Pellegrino di pace e apostolo di speranza

Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità.

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

VISITA AL CAMPO PROFUGHI DI SAINT SAUVEUR, Bangui (Repubblica Centrafricana), Domenica, 29 novembre 2015

SALUTO DEL SANTO PADRE

Saluto tutti voi che siete qui.

Vi dico che ho letto quello che i bambini avevano scritto [su cartelli]: “pace”, “perdono”, “unità” e tante cose… “amore”. Noi dobbiamo lavorare e pregare e fare di tutto per la pace. Ma la pace senza amore, senza amicizia, senza tolleranza, senza perdono, non è possibile. Ognuno di noi deve fare qualcosa. Io vi auguro, a voi e a tutti i centrafricani, la pace, una grande pace fra voi. Che voi possiate vivere in pace qualunque sia l’etnia, la cultura, la religione, lo stato sociale. Ma tutti in pace! Tutti! Perché tutti siamo fratelli. Mi piacerebbe che tutti dicessimo insieme: “Tutti siamo fratelli”. [La gente ripete: “Tutti siamo fratelli”] Un’altra volta! [“Tutti siamo fratelli”]. E per questo, perché tutti siamo fratelli, vogliamo la pace.

E vi darò la benedizione del Signore. Il Signore vi benedica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E pregate per me! Pregate per me, avete sentito? [“Sì!”]

INCONTRO CON LE COMUNITÀ EVANGELICHE

Sede della Facoltà di teologia evangelica di Bangui [FATEB], Repubblica Centrafricana, Domenica, 29 novembre 2015

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di avere l’occasione di incontrarvi in questa Facoltà di Teologia Evangelica. Ringrazio il Decano della Facoltà e il Presidente dell’Alleanza degli Evangelici in Centrafrica per le loro gentili parole di benvenuto. Saluto ciascuno di voi e attraverso di voi anche tutti i membri delle vostre comunità, in un profondo sentimento di amore fraterno. Noi siamo tutti qui al servizio del medesimo Signore risorto, che ci raduna oggi; e, per il comune Battesimo che abbiamo ricevuto, siamo inviati ad annunciare la gioia del Vangelo agli uomini e alle donne di questo caro Paese del Centrafrica.

Da troppo tempo il vostro popolo è segnato dalle prove e dalla violenza che causano tante sofferenze. Ciò rende l’annuncio evangelico ancora più necessario e urgente. Perché è la carne di Cristo stesso che soffre, che soffre nelle sue membra predilette: i poveri del suo popolo, i malati, gli anziani e gli abbandonati, i bambini che non hanno più i genitori o che sono lasciati a sé stessi, senza guida e senza educazione. Sono anche tutti coloro che la violenza e l’odio hanno ferito nell’anima o nel corpo; coloro che la guerra ha privato di tutto, del lavoro, della casa, delle persone care.

Ecumenismo del sangue

Dio non fa differenze tra coloro che soffrono. Ho chiamato spesso questo l’ecumenismo del sangue. Tutte le nostre comunità soffrono indistintamente per l’ingiustizia e l’odio cieco che il demonio scatena; e vorrei in questa circostanza esprimere la mia vicinanza e la mia sollecitudine verso il Pastore Nicolas, la cui casa è stata recentemente saccheggiata e incendiata, come pure la sede della sua comunità. In questo contesto difficile, il Signore non cessa di inviarci a manifestare a tutti la sua tenerezza, la sua compassione e la sua misericordia. Tale comune sofferenza e tale comune missione sono un’occasione provvidenziale per farci progredire insieme sulla via dell’unità; e ne sono anche un mezzo spirituale indispensabile. Come il Padre rifiuterebbe la grazia dell’unità, benché ancora imperfetta, ai suoi figli che soffrono insieme e che, in diverse circostanze, si dedicano insieme al servizio dei fratelli?

Lo scandalo della divisione

Cari fratelli, la divisione dei cristiani è uno scandalo, perché è anzitutto contraria alla volontà del Signore. Essa è anche uno scandalo davanti a tanto odio e tanta violenza che lacerano l’umanità, davanti a tante contraddizioni che si innalzano di fronte al Vangelo di Cristo. Perciò, apprezzando lo spirito di mutuo rispetto e collaborazione che esiste tra i cristiani del vostro Paese, vi incoraggio a proseguire su questa via in un servizio comune della carità. E’ una testimonianza resa a Cristo, che costruisce l’unità.

