Musicoterapia per i malati di Parkinson

Alcune studentesse della scuola alberghiera SAME di Palermo hanno svolto un'attività di volontariato in un ospedale partecipando a delle sedute di musicoterapia.

Le ragazze della scuola alberghiera SAME di Palermo, hanno svolto un’attività volontariato nella struttura ospedaliera “Enrico Albanese”, grazie all’APIS, un'associazione che ha tra i suoi obiettivi anche quello di promuovere attività culturali e ricreative dedicate a coloro che sono affetti dal morbo di Parkinson.

Ogni mercoledì gruppi di quattro studentesse dai 14 ai 17 anni hanno così potuto prendere coscienza del dolore e della sofferenza altrui in un modo coinvolgente e particolare: quello della musicoterapia.

“Nei malati di Parkinson c'è un forte desiderio di arrestare l'avanzata della malattia - spiega Gabriella Fedele, responsabile della scuola alberghiera SAME nell’anno in cui è nata questa iniziativa - Nessuno tra i pazienti che ho conosciuto mentre si “danzava” insieme dava l'idea di arrendersi, ma di lottare: un vero e proprio corpo a corpo, con nel cuore la gioia causata dal fatto che quel giorno la malattia era stata sconfitta”.

In questo tipo di approccio il suono viene utilizzato in un contesto riabilitativo o terapeutico, nel quale il paziente è una parte attiva e integrante. Ma ovviamente tutti possiamo trarne beneficio, non solo coloro che sono affetti da una patologia. Il potere della musica è infatti enorme, “perché può aiutare chiunque passi un momento difficile: è una grande fonte di allegria!” racconta Viviana, una studentessa di 17 anni.

Sono state coinvolte circa una ventina di ragazze. “Era difficile programmare un calendario di alternanza: dopo la prima volta, ci volevano tornare tutte!” spiega Cinzia, una delle responsabili dell’attività. All’interno della struttura ospedaliera, le ragazze hanno potuto instaurare un vero legame con i pazienti: “Una volta messa la musica, studentesse e pazienti si prendevano per mano e si disponevano in cerchio”, continua Cinzia.

Questo primo contatto aiutava a rompere il ghiaccio ma si trasformava poi in un’ulteriore occasione di vicinanza e socialità: “Quando si veniva chiamati, si andava al centro del cerchio ad urlare il proprio nome: per i pazienti questo esercizio è importante perché in questo modo vengono sollecitati i muscoli della bocca”.

Più dai, più ricevi

Per dare una mano non servono sempre grandi eroismi, anche un sorriso può fare molto. “Mi sono sentita utile anche semplicemente dedicando un po’ del mio tempo agli altri in allegria, cantando o ballando insieme”, afferma Tiziana, 16 anni.

“Abbiamo pensato a questa attività per motivarle - continua Cinzia - Mettendosi al servizio degli altri, le ragazze hanno potuto sperimentare con le proprie mani quanto faccia bene pensare agli altri: per un’ora si dimenticavano dei loro problemi e mettevano al centro quelli degli altri. Il risultato? Una volta finita l’ora erano tutte più felici di quando erano entrate”.

“Questa esperienza ha cambiato totalmente il mio modo di vedere le cose ma soprattutto - dice Viviana - mi ha fatto capire che se doni tutto l’amore che hai nel cuore, ne riceverai indietro il doppio”.

Ovviamente, il volontariato è più bello quando diventa un’attività che si protrae durante l’anno. In quest’ottica è utile avere degli appuntamenti fissi. Come l'annuale maratona Run for Parkinson, che si svolge intorno a fine marzo. A questa iniziativa, nata per raccogliere fondi per la ricerca su questa malattia, le ragazze della scuola alberghiera contribuiscono distribuendo prodotti confezionati da loro.