana ristretta o meschina del mondo, degli uomini e delle cose. Facciamo nostro l’insegnamento di san Paolo ai cristiani di Corinto sull’unità della Chiesa, figura dell’unità di tutto il genere umano: noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito[95].

63a L’indole genuinamente cattolica dell’Opus Dei richiede che abbiamo animo grande, spirito universale, la capacità di trarre tante cose buone dal tesoro del nostro cuore – de bono thesauro profert bona[96] – per superare e abbattere le numerose barriere mentali e psicologiche poste dagli uomini alla fraternità dei figli di Dio.

63b Una di queste barriere, forse la più perniciosa in quest'epoca storica del mondo, è il nazionalismo che ostacola la comprensione e la convivenza, è incompatibile con l’autentico amor patrio e si oppone grandemente alla ricerca del bene comune della società umana.

63c La cosa peggiore e di maggior nocumento sarebbe introdurre il nazionalismo nelle cose di Dio, dove deve risplendere maggiormente l’unione di tutto e di tutti nell’amore di Cristo[97].

64a La realtà unificante della carità cristiana deve agire con concretezza e fattività in ogni ambito della società umana, respinge il classismo e tantopiù lo spirito di casta e il settarismo: non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù[98].

64b Conseguire questa unità e conservarla è un compito gravoso, che richiede atti di umiltà, rinunce, silenzi, ascolto e comprensione, generoso interesse per il bene del prossimo, la capacità di giustificare ogni volta gli errori altrui: saper amare davvero, con opere.

64c Dobbiamo contribuire a questo grande programma cristiano con un deciso impegno apostolico, ottenendo che tutti coloro che si avvicinano all’Opera si sentano spinti a impegnarsi in favore dell’unità, della comprensione reciproca che porta alla convivenza e al benessere spirituale e materiale degli uomini.

65a Nella Chiesa e nella società civile non ci sono fedeli o cittadini di seconda categoria. I limiti imposti alla libertà dei figli di Dio, alla libertà delle coscienze o alle legittime iniziative sono arbitrari e ingiusti, sia che si tratti dell’apostolato, sia che si tratti di questioni temporali. Sono frutto dell’abuso di autorità, dell’ignoranza o dell’errore di chi pensa di potersi permettere il sopruso di fare discriminazioni del tutto irragionevoli.

65b È un comportamento ingiusto e contro natura, perché nega la dignità della persona umana, che non può determinare il nostro modo di convivere con gli altri, poiché soffoca il diritto che ognuno possiede di agire in coscienza, il diritto di lavorare, di associarsi, di esprimere la propria libertà nel rispetto del diritto naturale.

66a Figlie e figli miei, amiamo lavorare pacificamente con tutti, proprio perché stimiamo, rispettiamo e difendiamo il grandissimo valore della dignità e della libertà che Dio ha conferito alla creatura razionale, sin dal momento della Creazione e, ancor più, da quando Dio stesso non esitò ad assumere la natura umana, il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo agli uomini[99].

66b Poiché nessuno ci è indifferente, dal momento che non lo è stato per Cristo, il rapporto che vogliamo avere con tutti dev’essere sempre governato da una cortesia squisita, che vada molto al di là delle convenzioni sociali, perché è un’espressione della nostra fede.

66c Proprio per questo motivo lo spirito dell’Opera meriterà l’affetto e l’aiuto di tanti non cattolici e anche non cristiani con i quali vi troverete a convivere e che avrete per colleghi di lavoro, per amici fidati.

67a Camminiamo nella verità e nella carità: la nostra fedeltà e lealtà al deposito della fede, al Magistero della Chiesa, farà di noi portatori di verità, veritatem facientes in caritate[100], che insegneranno la dottrina evangelica con la carità di Cristo.

67b Se non si può transigere, l’intransigenza dev’essere santa e, pertanto, rigida nei confronti delle dottrine e non delle persone che, altrimenti, non potremmo avvicinare a Dio, né trattare fraternamente, come è nostro dovere di cristiani. Non si può rinnegare la fede, ma ricordiamoci che per affermare la verità non c’è alcun bisogno di maltrattare le persone.

67c Irascimini et nolite peccare[101]: anche quando dobbiamo parlare con durezza, non facciamoci dominare dalla passione, per evitare che le nostre parole possano ferire qualcuno. Se qualche volta, per eccezione, l’insolenza e la violenza dell’interlocutore richiedessero di parlare con tono energico, verseremo subito sulle ferite il balsamo della carità, per curare, guarire, spiegando perché era doveroso farlo in quel momento.

