​Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (giorno 2, 19 gennaio)

Seconda meditazione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (19 gennaio). Temi: La preghiera, centro di ogni attività ecumenica; la conversione personale per purificare la memoria; le vie dell’ecumenismo: dialogo e lavoro in comune.

Giorno 2, 19 gennaio

► La preghiera, centro di ogni attività ecumenica.

► La conversione personale per purificare la memoria.

► Le vie dell’ecumenismo: dialogo e lavoro in comune.

La vigilia di Pasqua Gesù si riunisce con i suoi apostoli nel Cenacolo. Il Signore sa che è arrivata la sua ora. Non si siederà mai più a tavola con loro qui sulla terra, ma li aspetterà accanto al Padre. L’apostolo san Giovanni, presente in quei momenti importanti, prima di raccontare gli avvenimenti di quella notte, descrive l’animo di Gesù: «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13, 1). È proprio questo amore di Cristo – anche per ognuno di noi – ciò che lo indurrà qualche minuto dopo a chiedere a suo Padre l’unità dei suoi discepoli nei secoli a venire.

L’ecumenismo – faceva notare san Josemaría – implica questo «desiderio di ingrandire il cuore, di aprirlo a tutti con le ansie redentrici di Cristo, che tutti cerca e tutti accoglie, perché tutti ha amato per primo»[1]. L’unità è una manifestazione della carità: nasce dalla nostra unione con Dio e trabocca in un amore che non crea frontiere con gli altri, né conosce limiti temporali. Noi cristiani «sentiamo il cuore allargarsi – dirà san Giovanni Crisostomo in una omelia –. Come il calore dilata i corpi, così anche la carità ha un potere dilatatore, perché si tratta di una virtù calda e ardente»[2]. Di conseguenza, afferma san Giovanni Paolo II, «si avanza sulla via che conduce alla conversione dei cuori al ritmo dell'amore che si rivolge a Dio e, allo stesso tempo, ai fratelli: a tutti i fratelli, anche quelli che non sono in piena comunione con noi. Dall'amore nasce il desiderio dell'unità, anche in coloro che ne hanno sempre ignorato l'esigenza»[3].

La sua intima unione con il Padre e la sete di anime spingono Gesù a pregare: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità» (Gv 17, 23). All’unisono con la preghiera di Gesù, questo desiderio di unità ci invita a pregare per tutti i cristiani e con tutti i cristiani. Nella via che conduce all’unità, il primo posto spetta alla preghiera, che è indubbiamente il cuore dell’intera attività ecumenica. «Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affrontare tutta la dolorosa ed umana realtà delle divisioni»[4]. Questa preghiera in comune, osserva Benedetto XVI, «non è un atto volontaristico o puramente sociologico, ma è espressione della fede che unisce tutti i discepoli di Cristo»[5].

Davanti alla tomba di san Paolo papa Francesco ha affermato che per un’autentica ricerca dell’unità dobbiamo affidarci, in una preghiera sincera, alla misericordia del Padre. Con un atteggiamento umile chiediamo perdono a Dio per le nostre divisioni, che sono una ferita aperta nel Corpo di Cristo. Questa stessa riparazione si estende ai nostri fratelli separati per qualunque comportamento non evangelico dei cattolici avvenuto nel passato. Nello stesso modo siamo noi a perdonare quando, oggi o nel passato, noi cattolici siamo stati offesi da altri cristiani. «Non possiamo cancellare ciò che è stato – continuava papa Francesco in quella occasione –, ma non vogliamo permettere che il peso delle colpe passate continui ad inquinare i nostri rapporti»[6].

È molto probabile che, come indica il Concilio Vaticano II, a volte i dissensi tra cristiani siano sorti «non senza colpa di uomini di entrambe le parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore»[7]. Il fondamento dell’impegno ecumenico sta nella conversione dei cuori. In tal modo, con un cuore nuovo, contempleremo il passato con lo sguardo limpido di Cristo ed egli ci concederà la grazia necessaria per purificare la nostra memoria, liberandola da malintesi e pregiudizi.

La vita di san Paolo è un buon esempio in questo senso. La sua conversione «non fu un passaggio dall’immoralità alla moralità – la sua moralità era alta –, da una fede sbagliata a una fede corretta – la sua fede era vera, benché incompleta –, ma fu l’essere conquistato dall’amore di Cristo: la rinuncia alla propria perfezione, fu l’umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli. E solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo possiamo essere uniti anche tra di noi, possiamo diventare “uno” in Cristo»[8]. Non c’è dubbio che l’impegno e la preghiera per l’unità non sono riservati a coloro che vivono in contesti di divisione; al contrario, nel nostro dialogo personale con Dio non possiamo lasciare da parte questa preoccupazione. Con la sicurezza che ci conferisce la comunione dei santi, chiediamo all’unisono con i nostri fratelli di tutta la terra: «Perché tutti siamo una cosa sola».

La preghiera e la conversione personale sono i nostri principali mezzi per lavorare per l’unità dei cristiani. Si potrebbe anche dire che la forma migliore di ecumenismo consiste nel lottare per vivere secondo il Vangelo, per poter dare vita all’immagine di quel Cristo al quale aneliamo di unirci. Però, nello stesso tempo, dobbiamo avere un autentico interesse a dialogare con i fratelli separati. Perciò è bene ricordare, per prima cosa, che «la verità non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore»[9]. Il dialogo ecumenico autentico, che evita ogni forma di riduzionismo, di sincretismo o di una scontata dichiarazione di voler andare d’accordo, ha il suo fondamento nell’amore per la verità[10]. Soltanto guardando l’altra persona con gli occhi di Gesù forse potremo, grazie a un ascolto attento, scoprire personalmente anche alcuni aspetti della ricchezza del messaggio cristiano con una chiarezza nuova.

Insieme al dialogo, un’altra via molto efficace per stimolare l’unità dei cristiani è il lavoro in comune. Sono sempre più numerosi i campi che offrono spazi di collaborazione ecumenica, specialmente in ciò che si riferisce a rendere presente il Vangelo nella società. San Josemaría riteneva che lo spirito dell’Opus Dei, stimolando l’iniziativa personale nell’apostolato e nel lavoro, può essere fecondo nel generare «punti di facile incontro, dove i fratelli separati scoprono – in forma vissuta e con la conferma degli anni – gran parte dei presupposti dottrinali sui quali sia loro che noi cattolici abbiamo posto tante fondate speranze ecumeniche»[11].

Abbiamo così due strade per lavorare per l’unità: da un lato, la preghiera e la conversione del cuore; e dall’altro, il dialogo e la collaborazione con altri cristiani. Confidando nella forza della preghiera di tutta la Chiesa durante questa settimana, rivolgiamoci con semplicità a Maria. La sua docilità allo Spirito Santo è un esempio inestimabile per avere un’autentica disposizione ecumenica.


[1] San Josemaría, Amare la Chiesa, n. 28.

[2] San Giovanni Crisostomo, Omelia sulla seconda lettera ai Corinzi, 13, 1-2.

[3] San Giovanni Paolo II, Enc. Ut unum sint, n. 21.

[4]Ibid., n. 22.

[5] Benedetto XVI, Omelia, 23-I-2008.

[6] Papa Francesco, Omelia, 25-I-2016.

[7] Concilio Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio, n. 3.

[8] Benedetto XVI, Omelia, 25-I-2009.

[9] Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, n. 1.

[10] Cfr. San Giovanni Paolo II, Enc. Ut unum sint, nn. 36-38.

[11] San Josemaría, Colloqui, n. 22.