Possiate, sempre più e con coraggio, aggiungere alla perseveranza e alla carità, il servizio della preghiera e della riflessione in comune, nella ricerca di una migliore conoscenza reciproca, di una maggiore fiducia e di una maggiore amicizia, in vista della piena comunione di cui conserviamo la ferma speranza.

Vi assicuro che la mia preghiera vi accompagna in questo cammino fraterno di servizio, di riconciliazione e di misericordia, un cammino lungo ma pieno di gioia e di speranza.

Chiedo al Signore Gesù che benedica tutti voi, benedica le vostre comunità, benedica anche la nostra Chiesa. E vi chiedo a voi di pregare per me. Merci beaucoup.

SANTA MESSA CON SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE, CATECHISTI E GIOVANI

Cattedrale di Bangui (Repubblica Centrafricana), Prima Domenica di Avvento, 29 novembre 2015

OMELIA DEL SANTO PADRE

In questa Prima Domenica di Avvento, tempo liturgico dell’attesa del Salvatore e simbolo della speranza cristiana, Dio ha guidato i miei passi fino a voi, su questa terra, mentre la Chiesa universale si appresta ad inaugurare l’Anno Giubilare della Misericordia, che noi oggi, qui, abbiamo iniziato. E sono particolarmente lieto che la mia visita pastorale coincida con l’apertura nel vostro Paese di questo Anno Giubilare. A partire da questa Cattedrale, con il cuore ed il pensiero vorrei raggiungere con affetto tutti i sacerdoti, i consacrati, gli operatori pastorali di questo Paese, spiritualmente uniti a noi in questo momento. Attraverso di voi, vorrei salutare anche tutti i Centrafricani, i malati, le persone anziane, i feriti dalla vita. Alcuni di loro sono forse disperati e non hanno più nemmeno la forza di agire, e aspettano solo un’elemosina, l’elemosina del pane, l’elemosina della giustizia, l’elemosina di un gesto di attenzione e di bontà. E tutti noi aspettiamo la grazia, l’elemosina della pace.

Ma come gli apostoli Pietro e Giovanni che salivano al tempio, e che non avevano né oro né argento da dare al paralitico bisognoso, vengo ad offrire loro la forza e la potenza di Dio che guariscono l’uomo, lo fanno rialzare e lo rendono capace di cominciare una nuova vita, “passando all’altra riva” (cfr Lc 8,22).

Gesù non ci manda soli all’altra riva, ma ci invita piuttosto a compiere la traversata insieme a Lui, rispondendo, ciascuno, a una vocazione specifica. Dobbiamo perciò essere consapevoli che questo passaggio all’altra riva non si può fare se non con Lui, liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno. Ciò suppone la prossimità ai nostri fratelli e sorelle, ciò implica uno spirito di comunione. Non è prima di tutto una questione di mezzi finanziari; basta in realtà condividere la vita del popolo di Dio, rendendo ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15), essendo testimoni dell’infinita misericordia di Dio che, come sottolinea il Salmo responsoriale di questa domenica, «è buono [e] indica ai peccatori la via giusta» (Sal 24,8).

Dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare

Gesù ci insegna che il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). Dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione fondamentale: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Una delle esigenze essenziali di questa vocazione alla perfezione è l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine. Gesù ha tenuto ad insistere su questo aspetto particolare della testimonianza cristiana (cfr Mt 5,46-47). Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia. E’ così che possiamo aiutare i nostri fratelli e sorelle a “passare all’altra riva”, rivelando loro il segreto della nostra forza, della nostra speranza, della nostra gioia che hanno la loro sorgente in Dio, perché sono fondate sulla certezza che Egli sta nella barca con noi. Come ha fatto con gli apostoli al momento della moltiplicazione dei pani, è a noi che il Signore affida i suoi doni affinché andiamo a distribuirli dappertutto, proclamando la sua parola che assicura: «Ecco verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda» (Ger 33,14).

Noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia

Nei testi liturgici di questa domenica, possiamo scoprire alcune caratteristiche di questa salvezza di Dio annunciata, che si presentano come altrettanti punti di riferimento per guidarci nella nostra missione. Anzitutto, la felicità promessa da Dio è annunciata in termini di giustizia. L’Avvento è il tempo per preparare i nostri cuori al fine di poter accogliere il Salvatore, cioè il solo Giusto e il solo Giudice capace di riservare a ciascuno la sorte che merita. Qui come altrove, tanti uomini e donne hanno sete di rispetto, di giustizia, di equità, senza vedere all’orizzonte dei segni positivi. A costoro, Egli viene a fare dono della sua giustizia (cfr Ger 33,15). Viene a fecondare le nostre storie personali e collettive, le nostre speranze deluse e i nostri sterili auspici. E ci manda ad annunciare, soprattutto a coloro che sono oppressi dai potenti di questo mondo, come pure a quanti sono piegati sotto il peso dei loro peccati: «Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra -giustizia» (Ger 33,16). Sì, Dio è Giustizia! Ecco perché noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia.

La salvezza di Dio attesa ha ugualmente il sapore dell’amore. Infatti, preparandoci al mistero del Natale, noi facciamo nuovamente nostro il cammino del popolo di Dio per accogliere il Figlio venuto a rivelarci che Dio non è soltanto Giustizia ma è anche e innanzitutto Amore (cfr 1 Gv 4,8). Dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore. Incoraggiando i sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane, io riconosco che la distanza che ci separa dall’ideale così esigente della testimonianza cristiana è a volte grande. Ecco perché faccio mie sotto forma di preghiera quelle parole di san Paolo: «Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3,12). A questo riguardo, la testimonianza dei pagani sui cristiani della Chiesa primitiva deve rimanere presente al nostro orizzonte come un faro: «Vedete come si amano, si amano veramente» (Tertulliano, Apologetico, 39, 7).

Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità

Infine, la salvezza di Dio annunciata riveste il carattere di una potenza invincibile che avrà la meglio su tutto. Infatti, dopo aver annunciato ai suoi discepoli i segni terribili che precederanno la sua venuta, Gesù conclude: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). E se san Paolo parla di un amore “che cresce e sovrabbonda”, è perché la testimonianza cristiana deve riflettere questa forza irresistibile di cui si tratta nel Vangelo. E’ dunque anche in mezzo a sconvolgimenti inauditi che Gesù vuole mostrare la sua grande potenza, la sua gloria incomparabile (cfr Lc 21,27) e la potenza dell’amore che non arretra davanti a nulla, né davanti ai cieli sconvolti, né davanti alla terra in fiamme, né davanti al mare infuriato. Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore e di pace!

A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace. Discepoli di Cristo, sacerdoti, religiosi, religiose o laici impegnati in questo Paese dal nome così suggestivo, situato nel cuore dell’Africa e che è chiamato a scoprire il Signore come vero Centro di tutto ciò che è buono, la vostra vocazione è di incarnare il cuore di Dio in mezzo ai vostri concittadini. Voglia il Signore renderci tutti «saldi … e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi» (1 Ts 3,13). Riconciliazione, perdono, amore e pace! Amen.

AVVIO DELLA VEGLIA DI PREGHIERA

Piazza della Cattedrale, Bangui (Repubblica Centrafricana), Domenica, 29 novembre 2015

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari giovani,

vi saluto con tutto l’affetto. Il vostro amico che ha parlato a nome di tutti, ha detto che il vostro simbolo è il bananier, perché il bananier è un simbolo di vita: sempre cresce, sempre si riproduce, sempre dà i frutti con tanta energia alimentare. Il bananier è anche resistente. Io penso che questo dice chiaramente la strada che vi è proposta in questo momento difficile di guerra, odio, divisione: la strada della resistenza.

Resistere

Diceva il vostro amico che alcuni di voi vogliono andarsene. Fuggire alle sfide della vita non è mai una soluzione! E’ necessario resistere, avere il coraggio della resistenza, della lotta per il bene! Chi fugge non ha il coraggio di dare vita. Il bananier dà la vita e continua a riprodursi e a dare sempre più vita perché resiste, perché rimane, perché sta lì. Alcuni di voi mi faranno la domanda: “Ma, Padre, cosa possiamo fare? Come si fa per resistere?”. Io vi dirò due o tre cose che forse saranno utili per voi, per resistere.