68a Il rispetto nei confronti di qualunque persona e della sua libertà dev’essere ancora più grande quando si discute di questioni opinabili. Purtroppo c’è negli uomini una tale tendenza al totalitarismo, alla tirannia, al fanatismo che esaspera le opinioni personali, che non ci dobbiamo sforzare troppo per dare esempio, ovunque, di amore alla libertà di tutti.

68b Mi sono sempre detto, come dovreste fare voi e insegnarlo agli altri, che se il Signore ha lasciato gli uomini liberi di pensarla come vogliono su tante cose, perché devo essere nemico di uno che la pensi diversamente da me?

68c Se abbiamo idee diverse e lui mi convince, accetterò la sua opinione; se lo convinco io, la penserà come me; se nessuno dei due convince l’altro, potremo sempre rispettarci, trattarci con benevolenza, convivere pacificamente.

69a Tribue sermonem compositum in ore meo[102], metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte a chi si oppone a te. Dalla disputa violenta, dal contrasto, non viene alcuna luce perché la passione lo impedisce. Pertanto, bisogna saper ascoltare l’interlocutore e parlare serenamente, sebbene ciò richieda talvolta uno sforzo interiore per dominarsi, un sacrificio meritorio, perché ha già una motivazione soprannaturale che lo avvalora.

69b Non v’è dubbio che a volte si crede di essere completamente nel giusto mentre si ha ragione solo parzialmente, in modo relativo. Un oggetto che per gli uni è concavo, per gli altri è convesso: dipende solo dal punto di vista. È giusto, quindi, studiare con calma, a mente fredda, le ragioni degli altri e prendere in considerazione i processi mentali di chi ci contraddice.

70a Grazie all’amicizia con Dio, che dobbiamo coltivare e accrescere prima di ogni altra, saprete farvi molti amici veri[103]: ciò che ha fatto e fa continuamente il Signore con noi per mantenerci suoi amici è lo stesso che desidera fare con molte altre anime per mezzo nostro.

70b Sapete, figli miei, che credo nell’amicizia umana: amico fideli nulla est comparatio[104], per un amico fedele non c’è prezzo. L’amicizia è un tesoro che dobbiamo apprezzare per il suo grande valore umano e di cui possiamo giovarci anche per portare anime a Dio.

70c Posso dire che mi sento amico di tutti, come dev’essere anche per voi, perché desideriamo il bene di tutte le anime senza eccezioni. Per quanto uno sia lontano dal Signore e dimostri palese inimicizia, dobbiamo pensare con sant’Agostino che si deve molto meno disperare della correzione di alcuni, anche se agiscono così, se individui predestinati a essere amici si celano, ancora sconosciuti a sé stessi, fra i nostri avversari più palesi[105].

71a Un vero amico non può essere doppio per i suoi amici. Vir duplex animo, inconstans in omnibus viis suis[106], la persona falsa, ambigua, è instabile in tutte le sue azioni. L’amicizia, se vuol essere leale e sincera, richiede rinunce, rettitudine, scambio reciproco di favori, di servizi nobili e leciti. L’amico è forte e sincero nella misura in cui, d’accordo con la prudenza soprannaturale, pensa generosamente agli altri, sacrificando sé stesso.

71b Da un amico ci attendiamo che corrisponda al clima di fiducia che si stabilisce grazie all’autentica amicizia, ci aspettiamo di essere riconosciuti per quello che siamo e, se fosse necessario, di essere difesi decisamente e senza esitazioni. Tempo fa, lessi un testo castigliano che diceva: quando un amico fa di te una difesa o una lode tiepide, un validissimo testimone sta dichiarando con estrema chiarezza che non trova cose da lodare o da difendere: se ci fossero, chi meglio di un amico si lancerebbe a difenderti o a lodarti?

71c Potreste dirmi che talvolta gli amici tradiscono. Tuttavia, se agite sempre con buone intenzioni, con senso soprannaturale, non vi devono preoccupare né scoraggiare le eventuali sorprese. Tali eccezioni non possono frenare il vostro desiderio sincero di essere generosi, onesti e affettuosi con tutti.

72a È però vero che è meglio confidare nel Signore che negli uomini, bonum est confidere in Domino, quam confidere in homine[107]. Per questo vi raccomando di riporre la vostra fiducia anzitutto in Dio, senza tuttavia escludere i vostri fratelli. Se avrete amore e comprensione, e seminerete costantemente intorno a voi la fiducia, con la dovuta prudenza ma a piene mani, sarà difficile, impossibile, che gli uomini non si sentano spinti a contraccambiare la carità sincera che dispensate.

