Come fanno tanti devoti fedeli sivigliani, il prelato dell’Opus Dei mons. Fernando Ocáriz, appena arrivato nella capitale andalusa il pomeriggio del 4 di maggio, ha messo sotto la protezione del Gesù del Gran Potere tutta l’attività in programma. Lo stesso ha fatto la mattina dopo nella Cattedrale di Siviglia davanti all’immagine della Madonna dei Re, patrona della città e della sua arcidiocesi, prima di salutare l’arcivescovo mons. José Ángel Saiz Meneses.
Nell’apostolato essere pieni di speranza
Mons. Ocáriz ha incoraggiato i suoi interlocutori a vivere un apostolato pieno di speranza. Lo ha fatto sia nei tanti incontri con gruppi di educatori, amministratori, direttori, o genitori, sia nei tre incontri avuti con varie centinaia di famiglie, andaluse e non, nell’auditorium Cartuja Center Site di Siviglia.
Nel corso di un incontro nel Colegio Mayor Alborán, il prelato ha ascoltato con interesse il racconto di alcune iniziative apostoliche personali di un gruppo di professori dell’università: un seminario su l’«Economía de Francisco», un corso per universitari su fede e ragione, la promozione di una Confraternita universitaria a Cordova, e tante altre.
Mons. Fernando Ocáriz ha partecipato a un incontro di tutta la comunità educativa del Grupo Attendis, composto da venti scuole nelle principali città del sud, che celebra quest'anno il suo cinquantesimo anniversario in Andalusia ed Estremadura, per incoraggiarli a realizzare il motto del loro incontro: «Rivivere le origini per progettare il futuro». E, dato che desideravano rivivere con il prelato l’impulso che san Josemaría aveva dato alle prime famiglie che hanno promosso e iniziato le scuole, mons. Ocáriz li ha invitati a «credere che ogni persona vale tutto il sangue di Cristo e, quindi, per salvare una sola anima, per aiutare una persona, vale la pena fare qualunque sforzo».
Ha incoraggiato Anna, di Jerez, insegnante di educazione fisica nella scuola pubblica, a «voler bene veramente alla gente, senza alcuna paura». A Rosario, nonna di Pedro Ballester, giovane numerario morto per un cancro a Manchester nel 2018, ha suggerito di raccontare ai nipoti le esperienze belle della vita. A Beatrice, avvocato, di coltivare l’amicizia con i suoi colleghi. A Teresa e Antonio, giovani sposi, di approfittare del potenziale dei social media per fare del bene. E a Maria, medico forense, di combattere con prudenza, con coraggio e contando sull’amicizia, le sfide della cosiddetta «cultura della morte».
Conciliare significa dare la priorità alla famiglia
Maria y Fran, che lavorano nel settore della moda, hanno chiesto come conciliare il lavoro con la famiglia e don Fernando ha spiegato loro che «conciliare significa dare la priorità alla famiglia, vuol dire dare la priorità alla carità, e vuol dire stabilire una gerarchia di valori, in un ordine flessibile, alla quale ognuno si sottomette volontariamente per il bene della propria famiglia».
A Goico, che la mattina lavora presso un'agenzia e che nel pomeriggio impiega il suo tempo nella segreteria di una residenza universitaria, ha raccomandato anche di cercare di conciliare il tutto «facendo del tuo lavoro, in casa o in ufficio, un'occasione di incontro con Cristo». Con Luis, che è direttore di un centro educativo, ha parlato pubblicamente del valore dell’esempio in casa; «l’esempio della sobrietà, ha spiegato, dovete darlo proprio voi genitori, con la moderazione nelle spese, nei divertimenti, nei pasti… E tutto ciò senza dare lezioni, ma con il buon esempio, trasmettendo con allegria la vostra esperienza e spiegando perché ne vale la pena».
La cosa migliore per ciascuno è la volontà di Dio
Isa, numeraria ausiliaria, ha fatto una domanda sulla vocazione. Dopo aver spiegato che la vocazione è un dono di Dio, don Fernando ha aggiunto che è importante capire come la vocazione nell’Opera è la stessa per tutti «ogni vocazione nell’Opus Dei è fondata sugli stessi pilastri: la santificazione del lavoro, la centralità divina dell’Eucaristia, l’amore per la libertà, lo zelo apostolico… È la stessa vocazione perché abbiamo anche gli stessi mezzi: l’orazione, il piano di vita, i circoli, i ritiri… E abbiamo anche la stessa missione: portare questo mondo a Dio, trasformare il mondo in qualcosa di gradito a Dio: questo è aprire i cammini divini della terra, di cui parlava san Josemaría, con le capacità che ci dà Dio per santificare il lavoro».
Miguel, soprannumerario da più di trent'anni, ha manifestato la sua gioia per le tante realtà e movimenti nuovi, espressione della vitalità della Chiesa, e gli ha detto che la sua vocazione all’Opus Dei riempiva e impegnava tutta la sua vita; gli ha chiesto come meglio valorizzare e approfittare dei mezzi di formazione che l’Opera offre per aiutare altri a essere santi in mezzo al mondo. E il prelato ha risposto che nei mezzi di formazione non sentiranno chissà quali novità, ma che la cosa importante è la disponibilità all’esame personale e il desiderio di migliorare nelle cose che ascoltano, chiedendo luce e forza allo Spirito Santo; don Fernando ha aggiunto anche che ci sono molte vie per seguire Gesù e che ciò che importa davvero è che ciascuno segua il cammino al quale Dio lo chiama.
