Natale: uscire dalle trincee del cuore

Partendo dalla contemplazione del presepe possiamo provare a superare le divergenze che non ci permettono di aprire il nostro cuore al prossimo.

1914, pochi giorni prima di Natale, le truppe scozzesi e francesi conducono un assalto alle trincee tedesche in Francia. Ma la notte del 24 gli scozzesi iniziano a cantare canzoni di Natale, accompagnate da cornamuse, poi dalla trincea tedesca un soldato risponde intonando Stille Nacht, e poco dopo lo accompagna una cornamusa scozzese; quindi, il tedesco esce dalla sua trincea con un piccolo albero di Natale cantando Adeste fideles

I vari soldati si incontrano e si augurano “buon Natale”, si scambiano cioccolato

Seguendo l'esempio, gli ufficiali francesi, tedeschi e scozzesi si incontrano nella terra di nessuno e si accordano per una notte di tregua. I vari soldati si incontrano e si augurano “buon Natale”, si scambiano cioccolato, champagne e le fotografie dei propri cari. Il giorno di Natale gli ufficiali prendono un caffè insieme e decidono di "seppellire i loro morti il giorno in cui Cristo è nato". Il giorno seguente giocano una partita di calcio insieme, mentre i comandanti decidono che è giunto il momento per tutti loro di andare per la loro strada. La vicenda è raccontata nel film del 2005 Joyeux Noël - Una verità dimenticata dalla storia.

Anche se quella tregua-non-ufficiale non pose fine al conflitto, resta un episodio fortemente significativo del desiderio più profondo dell’uomo di uscire dalle trincee dell’egoismo: nell’io-profondo dell’uomo si ritrova il desiderio di aprirsi al prossimo, anche se diverso, o addirittura “nemico”.

nell’io-profondo dell’uomo si ritrova il desiderio di aprirsi al prossimo

Infatti i muri e fili spinati soprattutto ce li ritroviamo spesso nel nostro cuore, quando per paura di chi “non è come me”, di chi è diverso dal nostro modo di essere o di fare, ci trinceriamo, ci separiamo per difenderci. Anche nelle nostre famiglie, nelle nostre relazioni interpersonali, certe volte le incomprensioni nascono dal soffermarci su ciò che ci separa.

Il Natale è l’occasione per contemplare il presepe: a fronte dei problemi (disagi, delusione nelle relazioni, precarietà, incertezze sul futuro…) prevale l’amore di Dio che si è fatto uomo, in una famiglia, in cui trionfa l’apertura al prossimo, l’amore. Un Amore che si personifica nel Bambin Gesù. Un amore riconosciuto anche da persone povere e perfino “emarginate” dalla società come i pastori. È significativo che il Signore volle fossero i primi dopo Maria e Giuseppe a conoscere e adorare il Dio Bambino.

La contemplazione del presepe ci aiuta a far emergere il desiderio del nostro io-profondo: uscire dalle trincee del cuore

La contemplazione del presepe ci aiuta a far emergere il desiderio del nostro io-profondo: uscire dalle trincee del cuore e della mente, incontrare Dio e il prossimo. L’amore fra i membri della famiglia è vero se si apre fra i familiari (superando le divergenze) e anche al di fuori della famiglia stessa. 

Come ci dice papa Francesco: “I bisogni fraterni e comunitari della vita familiare sono un’occasione per aprire sempre più il cuore, e questo rende possibile un incontro con il Signore sempre più pieno. La Parola di Dio dice che «chi odia suo fratello cammina nelle tenebre» (1 Gv 2, 11), «rimane nella morte» (1 Gv 3, 14) e «non ha conosciuto Dio» (1 Gv 4, 8). Il mio predecessore Benedetto XVI ha detto che «chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Dio», e che l’amore è in fondo l’unica luce che «rischiara sempre di nuovo un mondo buio». Solo «se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi» (1 Gv 4, 12). Dato che «la persona umana ha una nativa e strutturale dimensione sociale» e «la prima e originaria espressione della dimensione sociale della persona è la coppia e la famiglia», la spiritualità si incarna nella comunione familiare” (Amoris laetitia n. 316).

"attraverso la divinizzazione della vita ordinaria e corrente delle creature, il Figlio di Dio è riuscito vincitore" (San Josemaría)

Uscire dalle trincee del proprio cuore vuol dire quindi andare incontro ai familiari anche quando ci sono incomprensioni, e anche far in modo che in famiglia si impari ad aprirsi agli altri attraverso gesti di condivisione con persone povere o emarginate.

Uscire dalle proprie trincee, aprirsi con semplicità e umiltà al prossimo è la vittoria di ogni figlio di Dio, e tale vittoria ha la sua origine in quella di Gesù: “attraverso la divinizzazione della vita ordinaria e corrente delle creature, il Figlio di Dio è riuscito vincitore. Tale è il trionfo di Gesù, di colui che ci ha elevati alla sua altezza, all’altezza dei figli di Dio, scendendo al nostro livello, al livello dei figli degli uomini” (San Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 21).

Salvatore Amico Roxas