72b Al tempo stesso, con il rispetto e l’amore che professiamo alla libertà delle coscienze, mettetevi nella vita degli altri mediante l’apostolato della confidenza e dell’amicizia, come Cristo si è messo nella nostra, e adoperatevi instancabilmente perché molte persone scoprano la vocazione all’Opera. Non deve succedere che qualcuno che abbia vocazione possa scusarsi come gli operai oziosi della parabola: quia nemo nos conduxit[108], perché nessuno li aveva interpellati.

72c Pensate, inoltre, che abbiamo il diritto e il dovere di far in modo che trovino posto in questa nostra stupenda Famiglia tutti i figli che il Signore le ha assegnato sin dall’eternità, perché permanga finché ci saranno uomini sulla terra e Gesù prenda possesso di tante anime affamate e assetate di Dio[109].

73a Sto per terminare, figli miei. All’inizio di questa lettera vi dicevo che intendevo solo ricordarvi alcuni punti dello spirito sincero e semplice che il Signore, Bontà infinita che soccorre l’insufficienza degli strumenti di cui si serve, mi ha dato per voi. Dio nostro Padre vuole che assimiliate bene questo spirito, che lo facciamo profondamente nostro, che lo viviamo.

73b Sarà questa vita, la vita dell’Opera, ad aprire a suo tempo l’alveo giuridico di cui abbiamo bisogno, a creare la normativa che attendiamo con animo fiducioso. Le piante che come l’Opus Dei spuntano dal basso devono farsi strada da sé, con la soave irruenza della vita, protette dalla cura diligente del giardiniere (il nostro è il Giardiniere divino), che alimenta le radici e assicura il necessario sviluppo, all’aria aperta e alla luce del sole.

74a Le singolari caratteristiche della nostra vocazione richiedono di studiare e di risolvere con formule adeguate molte problematiche teologiche, ascetiche e giuridiche che costeranno tempo e impegno, anche perché, come vi ho detto, molte persone, nonostante la loro buona volontà e una certa competenza riguardo alle varie espressioni dell’apostolato e della vita della Chiesa, tarderanno a comprenderci.

74b Ma, soprattutto, perché questa realtà sociale e apostolica che Dio ha promosso nel seno della Chiesa propone problemi molto diversi, anche nel modo in cui vanno affrontati, da quelli dello stato religioso. Sebbene a persone che non comprendono il nostro cammino potrebbe a volte sembrare che alcune questioni siano comuni, le soluzioni devono inevitabilmente essere differenti.

75a Convinti come siamo della soprannaturalità dell’Opera di Dio, dobbiamo far sì che la veste giuridica risponda pienamente allo spirito che stiamo vivendo. Non possiamo indossare un vestito altrui ma un abito su misura, che non vuol dire assolutamente pretendere di essere unici. È indispensabile per salvaguardare la nostra vita interiore e per la stessa perseveranza, perché l’Opera possa offrire alla Chiesa un servizio spirituale davvero efficace.

75b Solo così potremo corrispondere con generosità e con fedeltà alla vocazione specifica che abbiamo ricevuto; solo così riusciremo a svolgere il compito che ci è stato affidato, grazie a un’ascetica e a forme di apostolato che rispondano pienamente ai fini della nostra vocazione. Pertanto, dico a ognuno di voi: viandante, non c’è via, la via si fa con l'andare[110].

75c Eviteremo anche che ci sia chi nutra il timore, del tutto infondato ma di cui siamo già vittime, che intendiamo competere con altre istituzioni apostoliche che operano nella Chiesa, e si senta in dovere di ostacolare il nostro lavoro, contestando la nostra libertà di figli di Dio e incrinando la meravigliosa unità e varietà dell’apostolato della Chiesa, multiforme ricchezza dello Spirito del Signore.

76a Figli miei, il Cielo è coinvolto attivamente nella realizzazione dell’Opera. Le difficoltà umane, come la dolorosa esperienza dei tre anni di guerra civile in Spagna, o la nuova guerra mondiale, che sembra minacciare la diffusione dell’Opera in altri Paesi e in altri continenti, non hanno potuto e non possono frenare la vitalità e l’impatto del nostro lavoro soprannaturale.

76b Anche la povertà totale in cui viviamo, la mancanza talvolta dei mezzi più indispensabili, non sono ostacoli o difficoltà da prendere in considerazione. Sono, anzi, un potente stimolo e uno sprone, poiché la scarsità di risorse è un’ulteriore prova esterna del fatto che stiamo calcando le orme di Cristo.

76c Tantomeno potranno arrestarci o impedirci di avanzare di buon passo – procediamo all’andatura di Dio – le incomprensioni circa il nostro cammino, perché nessuno può frenare l’impazienza santa, divina, di servire la Chiesa e le anime.