Pregare

Prima di tutto, la preghiera. La preghiera è potente! La preghiera vince il male! La preghiera vi avvicina a Dio che è l’Onnipotente. Io vi faccio una domanda: voi pregate? Non sento… [i giovani gridano: sì!] Non dimenticatelo!

Lavorare per la pace

La pace non è un documento che si firma e rimane lì. La pace si fa tutti i giorni!

Secondo: lavorare per la pace. E la pace non è un documento che si firma e rimane lì. La pace si fa tutti i giorni! La pace è un lavoro artigianale, si fa con le mani, si fa con la propria vita. Ma qualcuno mi può dire: “Mi dica, Padre, come posso fare, io, l’artigiano della pace?”. Primo: non odiare mai. E se uno ti fa il male, cerca di perdonare. Niente odio! Molto perdono! Lo diciamo insieme: “Niente odio, molto perdono” [tutti ripetono nella lingua sango]. E se tu non hai odio nel tuo cuore, se tu perdoni, sarai un vincitore. Perché sarai vincitore della battaglia più difficile della vita, vincitore nell’amore. E attraverso l’amore viene la pace.

Voi volete essere sconfitti o vincitori, nella vita? Cosa volete? [i giovani gridano: “Noi vogliamo essere quelli che vincono!”] E si vince soltanto sulla strada dell’amore. La strada dell’amore. E si può amare il nemico? Sì. Si può perdonare a quello che ti ha fatto male? Sì. Così, con l’amore e con il perdono, voi sarete vincitori. Con l’amore voi sarete vincitori nella vita e darete vita sempre. L’amore mai vi farà sconfitti.

Essere coraggiosi

Adesso vi auguro il meglio, per voi. Pensate al bananier. Pensate alla resistenza davanti alle difficoltà. Fuggire, andarsene lontano non è una soluzione. Voi dovete essere coraggiosi. Avete capito cosa significa essere coraggiosi? Coraggiosi nel perdono, coraggiosi nell’amore, coraggiosi nel fare la pace. D’accordo? [i giovani rispondono “sì” in lingua sango] Lo diciamo insieme? “Coraggiosi nell’amore, nel perdono e nel fare la pace” [i giovani ripetono in sango].

Cari giovani centrafricani, sono molto contento di incontrarvi. Oggi abbiamo aperto questa Porta. Questo significa la Porta della Misericordia di Dio. Fidatevi di Dio! Perché Lui è misericordioso, Lui è amore, Lui è capace di darci la pace. Per questo vi ho detto all’inizio di pregare: è necessario pregare per resistere, per amare, per non odiare, per essere artigiani della pace.

Grazie tante della vostra presenza. Adesso andrò dentro a sentire le confessioni di alcuni di voi…

Siete col cuore disposto a resistere? Sì o no? [giovani: “Sì!”] Siete col cuore disposto a lottare per la pace? [“Sì!”] Siete col cuore disposto alla riconciliazione? [“Sì!”] Siete col cuore disposto a amare questa bella patria? [“Sì”!] E torno all’inizio: siete col cuore disposto a pregare? [“Sì!”]

E vi chiedo anche di pregare per me, perché possa essere un buon vescovo, perché possa essere un buon Papa. Mi promettete di pregare per me? [“Sì!”]

E adesso vi darò la benedizione, a voi e alle vostre famiglie. Una benedizione chiedendo al Signore che vi dia l’amore e la pace.

Buona serata e pregate per me!

INCONTRO CON LA COMUNITÀ MUSULMANA

Moschea Centrale di Koudoukou, Bangui (Repubblica Centrafricana), Lunedì, 30 novembre 2015

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari amici, responsabili e credenti musulmani,

è una grande gioia per me incontrarvi ed esprimervi la mia gratitudine per la vostra calorosa accoglienza. Ringrazio in particolare l’Imam Tidiani Moussa Naibi, per le sue gentili parole di benvenuto. La mia visita pastorale nella Repubblica Centrafricana non sarebbe completa se non comprendesse anche questo incontro con la comunità musulmana.

Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace

Tra cristiani e musulmani siamo fratelli. Dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali. Sappiamo bene che gli ultimi avvenimenti e le violenze che hanno scosso il vostro Paese non erano fondati su motivi propriamente religiosi. Chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace. Cristiani, musulmani e membri delle religioni tradizionali hanno vissuto pacificamente insieme per molti anni. Dobbiamo dunque rimanere uniti perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il Volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Dio salam.

In questi tempi drammatici, i responsabili religiosi cristiani e musulmani hanno voluto issarsi all’altezza delle sfide del momento. Essi hanno giocato un ruolo importante per ristabilire l’armonia e la fraternità tra tutti. Vorrei assicurare loro la mia gratitudine e la mia stima. E possiamo anche ricordare i tanti gesti di solidarietà che cristiani e musulmani hanno avuto nei riguardi di loro compatrioti di un’altra confessione religiosa, accogliendoli e difendendoli nel corso di questa ultima crisi, nel vostro Paese, ma anche in altre parti del mondo.

Non si può che auspicare che le prossime consultazioni nazionali diano al Paese dei Responsabili che sappiano unire i Centrafricani, e diventino così simboli dell’unità della nazione piuttosto che i rappresentanti di una fazione. Vi incoraggio vivamente a fare del vostro Paese una casa accogliente per tutti suoi figli, senza distinzione di etnia, di appartenenza politica o di confessione religiosa. La Repubblica Centrafricana, situata nel cuore dell’Africa, grazie alla collaborazione di tutti i suoi figli, potrà allora dare un impulso in questo senso a tutto il continente. Essa potrà influenzarlo positivamente e aiutare a spegnere i focolai di tensione che vi sono presenti e che impediscono agli Africani di beneficiare di quello sviluppo che meritano e al quale hanno diritto.

Cari amici, cari fratelli, vi invito a pregare e a lavorare per la riconciliazione, la fraternità e la solidarietà tra tutti, senza dimenticare le persone che più hanno sofferto per questi avvenimenti.

Dio vi benedica e vi protegga! Salam alaikum!

SANTA MESSA

Stadio del Complesso sportivo Barthélémy Boganda, Bangui (Repubblica Centrafricana), Lunedì, 30 novembre 2015

OMELIA DEL SANTO PADRE

Possiamo essere stupiti, ascoltando la prima Lettura, dell’entusiasmo e del dinamismo missionario che abitano l’Apostolo Paolo. «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene» (Rm 10,15)! È per noi un invito a rendere grazie per il dono della fede che abbiamo ricevuto da questi messaggeri che ce l’hanno trasmessa. È anche un invito a meravigliarci davanti all’opera missionaria che ha portato per la prima volta - non molto tempo fa - la gioia del Vangelo su quest’amata terra del Centrafrica. È bene, soprattutto quando i tempi sono difficili, quando le prove e le sofferenze non mancano, quando l’avvenire è incerto e ci si sente stanchi, temendo di non potercela fare, è bene riunirsi attorno al Signore, come facciamo oggi, per gioire della sua presenza, della vita nuova e della salvezza che ci propone, come un’altra riva verso la quale dobbiamo tendere.

Quest’altra riva è, certamente, la vita eterna, il Cielo dove noi siamo attesi. Questo sguardo rivolto verso il mondo futuro ha sempre sostenuto il coraggio dei cristiani, dei più poveri, dei più piccoli, nel loro pellegrinaggio terreno. Questa vita eterna non è un’illusione, non è una fuga dal mondo; essa è una potente realtà che ci chiama e che ci impegna alla perseveranza nella fede e nell’amore.

Ma l’altra riva più immediata, che noi cerchiamo di raggiungere, questa salvezza procurata dalla fede e di cui parla san Paolo, è una realtà che trasforma già la nostra vita presente e il mondo in cui viviamo: “Colui che crede dal profondo del cuore diventa giusto” (cfr Rm 10,10). Egli accoglie la vita stessa di Cristo che lo rende capace di amare Dio e di amare i fratelli in un modo nuovo, al punto di far nascere un mondo rinnovato dall’amore.