Si può soffrire ed essere felici
«Quando ci costa vedere, capire che Dio è veramente la via, la verità e la vita, pensiamo che l’amore si manifesta nella Croce» ha affermato don Fernando all’inizio di una delle tre riunioni famigliari che si sono svolte, in due giorni, nell’auditorium della Isla de la Cartuja a Siviglia. E ha aggiunto che, di fronte alle obiettive difficoltà dell’ambiente, dobbiamo pensare che «proprio per questo il Signore conta di più su ognuno e ognuna, e ci dà la grazia per dimenticarci di noi stessi e preoccuparci di più degli altri, “formula” che è di una tale efficacia, ha aggiunto parafrasando san Josemaría, che il Signore la premia con una umiltà piena di gioia».
Il prelato dell’Opus Dei ha sottolineato anche l’importanza di essere felici nonostante le difficoltà perché, per quanto possa apparire contraddittorio, si può essere felici nel dolore e nella sofferenza. Questo è qualcosa «che si può toccare con mano nella vita di san Josemaría: nei suoi ultimi anni aveva problemi di salute e una enorme sofferenza per la crisi nella Chiesa, e tuttavia quelli di noi che stavamo con lui lo vedevamo contento, felice, di buon umore. Non è che facesse uno sforzo particolare per noi, ma perché era felice nella sofferenza, cosa che è possibile soltanto in unione con Gesù».
La paura non è del cristiano
David ha raccontato con orgoglio la sua gioia per la vocazione dei suoi figli: ha chiesto poi aiuto a don Fernando per saperlo trasmettere meglio agli altri genitori: «Racconta la tua esperienza, gli ha consigliato, rispetta la loro libertà, e cerca di spiegare che non bisogna aver paura del Signore, perché la paura non è cristiana».
Ugualmente, in un incontro con giovani, don Fernando ha spiegato che il celibato «certamente presuppone il sacrificio della rinuncia al matrimonio, ma che è importante sapere che il matrimonio è impegnativo, che non è tutto rose e fiori, che ci sono difficoltà e che, proprio per questo, Dio ha voluto un sacramento per il matrimonio, perché un matrimonio santo richiede molto impegno e molta grazia di Dio».
Don Fernando ha incoraggiato i giovani ad essere aperti e generosi riguardo alla vocazione, sia al celibato che al matrimonio, «perché in tutte e due i casi c’è bisogno di molto amore, impegno, generosità e spirito di sacrificio. L’importante e che ognuno segua il cammino al quale Dio lo ha chiamato, che tra l’altro, è quello dove sarà più felice».
Ambiente di famiglia
Paco e Pepe hanno rallegrato vari degli incontri, cantando la Salve Rociera; il gruppo “Sones de Altair”, nel corso di un altro incontro, ha fatto la stessa cosa con canzoni del luogo in attesa dell’arrivo del Padre e in un momento di svago dell’incontro; cosi anche alcune ragazze hanno cantato e ballato canzoni sivigliane; Ana e Sofía hanno regalato al Padre una raccolta di canzoni di flamenco alla Vergine del Rocío, lo stemma del loro club giovanile e una bella quantità di messaggi e lettere di famiglie, bambini e bambine; un'operatrice di borsa ha cantato una canzone, scritta da lei, dal titolo «Governare il vento».
Nello stesso incontro con i giovani è stata fatta ascoltare la 6ª sinfonia di Beethoven, che era la stessa che don Fernando ascoltò quando decise di entrare nell’Opera, e ricordò quel momento con i giovani. Stava passando l’estate da suo fratello a Cadice. Prese la decisione mentre ascoltava musica, anche se, disse, «veramente non è stato per la musica…». Poco dopo, hanno proposto a don Fernando un divertente gioco di domande su san Josemaría a Siviglia, per il quale chiese l’aiuto del pubblico.
Larissa ha raccontato a don Fernando di aver lavorato in varie agenzie di notizie cattoliche, dove ha constatato l’universalità della Chiesa e l’importanza dell’unione con il Papa. Ha detto al Padre che lo ringraziava per aver contato su tutti per la preparazione del Congresso Generale convocato per adeguare gli Statuti dell’Opera alle richieste del Santo Padre e gli ha assicurato di aver pregato e di continuare a pregare per questa intenzione «fino a quando ce lo dice, Padre». Quindi ha chiesto al prelato dell’Opus Dei che al suo ritorno a Roma, quando vedrà il Papa, gli ricordi che nell’Opera preghiamo per lui. Dato che sa che quando gli dicono che pregano per lui, Francesco scherzando chiede «a favore o contro?» gli confermi che, senza alcun dubbio, «noi preghiamo sempre a favore».
Mons. Ocáriz in tutti gli incontri pubblici ha chiesto preghiere per il Papa e per la Chiesa, «dobbiamo pregare molto per il Papa, come egli stesso chiede, perché è il vicario di Cristo e perché porta un peso enorme sulle sue spalle».