76d Consolidate, pertanto, la vostra fede e la fiducia in Dio. E abbiate un po’ di fede e di fiducia in vostro Padre, che vi garantisce che state camminando nella verità, obbedendo alla Volontà di Nostro Signore e non alla fragile volontà di un povero sacerdote... che non voleva, che non pensò e non ebbe mai il desiderio di fondare alcunché.

77a Ascoltate ciò che il Signore fa dire a san Paolo: perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia, né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio.

77b E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la fede, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.

77c Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo[111].

78a Figlie e figli della mia anima, pregate e siate fedeli: multum enim valet deprecatio iusti assidua[112], la preghiera è molto potente ed è stata e dev’essere sempre la nostra arma migliore. Lavorate e seguite gioiosi, sereni e sicuri la vostra vocazione, lo spirito semplice e genuino dell’Opus Dei: filii lucis estis et filii diei[113], siete tutti figli della luce e figli del giorno, e percorriamo una strada luminosa rischiarata dallo splendore del sole.

78b Quando penso a voi e al vostro desiderio di essere fedeli (vi ho sempre presenti!), sento il bisogno di ripetervi, con le parole della Sacra Scrittura: sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione[114].

78c Com’è buono il Signore, che è venuto a cercarci, ci ha fatto conoscere questo modo santo di essere utili, di donare la nostra vita con semplicità, di amare tutte le creature in Dio e di seminare pace e gioia fra gli uomini! Gesù, quanto sei buono, quanto! Iesu, Iesu, esto mihi semper Iesus![115].

78d Figli miei, chiedo a Dio che la gioia e la pace siano sempre con voi, uniti a Cristo, nostro Signore, e a Santa Maria, nostra Madre.

Vi benedice nel Signore vostro Padre.

Madrid, 11 marzo 1940


[1] Cfr Ger 10, 10.

[2] Cfr Rm 3, 4.

[3] Cfr Gv 14, 6.

[4] Gal 4, 19.

[5] SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum Homilia, 1, 5 (PG 57, col. 20).

[6] 1 Gv 3, 2.

[7] Cfr Gn 2, 1.

[8] Gn 1, 31.

[9] Gal 4, 5.

[10] Cfr Rm 6, 4-5.

[11] Cfr Ef 1, 9-10.

[12] Cfr Col 1, 20.

[13] Ef 5, 1.

[14] 1 Gv 3, 1.

[15] Cfr Gv 1, 14.

[16] Gv 1, 4.

[17] Cfr Gv 1, 5. È il testo che compare quasi letteralmente nel n. 1 di Forgia.

[18] Gv 1, 5.

[19] Cfr 1 Gv 4, 8.

[20] Cfr Lc 12, 49.

[21] 1 Gv 1, 3-4.

[22] 1 Cor 4, 7.

[23] 1 Gv 1, 8 (Vg).

[24] 1 Gv 2, 1-2.

[25] Ef 3, 17-18.

[26] 1 Gv 2, 6.

[27] 1 Gv 2, 7-11.

[28] Cfr Rm 5, 5.

[29] Gv 17, 23.

[30] Gv 13, 34.

[31] Pro 18, 19 (Vg).

[32] 2 Cor 5, 14.

[33] Cfr 1 Gv 3, 18.

[34] Cfr 1 Gv 4, 20.

[35] Cfr Gv 3, 16.

[36] Rm 8, 14-17.

[37] Sal 2, 8.

[38] 1 Cor 3, 21-23.

[39] Mt 5, 14.16.

[40] Da quando l’Opus Dei ottenne, nel 1982, la configurazione giuridica come prelatura, l’incorporazione temporanea o definitiva dei suoi fedeli avviene mediante una dichiarazione formale tra la persona interessata e un rappresentante della Prelatura, davanti a due testimoni, sui reciproci diritti e doveri. Sebbene tale dichiarazione si possa correttamente definire “contratto” o “convenzione” (cfr Cost. apost. Ut sit, 28 novembre 1982, norma III, AAS 75 [1983], pp. 423- 425: CIC, c. 296), nasce da essa un rapporto di comunione tra il fedele e gli altri membri della Prelatura che ha conseguenze giuridiche ma è privo di alcuni degli elementi che potrebbero farne un semplice “vincolo contrattuale” (cfr P. RODRÍGUEZ - F. OCÁRIZ - J.L. ILLANES, L’Opus Dei nella Chiesa. Ecclesiologia, vocazione, secolarità, Piemme, Casale Monferrato 1993, pp. 96-99). Quando san Josemaría usa questa espressione (“semplice contratto civile di lavoro”) sta parlando per approssimazione di ciò che solo più avanti assumerà un preciso profilo. A ogni modo, è interessante notare il suo desiderio di ispirarsi alla normativa contrattuale civilistica per formalizzare il vincolo con l’Opera dei suoi fedeli, allontanandosi così dalla tradizionale emissione di voti, propria piuttosto della vita consacrata e legata a una prassi canonico-teologica che l’Opus Dei intendeva abbandonare quando questa Lettera fu ultimata.