La processione che porta il Vangelo

Ringraziare

Rendiamo grazie al Signore per la sua presenza e per la forza che ci dà nel quotidiano delle nostre vite quando sperimentiamo la sofferenza fisica o morale, una pena, un lutto; per gli atti di solidarietà e di generosità di cui ci rende capaci; per la gioia e l’amore che fa brillare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, malgrado, a volte, la miseria, la violenza che ci circonda o la paura del domani; per il coraggio che mette nelle nostre anime di voler creare dei legami di amicizia, di dialogare con chi non è come noi, di perdonare chi ci ha fatto del male, di impegnarci nella costruzione di una società più giusta e fraterna dove nessuno è abbandonato. In tutto questo, Cristo risorto ci prende per mano e conduce a seguirlo. E io voglio rendere grazie con voi al Signore di misericordia per tutto quello che vi ha concesso di compiere di bello, di generoso, di coraggioso, nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità, durante gli eventi accaduti nel vostro Paese da molti anni.

Ogni battezzato deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore

Tuttavia, è vero anche che non siamo ancora arrivati alla meta, siamo come in mezzo al fiume, e dobbiamo decidere con coraggio, in un rinnovato impegno missionario, di passare all’altra riva. Ogni battezzato deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore, sempre pronto a risvegliarsi al richiamo del demonio – e quanto agisce nel nostro mondo e in questi tempi di conflitti, di odio e di guerra –, per condurlo all’egoismo, a ripiegarsi su sé stesso e alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, alla vendetta, all’abbandono e allo sfruttamento dei più deboli…

Noi sappiamo anche quanta strada le nostre comunità cristiane, chiamate alla santità, abbiano ancora da percorrere. Certamente abbiamo tutti da chiedere perdono al Signore per le troppe resistenze e per le lentezze nel rendere testimonianza al Vangelo. Che l’Anno Giubilare della Misericordia, appena iniziato nel vostro Paese, ne sia l’occasione. E voi, cari Centrafricani, dovete soprattutto guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese, di lanciarvi verso nuovi orizzonti, di andare più al largo, in acque profonde. L’Apostolo Andrea, con suo fratello Pietro, non hanno esitato un solo istante a lasciare tutto alla chiamata di Gesù, per seguirlo: «Subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mt 4,20). Noi siamo meravigliati, anche qui, per tanto entusiasmo da parte degli Apostoli, talmente Cristo li attira a Sé, talmente essi sentono di poter intraprendere tutto e tutto osare con Lui.

La processione con le offerte

Seguire Gesù più da vicino

Allora, ciascuno nel suo cuore può porsi la domanda tanto importante sul suo legame personale con Gesù, esaminare ciò che ha già accettato – oppure rifiutato – per rispondere alla sua chiamata a seguirlo più da vicino. Il grido dei messaggeri risuona più che mai alle nostre orecchie, proprio quando i tempi sono duri; quel grido che “risuona per tutta la terra, e […] fino ai confini del mondo” (cfr Rm 10,18; Sal 18,5). E risuona qui, oggi, in questa terra del Centrafrica; risuona nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, ovunque viviamo, e ci invita alla perseveranza nell’entusiasmo della missione, una missione che ha bisogno di nuovi messaggeri, ancora più numerosi, ancora più generosi, ancora più gioiosi, ancora più santi. E tutti noi siamo chiamati ad essere, ciascuno, questo messaggero che il nostro fratello, di qualsiasi etnia, religione, cultura, aspetta, spesso senza saperlo. Infatti, come, questo fratello, potrà credere in Cristo - si domanda san Paolo - se la Parola non è ascoltata né proclamata?

Speranza ed entusiasmo

Anche noi, sull’esempio dell’Apostolo, dobbiamo essere pieni di speranza e di entusiasmo per il futuro. L’altra riva è a portata di mano, e Gesù attraversa il fiume con noi. Egli è risorto dai morti; da allora le prove e le sofferenze che viviamo sono sempre occasioni che aprono a un futuro nuovo se noi accettiamo di legarci alla sua Persona. Cristiani del Centrafrica, ciascuno di voi è chiamato ad essere, con la perseveranza della sua fede e col suo impegno missionario, artigiano del rinnovamento umano e spirituale del vostro Paese. Sottolineo, artigiano del rinnovamento umano e spirituale.

La Vergine Maria, che dopo aver condiviso le sofferenze della passione condivide ora la gioia perfetta con il suo Figlio, vi protegga e vi incoraggi in questo cammino di speranza. Amen.