[41] Cfr Rm 6, 22.

[42] Cfr Lv 6, 12 (Vg).

[43] Mt 11, 28.

[44] Ap 3, 20.

[45] Ap 22, 12.

[46] Cfr Mt 11, 12.

[47] Lc 24, 29.

[48] Cfr Gv 17, 22.

[49] Gv 17, 11.15-16.

[50] Gv 12, 32 (Vg).

[51] Cfr Gn 2, 15.

[52] È un concetto essenziale nel pensiero di san Josemaría, il quale ritiene che ogni cristiano possa e debba esercitare il sacerdozio battesimale dei fedeli in molteplici aspetti della vita ordinaria: l’offerta del lavoro a Dio, in unione con l’Eucaristia, e l’orientamento esistenziale al servizio del prossimo; lo zelo per la salvezza eterna delle persone che incrocia nella vita; il desiderio di santificare tutte le realtà terrene... Per evitare il rischio del clericalismo lo univa inseparabilmente al concetto di “mentalità laicale”.

[53] Mt 5, 48.

[54] 1 Sam 3, 9.

[55] Col 3, 23-24.

[56] Gal 4, 31 (Vg).

[57] Ef 2, 19.

[58] Gv 7, 5.

[59] Gv 16, 30.

[60] Ef 5, 8.

[61] 2 Cor 12, 9.

[62] Gv 14, 6.

[63] Cfr Mt 16, 24.

[64] Cfr 1 Cor 7, 7.

[65] Cfr 1 Cor 5, 6.

[66] 1 Ts 4, 3.

[67] Gv 17, 23.

[68] Mt 6, 18: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

[69] Is 43, 1: «Io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni».

[70] Sal 19, 6-7 (Vg).

[71] Sal 77, 15.

[72] Gc 1, 16-17.

[73] Ez 1, 14.

[74] Ct 7, 14.

[75] Mt 13, 52.

[76] Gv 3, 8.

[77] Sal 25, 3.

[78] Sal 103, 5 (Vg): «Sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza».

[79] Sal 96, 1.

[80] SAN GIUSTINO, Apologia prima, XIV, 2-3.

[81] Fil 1, 8.

[82] Il panorama attuale di queste forme di vita cristiana è molto variegato e parecchio diverso da quello che osservava l’autore. Mentre per alcune vale senz'altro ciò che san Josemaría scrive in questo punto, in altre, come gli attuali “movimenti”, si può riconoscere, almeno per determinate categorie di membri, la pienezza di dedizione, la stabilità del vincolo, la profondità e il rigore della formazione.

[83] Sal 88, 2-3.

[84] Sal 104, 10 (Vg).

[85] At 19, 2.

[86] Cfr Mt 11, 25.

[87] Cfr At 2, 4-6.

[88] Cfr Gv 7, 38.

[89] At 1, 1.

[90] Cfr 2 Pt 1, 10 (Vg).

[91] 2 Cor 2, 15.

[92] Cfr Gv 3, 1-3.

[93] Tb 12, 6-7.

[94] 2 Cor 1, 12.

[95] 1 Cor 12, 13.

[96] Mt 12, 35.

[97] Cfr 1 Cor 10, 17.

[98] Gal 3, 28.

[99] Cfr Gv 1, 14.

[100] Cfr Ef 4, 15.

[101] Sal 4, 5; Ef 4, 26: «Adiratevi, ma non peccate».

[102] Est 4, 13 (Vg, testo greco).

[103] Cfr Sir 6, 17.

[104] Sir 6, 15.

[105] SANT’AGOSTINO DI IPPONA, De civitate Dei, I, 35.

[106] Gc 1, 8.

[107] Sal 118, 8 (Vg).

[108] Mt 20, 7.

[109] Cfr Gv 6, 35.

[110] ANTONIO MACHADO, Tutte le poesie e le prose scelte. “Proverbios y Cantares", XXIX, I Meridiani Mondadori, Milano 2010 (traduzione di Oreste Macrì).

[111] 2 Cor 4, 1-6.

[112] Gc 5, 16 (Vg).

[113] 1 Ts 5, 5.

[114] 2 Cor 7, 4.

[115] «Gesù, Gesù, sii per me sempre Gesù!».